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F1 2018 BRAZILIAN GP: AN INTRODUCTION

Ormai orfani della famigerata “Nonna di Barrichello”, la cui presenza incombeva puntuale ogni anno sul tracciato di Interlagos, incastonato al centro di un affascinante insieme di laghi, ci si approssima al Gp del Brasile con un mondiale piloti già in archivio e “il marche”, come piaceva dire a Poltronieri, ancora in bilico tra Ferrari e Mercedes, almeno dal punto di vista dell’aritmetica. Quindi con un’aspettativa non proprio fervida, considerando anche il blasone ormai perso del mondiale costruttori, oscurato dall’egocentrico mondiale piloti.

In realtà motivi di interesse non mancano, e molti guardano già a quella che sarà la stagione 2019.

Partiamo col dire che, al netto della lotta per il mondiale costruttori, sia Ferrari che Mercedes utilizzeranno questo Gp e il successivo come delle giornate di test extra per testare soluzioni da utilizzare l’anno prossimo, in particolare le PL1 E le PL2 si presteranno molto bene allo scopo. Con tutta probabilità sarà tutto un fiorire di comparazioni tra pezzi vecchi e nuovi, esperimenti di assetto, di test di eventuali nuove sospensioni e chi più ne ha più ne test(a).

Altro argomento succoso sarà la prova del nove per quanto riguarda l’improvvisa “ferrarite” che sembra aver assalito la Mercedes nelle ultime due gare, in cui si sono visti grossi problemi di gestione gomme e di mancanza di performance. Se ad Austin era stato incriminato un errore nel bilanciamento dei pesi della vettura a seguito di un intervento tecnico in parco chiuso e in Messico un mix tra problemi di setup, pista liscia e (da parte della stampa specializzata) i cerchioni delle gomme posteriori con i famigerati fori chiusi, nel GP del Brasile ci si aspetta un ulteriore verifica. Tanti saranno iflash e teleobbiettivi pronti a scovare e immortalare i famigerati fori chiusi/aperti dei cerchioni e gli eventuali segni presenti sulle gomme al termine di prove di long run, con il conseguente profluvio di ipotesi e conclusioni, in molti casi inopportune e “ad estro”, volto a spiegare nel bene e nel male le performance delle frecce d’argento.

Infine l’altra questione che ha tenuto banco negli ultimi giorni sono le voci che vorrebbero Mattia Binotto, DT dell’area tecnica della SF, in partenza verso altri lidi (Renault) a causa di attriti con l’attuale (e confermato per i prossimi due anni, sembra) TP Maurizio Arrivabene. Quest’ultimo si è già affrettato a dichiarare che queste voci sono tutti tentativi di destabilizzare l’ambiente, che non c’è nulla di vero. Probabile, ma una evidente mancanza di empatia tra i due sembra acclarata e, considerando la storia degli ultimi 10 anni in Ferrari, c’è sempre da aguzzare le orecchie quando si parla di tecnici scontenti che sono pronti a lasciare l’Emilia per altri località. Certo sarebbe l’ennesimo spreco di materiale umano da parte della SF, in cui risulta evidente la mancanza di un ambiente consono e favorevole all’espressione dei talenti ingegneristici già presenti e al mantenimento di uno status quo vincente. Lo stesso Marchionne, a detta di molti, compì uno dei suoi pochi errori dirottando Resta alla Alfa-Sauber, sottovalutando l’impatto che avrebbe potuto avere questo sull’efficienza del reparto tecnico, anche alla luce del “buco” prestazionale in occasione dei Gp di Singapore, Sochi e Suzuka, che hanno, di fatto, compromesso il mondiale piloti e parzialmente quello costruttori.

Detto ciò passiamo a commentare gli aspetti tecnici del Gp del Brasile 2018. Pirelli ha scelto le mescole medium – soft – supersoft. Nel 2017 la strategia gara fu sulla singola sosta, in particolare supersoft + soft, con pochi imbarazzi sul fronte del degrado degli pneumatici. Quest’anno la Pirelli porta mescole di uno step più morbido rispetto al 2017 ed è probabile che si renda necessario l’utilizzo della gomma medium, considerando anche che l’odierna supersoft è in realtà l’ultrasoft del 2017. Il tracciato corto potrebbe permettere l’utilizzo della gomma soft in Q2, per avere una gomma più affidabile dal punto di vista della resa su più giri nel primo stint e nel caso il degrado della gomma SS si riveli eccessivo. Molto sollecitata la gomma anteriore destra, considerando le numerose curve in appoggio proprio su quel lato.

Le scelte dei piloti sono state, al solito, sbilanciate verso le mescole più morbide. Ham e Vettel si copiano scegliendo una sola medium, così come il duo RBR, mentre i loro due team mate hanno optato per due medium. Tra i team di seconda fascia scelte simili ai top team con qualche eccezione come Racing Point Force India e McLaren che hanno optato per quattro treni di soft.

Il tracciato dovrebbe vedere una Ferrari competitiva in quanto dovrebbe esaltarne le doti di trazione e la potenza della PU, al netto di errori di setup. Da verificare il comportamento delle Mercedes, mentre sembra non poter ripetere la gara messicana la Red Bull, penalizzata dal deficit di potenza della PU sui rettilinei in salita di Interlagos. Renault ormai quasi sicura di essere la prima “delle altre”, mentre ci si può aspettare qualcosa di positivo da Alfa-Sauber e Haas, complice la PU Ferrari e un pilota come Leclerc che si sta abituando al passaggio sistematico in Q3. Il meteo non dovrebbe riservare sorprese, con tempo asciutto seppur nuvoloso e con temperature non elevate per tutto il weekend.

Nel 2017 l’errore, forse l’unico, di Hamilton in Q1 spianò la strada al successo di Vettel. Quest’anno la lotta tra i due top team dovrebbe essere molto serrata e la MB avrà sicuramente voglia di tornare a vincere dopo due GP di astinenza. Per Ferrari si tratta di una ottima occasione per rendere meno amaro l’ennesimo brutto finale di stagione, che tra l’altro è la migliore dal 2008. Considerando i malumori interni più o meno palesi e il senso di frustrazione crescente non è di buon auspicio pensare a come fu la stagione 2009 dopo quel 2008 così simile al 2019. Ricciardo ha smaltito la delusione messicana e sarà al via con l’unico obbiettivo di rendere torvo il faccione di Helmut Marko, mentre per Alonso si tratta del penultimo atto su una pista in cui ha sempre trovato un motivo per sorridere… sia quando è diventato campione, sia quando ha contribuito a impedire a qualcun altro di diventarlo. Proprio vero che uno deve sempre trarre il meglio da ogni situazione, anche la più amara…

Rocco Alessandro

IL PAGELLONE SEMISERIO DEL FROLDI: MEXICO CITY

Dei perdenti si scrive anche nella Storia e nello Sport (tutte appendici della vita). Ma perdenti restano. Dei perdenti si può ricordare la sfortuna e la grandezza. Ma perdenti restano. Dei perdenti si può ricordare il valore. Ma perdenti restano. E con la loro sconfitta nobilitano ancora di più i vincenti. Foscolo lo scriveva nel suo immortale carme Dei Sepolcri: “[…] e tutta narrerà la tomba, Ilio raso due volte e due risorto splendidamente su le mute vie, per far più bello l’ultimo trofeo ai fatati Pelìdi […]” (la città di Troia risorta due volte per rendere più bella la definitiva distruzione e la vittoria ai greci). Quasi tre millenni di civiltà ci portano sempre lì. Ettore nulla può contro Achille, destinato dagli dei a vincere e praticamente immortale. Eppure noi, come Foscolo, stiamo “anche” (e talvolta soprattutto) con Ettore. Con il perdente. Mutatis mutandis anche lo Sport ha una sua epica. Un afflato che lo eleva al di là delle miserie umane. E’ vero: Enzo Ferrari, il fondatore, diceva: “Il secondo è il primo dei perdenti”; feroce e salace battuta che diceva molto di lui e della sua determinazione. Enzo non si offenderà se una volta tanto gli diamo torto e ci schieriamo con il perdente. Io “sto” con Vettel, che ha commesso tanti errori, che non è stato supportato a dovere da un team spesso diviso da lotte intestine (chi dice che non è vero semplicemente non conosce, come noi, cosa è accaduto in Ferrari storicamente e dopo la morte di Marchionne). “Sto” con la grandezza di uno sconfitto che applaude il meritato titolo con cui è stato incoronato per la quinta volta campione del mondo Lewis Hamilton. “Sto” con la grandezza di un pilota che va ad applaudire il Team rivale, ben sapendo quanto la Formula Uno sia anche e soprattutto, “sulle carte sudate”, sui super computer che simulano, sui banchi prova dei motori che esplodono, sui circuiti elettrici che vengono progettati e cablati, uno sport di squadra. Dietro la punta di lancia del pilota, del cavaliere che monta sul suo puledro come se ci fosse ancora una tenzone medioevale, stanno 400/500,1000 persone. E dunque io “sto” con la grandezza di Vettel che dice al fresco pentacampione che lo vuole battere il prossimo anno e che gli chiede di essere al massimo della forma (perché Hamilton somiglia dannatamente ad Achille, ora); perché quella sarà una vittoria più bella. “Sto” con un pilota umano, troppo umano, che dice di sentirsi svuotato dalla sconfitta. Abbiamo molto criticato Vettel. Da alcuni indizi, giusto qualche parola sfuggita qua e là, ci pare di capire che Sebastian abbia qualche problema extrasportivo. Ma nulla trapela della sua vita privata, nessun profilo social. Una scelta che dice molto del suo carattere e che lo accomuna al suo idolo giovanile, Schumacher. Le congetture non servono a molto. Questo cannibale sportivo (ricordiamolo: quattro titolo mondiali di fila) è anche lui umano. La cadute servono, ai grandi, per capire i propri limiti ed errori. E per risollevarsi. Questa è la fase per ricaricare le batterie (non solo quelle della SF71H). D’altronde in Messico si festeggerà il peculiare rito cattolico che unisce la feste cristiane di Ognissanti e della Commemorazione dei defunti nel “Dìa de Muertos”, come si poteva vedere dal pubblico truccato con le caratteristiche maschere e colori. Una rappresentazione caricaturale della morte che prefigura la Resurrezione. Che sia di buon auspicio.

Max Verstappen. Voto: 10. Gara condotta autorevolmente dall’inizio alla fine. Eppure, come dice il nostro amico Formula Humor (vedere sotto)…

Vettel. Voto. 9. Partenza guardinga. Finalmente. Primo pit abbastanza tranquillo. Poi si scatena. Ed è uno spettacolo. Che aumenta i rimpianti.

Raikkonen. Voto: 9.  Non sembra avere il passo nel primo tratto di gara e pare incredibilmente arrendevole. Poi anche lui comincia a volare ed a gestire come pochi (ma è una sua caratteristica) le gomme. Si prende un prezioso terzo posto scavalcando Bottas. Punti preziosi. Preziosissimi.

 Hamilton. Voto.: 10 per il Mondiale, 5 per la gara. Non c’è bisogno di celebrarlo. Si merita ampiamente questo titolo, forse il più bello da quando è cominciata la noiosa era turbo-ibrida targata (grazie a gentile concessione FIA e Montezemolo) Mercedes. Per la gara: correva di conserva e non aveva senso rischiare, ma la sua monoposto era davvero irriconoscibile.

Bottas. Voto: Senza infamia e senza lode.

Ricciardo. Voto: 9. Meravigliosa pole position. In primis contro il suo Team e poi contro Max…che già se la sentiva sua. Una beffa sublime. Poi, durante la gara, quando stava difendendo una seconda posizione meritatissima, dopo una partenza invece da incubo, ecco il guasto meccanico. Alcuni testimoni affermano di aver visto, nottetempo, uno strano figuro, con un paio di strani arnesi, intrufolarsi nel parco chiuso. Secondo un identikit della polizia messicana, il losco figuro parrebbe avere una vaga somiglianza con Helmut Marko…

Strategia Ferrari: Voto; giudizio sospeso. Sarebbe riuscito Sebastian a riacciuffare il secondo posto ampiamente in ghiaccio, se Ricciardo non si fosse ritirato, con il secondo cambio gomme che un pò ha sparigliato le carte? Ho qualche dubbio…

W09. Voto: la brutta copia. Ad Austin dicevano di aver montato male alcune componenti della monoposto. Blistering. In Messico Graining. Due fenomeni quasi contrapposti (ne sanno più di me Cristiano e PG). Unico elemento comune, i mozzi forati non usati per la gara. E’ come se la monoposto fosse improvvisamente ridiventata molto problematica sulle gomme posteriori, forse suo unico tallone d’Achille. Solo un caso? C’entrano qualcosa i mozzi forati? Si, no, forse, boh. Non credo si possa ascrivere ad un particolare certamente importante, ma in definitiva secondario come dei micro-buchi, tanto una performance elevata, quanto una debacle. Una monoposto è un cocktail di cose, un mix di fattori che si fondono. Certo, qualcosa si è perso per strada. Peccato sia accaduto troppo tardi (lo dico per noi ferraristi ovviamente). Ci capiscono poco fior di ingegneri, colleghi blasonati, e forse gli stessi uomini Mercedes. Il prossimo Gran Premio ci mostrerà se la Mercedes ha smarrito definitivamente le proprie qualità o se questi due Gran Premi sono stati episodi isolati.

I cerchioni bucati e la FIA. Voto: Boh! O una cosa è regolare o non lo è. Punto. Ma forse, e la cosa ha un vago retrogusto da contrappasso dantesco, la FIA del napoleonide Jean Todt è vittima dell’estrema farraginosità e ipertrofia regolamentare. Non avendo, come invece hanno i Team (soprattutto i più blasonati), risorse e mezzi per cercare di sfruttare le “zone grigie” ed i “buchi” di un tomo di centinaia di pagine. Sono cose di cui abbiamo parlato spesso. L’organo di governo della Formula Uno comunque, bontà sua, ha  preannunciato che proprio in questi giorni affronterà una volta per tutte questa vicenda curiosa. Come sintetizza Maurizio Voltini (Autosprint): “La Fia si deve decidere, anche perché la Mercedes stessa (non solo gli altri) ha il diritto di sapere se può usarli o no”.

Pirelli. Voto: ogni tanto ci ricascano-bis. Ri-Copio e reincollo da PG: «Credo sia vergognoso che Pirelli poche ore prima della gara vada a modificare le pressioni degli pneumatici (+1.5 psi). E gli assetti? Siamo a fine stagione e ancora si parla di “valori diversi di carico e velocità” rispetto a quelli uscenti dalle simulazioni». Capisco che la Pirelli possa avere ottimi motivi per tali cambiamenti (sicurezza), eppure non ha molto senso che si cambino le regole in corsa. Dà l’idea di uno sport-wrestling. E non è una bella cartina di tornasole.

P.S.: assegnato il Mondiale piloti, vediamo cosa succede per quello Costruttori che è ancora un filino aperto. Sarà dura per la Ferrari, un’impresa ciclopica. E se andasse sarebbe roba scolpita nel marmo. 585 punti Mercedes, 530 Ferrari. Ballano 55 punti.

Perché non provarci? Una volta tanto siamo d’accordo con Maurizio Arrivabene quando dice che a questo punto tentare “diventa un dovere”.

Vivremo, si spera, due gare interessanti.

 

Mariano Froldi, Direttore Responsabile di FunoAT

F1 2018 MEXICAN GP: AN INTRODUCTION

E’ l’eccezione che conferma la regola, ma il ritorno del Gp del Messico nel mondiale di F1, sul circuito dedicato ai fratelli Rodriguez, ha saputo coniugare l’aspetto sportivo, quello economico e una straordinaria attenzione del pubblico pagante. Circuito che è una versione rivista e corretta del circuito costruito nel 1963 ma meno affascinante e tecnica rispetto all’originale causa l’adattamento alle odierne norme di sicurezza.

Trainati dall’idolo locale Perez, i circa 135mila spettatori del 2017 hanno offerto una cornice degna di un evento motoristico di tale portata, con una nutrita serie di eventi e spettacoli che hanno preparato al meglio l’inizio della gara.

Sembra che la Mercedes ed Hamilton si siano trovati così bene a festeggiare qui il titolo piloti nel 2017 che abbiano fatto di tutto per ripetere l’esperienza e ad Austin hanno tenuto aperto un campionato che, dopo l’ennesimo harakiri di Vettel al primo giro, sembrava ormai una formalità. Ma un Raikkonen versione 2007 e un Verstappen per nulla mortificato dalla orribile tuta in stile cowboy della Red Bull (e uno stratega Mercedes non proprio sul pezzo), hanno fatto sì che l’ormai più che probabile epilogo del mondiale piloti si compia proprio in Messico.

Quindi questo è il motivo di maggiore interesse del weekend messicano? Ma proprio no!! Ad Hamilton mancano cinque punti, ossia un misero settimo posto per cui la suspance è davvero ridotta ai minimi termini.

No, quello che davvero interessa, a noi che cerchiamo il duello al calor bianco, è: come si arriverà alla staccata di curva 1 dopo lo start? E soprattutto, chi uscirà primo da curva 1 e 2? L’anno scorso si consumò l’ennesimo problema per Vettel, superato da Verstappen e con l’ala anteriore rotta che forò la gomma posteriore destra di Hamilton.

Quest’anno sarà con tutta probabilità questo l’evento clou di tutto il weekend. Ci saranno ancora Vettel e Verstappen a battagliare? Hamilton si metterà in modalità Prost e penserà solo a farsi amica l’aritmetica in ottica mondiale? Oppure il “vecchio” Kimi prenderà addirittura il posto del compagno di squadra, magari riproponendo il duello visto in curva 1 a Monza? Bottas avrà un sussulto di orgoglio?

Con tutta probabilità la querelle tecnica su mozzi forati, non forati, “limitatamente illegali” e altri equilibrismi lessicali di questo tipo, si ripresenteranno anche nel weekend messicano, che già avrà le sue “anomalie” tecniche dato che si corre in quota (2250 s.l.m.) con aria rarefatta, con ovvie ricadute sull’assetto delle monoposto, pressioni di alimentazione del turbo, rake più estremo, raffreddamento più complicato da gestire.

Dal punto di vista tecnico, il circuito messicano dovrebbe assicurare velocità di punta tra le più alte della stagione, con potenziali problemi ai freni, molto sollecitati e con un raffreddamento più critico rispetto a quello che si può avere gareggiando sul livello del mare. La configurazione delle monoposto sarà da medio/alto carico e non sarà inusuale vedere qualche feritoia o sfogo d’aria in più rispetto al solito dati i già citati problemi di raffreddamento. Inoltre la corsia box è la più lunga dell’anno, con i team che dovranno fare bene i conti al momento delle soste per il cambio gomme.

L’asfalto del circuito messicano non comporta elevata usura delle gomme, ragione per cui Pirelli ha optato per le mescole hypersoft, ultrasoft e supersoft. Nel 2017 la strategia gomme di quasi tutti i piloti fu una unica sosta, ultrasoft+supersoft/soft. Quest’anno è probabile che pochi sceglieranno di partire con hypersoft e chi potrà cercherà di superare la q2 usando l’ultrasoft, per poi passare alla supersoft dopo il pit stop. Questo dovrebbe assicurare un primo stint sufficientemente lungo e chiudere il gp con una unica sosta. Questo a meno che l’hypersoft non si dimostri davvero consistente sulla durata, cosa che quest’anno è accaduta molto di rado, solo a Montecarlo in pratica.

Tutti i piloti hanno scelto tra le 10 (Renault), le 8 ( Ferrari-Mercedes) e le 9 hypersoft (tutti gli altri team), segno che la considerano anche gomma da gara. Di conseguenza sono stati scelti il numero minimo indispensabile di ultrasoft e supersoft, con il solo Bottas ad averne scelte 4 set di ultrasoft e il solo Alonso ad aver scelto 3 set di supersoft.

Date le particolari condizioni del Gp del Messico, potrebbe sorgere un problema per quanto riguarda il turbocompressore della SF71H di Kimi Raikkonen, che è ancora nella sua spec-2 e ha raggiunto un chilometraggio ragguardevole. L’aumento della pressione di alimentazione per compensare la scarsa efficienza dell’ICE potrebbe metterne definitivamente a rischio l’affidabilità, rendendone consigliabile la sostituzione con la spec-3, quella già montata sulla PU di Vettel.

Questo comporterebbe 10 posti di penalizzazione in griglia, che in una pista con un lungo rettilineo come quello di Città del Messico potrebbe non essere così mortificante. Penalizzazione già certa per Grosjean, punito con tre posizioni in meno sulla griglia per il contatto che ha poi costretto al ritiro Charles Leclerc nel Gp di Austin.

Le condizioni atmosferiche, ad oggi, prevedono pioggia al venerdì in serata, una qualifica con pioggia molto probabile e una domenica in cui la pioggia (debole) potrebbe di nuovo presentarsi. In generale temperature fredde, non oltre 22 gradi celsius. Per tutti i team un’altra variabile con cui fare i conti.

Insomma, in Messico Hamilton con tutta probabilità si laureerà per la quinta volta campione del mondo, sedendo alla destra di Fangio e guardando più da vicino il suo obiettivo non dichiarato, i 7 titoli di Schumi. Il fatto di aver staccato Vettel, fermo a 4 titoli, è poco più di una conseguenza, data la differenza di rendimento e di bravura tra i due vista quest’anno.

Il campionato costruttori resta aperto ma solo un finale di stagione più che perfetto potrà vedere la Ferrari cercare di sopravanzare la Mercedes. Red Bull potrebbe avere una grossa occasione per vincere questa gara, magari sfruttando le incertezze dei due team già citati.

Nel pacchetto di mischia degli altri team, la Renault ha fatto un grosso passo in avanti nei confronti della Haas, incappata in una gara tragicomica ad Austin tra incidenti e squalifiche, e potrà guardare a questo weekend con più tranquillità. Racing Point Force India da tenere da conto, anche solo per il fatto di avere un Perez sicuramente galvanizzato dall’atmosfera di casa. Alfa-Sauber potrebbe sfruttare il motore Ferrari e il piede di Leclerc per agguantare qualche punto, se riusciranno a passare indenni il primo giro. Williams e McLaren sembrano avere il ruolo, rispettivamente, di speronanti e speronati, per la gioia dei commissari di pista che magari riusciranno a portarsi a casa qualche pezzo di carrozzeria come ricordo.

Rocco Alessandro

F1 2018 AMERICAN GP: AN INTRODUCTION

COTA. Circuit of the Americas. Austin, Texas.

This will be the end? Probabilmente no, ma ci andremo molto vicini. Quando prima di un GP si cominciano a fare ipotesi su “Tizio sarà campione se Caio arriverà nella posizione x” allora vuol dire che l’epilogo è vicino.

“Quando sono già stato quì?” Questa potrebbe essere la frase che la gran parte dei ferraristi potrebbe porsi in questo weekend. Disappunto che anche quest’anno viene esorcizzato nell’analisi delle colpe. Piloti, squadra, FIA. Lo stesso copione da anni con minime variazioni giusto per renderlo meno noioso ma ugualmente irritante (in base ai punti di vista ovviamente)

Più colpa di Vettel? Oppure della Scuderia, di Arrivabene? Oppure è la solita Fia che vuole male al simbolo stesso della F1? Ross Brawn, che a Maranello ha lasciato la “miseria” di 5 mondiali e 57 vittorie, ha dato di recente un suggerimento non richiesto ma molto sensato alla Scuderia, quello di rimanere uniti nelle difficoltà e di non iniziare il gioco delle colpe. Invece i rumors e gli atteggiamenti visti a Suzuka indicano un’altra realtà, quella di un team lontano da quello visto a inizio stagione, con una apparente eppur avvertibile frattura tra il pilota e il team principal, tra quest’ultimo e il direttore tecnico e la squadra tutta.

Ha ragione Ecclestone a definire con lombrosiana sicumera che è la “troppa italianità” del team la causa principale dei suoi mali? Oppure più semplicemente, ma non per questo giustificabile, la morte di Marchionne e la totale mancanza di un management all’altezza abbiano provocato i danni che si sono visti dalla domenica di Monza al tragicomico Gp del Giappone? Che hanno portato un pilota vincitore di 4 mondiali ad essere definito un pilota fragile da eminenti addetti ai lavori, un team principal ad accusare apertamente i suoi ingegneri e questi ultimi a barcamenarsi con una monoposto che si è trasformata in una bestia difficile da addomesticare?

Lasciando perdere cali prestazionali in merito a sensori e batterie, che pure avrebbero una certa base di fondamento, resta l’istantanea di una squadra che non è assemblata e addestrata per una maratona lunga 21 gp. Gli addetti ai lavori dicono che una maratona comincia a farsi selettiva dopo il 30esimo chilometro. E i fatti dicono che a questa soglia la Ferrari è arrivata col fiato corto a differenza della Mercedes, che è saputa stare in scia in momenti di crisi e ora opera un definitivo, quanto inaspettato nella sua perentorietà, allungo che la porterà solitaria al traguardo.

L’altra faccia del dualismo sono Hamilton, miglior stagione di sempre in F1, Wolff team principal che prende le decisioni più impopolari forte della logica del risultato finale da perseguire che già si era vista nella Ferrari dell’era Todt (però con la pretesa di insegnare agli altri come ci si comporta in merito) e un team che è capace di produrre uno sforzo tecnologico ed economico proprio quando serviva di più.

C’è da restare annichiliti e sgomenti anche guardando al 2019, consci che l’avversario sembra imbattibile e non sbaglia un colpo. E con una RBR che è sempre all’agguato e che potrebbe avere la PU Honda come arma per operare un definitivo salto di qualità, potendo già contare sul pilota più annunciato, più tosto e più benvoluto dai commissari Fia.

Detto ciò, ecco un’altra serie di notizie interessanti ci accompagnano verso l’appuntamento di Austin, circuito che non è la solita “tilkata” ma un collage, finalmente con un senso, di famigerate sezioni di altri circuiti da pelo sullo stomaco, come la sequenza Maggotts-Becketts-Chapel, il motodrome di Hockenheim e la curva 8 del circuito di Istanbul.

– Hamilton propone l’inversione della griglia per rendere interessanti i Gp più noiosi della stagione. Un altro passo verso la Formula wrestling?

– la FIA ufficializza il calendario 2019 che è una replica di quello del 2018. Con un deciso sdoganamento del tuning delle monoposto, che avranno le luci di posizione anche sulle paratie dell’ala posteriore

– la Williams ufficializza George Russel, prossimo campione della F2, come pilota per il 2019. Di sicuro Ocon e Kubica saranno altrettanto felici come il giovane inglese, più che altro per non dover guidare quella che nel 2018 si è dimostrata la peggior monoposto.

– I commissari Fia sanzioneranno i piloti che compiono un doppio spostamento in difesa della loro posizione in fase di tentato sorpasso da parte di un avversario. Cattiva notizia per Vettel? O Verstappen?

Tornando all’analisi delle variabili in pista, Pirelli non sceglie il salto di mescola per il Gp di Austin e propone soft, supersoft e ultrasoft, per un circuito dall’asfalto che non dovrebbe presentare eccessivi problemi di degrado anche se le mescole di quest’anno saranno di uno step più morbide rispetto a quelle del’anno passato. Nel 2017 la strategia migliore per chi partiva tra i primi 10 era la scelta di ultrasoft + soft, scelta che potrebbe essere copiata quest’anno ma che potrebbe anche vedere l’utilizzo della supersoft in Q2, per evitare di accorciare troppo il primo stint. Chi parte nelle retrovie potrebbe optare per la supersoft + ultrasoft, ma più probabile l’utilizzo della soft che offre maggiori garanzie in caso di sosta unica. Importante sarà gestire la frenata e la temperatura delle gomme nel rettilineo tra curva 11 e 12, oltre al possibile eccessivo scivolamento laterale nella sezione in contropendenza tra curva 2 e curva 10.

I tre top team questa volta si assomigliano nelle scelte con il solo Vettel a scegliere un treno di ultrasoft in più e il duo Red Bull che opta per un treno di supersoft più della concorrenza, con la sicurezza per tutti di poter provare adeguatamente passo e degrado di ogni mescola.

I team di seconda fascia e terza fascia hanno compiuto scelte più aggressive. Racing Point Force India, Williams e Sauber privilegiano le ultrasoft, Toro Rosso e Haas non pongono molta attenzione alla soft con Gasly e Grosjean, Renault copia Ferrari.

Fuori dal coro la McLaren che punta molto su soft. Da notare l’azzardo di Grosjean, Sirotkin , Gasly e Leclerc che hanno scelto un solo treno di soft.

Il meteo potrebbe riservare qualche sorpresa, con pioggia al venerdì e possibili rovesci al sabato e alla domenica, ma con percentuali sotto il 50%. Temperature piuttosto basse, difficilmente si supereranno i 20 gradi, con ovvie ricadute sulla gestione delle gomme.

Insomma, il palcoscenico sembra preparato per un’altra affermazione del duo Hamilton/Mercedes. Lo fanno supporre le ultime 4 vittorie di Hamilton su questo circuito e lo stato di forma della Mercedes. Ferrari è chiamata alla solita prova di orgoglio, quanto meno per ritrovare un po’ di ottimismo in vista del 2019, con Red Bull che sembra poter stabilmente impensierire la Scuderia e già proiettata all’anno prossimo, confortata dall’ottimismo dei tecnici Honda che si dicono sempre più vicini in termini di competititvità alle PU Ferrari e Mercedes, e “supportati” dalla decisione FIA di voler dare un ulteriore giro di vite all’utilizzo nelle qualifiche di olio nelle PU per ottenere un extraboost, grosso vantaggio per Ferrari e Mercedes e croce per la PU Honda.

Racing Point Force India continua il suo personale campionato che potrebbe anche portarla ad impensierire Renault e Haas per la vittoria del “gruppo B”. Si gioca in casa degli americani, potrebbe essere un vantaggio non da poco per la Haas. Anche Toro Rosso e Alfa-Sauber sono vicine nel punteggio, mentre McLaren e Williams aspettano solo che finisca il supplizio.

Rocco Alessandro

 

Il Pagellone semiserio del Froldi – Suzuka

Tutto o niente. Tutto e niente. Tutto per niente. Dentro o fuori. Quando si è disperati, si compiono mosse disperate. Bluffi con le carte, butti la pallina sulla roulette e attendi, ti lanci nel vuoto e chiudi gli occhi. Ma come sa il giocatore d’azzardo, una volta ti va bene, 9 ti va male. Il fine settimana in Giappone ci ha mostrato, nella sua “tragedia in due atti” (prove e gara), l’evidente stato confusionale in cui si trova il Team di Maranello. Possiamo declinare così il “triste autunno della signora in rosso” (Turrini dixit). Dopo la gara di Monza (Ferrari che monopolizzava la prima fila) il trend negativo della Scuderia di Maranello ha assunto le proporzioni di una crisi impensabile, sino ad arrivare alla gara disperata di Vettel nella terra dei Samurai; si potrà discutere a lungo se sia stato danneggiato da Max Verstappen o se si sia danneggiato da solo. Si potrà discutere a lungo perché il Team abbia sbagliato completamente la scelta degli pneumatici nel Q3 di sabato, quando si decideva la pole position. La Ferrari di Singapore, Russia e Giappone non è mai stata realmente competitiva. Una crisi organizzativa e tecnica  profonda. Tutto declinabile alla voce “disperazione”. Tanto che ormai il Mondiale è una formalità per la corazzata  anglo-tedesca. Lo stesso Lewis Hamilton, forse con un pò di perfidia e forse con una pò di ingenuità lo ha detto: “Non mi aspettavo di essere così, a questo punto del Mondiale”.

 

Hamilton. Voto.: 8. La superiorità della sua Mercedes era tale, e tale la pochezza degli avversari, che ha guidato vincendo con il minimo sforzo possibile. Possiamo fargliele una colpa?

 

Hamilton e la retorica dell’amore. Voto: plastica cromata. Mettetegli un Rosberg fra i piedi e  poi ne riparliamo…

 

Mercedes. Voto: 12. Lavoro, lavoro, lavoro. In silenzio. Poche parole. Si risolvono i problemi della monoposto piano piano e torna la corazzata. Poi metti gli ottimi rapporti in FIA (che non guastano mai) e ciao ciao.

 

Bottas. Voto.: Bau. Lo ripeto: è il più grande gregario della Formula Uno (per distacco). Fedele, amorevole, protettivo, coccoloso, una pasta di scudiero tenero e puccettoso. Se serve diventa feroce (con gli avversari). Se non serve ti guarda le spalle e puoi dormire tranquillo. Cosa volere di più dalla vita?

 

Ricciardo. Voto: per me molto meglio di Mad Max.

 

Vettel. Voto: 5 (da spiegare). Un lettore mi ha fatto notare che il suo vero numero e la sua vera indole sono il 5 di Mansell. Si, probabilmente Vettel è così. E la sua indole mi piace. Non è un pilota mediocre, è un campione. Però anche lui ormai è spaesato. Purtroppo troppi, troppi errori, alcuni capitali (Germania e Monza); sullo scontro con Mad Max non riesco a farmi un’idea precisa (e forse alla fine si tratta davvero e solo di incidente di gara). Una cosa è assodata. Sebastian è un uomo squadra. Merce rara. Tolto Hamilton non credo che ci siano piloti migliori di lui. Ma ci vuole il giusto clima. Quello che fanno in Mercedes con Hamilton. E’ la scoperta dell’acqua calda direte…ma in Ferrari le cose difficili sono facili e viceversa.

 

Raikkonen. Voto: senza infamia e senza lode. Nel limbo, come quasi sempre gli accade da quando è tornato in rosso. Del tutto incolpevole con Mad Max.

 

Verstappen. Voto: Il solito bullo. E’ quel moccioso che quando c’è l’intervallo ti ruba la merendina e poi ti accusa di essere stato tu a rubargliela e che lui se l’è solo ripresa. Lasciamo perdere lo scontro con Vettel e sospendiamo per un attimo il giudizio. Con Kimi ha torto marcio. E per quel contatto voluto e cercato (della serie-chi se ne fotte se lo sbatto fuori o se vado fuori-forse contando sulla pavidità degli avversari di fronte alla sua pazzia) gli dai 5 secondi? Ma non è questo il punto. E’ che se leggi i commentatori, ed anche ex piloti, ti dicono “Ma sai che stai lottando contro Verstappen, quindi alza il piede”. Curioso…quindi abbiamo il fattore Mad Max che può andare al di là dei regolamenti. E se ti incaponisci a lottare con lui, peggio per te. Ma di che stiamo parlando? Ci  sono regolamenti e norme da rispettare. Oltre al buon senso ed alla pericolosità di manovre a quelle velocità. L’ho scritto tante volte…occhio che il protetto FIA prima o poi farà qualche brutto incidente. E allora tutti a dire che è troppo pericoloso. Dopo.

 

Team Ferrari. Voto: mi astengo perché sarebbe come inveire e sparare sulla Croce Rossa.

 

Arrivabene. Voto: curiosa escalation verbale. Non siamo di primo pelo. Lo sappiamo che il TP sta spostando l’attenzione. Ma non si vedeva da tempo un capo che dava addosso così al proprio Team. Una brutta, brutta pagina. Forse per trovare un capro espiatorio (Binotto). Lo scontro feroce in Ferrari continua. Una triste telenovela. Che i tifosi e gli appassionati della Formula Uno non si meritano. Se il presidente Ferrari esiste, forse sarebbe ora di farsi sentire…

 

Mauro Forghieri. Voto: definitivo. Dice il vecchio saggio: “A dire il vero è da un po’ di tempo che Maurizio Arrivabene ha ripreso a parlare, da quando non c’è più Sergio Marchionne, forse senza rendersi conto di quanto abbia personalizzato la comunicazione su se stesso, invece di tacere in favore della squadra. In momenti come quello che sta attraversando il Cavallino, Arrivabene dovrebbe capire l’importanza di stare zitto, lavando i panni sporchi a casa. Certe esternazioni – molte ce le poteva risparmiare – creano divisioni interne alla squadra. Non capire il disagio che si aggiunge al disagio e cercare pubblicamente colpevoli e alibi, produce come risultato l’aumento della distanza tra i propri uomini, i quali adesso devono avere uno spirito molto basso. In una situazione del genere bisogna pensare, oltre al Mondiale andato in fumo, anche alla nuova macchina e al prossimo campionato: le cuciture necessarie e la ricostruzione presentano una connotazione tutt’altro che facile. Mi dispiace per gli uomini della Ferrari che inevitabilmente si chiederanno: adesso cosa succederà? Chi traccerà la linea da seguire ? Chi ci comanderà veramente ? Nella galassia Fca non vedo uomini con un passato di spessore nel mondo delle corse e la stessa cosa la possiamo dire per chi oggi guida la Ferrari, la cui dirigenza è composta da bravissime persone, però da qui ad avere esperienza specifica, la differenza è importante. Maranello sta vivendo un momento di tensione che Arrivabene – da solo, perché è ancora lui il capo della squadra – dovrebbe dimostrare di saper vincere. Almeno quello, altrimenti il 2019 sarà un altro anno ricco di incognite e delusioni”.

 

Magnussen. Voto: sinonimo di cretino (copyright di PG).

 

Williams e Mc-Laren. Voto: tristezza. Fa male al cuore vedere due così grandi e blasonati Team ridotti a mediocri comparse.

 

P.S.: Sono passati già 11 anni dall’ultimo Mondiale Piloti, il cielo è grigio (Mercedes) ed alla Ferrari vivono tempi interessanti. Probabilmente, come è già accaduto in tanti altri periodi storici, troppo interessanti. Occhiò che sennò passano come in un baleno altri 10 anni di digiuno…

 

Mariano Froldi – Direttore responsabile di FUnoAT