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High Voltage Bring: come si guida una vettura di Formula E

La vulgata vuole che la guida delle monoposto elettriche di Formula E sia tutto sommato semplice. Le principali motivazioni portate a sostegno di questa tesi sono legate ai numeri che, per l’appassionato medio, rappresentano le prestazioni e quindi la difficoltà di controllo al limite di una macchina da corsa. Effettivamente le monoposto di questa categoria hanno una velocità massima limitata per regolamento dalla FIA, per questioni di sicurezza, a 225 km/h; la potenza in qualifica è per regolamento pari a 272 CV (300 CV dalla prossima stagione), mentre in gara è di 231 CV e rimarrà invariata nei prossimi anni per consentire di percorrere tutto l’e-Prix senza il cambio macchina. Il peso minimo è di 888 kg (con il pilota), quindi in gara il rapporto potenza/massa è circa 0.26, decisamente più basso di una vettura di F1. Il contraltare alle caratteristiche tecniche di queste monoposto è la difficoltà di adattamento che diversi piloti professionisti hanno incontrato nel portarle al limite, sia in qualifica che in gara. L’esempio più evidente è quello di Lotterer che, in veste di debuttante in F1, si permise il lusso di andare decisamente più forte in qualifica del compagno di squadra (per la verità non un campionissimo), mentre in queste sue prime apparizioni in Formula E sta decisamente subendo le ottime prestazioni di Vergne, senza riuscire a sfruttare il potenziale della propria Techeetah motorizzata Renault.

Ma allora cosa rende difficile la guida in questo “monomarca”, visto che i numeri sembrano descrivere una formula poco prestazionale ma i piloti sostengono tutto il contrario? Cosa rende così selettivo questo campionato, tanto da poter apprezzare le differenze fra i conduttori in modo perfino maggiore che nella complicatissima Formula 1?

Innanzitutto una provocazione sui numeri non contestualizzati e legati alle prestazioni: un motore V8 di F1 precedente all’era delle PU ha una coppia che si aggira fra i 270 e i 300 Nm, mentre un turbodiesel 1600 cc che equipaggia la MiTo del 2008 ha una coppia massima dichiarata di 320 Nm!

Come già visto in uno dei precedenti articoli (http://nordschleife1976.com/high-voltage-bring-trasmissione-di-un-veicolo-elettrico/) la curva di coppia di un motore elettrico è decisamente vantaggiosa per l’utilizzo nella trazione stradale, in quanto il suo andamento è praticamente sovrapponibile a quello della curva di coppia ideale che si cerca di ottenere tramite l’impiego del cambio di velocità su un veicolo dotato di tradizionale motore a scoppio. Il vantaggio di un motore elettrico, che nel caso della guida al limite di una FE diventa anche un problema, è che la coppia massima è disponibile non appena la bobina inizia a girare all’interno dello statore; si ottiene così l’effetto del “calcio nella schiena” che subivano i piloti di F1 nella prima era turbo degli anni ’80. Il range di utilizzo del motore elettrico da parte del pilota sta fra la base speed e la velocità di rotazione massima consentita dal livello tecnologico del powertrain. Se si ipotizza di trovarsi quindi ad accelerare alle basse velocità, cioè con un numero di giri vicino alla base speed, si ha la potenza massima disponibile con una velocità di rotazione molto bassa. Dalla definizione di coppia ( dove P è la potenza e ω è la velocità di rotazione) è facile capire che siamo in presenza di valori molto elevati di questa grandezza, che corrispondono a notevoli forze di trazione applicate alle ruote posteriori difficilmente controllabili dal pilota. Se uniamo a questa caratteristica le specifiche tecniche di queste monoposto per quanto riguarda i parametri geometrici fondamentali (la carreggiata massima è di 1800 mm da regolamento, contro i 2000 mm delle monoposto di F1), le caratteristiche degli pneumatici (gomme intagliate per lavorare anche in condizioni di pioggia e abbastanza dure da non dover essere sostituite per tutte le sessioni del fine settimana) e il layout dei circuiti, sia per quanto riguarda la presenza di muretti che delle sconnessioni sull’asfalto, è chiaro che questo insieme di fattori da solo rende queste vetture tutt’altro che semplici da portare al limite.

Nella figura successiva sono riportate le curve di coppia e potenza per un veicolo elettrico, con funzione esplicativa dei concetti precedentemente espressi.

Alle difficoltà appena descritte è necessario inoltre aggiungere quelle relative all’assetto del veicolo. A differenza di una monoposto tradizionale, il cui setup è definito per avere la massima prestazione in termini di aderenza in curva, in Formula E le scelte aerodinamiche sono, per la gara, volte a ridurre al minimo la resistenza all’avanzamento, con l’obiettivo di consumare il minor quantitativo possibile di energia. Come è noto infatti in questo campionato vince chi è maggiormente efficiente, ma il carico aerodinamico comporta attriti e quindi perdite, per cui far lavorare la vettura con le incidenze minime è fondamentale. Dal punto di vista del pilota ciò equivale a gareggiare in condizioni simili a quelle che si sperimentano in F1 a Monza, applicate però agli angusti e sconnessi circuiti cittadini della categoria elettrica.

Le caratteristiche appena elencate sarebbero sufficienti per mostrare che in realtà guidare una monoposto di Formula E non è un’operazione assolutamente facile, ma a queste condizioni è necessario aggiungerne altre, che rappresentano la vera peculiarità della categoria e derivano dalla natura elettrica del campionato.

Innanzitutto analizziamo la qualifica: come detto, in questa sessione del week-end i piloti hanno a disposizione la massima potenza, 200 kW. Per regolamento nella fase finale della SuperPole i cinque che si giocano la partenza al palo hanno a disposizione un solo giro lanciato, nello stesso stile delle qualifiche di F1 dei primi anni 2000, prima dell’introduzione delle tre manche. In realtà, anche nella fase di qualificazione alla SuperPole, i giri lanciati sono al massimo due, in quanto il tempo a disposizione è molto ridotto (5 minuti), la batteria si scarica molto velocemente in modalità di qualifica e la percorrenza del giro di uscita, di quello di lancio e di quello di raffreddamento comporta una perdita elevata di tempo. La necessità di ottenere un buon crono con pochi tentativi, se non con uno solo, è già una difficoltà notevole che i piloti di altre categorie non devono affrontare. Si deve inoltre considerare che non sono ammesse le termocoperte, quindi il pilota esce con gomme fredde e deve riuscire a scaldarle nel giro di uscita dal box e in quello di lancio, operazione certamente non semplice, specialmente per pneumatici duri come quelli utilizzati in Formula E. La stessa operazione di riscaldamento deve essere eseguita dal pilota per quanto riguarda i freni. Nel giro lanciato si recupera energia solo tramite due sistemi:

  • il sistema automatico che si attiva agendo sul pedale del freno (brake ReGen)
  • il sistema automatico che si attiva lasciando il pedale dell’acceleratore (engine braking)

La prima tipologia agisce con lo stesso principio del MGU-K in F1, quindi è una frenata rigenerativa, effettuata nella parte centrale della staccata. Viene determinata tramite mappatura e fornisce una ricarica proporzionale alla forza applicata al pedale del freno.

La seconda modalità fornisce semplicemente un freno motore che può essere paragonato a quello che si ha in un veicolo dotato di motore a scoppio quando si rilascia l’acceleratore ad un numero di giri superiore al minimo. In questo modo il rotore lavora non come motore ma come dinamo e ricarica così la batteria. Agisce in tutti i momenti della frenata, in quanto il pilota non ha mai il pedale sull’acceleratore.

Durante il giro di qualifica è fondamentale mantenere la giusta temperatura dei freni. Si hanno infatti tre range di temperatura alle quali varia il comportamento dei materiali d’attrito:

  • 0-300°C: bassa temperatura, ridotta coppia frenante
  • 300-400°C: zona di transizione, la coppia cresce linearmente in questo range
  • 400°C e maggiori: temperature ideali per la coppia frenante richiesta

La temperatura dei freni deve essere mantenuta lungo il tracciato anche con una accurata scelta della ripartizione della frenata; questa è influenzata, oltre che dalla scelta di ripartizione in uscita dai box, anche dall’impostazione del recupero dell’energia, dato dalla somma dei due contributi precedentemente mostrati. Questi agiscono sull’asse posteriore in quanto legati al motore elettrico; una qualsiasi modifica di setup sul fronte della rigenerazione di energia determina quindi una variazione della ripartizione di frenata (brake migration). Il problema principale è che questo fenomeno non è soltanto statico, cioè dipendente dalle scelte effettuate ai box prima di scendere in pista, ma anche dinamico, cioè attivo nelle fasi di percorrenza del giro di qualifica. Il giro lanciato infatti inizia con una carica della batteria (SoC) superiore all’80%. In questa configurazione (per decisione della FIA allo scopo di salvaguardare la vita della batteria) la capacità di ReGen cresce linearmente allo scaricarsi della batteria, per poi assestarsi su un valore costante massimo di 150 kW (imposto anch’esso dalla Federazione) per valori di SoC inferiori all’80%, come si può vedere in figura.

Questa caratteristica comporta un surriscaldamento dei freni nella fase iniziale del giro, in quanto tutta la coppia frenante è fornita dai materiali d’attrito; nella parte centrale del circuito, con una maggiore capacità di ReGen, la vettura viene arrestata anche grazie ai due sistemi di recupero di energia precedentemente descritti, per cui è facile che i dischi e le pastiglie posteriori si raffreddino e lavorino nella zona di transizione di temperatura, perdendo quindi efficienza frenante. Questo squilibrio comporta un trasferimento della ripartizione sull’anteriore, alla quale può facilmente seguire il bloccaggio delle ruote in staccata. Questo insieme di parametri è ulteriormente influenzato da un altro fattore: la temperatura della batteria. Sia in qualifica che soprattutto in gara è facile surriscaldare questo elemento del veicolo; se ciò si verifica vengono modificati i parametri di ReGen (come si può vedere nella figura successiva) con la conseguenza di avere un’ulteriore causa di variazione della ripartizione di frenata.

Infine, è necessario considerare l’effetto del valore massimo di ReGen imposto dalla FIA (150 kW): la ripartizione di frenata viene impostata ai box sulla base di certi picchi di forza frenante, alla quale deve essere combinata la decelerazione imposta dai sistemi di rigenerazione dello SoC. Supponiamo di settare la ripartizione della frenata per avere ottimo bilanciamento in fase di trail braking (zona di ingresso curva, media pressione sul pedale del freno) in considerazione anche degli effetti dell’azione di ReGen; nella parte iniziale della frenata, quando cioè si ha il picco di potenza frenante richiesta, il limite massimo di 150 kW non riesce con tale ripartizione a generare una coppia tale da garantire un equilibrio fra l’azione sull’assale anteriore e quello posteriore. Anche in questo caso si ha il bloccaggio delle ruote sterzanti.

Tutti questi fenomeni si amplificano in gara, a causa delle diverse condizioni di guida e delle scelte estreme di setup, ma anche per le maggiori possibilità di avere variazioni di temperatura della batteria e dei freni in un run di circa 25 minuti rispetto alle condizioni di giro singolo in qualifica. Questo spiega i frequenti bloccaggi che si vedono in Formula E, anche da parte dei piloti più esperti.

In gara il consumo per giro si attesta fra il 60% ed il 65% di quello che si ha in un giro di qualifica, grazie alla tecnica del lift (rilascio del pedale dell’acceleratore prima della zona di frenata). Se il pilota non chiede potenza si ha automaticamente engine braking (come visto in precedenza); per risparmiare energia senza avere freno motore viene utilizzata un’ulteriore leva, detta lift paddle, che permette di far avanzare la vettura per inerzia senza ricaricare la batteria. A questo risparmio di energia viene associato un maggior recupero della stessa grazie all’aggiunta di una terza tecnica, il paddle ReGen. Questo sistema consiste nell’incremento del freno motore richiesto direttamente dal pilota tirando una leva dietro al volante. Normalmente è settato alla massima potenza di recupero, agisce come gli altri sull’assale posteriore e fornisce un effetto “freno a mano”, che rende la vettura difficile da governare, specialmente in ingresso curva dove una elevata coppia sul posteriore genera un sovrasterzo certamente indesiderato dai piloti.

L’introduzione di questo ulteriore elemento comporta una notevole modifica della tecnica di guida in gara rispetto alle categorie tradizionali del motorsport.

Particolarmente critica diventa infatti la fase di approccio alle curve, dall’inizio del lift fino al punto di corda. Nella figura successiva viene riportata la riproduzione della telemetria relativa ad una curva generica affrontata da un pilota di FE.

Come si può vedere, l’approccio alla curva in gara si può suddividere in quattro fasi fondamentali, che in qualifica si eliminano in quanto il recupero di energia avviene solo tramite il freno motore:

  1. Zona di lift
  2. Zona di paddle ReGen
  3. Zona di brake ReGen
  4. Zona di Engine Braking

Nella prima fase il pilota azione la lift paddle per far proseguire il veicolo verso la curva senza subire il freno motore di ricarica della batteria che si attiverebbe in automatico al rilascio dell’acceleratore. Questa operazione serve solo a ridurre il consumo di energia e non ne permette il recupero, come indicato nella parte bassa del grafico.

Nella seconda fase il pilota inizia a ricaricare la batteria tramite la paddle ReGen e inizia la frenata. Come si vede nella zona di grafico relativa all’energia, in questo tratto il recupero è massimo (-150 kW); la velocità diminuisce e si inizia ad approcciare l’ingresso curva. Questa fase è preferibile che si concluda prima di iniziare il trail-braking, infatti come anticipato l’effetto “freno a mano” potrebbe portare un forte sovrasterzo in grado di far andare in testacoda la vettura. In questa zona della frenata è fondamentale cercare di ottenere una velocità di inizio ingresso curva molto vicina a quella che si ha in qualifica, per non perdere troppa prestazione.

La terza fase si ha nella zona di ingresso curva, la ricarica avviene con il brake ReGen ed è ridotta rispetto a quella eseguita dal paddle. La transizione fra la seconda e la terza fase è molto critica anche perché è qui che il pilota aziona anche il pedale del freno, cercando di copiare con la curva di frenata l’andamento della pressione di fine frenata della modalità di qualifica, come si vede nel confronto fra la curva di brake blu e quella rossa. In questa fase è inoltre fondamentale cercare di copiare il più possibile il profilo di velocità di qualifica; la problematica maggiore è che l’andamento giusto deve essere ottenuto con la somma dei contributi frenanti del paddle della fase precedente e dell’impianto frenante nella fase di ingresso curva.

La zona di engine braking è comune ad entrambe le configurazioni e viene eseguita in automatico in base alla mappatura della centralina; c’è da considerare però che l’azione frenante imposta dal pilota deve terminare leggermente prima del raggiungimento del punto di corda, in quanto la velocità minima viene raggiunta grazie al contributo frenante del motore, per cui è necessario affidare ad esso l’ultima decelerazione nei metri immediatamente precedenti alla curva.

L’energia totale ricaricata è data dall’area sottesa alla curva di recupero ed è evidenziata con la campitura di colore azzurro per la modalità di gara e di colore rosso per la qualifica, sessione in cui viene persa tutta la zona di ripristino relativa alla fase di paddle ReGen.

Se a tutte queste tecniche di guida si aggiungono le difficoltà legate alla batteria ed all’impianto frenante che abbiamo già elencato, è chiaro che la guida di queste monoposto è tutt’altro che semplice, proprio al contrario di quanto la vulgata vuole ostinatamente continuare ad affermare.

Nel video seguente la tecnica del lift ‘n’ coast spiegata dal canale ufficiale della Formula E.

Buona stagione Ringers!

 

High Voltage Bring: il graffio di Felix

Il campionato è ancora lungo, mancano ancora undici gare, nove se Agag non riuscirà a trovare una nuova città per rimpiazzare il doppio appuntamento di Montreal. Il campionato è lungo, ma l’e-Prix di Marrakech rischia di essere un vero spartiacque per la quarta stagione di FE. I protagonisti della categoria sono saliti in cattedra e sono entrati tutti nella fase finale di qualifica. Alla fine l’ha spuntata Buemi, con un giro praticamente perfetto, ma la presenza di Bird, Rosenqvist e Di Grassi nelle posizioni immediatamente seguenti faceva presagire una gara incerta e molto combattuta.

Alla fine la gara è stata appunto un probabile spartiacque, specialmente per Di Grassi, costretto anche stavolta al ritiro per problemi tecnici sulla sua Audi. Gli altri tre protagonisti hanno combattuto fino alla fine, ma stavolta si è vista l’inversione dei ruoli fra Buemi e Rosenqvist rispetto alla scorsa stagione, con il secondo vincitore grazie a un bel sorpasso sullo svizzero a cinque giri dalla fine. Bird è sembrato favorito nella prima parte di gara, quando era riuscito a seguire il leader, scattato bene dalla SuperPole, ma a pochi giri dal cambio macchina Rosenqvist è riuscito ad infilarlo senza lasciare spazio a repliche. Grazie ad una accurata gestione dell’energia, fondamentale (come anticipato) a Marrakech, l’alfiere Mahindra ha raggiunto velocemente Buemi, l’ha pressato e studiato fino al giro 28 per poi superarlo e vincere la gara.

La classifica vede ora Rosenqvist in testa con 54 punti, seguito da Bird con 48 e Vergne, abile ad agguantare una insperata quinta posizione, con 43 punti. Buemi, con 22 punti, si trova ora in sesta posizione nella graduatoria e nonostante il distacco sembra potersi proporre come serio contendente al titolo, specialmente in caso di passi falsi dei due leader di campionato.

http://www.fiaformulae.com/en/results/standings/driver/2022017

Di Grassi, reduce dall’ennesimo ritiro, sembra già escluso dalla lotta per portare a casa l’alloro. La monoposto Audi è sicuramente competitiva, come mostrato a Marrakech, ma certamente manca ancora l’affidabilità, tanto che il problema che ha fermato il brasiliano (stando alle dichiarazioni del team) non è stato lo stesso di Hong Kong.

Anche stavolta i piloti che si sono meglio adattati al circuito sono riusciti a fare la differenza e dopo tre stagioni complete sembra evidente il solco che si sta scavando fra i top driver e tutti gli altri, tanto che non meraviglierebbe troppo vedere i cinque già citati lottare per le posizioni di vertice in tutti gli e-Prix rimanenti. Sicuramente, per chi cerca una categoria dove il pilota possa davvero fare la differenza, la Formula E si mostra ancora una volta un’ottima opportunità, infatti i risultati di vertice dei piloti protagonisti non sono attribuibili esclusivamente alla competitività (innegabile) delle loro monoposto; a conferma di ciò è sufficiente valutare il confronto diretto con i compagni di team, i quali fra problemi di adattamento (Lotterer), errori frequenti (Heidfeld e Abt) e mancanza di competitività in generale (Prost e Lynn) non mancano quasi mai di subire pesantemente le eccezionali prestazioni del vicino di box.

Per quanto riguarda la gara di testa sono stati svelati due retroscena dai diretti protagonisti: Buemi ha dichiarato che, a causa di un problema idraulico sulla vettura approntata per il primo stint di gara, è stato necessario avviare l’e-Prix con quella preparata per la fase finale, dotata del dispositivo di attivazione del Fan Boost. Dopo il cambio macchina, con la possibilità di attivare la potenza extra fornitagli dai tifosi, lo svizzero pensava di potersi difendere più agevolmente da Rosenqvist nel lungo rettilineo che porta alla temuta curva 7, teatro di numerosi errori in tutto il fine settimana. La vettura riparata non era però stata pensata per la parte finale dell’e-Prix, per cui non era dotata della possibilità di utilizzare l’energia aggiuntiva; al momento dell’attacco per la testa della corsa Buemi ha quindi richiesto maggior risposta al motore che però non è arrivata e lo svedese ha potuto infilarlo. In effetti in grafica non era mai apparsa durante la gara la solita segnalazione di utilizzo del Fan Boost da parte del pilota Renault. L’altro imprevisto ha colpito invece Sam Bird, spianando anche in questo caso la strada al vincitore della gara. Gli ultimi 3-4 giri del primo stint sono stati infatti tesi per l’inglese, che ha accusato problemi al cambio, rischiando addirittura il ritiro. È stato proprio in quel frangente che Rosenqvist ha potuto prendere la seconda piazza, dopo un vistoso rallentamento del pilota della Virgin.

La gara degli altri è stata sicuramente entusiasmante, con diverse lotte e sorpassi al limite, ma l’impressione rimane sempre quella di essere in presenza di due categorie di piloti, con i peggiori sempre alle prese con errori e problemi di adattamento alla macchina, più che con la gestione ottimale dell’energia e la guida pulita necessaria per far andare forte queste monoposto.

Da notare il dietrofront della FIA in materia di cambio macchina: nella scorsa settimana era infatti stata decretata l’abolizione del tempo minimo per effettuare la sosta ai box, con diverse lamentele da parte dei piloti, come riportato nell’articolo di presentazione dell’e-Prix (http://nordschleife1976.com/high-voltage-bring-2018-fia-formula-e-marrakech-e-prix/). Alla fine la Federazione ha deciso di tornare sui propri passi ed imporre un tempo di sicurezza di 45 secondi, rispettato da tutti i piloti senza incorrere in penalizzazioni.

In conclusione, nella giornata di domenica si sono svolti sulla stessa pista di Marrakech i Rookie test che hanno visto la partecipazione di diversi giovani ma anche di protagonisti affermati di altre categorie. A fine giornata il più veloce è stato Nico Muller, su Audi, che si è concesso il lusso di siglare un tempo persino più rapido del migliore ottenuto nelle sessioni ufficiali (da Daniel Abt su Audi nelle PL 2).

Di seguito la classifica dei Rookie Test:

 

 

High Voltage Bring: 2018 FIA Formula E Marrakech e-Prix

Ciao Ringers! A distanza molto ravvicinata dall’ultimo articolo, torna High Voltage Bring, con la presentazione del terzo e-Prix della stagione, che apre il 2018 della FE. L’appuntamento è per domani (sabato 13 gennaio) a Marrakech, per la seconda edizione di questa gara, dopo l’esordio avvenuto nella scorsa stagione. Si arriva in Marocco dopo il doppio appuntamento inaugurale di Hong Kong (http://nordschleife1976.com/high-voltage-bring-post-week-end-di-hong-kong/) che ha fornito due gare ricche di lotte e colpi di scena, ma soprattutto una classifica davvero “corta”, con diversi piloti che si sono dimostrati competitivi e in grado di lottare per il campionato fino all’ultima gara. http://www.fiaformulae.com/en/results/standings/driver/2022017

La notizia dell’ultima ora è destinata a cambiare notevolmente le gare di questa stagione, a partire proprio da questo e-Prix del Marocco. Si è infatti deciso di eliminare il tempo minimo per il cambio macchina fra il primo e il secondo stint di gara. Sulla novità si sono espressi Bird e Di grassi, non pienamente convinti della nuova regola, per diversi motivi.

Bird ha dichiarato che: “Dal punto di vista dello spettacolo, per i fan, può andare bene, però sotto il profilo della sicurezza non è il massimo. In questa maniera niente impedirà al pilota di sganciarsi le cinture prima in modo di fare più rapidamente e ciò potrebbe rivelarsi davvero pericoloso”.

Di Grassi ha aggiunto: “Sono a favore dell’idea, tuttavia sarebbe stato meglio stabilirla prima di inizio stagione, in modo da ottimizzare la procedura. Un simile cambiamento rappresenterà un azzardo per tutti e in Marocco ci complicherà senz’altro la vita”. E, in riferimento alle cinture: “Quelle delle monoposto non sono disegnate per un cambio veloce a differenza dell’Endurance o del Gran Turismo dove il sistema è più semplice e meno rischioso. In pratica, se un meccanico sotto pressione sbaglia il procedimento, ha bisogno di 15 o 20 secondi extra per rifare tutto. È vero, è parte del gioco, tuttavia non dovrebbe essere una variabile che ti fa perdere una corsa”

C’è sicuramente da considerare che, pur con l’obbligo di un tempo minimo, tale operazione ai box non è mai stata estremamente sicura e spesso si sono verificate incomprensioni accompagnate da errori dei piloti, come capitato allo stesso Bird nel fine settimana di Hong Kong.

L’attesa maggiore sarà chiaramente per il riscatto dei due protagonisti della categoria nelle prime tre stagioni, gli eterni rivali Buemi e Di Grassi, che anche a Hong Kong hanno avuto modo di scambiarsi qualche ruotata nonostante fossero relegati a lottare per posizioni non troppo nobili della classifica.

Un particolare occhio di riguardo sarà da tenere per Felix Rosenqvist e Sam Bird, entrambi grandi protagonisti nell’apertura stagionale e attesi alla conferma che li lancerebbe prepotentemente fra i favoriti per il titolo finale. Al pari di loro sarà importante verificare che le prestazioni dei loro team, Mahindra e Virgin, siano all’altezza di quelle mostrate nel primo doppio appuntamento; ciò che infatti è sempre mancato a queste due squadre negli scorsi anni è la costanza di rendimento indipendentemente dalle caratteristiche del circuito. Da verificare sarà anche il rendimento di Mortara, autore di un grande exploit nella seconda gara di Hong Kong, e di Lotterer, sicuramente non a suo agio al debutto nella categoria, come da lui stesso dichiarato: “Esordire in una nuova categoria non è mai facile, ma non avevo mai sperimentato niente di simile alla Formula E in vita mia”.

 

Le difficoltà affrontate dal tedesco sono state le stesse di Jani, anche lui proveniente dal WEC, che ha deciso di abbandonare l’avventura elettrica dopo un solo fine settimana: al suo posto Dragon schiererà l’ex Virgin Josè Maria Lopez.

Intanto proseguono alcune difficoltà della categoria, probabilmente ancora dovute alla gioventù della serie: l’ultima novità è il dietrofront di Montreal che avrebbe dovuto ospitare il doppio e-Prix finale di questa stagione a fine luglio, come accaduto per la rocambolesca edizione 2017. Non è ancora chiaro se il campionato conterà due gare in meno rispetto ai piani iniziali oppure se Alejandro Agag riuscirà a trovare una diversa location per concludere la stagione 2017/2018. In caso contrario i titoli verranno probabilmente assegnati nel fine settimana di New York, con un altro doppio appuntamento (sabato 14 e domenica 15 luglio).

Passiamo ora alla gara che ci aspetta nel fine settimana: nella scorsa edizione il dominatore fu Buemi, con una vittoria di forza su Rosenqvist, in gran spolvero con la sua Mahindra, che aveva addirittura ottenuto la Super Pole. Di seguito gli highlights della scorsa edizione:

Come si può vedere dall’immagine di copertina, il circuito presenta numerosi rettilinei piuttosto lunghi, per cui sarà fondamentale una ottima efficienza nel recupero dell’energia, probabilmente addirittura più di quanto visto a Hong Kong. I punti di sorpasso per azioni spettacolari non mancano, ma sarà comunque fondamentale partire davanti per poter impostare nel modo più redditizio il proprio passo gara e gestire al meglio la carica delle batterie. Nel video successivo si può vedere on board il circuito che verrà affrontato dai piloti.

Di seguito gli orari del fine settimana, con la possibilità, come per tutta la stagione, di seguire in diretta l’evento su Italia 2 in chiaro oppure su Eurosport per chi ha Sky.

Prove Libere 1 (45 minuti): ore 9:00-9:45

Prova Libere 2 (30 minuti): ore 11:30-12:00

Qualifiche (60 minuti): ore 13:00-14:00

Gruppo 1: ore 13:00-13:06

Gruppo 2: ore 13:10-13:16

Gruppo 3: ore 13:20-13:26

Gruppo 4: ore 13:30-13:36

SuperPole: ore 13:45-14.00

E-Prix: ore 17:03-18:00

In conclusione una notizia personale: ancora è fortemente incerta la mia presenza ai test F1 di Barcellona, in compenso ho ricevuto in regalo il biglietto per l’e-Prix di Roma, per cui sembra che il proposito di assistervi dal vivo potrà essere rispettato. Buon e-Prix di Marrakech Ringers!

High Voltage Bring: trasmissione di un veicolo elettrico

Ciao Ringers e buon anno! In questo appuntamento di High Voltage Bring proviamo a rispondere a una delle domande che sono scaturite da uno dei precedenti articoli. Nella presentazione di questa stagione 2017/2018 (http://nordschleife1976.com/high-voltage-bring-2017-fia-formula-e-hkt-hong-kong-e-prix/) abbiamo parlato delle diverse scelte di trasmissione per i costruttori di FE. Qui di seguito un riepilogo delle caratteristiche tecniche, con una correzione rispetto al precedente articolo per quanto riguarda l’architettura del team Virgin (grazie Morok per la precisazione):

Team Motore Tipo Marce
Renault Renault Trasversale 1
Audi Audi Longitudinale 1
Virgin DS Trasversale 3
Mahindra Magneti Marelli (Mahindra) Trasversale 2
Venturi Venturi (McLaren) Longitudinale 3
Andretti BMW Longitudinale 3
NIO NIO Doppio-Trasversale 1
Jaguar Jaguar Longitudinale 2
Dragon Magneti Marelli (Penske) Trasversale 2
Techeetah Renault Trasversale 1

Come giustamente fatto notare in uno dei commenti, il motore elettrico è molto vantaggioso per quanto riguarda la trazione stradale, in quanto per sua stessa natura fornisce una autoregolazione di coppia con la velocità di rotazione e garantisce quindi un ottimo accoppiamento alle ruote traenti di un veicolo per soddisfare le esigenze di una vettura. È noto infatti che uno dei principali problemi del motore a combustione interna (oltre a quello dello scarso rendimento) è la difficoltà dell’accoppiamento con l’utilizzatore finale, per esempio l’asse posteriore di una F1. Innanzitutto, infatti, un MCI ha la necessità di mantenere un regime di rotazione minimo per evitare lo spegnimento; inoltre, per massimizzarne le prestazioni, è necessario che lavori entro un certo range di giri al minuto, così da sfruttare al meglio i picchi di coppia e di potenza. Tali necessità sono chiaramente amplificate per un motore da competizione. Per risolvere i problemi derivanti dall’adozione di un MCI si utilizza un sistema di trasmissione dotato di innesto a frizione e cambio di velocità, che risolve sia la problematica del regime minimo che quella dello sfruttamento delle prestazioni massime.

Di seguito si riporta un grafico con l’andamento delle curve di coppia al variare della velocità di un veicolo, con l’innesto di marce diverse (a destra), affiancato dal grafico con riportata la curva di coppia e di potenza ideale per la trazione stradale (a sinistra):

A causa della discontinuità dei rapporti e della necessità di eseguire il cambio marcia, un MCI non riuscirà mai a seguire perfettamente la linea tratteggiata della figura, che corrisponde alla curva ideale. Ciò è possibile solo nel caso teorico di numero di marce infinito, che viene replicato nella pratica nei ciclomotori 50 cc a rapporto di trasmissione con variazione continua; questa soluzione introduce altri svantaggi, legati alla difficoltà di trasmettere coppie elevate, a causa del collegamento fra albero motore e asse traente realizzato con il variatore di velocità a cinghia.

Per quanto riguarda un motore elettrico, invece, le curve che si ottengono sono estremamente simili a quelle ideali riportate a sinistra nella figura precedente; tale caratteristica lo rende molto efficace per l’impiego automotive.

Fatta questa doverosa introduzione, siamo tornati al punto di partenza: perché allora in FE alcuni costruttori utilizzano powertrain con diversi rapporti di trasmissione, invece che uniformarsi al monomarcia? Quest’ultima soluzione presenta infatti almeno tre vantaggi: uno legato all’efficienza della trasmissione, uno alla prestazione della vettura ed uno alla efficacia della guida del pilota.

  1. L’assenza di marce permette di avere un sistema di trasmissione più snello, che permette quindi di ridurre peso ed attriti, migliorando quello che in un motore a combustione viene detto “rendimento organico”. In una competizione come la FE, dove la vittoria viene ottenuta dal più efficiente, nessun dettaglio riguardante il rendimento della vettura può essere sottovalutato
  2. Il cambio marcia, pur essendo sempre più rapido, comporta comunque dei brevi intervalli di tempo (sotto al decimo di secondo) in cui il motore non è collegato alle ruote e quindi non riesce a fornire la coppia richiesta, per cui si ha perdita di prestazione
  3. La guida di una FE, come vedremo in uno dei prossimi articoli, richiede al pilota estrema attenzione nella gestione dell’energia, tanto che le tecniche per il risparmio della carica della batteria sono ben più complesse da attuare rispetto a quelle a cui sono abituati i piloti di F1(!). Eliminare un elemento di azione del pilota, come il cambio marcia, peraltro molto frequente nei circuiti cittadini in cui gareggiano le FE, è sicuramente un modo per migliorare il livello di guida

Un motore elettrico è caratterizzato dalla base speed, velocità di rotazione alla quale, nella curva di potenza, inizia il tratto a valore costante. Il rapporto fra la velocità di rotazione massima e la base speed è detto rapporto di velocità:

Al crescere di x si ha un più ampio campo di funzionamento del motore elettrico, infatti a parità di velocità di rotazione massima si ha una base speed più bassa, cioè una disponibilità più immediata di potenza massima. In figura si vede la differenza fra le curve di potenza di motori elettrici al crescere di x.

In base alla tecnologia a disposizione del costruttore, la velocità massima di rotazione del motore e la base speed possono variare, di conseguenza viene influenzato il valore del rapporto di velocità. Se questo è troppo elevato sarà necessario introdurre una trasmissione a più rapporti, per sfruttare al meglio la potenza a disposizione, mentre il costruttore che riesca ad ottenere un motore con basso x potrà realizzare un veicolo monomarcia. È allo stesso tempo fondamentale avere a disposizione un propulsore che permetta di raggiungere elevati regimi di rotazione, in quanto la velocità massima di un veicolo è legata alla velocità di rotazione delle ruote, a sua volta dipendente da quella del motore in base al rapporto di trasmissione complessivo. Nel caso di un monomarcia quindi è necessario che x sia basso ed allo stesso tempo  sia elevata. I costruttori con tecnologie più sviluppate sono evidentemente già riusciti ad ottenere un powertrain con queste caratteristiche (Audi e Renault), mentre gli altri sono dovuti ricorrere a diverse soluzioni per aggirare questo problema. Fra questi risulta davvero particolare la scelta di NIO, che ha optato per un doppio motore, così da poter ricreare, con un monomarcia, lo stesso effetto dato dall’utilizzo del cambio.

Le diverse scelte effettuate dai costruttori, unite alla grande incertezza nei risultati in pista, mostrano certamente che la soluzione migliore non è ancora stata individuata, a riprova dell’enorme margine di sviluppo del motore elettrico e di conseguenza della FE.

High Voltage Bring: post week-end di Hong Kong

Ciao Ringers, con due gare ricche di colpi di scena è andato in archivio il primo fine settimana della Stagione 4 di FE. A giudicare dal numero di commenti del pre-gara di Hong Kong sembra che la serie elettrica stia acquistando interesse anche sul Bring.

Lascio la cronaca delle gare ai seguenti video, direttamente forniti dal canale YouTube della FE:

e-Prix 1: https://www.youtube.com/watch?v=L6NlajWJ8pA

e-Prix 2: https://www.youtube.com/watch?v=4wCxyYW4Uys

Premetto che seguiranno altri articoli a questo, prima del prossimo e-Prix di Marrakesh del 13 gennaio 2018, con approfondimenti puramente tecnici su questa categoria. Mi limito quindi ad alcune considerazioni sul fine settimana appena concluso, in attesa di sapere anche la vostra opinione.

  • La SC in partenza della seconda gara: non mi è piaciuta assolutamente. Se è vero che sotto tanti punti di vista si pensa soprattutto allo spettacolo in FE, magari chiudendo un occhio sui contatti di gara, di contro si è deciso per una azione preventiva a causa dell’incidente della gara del sabato, che aveva provocato una bandiera rossa decisamente fin troppo lunga. È vero che gli appassionati non si mettono davanti alla tv per vedere gli incidenti della prima curva, ma la partenza da fermo di una qualsiasi gara motoristica è uno dei momenti più decisivi ed allo stesso tempo ricchi di tensione di tutta la competizione, per cui neutralizzarlo così è stato sicuramente una scelta impopolare
  • Il commento in TV: ho visto la gara di sabato su Italia 1 e quella di domenica su Eurosport, per confrontare le telecronache. Quello che mi è piaciuto di Mediaset è che hanno preso l’impegno di trasmettere la FE con massima serietà, certamente del tutto al contrario di quello che aveva fatto la Rai negli ultimi due anni. La telecronaca mi è sembrata un po’ troppo “commerciale”, ma i commentatori erano quantomeno preparati sull’evento da raccontare. Eurosport mi è sembrata come sempre più “seria”, senza la necessità di provare a spettacolizzare a tutti i costi qualsiasi avvenimento della gara, ma i due commentatori sono sembrati effettivamente impreparati all’evento.
  • I piloti e i team: come si era già previsto, le gare sono state molto combattute e non scontate, con tanti piloti a giocarsi le posizioni di testa. Il più in forma è sembrato certamente Sam Bird, che avrebbe potuto fare tranquillamente doppietta, senza l’errore nel cambio macchina della gara del sabato (bellissimo il sorpasso su Vergne). In questo ha mostrato un punto di continuità con le passate stagioni, nelle quali si è sempre mostrato veloce ma mai abbastanza costante nel rendimento per l’intero singolo evento e per il campionato. Ha stupito sicuramente il momento negativo di Di Grassi e Buemi, entrambi in difficoltà con le proprie monoposto ma anche nel confronto con i rispettivi compagni di team. In particolare Daniel Abt avrebbe potuto essere in testa alla classifica senza l’errore “amministrativo” del team, che ha gettato al vento l’ennesima gara per squalifica, come già successo nelle scorse stagioni. Per quanto riguarda il livello di difficoltà della categoria, la prestazione di Lotterer ha dimostrato che non è per niente facile fare risultato in FE e che il noviziato si paga a caro prezzo. In casa Techeetah infatti si sono dimostrati competitivi per quanto riguarda la velocità della vettura, con Vergne in Pole nella gara del sabato e secondo sul traguardo, ma Lotterer non è riuscito a sfruttare le potenzialità del veicolo, che per la verità in gara soffre ancora come lo scorso anno in fase di gestione dell’energia. Certamente stupisce il confronto con il team Renault ufficiale, che con stessa vettura ha mostrato un rendimento davvero deficitario. La speranza è che non stiano prendendo questa stagione di transizione in modo troppo leggero (anche se a notare la mimica del Professore ai box non sembrerebbe) perché privare questo campionato di un protagonista come Buemi sarebbe davvero un peccato. Chi non ha mostrato troppi problemi ad adattarsi alla nuova categoria è Mortara, dominatore della gara di domenica fino a tre giri dalla fine, quando l’ormai classico (per la FE) sovrasterzo in frenata -ne parleremo in uno dei prossimi articoli- lo ha relegato alla terza posizione finale, diventata poi seconda con la squalifica di Abt. Infine un cenno alla prestazione di Rosenqvist: come sempre si è mostrato tanto veloce quanto incline all’errore, ma la solidità sua e della Mahindra lo hanno comunque proiettato in terza posizione nel campionato, ad una manciata di punti dal leader Bird. Certamente, in attesa della risalita di Di Grassi e Buemi, si preannuncia davvero una lotta serrata fra diversi piloti, magari fino all’ultimo giro dell’ultimo e-Prix, come nel successo nella Stagione 1.
  • Le penalità: è sembrata eccessiva la doppia penalizzazione inflitta a Bird per il cambio macchina con strike del primo e-Prix, mentre i commissari hanno chiuso entrambi gli occhi sulla manovra eseguita da Rosenqvist alla prima curva della gara di domenica, quando per rientrare dopo il testacoda si è esibito in una manovra da videogioco, infilandosi nel mezzo al gruppo che sopraggiungeva e bloccando frontalmente una vettura di centro schieramento.
  • Lo spettacolo: come quasi sempre, se si cercano battaglie, sorpassi, errori, duelli ruota a ruota (e anche un po’ oltre) la FE non ha deluso. La semplicità di costruzione di queste vetture favorisce i duelli in pista, permettendo ai piloti di non riportare danni significativi anche in caso di contatto, in questo somigliando maggiormente alle competizioni a ruote coperte che alle gare di vetture Formula. La praticamente totale assenza di effetti aerodinamici (specialmente in configurazione gara) permette ai piloti di seguire l’avversario senza avere troppi problemi di aderenza anche nelle curve con maggiori velocità di percorrenza.

Torneremo a parlare di questa categoria con approfondimenti tecnici, come anticipato, in attesa dell’e-Prix di Marrakesh. Dite la vostra e buona FE Ringers!