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LA STORIA DELLA FERRARI 312T: 1978 (SECONDA PARTE)

Dopo il GP del Brasile le squadre hanno tre settimane di tempo per preparare la successiva trasferta di Kyalami. Il GP del Sudafrica è in programma il 4 marzo ma dal 20 al 25 febbraio si svolge la tradizionale settimana di prove libere sull’altipiano del Transvaal. La Goodyear vuole verificare se la batosta presa dalla Michelin a Rio de Janeiro è stata solo un episodio e noleggia un cargo Tradewinds Britannia sul quale ha stivato un quantitativo impressionante di gomme di diverse mescole e misure e anche una serie di prototipi radiali, questi ultimi prodotti direttamente ad Akron su espressa richiesta del nuovo responsabile corse Paul Lauritzen.

Ovviamente queste prove non riguardano solo le gomme. La pausa ha permesso ad alcune squadre di mettere a punto le nuove monoposto e non c’è occasione migliore per confrontarsi direttamente con la concorrenza. Non vi partecipano solo ATS, Shadow, Ensign, e Merzario.
Si vede finalmente in pista la nuova Brabham BT46 che però è stata profondamente modificata rispetto a quella presentata lo scorso mese di agosto. La linea della monoposto è molto simile ma sono stati eliminati i radiatori a sfioramento, dimostratisi insufficienti a smaltire il calore accumulato dal motore. Murray ha rivisto il progetto e ha rimesso i radiatori a fluido. Quelli dell’acqua sono inglobati nel muso ribassato mentre quelli dell’olio sono posizionati in piano davanti alle ruote posteriori.

Il 12 cilindri Alfa Romeo è alimentato attraverso due griglie posizionate sopra al cofano motore e protette da appositi filtri.

L’alettone posteriore è sostenuto da un tubo orizzontale come quello ideato da Patrick Head per la Wolf WR1 e la Williams FW06.

 

Il primo a portare in pista la nuova monoposto, con le decorazioni dello sponsor solo abbozzate, è John Watson mentre Lauda gira anche con la BT45C per i necessari confronti.

La Ferrari porta una 312T3 per Reutemann che, differenza della monoposto che ha girato fino a poco tempo fa, non ha le prese di alimentazione orizzontali sopra alle fiancate. L’aria arriva al motore passando all’interno delle fiancate.

Villeneuve gira con la 312T2 per per valutare le differenze, in attesa che venga spedita la seconda T3 appena completata (con prese d’aria orizzontali) che De Angelis sta collaudando a Fiorano.

Non è invece ancora pronta la Lotus 79. Le prove a Le Castellet hanno rilevato forti torsioni della monoscocca che deve essere rifatta per cui la scuderia di Colin Chapman continua a lavorare sulla ancora competitiva 78 sulla quale è montato un tubo di Pitot per misurare la velocità dell’aria in una zona più lontano possibile dalle turbolenze create dalla monoposto. All’interno delle fiancate sono nascosti degli strumenti per registrare la depressione generata dai profili alari.

Peterson continua a collaudare il cambio Getrag, tanto efficace quanto fragile e quindi inaffidabile.

Ritorna in gruppo la Renault che porta a Kyalami entrambe le vesti aerodinamiche provate finora, quella con la presa d’alimentazione laterale e la più recente con quelle per lo scambiatore di calore sopra le fiancate. Il pilota è sempre Jabouille.

Alla fine dei test colletivi Mario Andretti festeggia il suo 38° compleanno facendo segnare il tempo più veloce in 1’15”24, sette decimi più veloce della pole di Hunt dell’anno scorso, a dimostrazione del progresso ottenuto con le nuove gomme. Seguono Watson, Lauda, Reutemann e Villeneuve, tutti racchiusi in appena 15 centesimi di secondo.

La Shadow non è presente perché Don Nichols e la sua squadra hanno finalmente completato il primo esemplare della DN9 progettata e abbandonata da Southgate. La monoposto viene presentata a Silverstone e, come aveva detto l’ex commerciante di gomme sotto copertura in Giappone, la somiglianza con la Arrows è evidente. La questione è ora in mano alla magistratura britannica.

Come da tradizione il GP del Sudafrica è sempre ricco di novità tecniche. Dieci delle 30 monoposto presenti a Kyalami sono completamente nuove.

La Brabham Alfa Romeo riparte dunque con due monoposto nuove di zecca. Nei giorni immediatamente seguenti alle prove, la squadra completa la livrea per il GP che però non incontra il favore dello sponsor.

La BT46 è dotata di tre martinetti pneumatici per sollevarla durante le soste ai box. Il sistema è alimentato attraverso un attacco rapido posto sulla fiancata destra della monoposto.

Rispetto ai test della settimana scorsa è stato aggiunto un terzo radiatore dell’olio sopra al motore.

 

La vettura ha quattro dischi freno composti da una corona in acciaio contenente un grande inserto in carbonio a forma di stella. Anche le pastiglie sono in carbonio e questo gli permette di lavorare a temperature di oltre 600 gradi Celsius. Questi freni richiedono una tecnica diversa da parte del pilota che deve premere forte il pedale all’inizio e poi allentare la pressione man mano che l’efficienza della frenata aumenta. Il sistema è stato sviluppato in collaborazione con la Dunlop.

Monoposto nuova (008/3) anche per Patrick Depailler che deve riscattare la deludente prestazione di Jacarepaguà (undicesimo in prova e ritirato dopo soli otto giri per un guasto ai freni).

Pironi invece è felicissimo del primo punto appena conquistato grazie anche al lavoro portato avanti col suo ingegnere di pista Brian Lisles.

Niente di nuovo alla Lotus dove Peterson continua a collaudare il cambio Getrag ma solo in prova.

Hunt continua con la M26/4 che ha esordito in Argentina e ora anche Tambay può guidare una monoposto nuova di zecca, la M26/5, preparata per lui da Gordon Coppuck.

Situazione confusa alla ATS dove Robin Herd ha abbandonato la squadra per tornare alla March. Le macchine sono le stesse viste nei primi due GP con l’unica differenza che Mass (che si concede anche un po’ di relax a cavallo) continua con la macchina “sequestrata” in Brasile a Jarier e con la quale ha chiuso al settimo posto. Il tedesco non ha più la sponsorizzazione Sony.

Debutta finalmente la nuova Ferrari 312T3 (è stata presentata alla stampa quattro mesi fa). La nuova vettura condivide con le precedenti monoposto solo il motore. Tutto il resto, a partire dal cambio sempre trasversale ma completamente ridisegnato, all’aerodinamica, alle sospensioni che sono state chiaramente progettate in funzione dei pneumatici radiali Michelin. Reutemann decide di usare il telaio 033 appena arrivato dall’Italia dopo essere stato deliberato da De Angelis mentre a Villeneuve tocca il “primogenito” 032 usato dal compagno di squadra durante le prove libere e privo delle prese d’aria superiori. La 312T2 viene tenuta di scorta per ogni evenienza.

C’è grande interesse per Fittipaldi e la sua F5A dopo lo spettacolare secondo posto ottenuto a Rio. Fu vera gloria? Ai gommisti l’ardua sentenza.

Dopo le prove della settimana scorsa la Renault ha deciso di correre con la nuova RS03 con l’aerodinamica rivista e la grossa presa NACA posteriore per alimentare la turbina mentre la RS02 del 1977 viene tenuta come muletto.

Le nuove Shadow DN9 non sono ancora pronte per scendere in pista per cui Stuck e Regazzoni non possono fare altro che salire ancora una volta sulle DN8. Queste sono state preparate sommariamente dal momento che tutta la squadra era impegnata a lavorare sul nuovo modello.

Anche alla Surtees si cerca di fare il possibile con le vetuste TS19 in attesa della TS20 in fase di costruzione a Edenbridge.

Jody Scheckter vuole conquistare i primi punti dell’anno davanti al suo pubblico ma la sua Wolf è decisamente in ritardo rispetto alla concorrenza. Per questo Harvey Postlethwaite ha già cominciato a lavorare a una nuova vettura.

Un’altra scuderia in grande difficoltà è la Ensign. Dopo due gare deludenti Danny Ongais non ha rinnovato il contratto e Mo Nunn non è riuscito a trovare un sostituto (ma soprattutto un necessario sponsor), così l’ex pilota di Walsall porta a Kyalami una sola macchina per Lamberto Leoni che ha fatto meglio dell’hawaiano nei primi due GP.

Telaio nuovo per la Hesketh, il 308E/5 (realizzato con i soldi della Olympus Cameras), che nella settimana di prove libere è stato messo in palio al più veloce tra Divina Galica ed Eddie Cheever che ha chiuso il rapporto con la Theodore. L’americano di Roma è più veloce della collega di oltre due secondi e si assicura la partecipazione al GP del Sudafrica.

Lontano dal Sudamerica, Hector Rebaque perde il sostegno economico della Domecq ma non l’entusiasmo.

La Ligier porta una monoposto intermedia con lo scopo di provare soluzioni che faranno parte della prossima vettura. La JS7/01 è stata modificata con nuove sospensioni e con l’applicazione di bandelle flessibili laterali e ora è denominata JS7/JS9.

I soldi portati a casa da Riyad (evidenziati con la comparsa del logo della catena araba di alberghi Albilad sul cofano motore) hanno permesso a Williams e Head di costruire la seconda FW06, permettendo così a Jones di avere una vettura di scorta.

La BS Fabrications ha girato la settimana scorsa con Brett Lunger accumulando esperienza che può rivelarsi importante per la gara. Sulla M23 torna il marchio Chesterfield.

Dopo Theodore e Merzario esordisce in F1 una terza squadra, la Automobiles Martini.

Renato “Tico” Martini è un 44enne nato a Pigna (IM) la cui famiglia, durante la Seconda Guerra Mondiale, è stata mandata in esilio nell’isola di Jersey, nel Canale della Manica.

Fin da ragazzo Renato sviluppa la propria passione per la meccanica e per le corse automobilistiche cimentandosi come pilota insieme all’amico e avversario Bill Knight. Nel 1963 Knight rileva la scuola di pilotaggio avviata da Jim Russell sul Circuito Jean Behra di Magny-Cours e affida a Tico la manutenzione delle Lotus 18 in dotazione. Knight rinomina la struttura in École Winfield (dal cognome della moglie di Knight) e poi vende l’attività ai due figli Mike e Richard e allo stesso Martini che propone ai soci di sostituire le vecchie e dispendiose Lotus con monoposto costruite da lui stesso. Così nel 1968 nasce la Martini MW1 (Martini Winfield) una F3 di ottima fattura che ottiene un ottimo successo e viene acquistata da molti piloti, tra i quali Jacques Laffite.

Nel 1970 la denominazione delle monoposto cambia in MK (Martini Knight) e Laffite si mette in luce vincendo due gare. Questo convince i dirigenti della BP France a sponsorizzare pilota e costruttore creando una squadra ufficiale BP. I risultati sono immediati con Laffite che nel 1973 vince il campionato francese e Martini vende ben 36 monoposto MK12.

Il successo conseguito convince BP e Martini a compiere il salto di categoria in F2, unendosi alla Oreca di Hughes de Chaunac, e dopo il terzo posto al debutto nel 1974 Laffite, Martini e De Chaunac, ora patrocinati dalla Elf, si aggiudicano il titolo europeo nel 1975 con la MK16 motorizzata BMW.

Durante il 1976 Martini comincia a progettare la sua prima monoposto di F1 facendo tesoro dell’esperienza accumulata negli anni precedenti. Intanto le sue monoposto continuano a vincere e a valorizzare piloti francesi come René Arnoux che si aggiudica l’Euro F2 1977 con la MK22 Renault e il compagno di squadra Didier Pironi che chiude il campionato al terzo posto.

La MK23 di F1, costruita nello stabilimento di Magny-Cours, è stata presentata lo scorso mese di gennaio. Si tratta di una monoposto convenzionale che si differenzia dalle precedenti per l’adozione del muso con gli spoiler sdoppiati invece di quello avvolgente che ha caratterizzato le ultime Martini. Il motore è il classico DFV e le gomme sono Goodyear mentre gli sponsor principali sono l’agenzia di somministrazione di lavoro temporaneo francese RMO (Relation Main d’Oeuvre) e l’azienda produttrice di accendini Silver Match.

Il pilota prescelto è il 29enne René Arnoux, francese di Pontcharra che ha un passato da meccanico (ha lavorato anche a Moncalieri (TO) nell’officina del “Mago” Virgilio Conrero). Ha vinto il Campionato Europeo di F.Renault nel 1973 e 1975 e il Campionato Europeo di F2 1977, sempre al volante di una Martini.

Con l’arrivo di Arnoux la pattuglia francese si compone di ben 7 piloti, quasi un quarto degli iscritti al GP (30).

Teddy Yip sostituisce Cheever con un altro debuttante, il 29enne finlandese Keijo Rosberg, detto Keke, che ha rinunciato al progetto Kojima di Willi Kauhsen. La TR1/1 è stata modificata nella sospensione posteriore e irrigidita nel telaio, tanto che nelle prove libere Rosberg è riuscito a girare più veloce di Cheever con la Hesketh ma durante l’ultima giornata di prove è uscito rovinosamente di pista per la rottura della sospensione stessa. La macchina è troppo danneggiata per essere recuperata per cui è stata fatta arrivare dall’Inghilterra la TR1/2 che è stata costruita secondo le nuove specifiche. Nonostante l’incidente, il finlandese ha sorpreso tutti per la sua guida estremamente aggressiva.

Nella pausa intercorsa tra il GP del Brasile e le prove della settimana precedente, i meccanici della Arrows hanno smontato completamente la FA1 di Patrese a Milton Keynes per risolvere i problemi di alimentazione che ne hanno limitato le prestazioni a Rio. Una volta sistemata, la nuova creatura di Southgate (senza più la sponsorizzazione Varig) mette in mostra un ottimo potenziale durante i test collettivi, girando a soli 4 decimi dal tempo ottenuto da Andretti.

Nel frattempo è stata completata anche la seconda monoposto. Purtroppo il cancro che ha colpito Gunnar Nilsson si è notevolmente aggravato e il giovane svedese non può più far parte della squadra. Dave Wass si è gia messo alla ricerca del secondo pilota e lo trova in Rolf Stommelen, il quale porta in dote lo sponsor Warsteiner. Le due Arrows assumono così una colorazione dorata come quelle delle lattina di birra tedesche.

Arturo Merzario e i suoi meccanici hanno lavorato a Carate Brianza per rifare gli attacchi delle sospensioni che hanno dato parecchi problemi nei primi due GP e ha anche realizzato nuove geometrie per avere le carreggiate più larghe soprattutto all’anteriore.

I costi per l’organizzazione dei GP di F1 sono saliti enormemente e non consentono più di guadagnare grazie alla vendita dei biglietti d’ingresso come succedeva quando Alex Blignaut, vulcanico presidente del South African Motor Racing Club, gestiva tutto quasi da solo con ottimi risultati. Si rende quindi necessario l’intervento economico esterno di due aziende: il quotidiano The Citizen e la Asseng (Associated Engineering Ltd.) per coprire tutte le spese. Il contributo esterno arriva pochissimi giorni prima della gara e per questo l’adeguamento del tracciato alle norme di sicurezza della CSI è stato ritardato fino all’ultimo. Se questo non è stato un problema per i test privati, lo diventa in occasione dell’evento sul quale c’è la responsabilità della CSI. La prima sessione di prove ufficiali è prevista per le 10 di mercoledì 1 marzo ma i lavori di sostituzione dei guardrail malandati non sono ancora terminati e i delegati CSI non si azzardano a firmare l’autorizzazione all’inizio dell’evento, per cui la prima ora di prove viene cancellata.

Le prove per entrare nei 26 ammessi alla partenza di sabato cominciano quindi alle 14:30 del pomeriggio di mercoledì con Lauda che conquista la pole provvisoria in 1’14”65 dimostrando la bontà del progetto BT46.

Alle sue spalle c’è Andretti, staccato di 25 centesimi, davanti alle McLaren di Hunt e Tambay e alla Wolf di Scheckter che dispone delle Goodyear “buone”, tolte alla Copersucar per questa occasione (infatti Fittipaldi è solo quindicesimo). Jabouille fa valere la potenza del turbo Renault sul lungo rettilineo di Kyalami (oltre al fatto che la sovralimentazione sopperisce all’altitudine che penalizza i motori aspirati) ed è il primo dei gommati Michelin con il sesto tempo davanti a Reutemann, Watson e Villeneuve.

Patrese è buon undicesimo con la Arrows davanti a Peterson che gira pochissimo a causa dell’ennesimo problema al cambio Getrag ma poi resta a piedi per il resto della sessione perché il muletto è riservato ad Andretti.

Ultimo tempo per Leoni che arriva in autodromo insieme a Nunn a prove già cominciate perché nessuno dei due aveva capito che oggi era giornata di prove.

Il giovedì mattina, nel corso della sessione non valida per lo schieramento, Jones esce di pista danneggiando la seconda delle FW06 a sua disposizione, dimostrando l’importanza di avere una macchina di scorta.

Nell’ora decisiva soffia sul rettilineo un forte vento contrario che impedisce a molti di migliorare, tanto che le prime 6 posizioni rimangono invariate consentendo a Lauda di conquistare la ventiquattresima e ultima pole position della carriera.

Negli ultimi minuti la Goodyear fornisce gomme da tempo a Patrese che si migliora di 6 decimi e ottiene il settimo tempo davanti a Villeneuve che è riuscito a scavalcare Reutemann per 2 centesimi. Questo consente a Gilles di vincere una cena all’amico Tambay col quale aveva scommesso su chi dei due avrebbe battuto per primo il compagno di squadra.

Rosberg con la Theodore fa di nuovo meglio di Cheever con la Hesketh ed entrambi si qualificano per il loro primo GP di F1 davanti a Merzario il quale riesce a ottenere il 26° e ultimo posto sullo schieramento. Sono esclusi Arnoux (per soli 6 centesimi a causa di un difetto dell’impianto alimentazione), Regazzoni, Leoni e Stuck. Entrambe le Shadow sono eliminate per la scarsa preparazione delle macchine. Per Clay è la seconda mancata qualificazione in carriera.

Come consuetudine in Sudafrica, il venerdì è dedicato al relax al Kyalami Ranch (per chi se lo può permettere) o al lavoro aggiuntivo per chi deve sistemare ciò che non ha funzionato nelle prove.

Musi lunghi alla Ferrari dove si cerca di capire insieme a Pierre Dupasquier cosa non sta funzionando con le stesse gomme che hanno permesso il trionfo in Brasile.

Il cielo nuvoloso del sabato mattina si apre per far posto al sole poco prima dell’inizio della mezz’ora di warm up che si conclude con una splendida sorpresa. Riccardo Patrese fa segnare il miglior tempo in 1’16”12 davanti a Jabouille, Lauda, Depailler, Andretti, Scheckter, Peterson e Hunt. Ancora male le Ferrari con Villeneuve decimo e Reutemann dodicesimo.

Alle 14:15 parte il giro di ricognizione.

Quando il semaforo passa da rosso a verde, Lauda ha lo spunto migliore ma poi ha un’esitazione nel passaggio dalla prima alla seconda marcia e non può fare altro che guardare Andretti che lo supera sulla sinistra.

Nella lunga discesa verso la curva Crowthorne, Lauda viene affiancato anche da Hunt e Scheckter. Quest’ultimo allunga la frenata e riesce a passare per mettersi in scia ad Andretti mentre Hunt desiste e si accoda al Campione del Mondo.

Alle loro spalle sfilano Jabouille, Patrese, Watson, Reutemann, Depailler e Peterson che transitano nello stesso ordine alla fine del primo giro mentre Tambay fa surriscaldare la frizione rovinando la partenza dalla seconda fila, viene sfilato miracolosamente da tutti e finisce in ultima posizione.

Alla fine del secondo giro Patrese esce meglio di Jabouille dalla Leukoop, gli prende la scia sul rettilineo e lo supera in staccata alla Crowthorne portandosi in quinta posizione, alle spalle di Hunt.

Ancora due giri e il DFV di Hunt, preparato da Nicholson, esplode all’uscita della Leeukop. L’inglese rientra lentamente ai box e si ritira. Patrese sale al quarto posto con la sorprendente Arrows.

Andretti guadagna terreno sul terzetto formato da Scheckter, Lauda e Patrese portando il suo vantaggio a circa 3 secondi.

Alle loro spalle Jabouille sta facendo da tappo al gruppo degli inseguitori. La Renault è in difficoltà nella parte guidata del circuito ma poi la potenza del turbo gli consente di mantenere la posizione sul lungo rettilineo. Si mette in evidenza Depailler che, dopo aver superato Reutemann e Watson, si mette in scia a Jabouille mentre l’argentino della Ferrari non riesce a scavalcare Watson.

Prima del decimo giro si ritirano anche Cheever (motore) e Fittipaldi (semiasse).

Depailler e Watson riescono a liberarsi di Jabouille e si mettono alla caccia dei primi quattro. Reutemann invece continua a non trovare lo spunto necessario e contemporaneamente blocca Laffite. Alle loro spalle arriva la Williams di Alan Jones che sta disputando un’ottima gara dopo una qualifica non eccezionale (18° tempo). L’australiano riesce a superare prima Villeneuve e poi Peterson insediandosi in decima posizione.

Al 15° giro Rosberg rientra ai box, scende frettolosamente dalla sua Theodore e si tocca la natica sinistra. Il motivo è una perdita di benzina che cola nell’abitacolo e gli sta ustionando il fianco, così il debuttante finlandese prende l’annaffiatoio che usano i meccanici per raffreddare le gomme e se lo rovescia addosso per placare il bruciore.

La gomma anteriore sinistra di Andretti si è surriscaldata e comincia a dare problemi all’italo-americano che perde buona parte del suo vantaggio sul terzetto che lo insegue. Patrese invece continua a spingere e al 19° giro supera Lauda mentre Depailler sta per raggiungere il gruppetto di testa.

Jones continua la sua rimonta e supera Laffite, imitato ad Peterson 3 giri più tardi. Ora Jones e Peterson sono al nono e decimo posto, alle spalle di Reutemann.

Andretti deve rallentare drasticamente per far raffreddare le sue gomme, tanto che nel corso del 21° giro viene raggiunto dagli inseguitori e deve lasciare il passo prima a Scheckter alla Crowthorne e poi a Patrese alla Clubhouse.

Al giro seguente Patrese attacca Scheckter alla curva Sunset ma il sudafricano chiude la porta.

Lauda supera Andretti sul rettilineo per non rischiare di essere scavalcato da Depailler che ha raggiunto i primi.

Il francese della Tyrrell sembra il più veloce di tutti e tra il 24° e il 26° giro ha la meglio su Andretti e Lauda insediandosi al terzo posto mentre Patrese continua ad attaccare Scheckter.

Ancora un giro e l’italiano prende la scia a Scheckter sul rettilineo per poi infilarlo in frenata alla Crowthorne. Riccardo Patrese (al suo 11° GP di F1) e la Arrows (alla sua seconda gara assoluta) sono al comando del GP del Sudafrica)

Scheckter soffre gli stessi problemi di gomme di Andretti e tra il 29° e 30° giro viene scavalcato da Depailler e Lauda. Il pilota della Tyrrell stacca subito i due e si mette all’inseguimento di Patrese che ha già accumulato un vantaggio di 3 secondi.

Jones e Peterson superano Reutemann che è decisamente troppo lento rispetto ai diretti avversari mentre si conclude anzitempo la corsa della Renault di Jabouille che prima rallenta e poi si ritira per un problema di alimentazione (vapor lock) quando si trova in settima posizione.

Ne approfitta Peterson che torna davanti a Jones. Alle loro spalle Reutemann deve guardarsi le spalle da Villeneuve, Laffite e da Tambay che ha rimontato dall’ultima alla dodicesima posizione dopo 38 giri.

A metà gara Patrese ha 5 secondi di vantaggio su Depailler, 6 su Lauda e 9 su Scheckter che è sotto attacco da parte di Andretti le cui gomme sembrano aver ripreso vitalità. Seguono Watson, Peterson, Jones, Reutemann, Villeneuve, Laffite e Tambay.

Al 45° giro Andretti si riprende la quarta posizione ai danni di Scheckter che ora è in grande difficoltà con le gomme.

La crisi di Scheckter si accentua al punto che viene superato con facilità sia da Watson che dal rimontante Peterson.

Lauda sta spingendo per non perdere il contatto da Depailler ma al 53° giro il 12 cilindri Alfa Romeo si rompe mettendo fine alla sua gara.

Subito dopo esplode anche il DFV di Keegan, scaricando olio in pista alla Crowthorne e continuando sciaguratamente a scaricarne per tutto il circuito fino a raggiungere i box.

Tambay è scatenato e, dopo aver scavalcato Laffite, supera nello stesso giro entrambe le Ferrari portandosi in ottava posizione alle spalle di Jones.

Peterson continua la sua progressione e al 55° giro supera Watson, giratosi alla Esses sull’olio perso da Keegan. Ora lo svedese è quarto.

Pochi secondi più tardi, sempre alla Crowthorne, esplode il motore di Villeneuve che era stato superato anche da Laffite e dalla seconda Arrows di Stommelen, aggiungendo altro olio a quello perso da Keegan.

Al 56° giro anche Reutemann scivola su quell’olio e finisce nelle reti alla Crowthorne. Il pilota è illeso ma un paletto di sostegno delle reti sfonda un serbatoio e la 312T3 ha un principio d’incendio, prontamente domato dai commissari di percorso.

Al giro successivo anche Tambay è vittima dell’olio ed esce di pista alla Crowthorne. Il francese riesce a ripartire ma la sua McLaren è danneggiata e non può fare altro che tornare ai box e ritirarsi dopo una splendida rimonta.

Tre giri più tardi l’olio miete un’altra vittima illustre quando Scheckter non riesce a controllare la sua Wolf e finisce la sua gara nella via di fuga.

Patrese ha 14 secondi di vantaggio su Depailler ed è in totale controllo ma a 14 giri dal termine il suo DFV si rompe (una bronzina grippata) all’uscita della curva Clubhouse mettendo fine a una favola meravigliosa. Il padovano attraversa la pista e torna ai box in lacrime.

Patrick Depailler diventa così il quarto diverso leader della corsa con 10 secondi di vantaggio su Mario Andretti.

Ronnie Peterson ha raggiunto il suo caposquadra ma gli rimane diligentemente alle spalle, come da contratto.

A 10 giri dalla fine Rolf Stommelen supera Laffite ed entra in zona punti. Il tedesco era partito 22° e ora è sesto, confermando la bontà del progetto di Southgate.

Durante il 75° dei 78 giri previsti Andretti rallenta improvvisamente all’uscita della Clubhouse perché il suo motore ha un improvviso vuoto di potenza. Peterson lo supera e si mette all’inseguimento di Depailler che sta gestendo il vantaggio assottigliatosi a soli 4 secondi.

Il motore di Andretti riprende a funzionare correttamente ma il problema si ripete subito dopo aver superato il traguardo. Watson lo raggiunge e lo supera nella discesa verso la Crowthorne.

Piedone procede lentamente, viene superato anche da Jones e Laffite e rientra ai box a motore spento per aggiungere benzina, imitato da Stommelen anch’egli rimasto a secco. Il tedesco lo supera all’ingresso della corsia di rallentamento. Laffite e Pironi (che aveva appena doppiato) gli subentrano al quinto e sesto posto.

La Tyrrell di Depailler emette degli sbuffi di fumo azzurro dal posteriore a causa di un trafilaggio d’olio dal cambio e anch’egli sta finendo la benzina. Il francese ha rallentato al punto che non riesce a superare Rebaque, staccato di quasi 2 giri. All’inizio dell’ultimo giro Rebaque gli fa segno di passare all’interno alla Crowthorne. Peterson è vicinissimo.

Depailler passa ma subito dopo ha un buco di potenza, Rebaque si sdoppia e ora Peterson è attaccato al cambio della 008.

Dopo la Juskei Sweep Peterson affianca e sopravanza di poco Depailler.

Il francese ha però il favore della traiettoria interna alla successiva Sunset Bend e mantiene la prima posizione mentre Rebaque continua a precedere la testa della corsa.

Peterson non demorde e affianca ancora Depailler che però tiene l’interno alla Clubhouse.

La situazione si ribalta subito dopo perché lo svedese della Lotus ha un’accelerazione migliore e passa al comando all’ingresso della Esses in salita a soli 1300 metri dal traguardo.

I giochi ora sono veramente chiusi e Ronnie Peterson conquista la sua nona vittoria, a 18 mesi di distanza dal trionfo di Monza ’76, mentre lo sfortunato Depailler chiude a meno di mezzo secondo. Hector Rebaque è ancora davanti.

Watson completa il podio staccato di 4 secondi e conquista i suoi primi punti dell’anno. Forse, senza quel testacoda sull’olio di Keegan, la vittoria sarebbe stata sua.

Alan Jones è quarto e conquista i primi punti iridati per la Williams Grand Prix Engineering di Frank Williams e Patrick Head.

Primi 2 punti stagionali per Laffite e la Ligier-Matra.

Didier Pironi ripete il sesto posto di Jacarepaguà dimostrando la sua maturità.

Podio inedito con i due ex compagni di squadra sorridenti tanto quanto il terzo classificato.

Andretti, settimo al traguardo, è furioso con Chapman perché prima della partenza ha fatto togliere 3 galloni di benzina (poco più di 11 litri) per essere più leggero e non sovraccaricare le gomme, facendogli così perdere punti preziosissimi che si sommano a quelli già persi in Brasile per il cambio bloccato. Ciononostante Piedone resta al comando della classifica con 12 punti, uno in più del compagno di squadra. Lauda e Depailler sono appaiati al terzo posto con 10 punti davanti a Reutemann che resta fermo a 9 punti.

La Lotus domina la Coppa Costruttori con 21 punti davanti a Brabham-Alfa Romeo con 14, Tyrrell con 11 e Ferrari con 9.

Il GP del Sudafrica 1978 rimarrà nella storia della F1 come uno dei più combattuti e spettacolari di sempre, con cinque diversi piloti al comando a turno e il vincitore in testa per meno dell’ultimo mezzo giro dopo essere partito dalla sesta fila con l’undicesimo tempo.

Il debutto della 312T3 ha lasciato l’amaro in bocca a Maranello. L’uscita di pista dell’incolpevole Reutemann e la rottura inaspettata di una biella sul 12 cilindri di Villeneuve non cancellano la delusione per le prestazioni non all’altezza, sia in prova che in gara. Forghieri si attiva subito per modificare le sospensioni dopodiché la squadra parte per Le Castellet dove la Michelin ha organizzato tre giornate di prove sul circuito corto alle quali partecipa anche la Renault. I risultati sono positivi con il canadese che batte il vecchio record di Hunt (1’08”2) girando in 1’07”6.

Negli stessi giorni Arturo Merzario torna a Fiorano dopo 5 anni avendo avuto il permesso di provare la sua macchina per verificare le ulteriori modifiche agli attacchi delle sospensioni che si sono rotti anche a Kyalami.

Per il secondo anno consecutivo il capo della FOCA Bernie Ecclestone concede una sola gara fuori campionato. L’anno scorso era stata la Race of Champions di Brands Hatch, vinta da James Hunt. Quest’anno si corre il BRDC International Trophy a Silverstone per continuare l’alternanza tra i due principali circuiti inglesi. La manifestazione è sponsorizzata dal tabloid britannico Daily Express e si disputa due settimane dopo al GP del Sudafrica.

Si passa così dal clima caldo del Transvaal al gelo del Northamptonshire con tanto di nevicata il venerdì prima della gara.

La data, tanto vicina al rientro delle squadre da Kyalami quanto alla trasferta per Long Beach, implica un elenco iscritti molto rimaneggiato. Ferrari, Renault, Wolf, Ligier, Arrows, Williams, ATS e Merzario disertano la corsa perché impegnati nella preparazione alla gara californiana.

In ogni caso la prima gara europea ha alcuni risvolti tecnici molto interessanti. Questi non riguardano la Brabham che iscrive solo Lauda con la vecchia BT45C (alla sua ultima apparizione) sulla quale sono montati i freni in carbonio della BT46.

Stesso discorso per la Tyrrell che porta a Silverstone il muletto per Depailler con l’insolito numero 3 sulla carrozzeria.

La Lotus schiera entrambi i suoi piloti ed è la più attesa in quanto fa debuttare la nuova Lotus 79/2, pilotata ovviamente da Mario Andretti. Si tratta di una nuova monoscocca, rinforzata e irrigidita rispetto alla 79/1 per neutralizzare i problemi di torsione evidenziatisi nelle prove a Le Castellet.

 

Ora sono presenti anche le minigonne scorrevoli, la cui efficacia è garantita da molle che le mantengono aderenti al suolo.

La vittoria di Kyalami ha restituito a Ronnie Peterson l’entusiasmo dei giorni migliori. Per lui c’è la stessa vettura con la quale ha trionfato in Sudafrica.

Non può mancare James Hunt, vincitore dell’ultima edizione dell’International Trophy disputata due anni fa.

Piccole novità aerodinamiche apportate da Caliri e Marmiroli sulla Copersucar di Fittipaldi.

Debutta finalmente la nuova Shadow DN9 che, a parte alcuni dettagli, è una copia conforme della Arrows FA1. Lo sviluppo del progetto del transfuga Southgate è affidato a John Baldwin, Jim Eccles e al capo meccanico Barry Evans, rimasti fedeli a Don Nichols. Stuck ha la DN9/1A mentre la DN9/2A di Regazzoni è dipinta di nero perché è già stata prenotata da Danny Ongais il quale la userà a Long Beach con i colori del suo sponsor Interscope. Questa gara servirà per metterla a punto

La sola Surtees presente è la TS19 di Rupert Keegan.

Auto vecchie e piloti nuovi per la Ensign. Jacky Ickx fa il suo rientro in F1 salendo sulla MN06 usata da Leoni a Kyalami. La seconda vettura sarebbe per il 26enne inglese Geoff Lees (vincitore del campionato inglese F.Ford 1600 nel 1975 e terzo classificato in entrambi i campionati britannici di F3 1976 dietro a Keegan e Giacomelli) ma una grave perdita dal serbatoio della benzina scoperta nel garage di Silverstone costringe la squadra a ritirare la vettura.

La Hesketh schiera due macchine con il ritorno di Divina Galica e il debutto del 25enne irlandese Derek Daly, vincitore del BP Super Visco British F3 Championship 1977 che al debutto in F2 a Estoril nel 1977 si è messo in luce facendo segnare il giro più veloce in gara. Questo gli ha garantito la partecipazione all’Euro F2 1978 con la Chevron sponsorizzata ICI Chemicals.

Daly aveva anche collaudato la nuova Theodore TR1 ma la collaborazione non era stata confermata perché il dublinese non aveva ottenuto la licenza per la F1 che invece ora è arrivata e può finalmente realizzare il suo sogno.

Si rivede Emilio de Villota, vincitore del ShellSport International Championship con la sua M23/6 ex Hulme (1974), ex Mass (1975, 1976 e 1977) ed ex Hunt (1976) giunta alla sua quinta stagione di corse. Questo telaio ha disputato 37 gare nei 4 anni precedenti. Non c’è più la sponsorizzazione Iberia Airlines.

La BS Fabrications ha sede a una quarantina di km dal circuito per cui sfrutta il buon momento di forma di Lunger in vista del prossimo GP.

Tico Martini invece usa questa gara per accumulare esperienza e verificare se l’impianto di alimentazione è stato sistemato.

La prestazione di Rosberg a Kyalami è stata entusiasmante per Teddy Yip che ha fatto firmare il finlandese per tutta la stagione e gli ha promesso notevoli modifiche migliorative della TR1 che per questa occasione è parzialmente verniciata di rosso.

L’ultimo dei 17 partecipanti è Tony Trimmer al volante della M23/14 appena usata a Kyalami da Brett Lunger e ora acquistata dal team Melchester Racing di Brian Morris per fargli disputare il neonato Aurora AFX British F1 Championship.

In teoria avrebbe dovuto partecipare anche Guy Edwards con la nuovissima March 781S, una monoposto progettata dall’appena rientrato Robin Herd unendo la nuova scocca e la carrozziera della 782 da F2 con il retrotreno della vecchia 771. La macchina è stata ideata per il campionato Aurora ma non è ancora pronta per scendere in pista.

Le prove si disputano in due sessioni nella giornata di sabato e Peterson conquista la pole in 1’16”07, un tempo che, nonostante la temperatura decisamente rigida, è decisamente più basso del 1’18”49 della pole di Hunt della scorsa estate. Gran parte del merito del progresso è attribuita al nuovo asfalto drenante di Silverstone, il Delugrip RSM sviluppato dalla Dunlop che assicura una maggiore aderenza e quindi velocità in curva, oltre alla permeabilità che consente di disperdere facilmente l’acqua.

Lauda ottiene il secondo tempo davanti ad Andretti la cui nuova Lotus 79 rimane bloccata a causa dell’ennesimo problema al cambio Getrag, realizzato appositamente per la nuova macchina.

Divina Galica risulta non qualificata avendo girato in 1’23”07, un tempo pari al 109,20% della pole.

Il giorno seguente il cielo è plumbeo e promette pioggia. Prima dell’International Trophy si disputa la seconda prova del campionato Vandervell di F3 sulla distanza di 20 giri. Dopo 8 giri la pioggia si abbatte violentemente su Silverstone e la gara viene interrotta per permettere a tutti di montare le gomme da bagnato e completare la corsa. Sotto un vero e proprio diluvio vince il 25enne brasiliano Nelson Piquet, terzo classificato nell’Euro F3 1977 con la scuderia italiana di Ferdinando Ravarotto. Alle sue spalle si classificano l’inglese Nigel Mansell (che aveva fatto la pole), l’altro brasiliano Chico Serra e lo svedese Stefan Johansson. Solo 7 piloti riescono a salvarsi da uscite di pista e a tagliare il traguardo.

La pioggia continua a cadere copiosamente e la direzione di corsa decide di far effettuare una sessione straordinaria di prove di 15 minuti per adattare le vetture alle nuove condizioni dell’asfalto che però sono così disastrose da falcidiare vittime eccellenti. La prima vittima è il Campione del Mondo Niki Lauda che si gira all’uscita della curva Becketts e finisce all’esterno di Chapel, superando l’erba e finendo nel fango talmente alto da intrappolare persino i piedi di una fotografa. Sia lei che la BT45C devono essere recuperate con l’aiuto di una fune.

Poco dopo è l’autore della pole position Ronnie Peterson a perdere il controllo alla Woodcote finendo nelle reti di contenimento.

Il programma, già notevolmente ritardato, subisce un ulteriore rinvio per recuperare le macchine e risistemare le reti abbattute da Peterson. Lauda sale sul muletto che però ha dei problemi con l’acceleratore che rimane bloccato per cui rinuncia alla gara. Alla Lotus invece si cerca di riparare la macchina di Peterson durante le operazioni di ripristino delle protezioni del circuito. In realtà c’è un’altra 78 nel box Lotus ma è sempre riservata ad Andretti.

Quando la direzione di gara inizia la procedura di partenza, un’ora e mezza dopo l’orario previsto, i meccanici stanno ancora lavorando sulla macchina di Peterson così lo schieramento di partenza si compone senza la prima fila stabilita dalle prove di qualificazione. Anche Arnoux non prende parte alla gara a causa di un guasto alla pompa dell’olio della sua Martini. La rinuncia di Lauda consente a Divina Galica di prendere il via dal fondo dello schieramento per quella che sarà la sua ultima esperienza in F1.

Anche il giro di ricognizione si rivela problematico. Hunt va in testacoda alla Abbey e Stuck esce di pista per evitarlo. Entrambi riescono a continuare e ad allinearsi per la partenza. Intanto i meccanici hanno sistemato la macchina di Peterson che partirà dai box dopo che i 14 superstiti avranno lasciato il rettilineo di partenza.

All’accendersi del verde Hunt ha lo stacco migliore e si dirige verso Copse ma viene affiancato da Daly che ha “rubato” la partenza dalla quarta fila con la Hesketh. Hunt tiene duro alla prima staccata, Daly alza il piede e gli si accoda seguito da Andretti e Depailler.

L’irlandese non molla, affianca Hunt a Maggotts e lo supera in staccata alla Becketts portandosi al comando dopo aver percorso 1300 metri della sua prima gara di F1.

Daly ha un passo irresistibile per chiunque, alla Club ha già 3 secondi di vantaggio sul terzetto formato da Hunt, Andretti e Stuck ma subito dopo, entrando alla Abbey (dove evidentemente si è formata una pozzanghera molto alta), perde il controllo della Hesketh, parte in testacoda ed esce sull’erba, imitato subito dopo da Hunt e poi da Regazzoni. L’irlandese riesce a ripartire mentre Hunt e Regazzoni si devono ritirare. Mario Andretti transita così in testa alla fine del primo giro davanti a Stuck e Ickx.

Al secondo giro il belga della Ensign esce di pista a Chapel mentre Peterson rientra ai box e si ritira perché la macchina è inguidabile nonostante le riparazioni.

Ancora un giro e Andretti parte in testacoda nello stesso identico punto e modo in cui sono usciti Daly, Hunt e Regazzoni, andando a schiantarsi contro la Shadow.

All’inizio del quarto giro, con ancora 10 macchine in gara, passa al comando Stuck con la nuova DN9 davanti agli arrembanti Daly e Rosberg.

Le uscite di pista continuano con Depailler che finisce nelle reti a Woodcote al termine del quinto dei 40 giri previsti.

Il motore della Shadow di Stuck comincia a borbottare e al decimo giro il tedesco si ferma ai box per tentare di risolvere il problema, così Daly torna in testa alla gara ma tre giri più tardi esce di pista e conclude la sua prima esperienza in F1 nelle reti a Woodcote.

Pochi secondi più tardi anche la vettura gemella di Divina Galica abbatte altre file di reti una cinquantina di metri più avanti. Con il ritiro di De Villota per un problema elettrico, rimangono in pista solo cinque monoposto che diventano sei considerando la Shadow di Stuck che è ancora ferma ai box quando mancano 27 giri al termine.

A metà gara Rosberg è in testa con la Theodore davanti a Fittipaldi, Trimmer, Keegan e Lunger.

Anche Fittipaldi ha fatto il suo bravo testacoda nel quale ha rotto parzialmente il musetto della F5A ma a due terzi di gara ha 10 secondi di distacco da Rosberg e sta recuperando al ritmo di quasi 2 secondi al giro.

Il ricongiungimento arriva quando mancano otto giri alla bandiera a scacchi e ci si aspetta il sorpasso da un momento all’altro.

Il DFV del brasiliano comincia a dare accensioni irregolari proprio sul più bello, così Rosberg riesce a mantenere il vantaggio necessario per tagliare il traguardo in testa e vincere la prima gara di F1 per lui e per la Theodore.

L’incredulo finlandese viene accolto dal sorriso a 32 denti di Teddy Yip prima di salire sul podio per ricevere il meritato trofeo.

Una volta ripulite le macchine dal fango e riparati i danni causati dalle numerose uscite di pista, il Circus vola in California dove il 2 aprile è in programma il terzo GP degli USA Ovest. La pubblicità della corsa è un mix di spettacolarizzazione degli incidenti e doppi sensi.

Mercoledì 29 marzo, nel corso della presentazione dell’evento alla stampa, si svolge la cerimonia della “fontana” di champagne organizzata da Jean-Marie Dubois, il direttore delle relazioni esterne della Moët & Chandon che fin dagli anni ’60 ha reso l’azienda di Épernay famosa in tutto il mondo attraverso la sponsorizzazione delle corse.

Dubois ha predisposto un’altissima piramide di bicchieri di cristallo cominciando a far cadere lo champagne dal primo bicchiere in alto verso gli altri. La “fontana” è stata alimentata poi anche da Andretti, Peterson ed altri fino a che lo stesso Dubois ha ricominciato per completare l’opera ma un piccolo movimento falso ha fatto cadere il primo bicchiere, travolgendo tutta un’ala della piramide, col risultato che un settantina di bicchieri sono andati a finire per terra con un allegro rumore di cristallo infranto.

Gli iscritti sono 30 come in Sudafrica ma la brevità e le caratteristiche del circuito cittadino (3251 metri, più corto persino di Montecarlo) fanno sì che il numero di partenti sia di sole 22 monoposto. Di conseguenza Ecclestone impone l’ammissione diretta alle prove ufficiali per 22 iscritti privilegiati (Ferrari, Renault e gli associati FOCA) mentre gli altri 8 dovranno guadagnarsi la promozione in una sessione di pre-qualificazione di un’ora da disputarsi il venerdì mattina alle 9 in punto.

Non potendo disputare prove libere prima del weekend Patrese, Rosberg e Ongais vanno sul circuito di Willow Springs, situato 180 km a nord di Long Beach, per verificare che le macchine siano a posto ed evitare sorprese all’ultimo momento.

Tra i partecipanti alla “roulette russa” delle pre-qualifiche c’è il fresco vincitore dell’International Trophy Keijo “Keke” Rosberg, ansioso di dimostrare il suo valore anche in condizioni normali. Sulla Theodore compaiono alcuni sponsor aggiuntivi, “figli” della vittoria di due settimane prima.

Non sono da meno le due Arrows del “quasi vincitore” di Kyalami Riccardo Patrese e di Rolf Stommelen, ora completamente dorate. La squadra di Milton Keynes ha completato la terza monoposto per dare un po’ più di serenità ai suoi piloti in caso di eventuali danni in prova.

Eddie Cheever è tornato in F2, sempre con il Project Four Racing di Ron Dennis, per cui la Hesketh conferma Derek Daly dopo il debutto impressionante di Silverstone. Il suo casco è dichiaratamente ispirato a quello di Carlos Pace.

Rientrano, dopo un GP di assenza, Danny Ongais e la Interscope Racing di Ted Field ma non più con la Ensign. Il discografico di Santa Monica ha acquistato una nuova Shadow, per la precisione quella pilotata da Regazzoni all’International Trophy e uscita di pista dopo solo mezzo giro causa aquaplaning. La vettura, rimasta abbandonata nel prato, è stata poi centrata dalla Lotus 79 di Andretti e l’urto ha piegato la scocca della DN9/2A che è quindi stata rottamata in quanto non riparabile. A questo punto Don Nichols ha dovuto consegnare a Ongais la DN9/3A che era destinata a Regazzoni, così il ticinese dovrà correre ancora con la vecchia DN8/3A usata da Stuck a Kyalami.

Anche Hector Rebaque deve passare per le pre-qualifiche in quanto, non avendo mai conquistato punti, la sua squadra non è iscritta alla FOCA.

Brett Lunger rimette la sponsorizzazione L&M per il mercato statunitense sulla M23/11 (l’unica disponibile dopo aver venduto la M23/14 a Trimmer) ed è in attesa che gli venga consegnata una M26 nuova di fabbrica.

L’ultimo dei contendenti ai 4 posti disponibili è Arturo Merzario che ha ulteriormente modificato la A1 dopo le prove a Fiorano.

Passa il turno Patrese (1’23”84) insieme a Merzario, Lunger e Stommelen.

Le squadre di Rosberg, Rebaque, Ongais e Daly possono imballare il materiale e tornare alle rispettive sedi mentre Patrese chiacchiera amabilmente con Vittorio Brambilla e Nestore Morosini.

Un quarto d’ora dopo la fine di questa sessione, comincia la prima qualifica del weekend.

Le squadre hanno modificato ulteriormente le vetture rispetto alla gara di Kyalami.

Radiatori maggiorati e musetto modificato sulle Brabham Alfa Romeo per consentire una miglior evacuazione dell’aria calda.

Modificata anche la poco attraente livrea biancorossa in favore di bande blu a righe azzurre che ricordano quelle del vecchio sponsor Martini (manca solo la linea rossa centrale). Nel paddock girano voci di una macchina nuova segretissima che si chiamerà BT46B, la quale dovrebbe effettuare una prova sulla pista di Balocco. A quanto si dice, la caratteristica principale di questa macchina sono i radiatori interni e non più posti sul musetto.

Niki Lauda ha in uso il primo esemplare dell’Alfa Romeo Niki Lauda Spider. In realtà è sempre la Alfa Romeo Spider Veloce col 4 cilindri da 2000 cc. alla quale sono stati applicati il suo nome sul cofano, una colorazione ispirata a quella della macchina da F1 e uno spoiler posteriore. Il Campione del Mondo la pubblicizza per le strade di Long Beach.

John Watson indossa un nuovo casco, il Bell Star XF-GP Twin Window, caratterizzato da un montante centrale che divide in due parti la feritoia per una maggiore sicurezza.

Macchina nuova per Pironi (008/4) in sostituzione della 008/2 con la quale ha comunque conquistato due punti posti nonostante la scocca piegata a Buenos Aires che ora è sulle dime nel capannone di Ripley.

Sulle fiancate la scritta “elf elf elf” viene sostituita da “elf oil elf” perché negli USA nessuno sa cosa produce la Essence Lubrifiant Français. Durante le prove non cronometrate del sabato mattina viene montata una cinepresa sulla macchina di Depailler per registrare un filmato che a distanza di 35 anni rende ancora l’idea di cosa significasse guidare una monoposto di F1 da “soli” 490 cavalli con cambio manuale, senza effetto suolo e senza aiuti elettronici.

Per la prima volta la Lotus rinuncia al cambio Getrag in favore del collaudatissimo Hewland. Per quanto riguarda il motore, la scuderia di Chapman può scegliere tra un DFV “normale”, uno elaborato dalla Cosworth e uno preparato dalla Nicholson-McLaren. Ovviamente la 79 è rimasta a Hethel per le opportune riparazioni.

Nessuna novità sulle McLaren con Hunt che chiacchiera con George Harrison e Tambay che si confronta con Gordon Coppuck.

L’unica novità sulle ATS di Mass e Jarier è il musetto con un radiatore più piccolo e una linea un po’ più filante rispetto a quello usato fino adesso.

La Ferrari porta la nuova 312T3/034 per Villeneuve, terza monoposto della serie. Il canadese continua a usare la versione aerodinamica vista a Kyalami e Reutemann ha sempre le prese d’aria sopra alle fiancate.

Nell’abitacolo della macchina di Villeneuve c’è una levetta che serve per regolare la barra di torsione posteriore ma il canadese la trova abbastanza inutile in un tracciato così lento.

Villeneuve si sta riprendendo da una parotite endemica (i comuni orecchioni) che ne ha messo in dubbio la partecipazione al punto che era stato allertato Elio de Angelis per l’eventuale sostituzione.

Macchina nuova per Fittipaldi, la F5A/3, la prima costruita ex novo e dotata di profili alari all’interno delle fiancate.

Telai RS02 e RS03 per la Renault. Jabouille comincia le prove con il primo che ha la stessa conformazione aerodinamica usata a Kyalami e nei test al Paul Ricard.

Come già spiegato, la Shadow ha una sola macchina nuova per Stuck (quella usata a Silverstone) mentre Regazzoni deve accontentarsi della DN8/3A in attesa che venga costruita la DN9/4A per lui.

Nessun cambiamento alla Surtees in attesa che venga completata la nuova TS20.

Anche Postlethwaite e Walter Wolf hanno capito che la vecchia monoposto non è più competitiva e a Reading si sta lavorando al nuovo progetto. Nel frattempo Scheckter continua con la WR3, con la gloriosa WR1 come muletto.

La Ensign porta una sola monoposto per Lamberto Leoni. Per l’occasione compare lo sponsor petrolifero statunitense ARCO (Atlantic Richfield COmpany) con il suo marchio Graphite, un olio speciale per motori. Questo contrasta un po’ con la FINA che fornisce carburante e lubrificanti alla squadra ma Nunn non va troppo per il sottile. Questa sarà l’ultima esperienza in F1 per Leoni.

Laffite continua lo sviluppo della JS7/JS9 con le minigonne flessibili rivettate sotto le fiancate, macchina finalizzata ad acquisire esperienze da applicare alla vettura in preparazione per la stagione europea.

Williams e Head mettono in pista le stesse macchine viste a Kyalami per Alan Jones. Il logo degli alberghi Albilad compare ora anche sulla parte anteriore dell’abitacolo.

L’irruenza porta Keegan a “baciare” più volte i muretti di cemento, costringendo i meccanici al solito lavoro extra.

I 10 cronometristi ufficiali, appartenenti alla sezione californiana della SCCA (Sports Car Club of America), chiamati al posto di quelli di Watkins Glen usati di solito, sono in pieno caos. Un problema al sistema di cronometraggio fa sì che i tempi rilevati non corrispondano a quelli presi dalle squadre che ovviamente protestano con la direzione gara. Per determinare la classifica dopo le prime due sessioni di prove cronometrate i membri della FOCA si riuniscono e stabiliscono i tempi da attribuire ad ogni pilota prendendo come base quelli presi dalla cronometrista del team Ligier, Michèle Dubosc, considerata la migliore e quindi la più attendibile. Una situazione così imbarazzante non ha precedenti nella storia della F1.

Carlos Reutemann è nettamente il più veloce al termine della prima giornata di prove in 1’20”636, tempo ottenuto col muletto che non ha le prese d’aria sopra le fiancate.

Alle sue spalle il sorprendente Villeneuve, alla sua prima esperienza a Long Beach, staccato di quasi un secondo e mezzo. Alle spalle delle Ferrari gommate Michelin ci sono Andretti (a 3 centesimi da Villenueve), Lauda, Hunt e Scheckter.

Seguono l’ottimo Jones con la Williams e Depailler con la Tyrrell che si sono messi alle spalle i più quotati Watson e Peterson mentre Patrese, anch’egli alla prima presenza sulle strade della località costiera, è dodicesimo.

Al momento i non qualificati sono Merzario, Lunger, Jabouille e Leoni. Sorprende in negativo la prestazione della Renault che dispone delle stesse gomme della Ferrari.

Il sabato i tempi vengono raccolti dai cronometristi ufficiali che però forniscono soltanto una classifica che contiene solo i tempi dei piloti che hanno migliorato il loro tempo del venerdì. Reutemann mantiene la pole (la terza in carriera) nonostante non sia riuscito a scendere sotto al tempo fatto segnare il giorno prima.

Villeneuve riduce il distacco a soli 2 decimi dal ben più esperto compagno di squadra e mantiene il secondo posto, confermando una prima fila tutta rossa che mancava da Monaco ’76 (altro circuito cittadino) con Lauda e Regazzoni.

Lauda e Andretti partiranno dalla seconda fila seguiti da Watson, Peterson, Hunt, Jones, Patrese e Scheckter.

Alla Renault hanno identificato la causa della pessima prestazione della prima giornata nella presa di alimentazione del turbo tipo NACA che non è efficace come a Kyalami per via della lentezza di Long Beach. Con la presa d’aria a cassonetto laterale Jabouille ottiene un onorevole 13° posto, considerando l’influenza negativa del turbo-lag su un circuito cittadino.

Oltre a Reutemann, altri tre piloti non si migliorano perché non sono potuti scendere in pista nell’ultima sessione di qualifica a causa dei danni alla vettura provocati dagli incidenti avuti nella sessione del mattino. Keegan si è schiantato contro il muro coinvolgendo anche Stuck che è andato a sbattere proprio per evitare l’inglese. Stessa sorte per Pironi che ha picchiato all’uscita della curva che immette sul rettilineo dei box.

Arturo Merzario approfitta al meglio della situazione superando i tre incidentati e qualificandosi col penultimo tempo utile, proprio davanti a Keegan. Stuck e Pironi invece rimangono esclusi insieme a Lunger e Leoni. Lo statunitense trova comunque il modo di consolarsi.

Il sole primaverile della California accoglie 75mila spettatori che riempiono le tribune, oltre ai tetti delle case e i cavalcavia che si affacciano sul tracciato.

La mezz’ora di warm-up conferma l’ottima forma di Villeneuve il quale ottiene il miglior tempo in 1’22”53 davanti a Lauda, Reutemann, Watson, Peterson, Depailler, Hunt, Jones, Andretti e Patrese. Con dieci piloti contenuti in un secondo, la gara si annuncia molto combattuta.

Keegan non può partecipare al GP perché sia lui che Brambilla hanno danneggiato le rispettive monoposto contro i muri e il muletto a disposizione del monzese è stato allestito con i pezzi ancora buoni presi dalle vetture sbattute. La FOCA ha fatto reinserire la regola del pilota di riserva ma la Shadow di Stuck non è riparabile in pista per cui l’ultimo posto sullo schieramento viene preso da Didier Pironi.

Gli incidenti alla prima curva avvenuti nelle due edizioni precedenti hanno convinto Chris Pook a spostare la partenza da Ocean Boulevard all’inizio della Shoreline Drive, in modo che il gruppo arrivi un po’ più sgranato alla prima curva. Lo schieramento viene quindi composto davanti ai box per poi fare mezzo giro di ricognizione fino alla linea di partenza con le Ferrari davanti a tutti. La linea del traguardo rimane però sul rettilineo dei box per cui la gara si disputa sulla distanza di 80 giri e 1625 metri.

Alle ore 13, all’accendersi del semaforo verde, le Ferrari fanno pattinare molto le gomme e Lauda si infila tra loro, attaccando Reutemann per la prima posizione.

Il lungo rettilineo della Shoreline Drive esalta la potenza dei 12 cilindri italiani che arrivano praticamente appaiati alla frenata del tornantino, con Watson che infila tutti con una staccata pazzesca.

Inevitabilmente l’irlandese arriva lungo ed essendo all’interno costringe Reutemann (e di conseguenza anche Lauda) ad allargare la traiettoria per non rischiare l’incidente.

Questo consente a Villeneuve, rimasto appena dietro, di girare alla corda, accelerare prima di tutti e prendere il comando di un GP per la prima volta in carriera.

Gilles passa davanti ai box seguito da Watson, Reutemann e Lauda. La muta dei DFV è guidata da Andretti seguito da Jones, Hunt, Peterson, Depailler e Tambay.

Quando le vetture tornano sulla Shoreline Drive, Lauda prende la scia a Reutemann e lo supera in staccata al tornantino.

Il primo ritiro è quello di Hunt che chiude troppo la curva che immette sul rettilineo dei box, urta i bidoni riempiti di sabbia, rompe la sospensione anteriore destra e finisce contro il muro. Questo è il secondo errore in 4 gare per l’inglese. La M26 viene immediatamente rimossa col carro attrezzi mentre la gara continua regolarmente.

Al decimo giro si ritira Watson per la rottura del cambio.

Jones è molto veloce e raggiunge Andretti mentre Peterson e Depailler perdono terreno.

Al 19° giro l’australiano della Williams sferra l’attacco sulla Shoreline Drive e al tornantino ha la meglio su Piedone.

Alle loro spalle Depailler pressa Peterson che soffre una foratura lenta e ha uno spoiler storto in seguito a un contatto nelle prime battute. Il francese della Tyrrell lo supera nel corso del 24° giro, imitato due giri più tardi da Scheckter.

Quando il pubblico pregusta il duello tra il campione del Mondo e il pilota che lo ha sostituito alla Ferrari, il motore Alfa Romeo di Lauda si spegne sul rettilineo dei box per un guasto elettrico. All’austriaco non rimane che fermarsi in fondo alla via di fuga e tornare ai box a piedi.

Dopo 28 giri la Ferrari di Villeneuve è al comando con 3 secondi su Reutemann ma l’argentino deve guardarsi le spalle dalla Williams di Jones che ha appena fatto segnare il giro più veloce.

Più staccati seguono Andretti (che sta facendo gestendo le gomme come a Kyalami), Depailler, Scheckter, Tambay e Laffite mentre Peterson si ferma a sostituire la gomma anteriore sinistra che si sta sgonfiando.

A metà gara il vantaggio di Villeneuve su Reutemann e Jones si è ridotto a poco più di un secondo quando il canadese raggiunge Jabouille e Regazzoni che stanno battagliando per l’undicesima posizione. Jabouille sfrutta il turbo e supera Clay in fondo alla Shoreline Drive e il pilota della Shadow viene così raggiunto da Villeneuve nel tratto successivo. Gilles sente la pressione di Reutemann alle sue spalle e affretta il doppiaggio con una manovra molto ottimistica. Regazzoni imposta la curva verso sinistra e Villeneuve si butta all’interno all’ultimo momento, capisce che Regazzoni non l’ha visto e taglia sul cordolo ma la 312T3 vi salta sopra e finisce addosso alla Shadow. Le ruote della DN8 fanno da trampolino alla Ferrari che vola e si schianta posteriormente contro le gomme messe a protezione del muro.

La Ferrari viene subito rimossa e riportata ai box col carro attrezzi mentre Gilles si ferma a meditare sul suo errore.

Al 39° giro Reutemann passa così in testa tallonato da Jones. Andretti è staccato di una trentina di secondi e precede Depailler, Scheckter, Tambay, Laffite e Patrese, ultimo a pieni giri, che corre con lo spoiler sinistro piegato dopo un contatto nelle prime fasi di gara.

All’improvviso l’ala anteriore della Williams di Jones si piega in due, facendo strisciare le estremità sull’asfalto. L’australiano non può vedere quello che è successo e continua perdendo comunque poco terreno da Reutemann.

Al 44° giro si rompe il turbo Renault quando Jabouille si trova in decima posizione.

Tre giri più tardi Patrese rientra ai box per cambiare le gomme e cede l’ottava posizione a Peterson che gira molto veloce dopo la sostituzione della gomma sgonfia e nonostante abbia anch’egli uno spoiler storto.

Tambay raggiunge Scheckter e al 60° giro lo attacca all’interno nella curva a sinistra successiva al tornantino ma Jody chiude la porta e il contatto è inevitabile. Il motore della Wolf si spegne e il sudafricano conclude così la sua gara. Ancora nessun punto per il vice-campione dopo quattro corse. Tambay prosegue ma ha la sospensione anteriore sinistra leggermente piegata.

Ora Jones comincia a perdere sensibilmente da Reutemann a causa di un problema all’alimentazione che fa funzionare il suo DFV a singhiozzo, tagliando l’accensione agli alti regimi. Andretti lo raggiunge e al 63° giro per poi superarlo sul rettilineo portandosi in seconda posizione a 18 secondi da Reutemann.

Ancora tre giri e l’australiano deve lasciar passare anche il sempre regolare Depailler e subito dopo anche Tambay, Laffite e Peterson, uscendo dalla zona punti e subendo anche l’onta del doppiaggio.

L’assetto della M26, compromesso nel contatto con Scheckter, non consente a Tambay di continuare con lo stesso ritmo che aveva prima e deve difendersi dal ritorno di Laffite che lo attacca al tornantino. Tambay cerca di ostacolare il connazionale che a 6 giri dalla fine allunga la frenata, si scompone e il contatto è inevitabile. Questa volta è il pilota della McLaren a doversi ritirare mentre Laffite, dopo essersi slacciato le cinture, viene fatto ripartire dai commissari con l’ala anteriore accartocciata dopo essere stato superato da Peterson.

Carlos Reutemann vince il suo settimo GP di F1, il secondo dell’anno, ottenuto con la nuova 312T3 alla sua seconda gara (due primi e un secondo posto in tre edizioni per la Ferrari a Long Beach). Una vittoria molto importante anche per la Michelin, negli Stati Uniti contro la Goodyear.

Mario Andretti ottiene un secondo posto che lo rasserena dopo la sfortuna di Jacarepaguà e Kyalami, così come Depailler che porta a casa un altro podio, il terzo in quattro GP. Quarto posto per Peterson davanti a Laffite e a Patrese che conquista il primo punto mondiale per la Arrows alla sua terza corsa.

Lo sfortunato Jones chiude al settimo posto, fuori dai punti, ma ha dimostrato che la FW06 è un’ottima vettura e lui un valido pilota.

Lole raggiunge Andretti in testa al Mondiale con 18 punti davanti a Peterson e Depailler (14) e Lauda (10). La Lotus è sempre più in testa alla Coppa Costruttori con 27 punti davanti alla Ferrari (18), Tyrrell (15) e Brabham Alfa Romeo (14).

Villeneuve, protagonista per metà gara, ammette l’errore senza recriminare contro Regazzoni o bandiere blu. Ora però dovrà renderne conto a Maranello. Nei sei GP disputati con la Ferrari ha visto la bandiera a scacchi solo una volta e ha avuto tre incidenti. Anche la stampa italiana comincia a perdere la pazienza e dimentica quanto di buono ha dimostrato nei primi 38 giri di gara

 Giovanni Talli

 

BASTIAN CONTRARIO: CORNUTI E MAZZIATI

Tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine, citava l’oracolo in Matrix e, Dio ti ringrazio, il lungo (non lunghissimo visto che l’anno prossimo il nuovo mondiale avrà un GP in più… sigh) mondiale 2023 è terminato per davvero. Abu Dhabi è la cornice che fa da sfondo alla conclusione di questi mondiali alternati nel monopolio tra AMG e Red Bull e, col tempo, ne ho imparato ad apprezzare le qualità. Forse sto scrivendo un’eresia, qualcuno potrebbe dire addirittura che sto bestemmiando, eppure mi sono reso conto che, per andare forte su questa pista, devi essere al top. Non sarà un caso dunque che Ferrari non ci abbia mai vinto e non è un caso, che poiché è l’ultimo GP dell’anno, (le monoposto ci arrivano con dei semplici adattamenti visto che gli sviluppi sono terminati già da tempo… a meno che non ci si debba giocare il mondiale proprio su quella pista, si capisce) su quella pista o ci arrivi che la monoposto è già forte oppure sarà un continuo remare (chiedere ad Alonso cosa accadde nel 2010). Proprio per questo, tale circuito di “cornuti e mazziati” ne ha fatti tanti nella sua storia e, di certo, le aspettative non sono state disattese nemmeno domenica scorsa.

La carrellata inizia proprio dalla strabiliante McLaren di Zac Brown & Andrea Stella che, da dopo l’estate, è stata un continuo crescendo e che solo la sua tardiva ripresa, unito alla coriacea insistenza del duo AMG Ferrari nel lottare per il mondiale marche, gli ha impedito di raggiungere il clamoroso traguardo di seconda forza. La casa di Woking si è presentata nel week end di gara coi favori del pronostico, immediatamente dopo Red Bull si capisce, solo che sia in qualifica (dove ci si aspettava addirittura una pole) sia in gara, deludono non poco. Ho letto giudizi molto positivi nei loro riguardi e, non si discute sul loro operato, tuttavia il risultato ottenuto va stretto come una scarpa più piccola di una taglia. Norris viene beffato al sabato da “San Charles” per poi, sia lui che il compagno, venire surclassati dallo stesso ferrarista, Russell e Perez che partiva addirittura nono, quando il passo gara doveva essere il loro forte… “cornuti e mazziati” appunto. Come ho detto già di recente (il GP del Giappone e di Austin sono stati rivelatori), la McLaren, se davvero avrà la possibilità di giocarsi il titolo contro la Red Bull di Verstappen, dovrà dare molto di più di quanto ha mostrato in questa ultima parte di campionato. Con la conclusione del GP di Abu Dhabi, gli si può e si deve lasciare il beneficio del dubbio, visto che sono esplosi come una supernova solo da poco. Vero è che per il 2024 dovranno concretizzare il loro potenziale, perché c’è da specificare che la squadra di Milton Keynes, non è forte solo perché ha una super vettura, bensì è tutta la squadra che è praticamente perfetta (i pit stop della Red Bull sono un incanto… ormai sembra che la monoposto nemmeno si fermi!). Sia Norris che Piastri, sono giovani talentuosi, solo che quanto mostrato sino ad ora, soprattutto Lando in Texas, lascia non pochi interrogativi. Ovvio che se McLaren dovesse essere davvero competitiva, tutti, nessuno escluso, dovranno tirare fuori gli attributi per poter fronteggiare Verstappen e la sua Scuderia.

Purtroppo, il vero e grande cornuto e mazziato del GP di domenica scorsa, manco a dirlo, è stata proprio la Beneamata… per la serie non ci facciamo mai mancare nulla. Il primo della Ferrari che ne esce con le ossa rotte è Sainz, il quale è stato pompato (soprattutto dalla stampa dei suoi connazionali) per tutta la settimana come pretendente di diritto al quarto posto in classifica piloti, assieme proprio al Matador Alonso. Purtroppo per Carlos, non solo non ha raggiunto l’obiettivo che comunque lascia il tempo che trova, addirittura si è visto soffiare l’agognata posizione (a pari merito con Alonso appunto) proprio dal suo compagno di squadra che in classifica era non poco attardato… “cornuto e mazziato” appunto. C’è da dire che la disfatta dello spagnolo ferrarista è figlia della politica o meglio della totale assenza di politica da parte della sua stessa squadra. Ciò che gli è successo a Las Vegas è da annoverare negli annali della sfiga motoristica (su venti piloti, chi si porta via il tombino?), vero è che, ciò che ne è seguito dopo, è da annoverare nella vergogna delle azioni politiche che una squadra possa muovere. Mi sono già espresso in merito, nel mio ultimo Bastian contrario, di cosa accaduto nel Nevada eppure il totale silenzio di Ferrari in merito ha fatto si che quella falla di punti persi a Las Vegas si siano sommati a quanto successo domenica scorsa e, purtroppo, il totale è pari a zero. Il buon Carlos è venuto meno (sportivamente parlando) proprio nell’ultimo appuntamento, proprio nel momento del bisogno e la sua assenza, sia in gara che in classifica, ha purtroppo fatto la differenza… esigua aggiungerei, dato che AMG ha surclassato la Rossa per solo tre miseri punti. Che beffa! Proprio per questo il risultato ottenuto fa ancora più male. Su queste righe non faccio che ripetermi e, purtroppo, non mi sbaglio a riguardo: l’azione di Wolff in Nevada ha portato i suoi frutti dimostrando ancora una volta, caso mai ce ne fosse bisogno, cosa significa comandare e chi, tra AMG e Ferrari (Red Bull è un altro animale!),  comanda sul serio. Toto  voleva a tutti i costi quel secondo posto, a scapito di sacrificare qualche ora in galleria del vento (ri sigh!), perché quel risultato, soldi a parte, salva almeno la faccia di una delle squadre più dominante di sempre, da una stagione da zero vittorie e, quindi, pressoché disastrosa. Missione compiuta dunque e quindi ci si può affacciare al 2024 con maggiore fiducia. Quella stessa fiducia (mal riposta a mio dire) che sprizzava da tutti i pori Vasseur alle interviste, visto che asseriva che ci siamo giocati la vittoria contro la RB19 di Max.

Ad essere sinceri, non so quale film il buon Frederic abbia visto dagli schermi del muretto, dato che il tri campione del mondo si è limitato a passeggiare tra le curve disegnate nel deserto di Abu Dhabi e, ammesso e non concesso che fosse vero quello che abbia affermato, “San Charles” è arrivato al traguardo con un ritardo di quasi diciannove secondi. A mio dire c’è molto da riflettere su quanto accaduto e poco di cui rallegrarsi, perché se è vero sembra che la Ferrari apparentemente abbia concluso in crescendo, lo è altrettanto che il risultato disatteso del secondo posto nei costruttori gridi innanzitutto vendetta, sia per come lo abbiamo perso (strategia adottata per Carlos quanto meno fantasiosa) e sia perché la Ferrari è stata l’unica squadra, a parte Red Bull, a vincere un GP sui ventitré disputati… più cornuti e mazziati di così penso che si muoia, come si suol dire. Usando una battuta caustica, dato che la rossa non è riuscita a conquistare nuovamente il secondo posto nei costruttori, penso che la tifoseria sia d’accordo nel dire che questa è la monoposto della passata stagione, salvo dire che sarebbe stata figlia degli sviluppi del nuovo Team Principal caso mai fossero riusciti nell’intento prefissato. Come ho detto all’inizio di questo scritto, Dio ti ringrazio il mondiale è finito e con esso anche le scuse alle quale aggrapparsi. Vasseur ha completato il suo tirocinio, dato che ha vissuto un anno lungo ed intenso, ergo, ormai è completamente addentro la GeS e sa bene cosa vuole, come e dove intervenire. Dall’anno prossimo, monoposto e risultati saranno solo figli del suo operato ed io, in primis, da ferrarista quale sono, gli auguro di riuscire a risollevare le sorti della Rossa. Mi permetto di dare un piccolo consiglio al TP e alla gestione Ferrari tutta: evitiamo, per favore, dichiarazioni clamorose e sensazionalistiche, così che se le cose dovessero andare male, almeno, eviteremo brutte figure… e di essere “cornuti e mazziati”, appunto!

Vito Quaranta

MIT’S CORNER: LE NON PAGELLE DI LAS VEGAS

E va in archivio anche il GP forse più atteso della stagione. Atteso non tanto per il suo significato sportivo ma per la grande curiosità che la sua organizzazione ha suscitato. Si tratta di nientepopodimeno che Las Vegas, che annovera nel suo tracciato, addirittura come rettilineo principale la celebre (o famigerata: dipende dai punti di vista…) Strip.

Gli appassionati, quorum ego, guardavano a quest’appuntamento con l’occhio molto (moltissimo!) storto: sarà un’americanata di bassa lega, una pagliacciata, cosa mai faranno per cercare di adeguare il circus all’ambito stereotipato della città più viziosa del mondo?

Ebbene… sì! La pagliacciata, scusate ma non posso esimermi dall’usare altri vocaboli, effettivamente c’è stata. Tutto il contorno (pseudo-) spettacolare del GP non ha tradito le attese, anzi, i timori: luci e rumori in quantità esorbitante, personaggi celebri (celebri?) a gogo che performavano in palchi dai colori tanto sgargianti quanto confusi, presentazioni dei piloti pacchiane come non mai con tutti i piloti che non riuscivano a nascondere il loro evidente imbarazzo, si sono succedute le une alle altre come da prevedibilissimo copione a far da cornice al week end. Il tutto, peraltro, ad orari locali che Ibiza spostati.

Come se tutto ciò non bastasse l’approccio alla pista esordiva nel peggiore dei modi: non fanno in tempo a cominciare le FP1 che un tombino, un tombino?!, mal concepito faceva rischiare letteralmente la pelle a Esteban Ocon e soprattutto al povero e decisamente malcapitato Carlos Sainz che ne usciva indenne ma con una vettura da ricostruire quasi da zero. E qui si tocca il punto più basso di tutto il week end. Infatti, mentre Ocon è costretto solo, si fa per dire, alla sostituzione della cellula di sopravvivenza Sainz, oltre alla cellula di sopravvivenza (pare che il sedile si sia addirittura spaccato in due!), è anche costretto alla sostituzione del motore, del sistema recupero dell’energia e dell’unità di controllo elettronico. Di queste ultime la Ferrari di Sainz aveva già utilizzato il massimo numero consentito di volte in stagione sicché, a norma di regolamento avrebbe dovuto essere penalizzato di 10 posizioni in griglia. Circostanza decisamente improvvida che chiunque pensava non sarebbe stata applicata data la singolarità dell’episodio: di certo tale sostituzione non è stata dovuta a scelte della scuderia, da errori del pilota o comunque da circostanze strettamente inerenti l’aspetto sportivo. E invece no! Il regolamento dice che se si sostituisce quella parte si prende la penalità. Niente da fare quindi. Non riesco a pensare a nulla di più assurdo. Ve lo ricordate quel film con Bud Spencer dove il nostro borbottante eroe viene sballottato da un sportello all’altro di un ufficio statale di un esotico paese del sudamerica? Ecco: quella è stata la prima immagine che mi si è presentata alla mente quando ho saputo della decisione. È veramente difficile esprimersi in altri termini: se la preoccupazione della commissione fosse stata di creare un precedente poi difficile da gestire sarebbe stato sufficiente un bel giro di email con tutti i TP e la cosa finiva lì oppure, il che è meglio, semplicemente giustificare la decisione non in termini di deroga ma in termini di ratio della norma. Già in altri articoli in passato mi ero espresso su questo punto in modo critico constatando che gli organismi FIA preposti a questo tipo di decisioni non tengano praticamente mai in conto la ratio delle regole sulla cui osservanza sono chiamati a giudicare. In questo caso la ratio, cioè lo scopo per il quale è stata stabilita quella regola, è da vedersi nell’ambito di tutti quei provvedimenti regolamentari che girano intorno al risparmio (ok, ipotetico risparmio): in tutta la stagione puoi usare tot motori, tot cambi, tot batterie, ecc. e se ne superi il numero consentito sei penalizzato. In questo modo si vorrebbe (il condizionale è d’obbligo) limitare la spesa per la partecipazione al campionato cercando così di livellare indirettamente la differenza di budget tra team di prima e seconda fascia. Il senso di tale regole ha sempre un risvolto sportivo, dunque, e a prescindere dal fatto che siano davvero utili allo scopo è questo ciò che conta. Se, come nel caso di Sainz, la sostituzione di quelle componenti è stata dovuta a cause di forza maggiore, e comunque del tutto avulse dalla competizione sportiva, allora la penalità non si doveva applicare. La domanda che mi pongo è: se domani alla scuderia X un malefico Arsenio Lupin si intrufola nottetempo nei box e si porta via le power unit che fa la federazione? Gli commina le penalità? Si potrebbe obiettare che in casi analoghi il team possa montare le componenti “vecchie” non incorrendo così nella penalità ma potrei ribattere che re-installare vecchie componentistiche deve essere sempre una scelta e non una costrizione, oltre al banale fatto che le componenti “vecchie”, proprio perché tali, potrebbero non essere sicure o comunque che c’è un motivo per cui sono state dismesse. E continua a rimanere il fatto che la “causa di forza maggiore” totalmente avulsa dallo svolgimento sportivo deve far riflettere adeguatamente sulla cosa.

Ad ogni modo, la decisione su Sainz avrà conseguenze non banali e condizionerà anche lo svolgimento della gara.

Fortunatamente, però, dopo questo infausto episodio il corso del week end entra nel vivo rivelando, questa volta ancora più inaspettatamente, che questo tracciato ricavato tra le ben poco tortuose strade che dividono i mega-hotel del centro di Las Vegas sembra stato pensato proprio bene. Nulla a che vedere con il delirante tracciato di quarant’anni fa: tre lunghi rettilinei, sapientemente raccordati con curve aerodinamicamente poco impegnative ma non per questo facili da interpretare, formano un layout di pista estremamente veloce che ricorda più la versione outer di Sakhir (che nel 2020 vide la prima affermazione di Checo in Formula 1) che non Monza, con cui comunque condivide le altissime velocità di percorrenza. Visto il tipo di vetture che circolano nei pascoli formulaunistici di questi tempi si tratta di vera e propria manna.

E infatti i piloti, forse altrettanto sorpresi, hanno cominciato a divertirsi e non poco. L’indiscusso protagonista della stagione, il nostro valente Max, che nelle prime interviste di rito approfittava dello status di intoccabile di cui gode sparando a zero sull’evento, ha finito per auspicare il ritorno di questo GP anche per gli anni a venire!

E non ha tutti i torti. Perché ne è uscito un GP alla cui spettacolarità ha contribuito, pur del tutto casualmente, anche la bassa temperatura che tutti alla vigilia temevano. Infatti, le gomme hanno avuto un degrado piuttosto blando e comunque abbastanza uniforme per tutte le vetture, contribuendo a livellare non poco i valori tecnici in campo. Conseguentemente l’importanza delle scelte strategiche di assetto e il valore dei piloti sono stati di molto esaltati.

E come si sono comportati i nostri eroi?

VERSTAPPEN

Immarcescibile come sempre, altrettanto implacabile, perfetto (o quasi) come ci ha abituato in questa sua straordinaria stagione il campione del mondo non si lascia scappare l’occasione di apporre l’ennesimo timbro vincente sul suo passaporto. Ma stavolta ha dovuto sudare tantissimo. Forse come mai in stagione. Ha dovuto fare i conti con le velocissime Ferrari del sabato che, non fosse stata per l’improvvida decisione di cui sopra, l’avrebbero escluso dalla prima fila. Consapevole che questa volta Leclerc era davvero competitivo rispolvera in partenza la cazzimma cosparsa di cattiveria e sfrontatezza che tanto ha caratterizzato i suoi primi anni in Formula 1: “io vado” sembra dire Max a Charles “se poi voliamo fuori sarà perché lo vorrai tu”. E conquista con arroganza la testa del gruppo alla prima curva. Facile decisione, suppongo, visto che non aveva nulla da perdere e che, specularmente, Leclerc poteva ambire alla vittoria e aveva quindi tutto da perdere ma alla fine saggia: in quei giri davanti (considerate le successive evoluzioni e la penalità) a Charles pone le basi della vittoria finale. La penalità arriva puntuale e ad essa si aggiunge lo smacco del sorpasso subito in pista da Leclerc sicché dopo il primo pit stop riparte più indietro di quanto avrebbe voluto ma meglio di quanto sarebbe stato senza quella partenza arrogante. Ma, come sempre, è implacabile nel suo recupero. Brividi al 25° giro nel sorpasso a Russell. Giorgino diventa all’improvviso un Avenger e decide di buttar fuori Max con una manovra birichina nel punto meno pericoloso del circuito (e di cui dirò dopo). Ma Max, manco fosse Thanos, quasi nemmeno se ne accorge e continua il suo recupero. Il secondo momento vincente di Max arriva, poco dopo, con la SC del 27° giro (decisa proprio per liberare la pista dai detriti dello scontro con Russell): cambia ancora le gomme e riparte con distacco ridotto da Charles ma con gomme leggermente più fresche. Da qui in avanti è uno spettacolo: ritmo assurdo e sorpassi (non facili visto che anche gli altri andavano bene) da manuale su Ocon (in uscita dai box: regolare, dicunt, ma comunque a rischio di ulteriore penalità), Gasly e Piastri lo portano velocemente sui primi due: il redivivo Perez e un Leclerc in forma mondiale che stanno duellando per la prima posizione. Le cose si fanno più difficili e questa volta Max deve sudare assai e deve aspettare diversi giri prima di avere la meglio. Il sorpasso difficile quanto strepitoso su Leclerc arriva infine al 37° giro. Ma questa volta, diversamente da quanto abbiamo visto per quasi tutta la stagione, non riesce a scappare! Leclerc gli sta attaccato agli scarichi sino a che un errore alla curva 12 al 43° giro lo costringe a sventolare bandiera bianca. A questo punto Max capitalizza alla perfezione i 4 secondi di vantaggio e si aggiudica il GP. Era contento, lo si vedeva a occhio e ne aveva ben donde. Ho idea che si diverta di più anche lui con gare così: speriamo che il 2024 sia diverso. Ma intanto applausi!

LECLERC

Strepitoso, meraviglioso, eccezionale e che più ne ha più ne metta. Charles è tornato! Che week end! Tutte le sessioni di prove e qualifica davanti di mezzo secondo a tutti! Da quanto tempo non si vedeva? Bravo! Solo Sainz, in Q3, gli si avvicina ma gli altri no, nemmeno il mammasantissima del campionato. Con queste premesse e con una prima fila tutta rossa le aspettative eran… ah no! La improvvida decisione per la penalità di Sainz impedisce a Ferrari di gestire una partenza che con la prima curva così ravvicinata avrebbe potuto vederli entrambi davanti. Ad ogni modo il buon CLC non si scoraggia e non solo tiene il ritmo di Max ma addirittura lo supera! Ecco un bell’inedito che ci ha regalato Las Vegas. L’ulteriore inedito è il consumo di gomme che è assai blando e che consente al nostro eroe di spingere per tutto lo stint: tra basse temperature, layout del tracciato e assetto bilanciato sembra proprio che stavolta Ferrari le abbia azzeccate tutte. Purtroppo per lui la SC del 27° giro consente a Max di riavvicinarsi ma non è colpa di nessuno. Si è discusso sull’eventualità di far pittare anche lui ma le sue gomme non avevano che 5 giri e la possibilità di un’altra SC era concreta visto il tipo di tracciato quindi non mi sento di imputare qualche colpa di tipo strategico in quel frangente. Fatto sta che poco dopo viene ingaggiato in un bel duello da Perez dal quale viene sorpassato ma ancora una volta, con la tenacia che gli conosciamo e finalmente assecondato dal mezzo, lo tiene alla giusta distanza e lo fulmina con un sorpasso meraviglioso al 35° giro, peraltro pressato dall’arrembante Max. Altrettanto bello è il sorpasso di Max su di lui al 37° giro Ma ancora una volta non si scompone e si tiene nei tubi di scarico dell’olandese cercando il momento giusto per il contrattacco. Purtroppo, però al 43° giro fa un lungo alla curva 12 e deve dare addio ai sogni di gloria. A causa del lungo si ritrova anche dietro a Checo ma all’ultimo giro regala a tutti gli appassionati un sorpasso da antologia per assicurarsi la definitiva seconda posizione. A fine gara gli rideva anche il deretano: sarà per il sorpasso su Perez o perché finalmente ha avuto il mezzo per competere per la vittoria? Poiché queste sono non-pagelle non do i numeri ma in questo caso do un bel 10… meno! Il “meno” perché quel lungo è tutta farina del suo sacco e ne ha compromesso le possibilità di vittoria, che erano poche, per carità, ma che così sono definitivamente sfumate. Se vuole competere con il perfetto Max deve essere altrettanto perfetto.

PEREZ

Sorrideva tanto anche Checo, alla fine. E non per il podio, men che meno per il sorpasso subito all’ultimo giro da Charles (seconda volta a fila dopo quello subito da Alonso in Brasile) ma sorrideva perché ha blindato matematicamente il secondo posto in campionato e perché così, quantomeno questa è la mia supposizione, ha anche blindato il suo, altrimenti traballante, sedile per il 2024. Penso che questo fosse il suo obiettivo. La sua gara sembrava condizionata dai guai subiti in partenza che lo hanno costretto all’immediato pit stop ma con un ritmo gagliardo era riuscito a rimediare alla grande tanto che grazie alla seconda SC ha potuto consolidare la sua presenza sul podio. I duelli con Charles sono stati molto belli e anche se ne è uscito sconfitto (ma cosa poteva fare contro la genialata di Leclerc?) si è comunque ben battuto. A questo proposito ho letto e sentito critiche al suo comportamento dell’ultimo giro ma non sono d’accordo: se l’avversario è costretto a inventarsi un sorpasso strepitoso (nello specifico: tecnica a là Ricciardo con uscita dagli specchietti all’ultimo momento) significa che hai fatto bene il tuo mestiere. Del resto non saluteremo la mossa di Charles con tutti questi peana se non fosse stata difficile da realizzare, no? Alla fine, un’altra gara positiva di Checo che pare essersi ripreso dal periodo buio. Staremo a vedere se la supposizione sul suo sedile è corretta ma intanto, per la prima volta nella sua storia, RBR piazza in testa al mondiale entrambi i piloti.

OCON

Sapete quanto io non apprezzi questo pilota però non posso esimermi, per onestà intellettuale, dall’applaudirlo a scena aperta quando performa bene. Ed è il caso del buon Esteban di Las Vegas. Una gara che più strepitosa non si può condotta a suon di ritmo e di sorpassi e, soprattutto visto il suo vizio, senza il minimo errore o cedimento. Strepitoso il suo duello con Gasly, che pure in qualifica lo aveva letteralmente obliterato, che combatte con ostinazione e nonostante i disperati team radio del suo ingegnere che voleva congelare le posizioni lo porta vittoriosamente a termine. Disobbedisce, sì, ma lo fa a ragion veduta: dopo aver regolato il compagno di squadra (siamo intorno al 33° giro) se ne va costruendo il vantaggio che lo mette al sicuro dal ritorno di Stroll e Sainz e resistendo a Russell quanto bastava per sfruttare la penalizzazione di 5 sec di quest’ultimo e mantenere la posizione. Bravissimo!

STROLL

Altro protagonista inaspettato del GP. Dopo che per tutta la stagione è stato, giustamente, criticato per le sue scadentissime performance il buon Lance è ormai al terzo GP di fila in cui invece fa bella figura. Sarebbe stata ancora migliore se avesse gestito meglio FP e Qualifiche: nelle prime fa una stupidaggine (sorpasso in regime di bandiera gialla) che gli costa 5 posizioni in griglia e in qualifica pasticcia nel finale del Q2. Parte così 19° in griglia ma riesce ad approfittare alla grande dei vari pasticci davanti a lui. Ma non è solo fortuna il risultato finale della sua gara perché riesce a condurre una gara gagliarda con ritmo adeguato al passo della AM che guidava. Bene così.

SAINZ

Difficile esprimersi sul week end di Carlos: il problema, di cui ho dettagliatamente parlato più sopra e sul quale non ritorno, ne ha condizionato fortemente il risultato finale. C’è da togliersi il cappello sulla prestazione in qualifica perché è stato l’unico a riuscire ad avvicinarsi a Leclerc. Costretto suo malgrado a partire dalla 12esima posizione in griglia si complica la vita girandosi praticamente da solo e finendo nelle ultime posizioni. Da lì in avanti è un martello e, a differenza di CLC, è ampiamente favorito dalla seconda SC che gli assicura la posizione in zona punti. Risultato comunque di rilievo perché permette a Ferrari di presentarsi al finale di stagione con soli 4 punti di distacco da Mercedes per il secondo gradino del podio costruttori. Abu Dhabi non è Las Vegas e quindi sarà dura. Ma staremo a vedere.

HAMILTON

Se fossero pagelle in stile più consono qui dovrei mettere un bel “s.v.” perché onestamente non s’è mai visto in gara. Aggiungo un “meno” perché fuori dal Q3.

RUSSELL

Bella gara da parte del ritrovato Giorgino. Oltre a dare le piste al suo celebrato team mate in qualifica ha anche corso con lo spirito giusto che questo GP, con questo tracciato particolarmente veloce, meritava. Mi soffermo sull’episodio decisivo della gara e cioè il contatto con Max al 25° giro. Vi dico la mia: secondo me ha fatto apposta. Ha proprio tentato di buttarlo fuori: era la curva più lenta del tracciato e sapeva che non ci sarebbero state conseguenze e ci ha provato. Nelle immagini frontali si vede che guarda negli specchietti e Max è lì: dire che non l’aveva visto è veramente poco credibile. Sicché rimane l’ipotesi che l’abbia fatto apposta e cioè che abbia appositamente reso durissimo il tentativo di Max. Che l’abbia poi fatto per buttarlo fuori o “solo”, si fa per dire, per mandargli un messaggio valido per il futuro non saprei. Quel che trovo interessante è il valore simbolico di questo gesto. Tante volte in stagione si sono visti gli avversari di Max farsi “gentilmente” da parte ogni volta che, per varie circostanze, si trovava nei loro specchietti: non stiamo correndo con lui, era la scusa. E le critiche, in questo senso sia positive che negative si sono sprecate. Ecco, se la premessa che Russell l’abbia fatto apposta è vera, allora mi è piaciuto. Max è straordinario, non sbaglia mai, è sempre eccezionale e così via ma non l’abbiamo ancora visto sotto pressione da favorito (mentre da “contender” sì e si è ben comportato nel 2021): abbiamo bisogno di vederlo sudare per celebrarlo ulteriormente (o meno). Quindi a Russell, anche se la conseguente penalità gli è costata carissima in termini di punti, un bel bravo! non glie lo toglie nessuno.

ALONSO

Voto negativo stavolta per l’asturiano: il pasticcio alla prima curva è tutta colpa sua. Non ho molto da dire sulla sua gara perché non è mai stato inquadrato. Sta di fatto che comunque conquista punti nonostante tutto.

PIASTRI

Week end strano per McLaren che “toppa” clamorosamente le qualifiche ed è costretta a partire dal fondo. Fuori praticamente subito Norris per lo strano problema che ha avuto, Piastri corre in modo fantastico, nel senso che il ritmo tenuto era molto migliore da quello che si poteva immaginare dopo FP e Qualifiche. Fa la scommessa di una SC nel finale (due treni di bianche sperando, per l’appunto, di pittare in un ipotetico momento di SC verso la fine) che non va a buon fine altrimenti se la giocava con Ocon. Bravo!

NOTE DI MERITO

Magnussen è parso apprezzare molto il tracciato tant’è che ha portato Haas in Q3 e ha gareggiato sempre con il coltello tra i denti. Purtroppo non prende punti ma mi è molto piaciuto

NOTE DI DEMERITO

Williams piazza entrambi i piloti in Q3 (6° e 7° !!!!) ma poi fa una gara ridicola. Come al solito meglio Albon (ai margini della zona punti) di Sargeant ma il risultato è decisamente deludente.

Bottas aveva tirato fuori una qualifica strepitosa ma in gara è stata una delusione fortissima. Vero che il pasticcio di Alonso alla prima curva l’ha danneggiato ma per il resto della gara è stato decisamente impalpabile.

NOTE CHE NON SI CAPISCE COS’HANNO COMBINATO

Qualcuno dovrà spiegarmi cosa è successo ad Alpha Tauri che stava tranquilla nei primi 10 nelle ultime gare e a Las Vegas si è trovata praticamente ultima (di nuovo!)

Ci vediamo nel deserto!

Metrodoro il Teorematico

BASTIAN CONTRARIO: IL PESO DEL TOMBINO

Per fortuna il GP di Las Vegas è stato archiviato e, sebbene l’agonia è solamente all’inizio, dato che ormai è entrato in calendario e ce lo dovremo sorbire per chissà quanti anni (a tal proposito Liberty Media preferirà eliminare una pista vera europea anziché questo rettangolo smussato con quattro curve), è anche vero che l’appuntamento è rimandato all’anno prossimo, quindi c’è tanto da aspettare. Immediatamente dopo il disastro che il tombino ha creato al nostro Carlos, ho scritto a mezzo social che, caso mai il week end di gara si fosse svolto con regolarità, avrebbero fatto di tutto per far dimenticare l’accaduto, cosa che puntualmente è accaduta. Per i signori di Liberty Media il sottoscritto (e credo lo stesso per tanti altri appassionati come me), non ha nessuna intenzione di dimenticare e a nulla valgono le luci sfavillanti del circuito, condite con i giochi d’acqua del Bellagio, unito a quanto visto in gara, perché quanto successo è inqualificabile. Già è successo in passato che un pilota si portasse via un tombino, nello specifico a Button nel GP di Montecarlo, solo che lì sei nel principato, su strade vere e ci può anche stare che possa succedere. Liberty Media ha speso tempo e denaro per vendere il prodotto Las Vegas ed il fatto che non si sia presentata puntuale all’appuntamento lascia veramente a bocca aperta. Il dramma che chiama vendetta, e che non fa dimenticare, è stato il comportamento adottato dall’organizzatore a seguito dell’accaduto: Sainz dapprima graziato e poi punito nonostante fosse palesemente incolpevole; gli spettatori buttati fuori dal circuito perché nel frattempo si era arrivati alle due di notte (ora locale) e chi di dovere, a Las Vegas, non voleva  pagare gli straordinari di chi avrebbe dovuto assicurare la logistica dell’intero circuito. Già in passato ho criticato aspramente l’organizzatore, definendo il carrozzone F1 un circo, con tutto il rispetto per i circensi e, a ben donde, lo riaffermo dopo quanto accaduto.

Quanto pesa un tombino? Facendo una rapida e superficiale ricerca, in dipendenza delle dimensioni, il peso di un tombino può oscillare dagli undici ai trenta chilogrammi. Non so se il peso della responsabilità che si è assunto Verstappen sia equiparabile o addirittura maggiore, eppure il campione del mondo è stata la scheggia impazzita del weekend, la variabile fuori controllo che non ti aspetti: l’uomo copertina del momento su cui conti, alla fine si è rivelato il maggior (e solo… lo possiamo dire?) critico di questo evento sportivo che di sportivo ha avuto veramente poco, dato che lo stesso sport è stato il contorno a tutto lo scenario. Verstappen, sempre aspramente criticato per i suoi modi di fare fuori e dentro la pista, ha avuto il coraggio di criticare l’intero carrozzone, assumendosi la responsabilità delle conseguenze. Se dovessi fare il bastian contrario, come è mio solito, dovrei dire che Max è ingiusto nello scagliarsi contro chi tanto gli ha dato e continua a dargli in termini di risultati e successi sportivi. Eppure all’olandese gli si deve dare il merito di essere stato coerente con se stesso, in quanto a lui interessa solamente correre e, possibilmente, vincere, fregandosene altamente di tutto il contorno. Ho già letto, e mi spiace dissentire, le critiche che riguardano la sua (presunta) ipocrisia, riferita al fatto che si è vestito con quella tuta bianca, cantando una nota canzone di Elvis, immediatamente dopo aver tagliato il traguardo da vincitore e dicendo sul palco che non vedeva l’ora di ritornarci. Il campione olandese quello che doveva dire lo ha ampiamente detto al giovedì e cioè quando è solo il momento di parlare. Se si crede che egli sul palco avrebbe continuato col suo comizio è da sciocchi, perché persino lui sa bene quando è il momento di fermarsi. Intanto il messaggio è stato lanciato e chi vuole capire capisca, come si suol dire. Del resto per Max, questo “peso del tombino” non lo piega più di tanto per il semplice motivo che quello che voleva lo ha ottenuto e lui è nella posizione, coerentemente con il suo comportamento, di dire più o meno quello che vuole… compreso “di portare i suoi rispetti ai commissari” dopo che il team lo ha avvisato che avrebbe dovuto pagare pegno al primo pit stop rimanendo cinque secondi fermo. Se Liberty Media ha avuto il merito di unire tutti gli appassionati (quelli veri) sulla questione Sprint Race e Las Vegas, la stessa si è spinta oltre, arrivando addirittura a farmi prendere le sue difese… ci vuole metodo in certe cose!

Che poi il campione olandese, in partenza, “l’abbia fatta fuori dal vaso”, come si suol dire, questa è un’altra questione e che il sottoscritto ha già avuto modo di specificarlo dopo il GP del Giappone, dove senza tanti complimenti spostò prima Piastri e poi Norris: Max, che lo si voglia accettare o meno, è stato educato alle corse in questo modo e cioè a non aver pietà dell’avversario, qualunque esso sia. Verstappen sa benissimo che la stragrande maggioranza dei suoi rivali non ha la sua determinazione e giustamente se ne approfitta. Charles LeClerc, dunque, è una fighetta come tanti altri suoi colleghi? No! Charles l’anno scorso, quando ne ha avuto la (breve) possibilità, ha dimostrato all’olandese (e Max sa benissimo che tipo di “animale” sia l’avversario monegasco) di che pasta è fatto e che se si presenta l’occasione non si tira indietro. Domenica scorsa, il campione in pectore Ferrari, ha dimostrato molta intelligenza tattica nel non concludere il GP alla prima curva e, in seguito, ha avuto ragione dell’avversario, dato che lo hanno punito giustamente con una penalità di cinque secondi (sono del parere che la velocità con la quale gliel’hanno comminata  è anche per fargliela pagare per tutte le sue aspre critiche). Purtroppo, mezzo e soprattutto squadra non sono all’altezza degli avversari bibitari ed alla fine è stato il ferrarista a doversi arrendere… a Max e non di certo a Perez. La domanda che mi pongo è se, nel prossimo futuro, sarà all’altezza di fronteggiare il campione olandese, caso mai avesse la possibilità di giocarsi ad armi pari il titolo contro di lui. Perché nel frattempo, da Bahrein 2022, sono arrivati altri due titoli e con loro l’ego e la sicurezza del campione sono aumentate a dismisura, lo stesso ego e sicurezza che lo hanno portato a fare quel gesto eclatante di buttare fuori Charles a seguito del solito start fallato, dovuta ad un sistema di partenza che in Ferrari deve essere necessariamente rivisto e corretto. Ad essere sinceri, allo stato attuale, dubito che il monegasco avrà questa possibilità nel prossimo futuro, eppure sono certo che saprà reggere il peso di questo tombino chiamato responsabilità di vincere. Chi invece inizia a sentire il peso  di tutto quello che ne consegue è il Team Principal Rosso Vasseur, al quale ogni giustificazione è concessa a quanto pare. Quanto accaduto a Carlos (mi riferisco alla retrocessione di dieci posizioni in partenza) è scandaloso e, allo stesso tempo, nemmeno me ne meraviglio. Il peso politico che la Ferrari ha attualmente è pari a zero e prova ne è di cosa ha fatto AMG nella persona di Toto Wolff, il quale si è opposto alla concessione che la Federazione aveva dato ed infatti, guarda caso, dopo qualche ora che era stato avallato il benestare, la stessa torna indietro sui suoi passi. Il secondo posto nei costruttori è attualmente in ballo e Toto vuole salvare l’ennesima disastrosa stagione di zero vittorie: quindi mi chiedo cosa sia successo nel lasso di tempo che intercorre dal benestare al ritornare indietro sui propri passi? Il dubbio è forte. Caro Frederic, è pesante l’onere della corona e, ancor di più, quello del tombino chiamato assunzione di responsabilità nel battere i pugni dove si conviene e non solo a urlare ai microfoni tra un’intervista e l’altra

Vito Quaranta

BASTIAN CONTRARIO: LA RISSA

Il GP del Messico si preannunciava caldo, non tanto per le temperatura dell’aria e quindi della pista, quanto per il pubblico e quindi per i tifosi di Perez. A Liberty Media la “fiesta” sugli spalti e in pista piace tantissimo: folclore, balletti, bimbi in primo piano e tutte quelle frivolezze da dare in pasto al pubblico… quello che sta sul divano soprattutto. Peccato (per Liberty Media) che il pubblico che sta a casa, non è (per fortuna) completamente lobotomizzato e peccato (sempre per l’organizzatore), che, il folclore spacciato per fiesta in salsa tacos, tutto sia stato tranne che intrattenimento gioioso. Di fatto domenica scorsa abbiamo assistito, letteralmente parlando, ad una vera e propria rissa, la quale è iniziata ben prima del gp messicano stesso. Forse, per questi animi esacerbati, dobbiamo ringraziare innanzitutto proprio Red Bull, all’interno della quale vi è ormai da tempo una rissa (anche se si legge lotta di potere) tra Horner che vuole fare definitivamente la scalata, visto che il patron è ormai passato a miglior vita, ed Helmut Marko figura mistica che un giorno i posteri ci diranno, ufficialmente, come risulta nel libro paga dei bibitari, anche se sappiamo tutti qual è la sua funzione. Proprio quest’ultimo settimane fa, con un tempismo perfetto, accese la miccia classificando i piloti di sangue sudamericano. Mai tacere fu più giusto e, invece, “l’eminenza grigia” bibitara di stare zitto proprio non ne vuole sapere e apriti cielo su accuse di razzismo e tutte le terminologie che si concludono con “ismo”, che in questo periodo storico di perbenismo imperante tanto vanno di moda. Al di là del fatto che quanto affermato dal (poco) buon Marko, lascia il tempo che trova (lo farei confrontare tranquillamente con Ayrton a riguardo… purtroppo ahi noi non si può), il fatto è che avrebbe dovuto sapere che affermare certe opinioni (che appunto sono discutibili… opinabili) avrebbe esacerbato gli animi e, considerando la scaltrezza dell’uomo in questione, dubito che non sapesse a cosa si sarebbe andato incontro, quindi Helumt è doppiamente correo. A questo si aggiunga che ormai Perez è stato letteralmente stritolato dal sistema bibitaro e tant’è per arrivare a quanto abbiamo assistito. I tifosi messicani hanno iniziato le rappresaglie, a partire da Austin, fischiando proprio il compagno, ed hanno concluso in maniera coerente e “degna” a casa loro, prima prendendosi letteralmente a mazzate sulle gradinate degli spalti (non ho mai visto in trent’anni di F1 un solo screzio tra tifosi di motor sport, figuriamoci quello spettacolo indecoroso che è andato in 4K HD in diretta sui social) e poi fischiando Charles, il quale, da signore che è, ci ha tenuto a specificare e a giustificarsi che non sapeva dove andare visto che non aveva spazio. Che vergogna e che sconfitta per il nostro sport. Sono del parere che Liberty Media debba riflettere non poco sul modello comunicativo così esasperato che si offre alle masse e, con essa, dovrebbero riflettere anche le varie emittenti private, che hanno i diritti esclusivi di mostrare ciò che noi appassionati vogliamo vedere, con i loro commenti urlati ed isterici sempre alla ricerca del nomignolo da affibbiare a quello e all’altro pilota. Inutile lamentarsi se si educano soprattutto le nuove generazioni a credere che il tifo nel motor sport sia riconducibile a quello calcistico, il quale ha abbondantemente dimostrato quanto sia sbagliato e, appunto, violento. Di certo non è mia intenzione scrivere un  trattato di sociologia su queste righe, sia perché in questa rubrica si parla di F1 e sia perché comunque non ne sono all’altezza, solo che, viva Dio, è giusto gridare una verità che penso tutti dovrebbero dover condividere senza remore e cioè che è quella di tenere lontano il tifo da hooligans fuori dal motor sport e di portare rispetto per i venti piloti che ogni domenica scendono in pista e che, ebbene sì, rischiano anche la vita per farci divertire ed emozionare.

Le uniche risse, sportivamente parlando, di cui veramente vorrei parlare, sono quelle che succedono in pista e lo start del GP di domenica scorsa non ha deluso in tal senso. Sia Ferrari, a partire dai suoi due piloti, che proprio lo stesso Checo, hanno di che riflettere in questa settimana che ci avvicina all’imminente GP carioca. Inaspettatamente Ferrari al sabato (che linearità senza la Sprint Race!), conquista una magistrale prima fila: avere Charles in pole ormai non fa più notizia, sicuro non ci aspettavamo che Carlos potesse andare a fare filotto, blindando le prime due posizioni. Mi chiedo cosa sia passato nei cervelli di Charles&Carlos allo spegnersi dei semafori, o forse mi dovrei chiedere come funziona il software della partenza delle Rosse, visto e considerato che, quando monopolizzi una prima fila, hai il dovere di difenderla con i denti e le unghie. Sia chiaro, senza la rissa accorsa in curva uno, Ferrari comunque non avrebbe vinto, almeno avremmo potuto gestire la prima parte di gara guadagnando più tempo possibile e, forse, aspirare a qualcosa di più di un terzo posto che, diciamoci la verità, calza veramente stretto e il volto di Le Clerc sul podio, parlava chiaro a riguardo. Eppure il monegasco non può che biasimare se stesso per quanto successo perché, conti alla mano, in macchina c’è lui e non gli ingegneri che gli settano il suddetto software. L’errore è stato duplice, perché oltre a cannare la partenza, ci si è permessi di farlo con Verstappen alle spalle, il quale dal canto suo, non ha fatto altro che fare il suo dovere e quindi passare e vincere appena superato indenne curva uno. Ascoltando Pino Allievi, sembra che monsieur “ovviò” Vasseur, abbia sbraitato in pubblica piazza (come Arrivabene insegna… sigh!) contro tutti, richiamando ognuno alle proprie responsabilità… l’ovvio appunto. Sbraitare dicevo, perché forse il TP Rosso inizia a sentire la pressione della squadra (e non siamo nemmeno alla conclusione del suo primo anno!) e, cito testuali parole, “la sedia scricchiolare”. Sia chiaro che qui nessuno sta dicendo che verrà rimosso (anche se in quel di Maranello tutto può essere), solo che si mastica amaro, visto che il francese era stato designato come il messia che doveva far risorgere la Scuderia dalle “macerie che ha trovato”… intanto, grazie a quelle “macerie”, Ferrari, ad oggi, è l’unica scuderia ad aver vinto in questo mondiale a parte Red Bull! Eppure la rissa che attende Vasseur al momento è nulla a confronto di quella che deve affrontare Perez: forse le parole del padre lo hanno caricato troppo, forse l’aria rarefatta del circuito Hermanos Rodriguez gli avrà fatto male, fatto sta che, con quella manovra kamikaze che tutto il mondo ha visto, ha con molta probabilità sugellato la fine della sua carriera in Red Bull: allo stato attuale sarà un autentico miracolo (alla faccia di ciò che ha detto il padre!) se lo rivedremo l’anno prossimo al fianco di Verstappen. Lo stato mentale raggiunto dal pilota messicano è tutto in quella manovra e, quando un pilota di quella esperienza arriva a rotta di collo in quel modo, beh forse è arrivato il momento di fermarsi, quanto meno nel riflettere se è ancora il caso di continuare o cambiare aria (inteso come squadra… ammesso che qualcuno se lo prenda).

Dio ti ringrazio, ci siamo lasciati alle spalle il confine messicano ed è già ora di “torcida”, anche se questa verrà rovinata dal solito format spoiler partenza, chiamato Sprint Race, augurandoci che questo, almeno in pista, ci dia lo spunto per qualche bella rissa sportiva; Verstappen permettendo

 

Vito Quaranta