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VERSTAPPEN VINCE A MONZA. LA SAFETY CAR TORNA PROTAGONISTA.

La matematica non è un’opinione. E la matematica dice che la stagione 2022 per la Ferrari, è stata, fino ad ora, come la 2019. Anno che poteva passare alla storia come un mezzo fallimento, dopo un 2018 nel quale Vettel, ad un certo punto, era il favorito per il titolo.

Ma del 2019 abbiamo un ricordo dolce, grazie al trionfo di Leclerc a Monza. E c’è da pensare che la dirigenza Ferrari contasse, alla vigilia, di ripetere quell’exploit, in un momento della stagione nel quale la F1-75 pare avere perso la straordinaria competitività di inizio stagione, e la squadra avere perso la bussola, con continui pasticci strategici.

La storia insegna che l’aria monzese fa bene alle macchine rosse, e infatti la F1-75 si presenza all’autodromo brianzolo in piena forma, con Leclerc capace di centrare una straordinaria quanto inaspettata pole, davanti a Verstappen che, nel caos delle penalità per cambio di componenti varie ed assortite, si ritrova retrocesso in settima posizione. Pure Sainz, terzo sul campo, si ritrova spedito in fondo alla griglia per cambio completo della Power Unit. 

La Ferrari ha scelto un assetto scarico, al contrario della Red Bull, e con una Mercedes che in rettilineo non va neanche a spingerla, per Charles si spalanca l’opportunità  di mettere un bel po’ di secondi fra sè e il rivale olandese, prima che quest’ultimo riesca a farsi largo e a recuperare, forte di una macchina con un passo gara superiore.

Si spengono i semafori e Leclerc scappa via, solo minimamente impensierito da Russell. Norris rimane quasi fermo, mentre Verstappen guadagna ben 3 posizioni portandosi in quarta posizione, che diventa la terza al termine del primo giro e la seconda al termine del quarto giro.

E così, dopo soli 5 giri di gara, Verstappen si trova a soli due secondi da Leclerc, mentre dal quarto, Ricciardo, in poi, il distacco è già di 8 secondi.

Al giro 9 si ferma Perez, partito anch’egli dal fondo e in difficoltà nel rimontare. Gli viene montata gomma dura, ma il freno anteriore sinistro fuma vistosamente, e delle fiamme escono dalla parte interna del cestello. Per fortuna del messicano, il problema si risolve in pochi giri.

Nel frattempo, Sainz ha rimontato furiosamente dalla diciottesima posizione e al giro 12 è già in quinta posizione. Proprio in quella tornata, Vettel si ferma con il motore rotto, e viene attivata la Virtual Safety Car. La Ferrari fa fermare Leclerc, mentre Verstappen continua. La VSC viene disattivata proprio mentre Charles sta ripartendo, e all’uscita riesce per un niente a rimanere davanti a Ricciardo, che poco dopo viene superato da Sainz, che si porta così in quarta posizione.

La fermata ha fatto teoricamente guadagnare 7 secondi a Leclerc, ma il monegasco dovrà fare molti giri con il set di gomme che ha montato. Con le gomme nuove, il ferrarista recupera qualcosa, ma il ritmo di Verstappen continua ad essere ottimo e costante, pur con gomme soft che hanno già percorso ben 18 giri.

L’olandese si ferma esattamente a metà gara per quella che sarà la sua unica sosta, montando gomme a mescola media. Il suo svantaggio dopo la fermata è di 10 secondi, ma il rivale ferrarista ha gomme che hanno già percorso più di 10 giri. E, infatti, Max inizia a guadagnare 1 secondo al giro.

Al giro 31 si ferma Sainz per montare gomma soft. Lo spagnolo, che al momento della sosta era terzo, si ritrova ottavo alle spalle di Perez e Alonso, che la loro sosta l’hanno già fatta.

Al giro 34 la Ferrari fa fermare un’altra volta Leclerc, per montare la gomma soft. Charles ha a disposizione 18 giri per recuperare 19 secondi, impresa praticamente impossibile. Anche perchè il cronometro dice che il vantaggio di Verstappen inizialmente aumenta, anzichè diminuire.

A 5 giri dalla fine, Ricciardo si ferma in mezzo alla pista, e viene attivata la Safety Car. Verstappen e Leclerc non riescono a fermarsi subito, cosa che invece fanno Russell e Sainz. I primi due si fermano al giro successivo. Ma Max ha una gomma nuova, mentre Charles no.

I giri passano, e la Safety Car non compatta il gruppo, ma, soprattutto, la macchina di Ricciardo non viene spostata. In questo modo la gara non riesce a riprendere, e finisce con Verstappen che coglie la sua undicesima vittoria stagionale, davanti a Leclerc, Russell, Sainz, autore di un’ottima rimonta, Hamilton, Perez, Norris, Gasly, il debuttante De Vries e Zhou.

Ora il calendario prevede una pausa di ben tre settimane, per riprendere in quel di Singapore, dove si ritornerà dopo 3 anni. Chissà che una delle solite gare pazze non consenta di interrompere il dominio dell’accoppiata Verstappen-Red Bull, che sta rendendo questo campionato molto simile a quelli del dominio Mercedes con l’accoppiata Hamilton-Bottas.

P.S. 1 quando in ballo c’era un mondiale per Max, si sono sbrigati a sgombrare la pista e a fare sdoppiare quelli che serviva far sdoppiare. Oggi, invece, se la sono presa comoda. Bastava, come anche ad Abu Dhabi, una bandiera rossa. Venne fatto, qualche anno fa, a Baku, quando mancavano solo 2 giri. I fischi del pubblico sono stati meritati, e la gestione sportiva del carrozzone ha rimediato l’ennesima figura barbina. Cambiano le persone, ma non i metodi.

P.S. 2 complimenti all’organizzazione, che ha chiamato nientepopodimeno che Andrea Bocelli a cantare l’inno italiano, ma poi si è scordata di far alzare il volume del microfono. 

LA STORIA DEL DRAKE PARTE 3-LA NASCITA DELLA FERRARI

Nella seconda puntata della storia di Enzo Ferrari avevamo lasciato la narrazione proprio sul più bello, ovvero la creazione della famosissima Scuderia Ferrari.

“La nascita della Scuderia, il 16 novembre del 1929, è una delle dimostrazioni più concrete delle principali caratteristiche di mio padre: il coraggio e la passione per il mondo delle corse. Nell’anno della prima grande crisi mondiale, lui ebbe il coraggio di dare vita a una squadra che facesse correre i piloti amatori nelle gare automobilistiche dell’epoca perché con loro condivideva il grande amore per il mondo delle competizioni. La sua volontà e il suo decisionismo si esplicano anche nel modo in cui decise e scrisse i punti salienti dello statuto perché lo fece su un tovagliolo in un ristorante insieme all’avvocato Enzo Levi”. 

(Piero Ferrari)

Il 16 novembre 1929, al cospetto del notaio modenese Alberto Della Fontana, venne fondata la Società Anonima Scuderia Ferrari, società sportiva il cui fine era quello di far gareggiare i propri piloti con vetture Alfa Romeo.

Riavvolgiamo un attimo le spire del tempo e torniamo, per un attimo, al momento in cui Enzo Ferrari lasciò il volante per riprendersi dall’esaurimento nervoso.

Enzo, nonostante il periodo non troppo felice che visse, continuò a lavorare e a collaborare con l’Alfa Romeo.

L’Alfa si ritrovò ad avere l’urgenza di dover sviluppare la P1, autovettura nata proprio per le competizioni, e il piano di evoluzione venne orientato, grazie ai suggerimenti di Enzo Ferrari, su Luigi Bazzi, uomo Fiat che diventerà anche uno dei  fedelissimi di Enzo presso la Scuderia del Cavallino. La P1 venne progettata da Giuseppe Merosi, progettista italiano che legò il suo nome interamente all’Alfa Romeo. Della P1 vennero costruiti tre esemplari e alla guida ci saranno i piloti Antonio Ascari con il numero 6, Giuseppe Campari con il numero 12 e Ugo Sivocci con il numero 17.

Per Enzo Antonio Ascari è sempre stato un personaggio audace e generoso in ogni senso.

“Lo considero il mio maestro perchè mi insegnò tante cose”

Mentre di Giuseppe Campari questa era la sua opinione:

“Amava l’automobilismo, il canto e le donne. Sono tre cose importanti ed era molto semplice, con buoni sentimenti anche se appariva rosso. Era dotato di una forza poderosa ed era un pilota di eccezionale bravura. tenace, pieno di ardimento”

L’Alfa Romeo si era posta l’obiettivo di partecipare, con la P1, al Gran Premio d’Italia del 1923, che doveva disputarsi nel famoso Autodromo di Monza. Ma ahimè, il circuito monzese fu teatro di una vera tragedia.

Durante le prove del Gran Premio, l’8 settembre, Sivocci morì uscendo di strada con la propria vettura alla curva del Vialone (oggi curva Ascari).

La P1 di Ugo, in quella circostanza, era sprovvista del quadrifoglio verde, simbolo che aveva debuttato proprio con Sivocci in occasione della Targa Florio dello stesso anno. Per tutti fu una coincidenza talmente simbolica che il numero di gara 17 non venne più conferito alle auto da corsa italiane.

Dopo la morte di Sivocci, l’Alfa Romeo decise di ritirarsi per quella stagione e venne abbandonata anche tutta l’evoluzione della P1.

Si avvertì dunque la necessità di cambiare direzione puntando tutto su un nome nuovo, quello di Vittorio Jano.

Vittorio Jano, di origine ungherese, nato a San Giorgio Canavese, vero nome Victor Janos, classe 1891, fu uno dei veri pochi amici di Ferrari e fu proprio Enzo a strapparlo alla Fiat.

Ferrari andò personalmente in Via San Massimo a Torino, salì al terzo piano, dove abitava Vittorio e si presentò alla moglie Rosina che aprì la porta. Enzo comunicò le sue intenzioni direttamente alla moglie ma queste furono brevemente declinate, tanto che lei rispose: “Dubito che mio marito voglia lasciare Torino”.

E invece, con grande sorpresa, Vittorio accettò con immenso entusiasmo l’offerta di Ferrari a trasferirsi con tutta la famiglia a Milano.

Ferrari, in una bellissima intervista ad Enzo Biagi, parlò così di Vittorio:

“Come vi siete conosciuti e che cosa avete combinato insieme? (Enzo Biagi)

In un modo molto semplice. Quando andai a Torino a casa sua a convincerlo a passare all’Alfa Romeo era molto giovane, ma aveva già la reputazione di grande tecnico. Bussai e venne ad aprirmi la moglie, mi chiese che cosa volevo. Dissi: ” Convincere suo marito a lasciare la Fiat e a venire con me” Lei mi rispose che era troppo legato alla sua terra e che non sarebbe mai andato via. Jano arrivò proprio in quel momento, parlammo, lo convinsi. Lo avevo sentito tanto elogiare, ma i suoi meriti erano anche superiori ai consensi. Abbiamo vissuto tanti anni in comune, lui non aveva mai scordato la sua origine di semplice tornitore alla Scuola Fiat come io non avevo mai dimenticato il periodo che ho trascorso all’Officina Pompieri di Modena quando facevo l’istruttore alla scuola dei tornitori”

Jano divenne non solo uomo Alfa Romeo ma rivestì anche una carica molto importante, infatti dal 1926 al 1937, fu nominato Direttore Tecnico. Di Victor tutti ne hanno riconosciuto  il genio, la dedizione, il tono organizzativo, caratteristiche che si sono plasmate perfettamente all’ambizione, le idee e la passione del Drake, oramai punto di riferimento della squadra.

I due trascorrevano tantissimo tempo insieme, si dice anche intere giornate, condivisero numerosi pranzi e cene dove i temi principali sostanzialmente erano discussioni tecniche, ma fra di loro non c’è solo un rapporto lavorativo ma anche un rapporto di amicizia saldo, unico ed inestimabile.

Enzo, nel mentre, rimessosi completamente dall’esaurimento nervoso, aveva ripreso  la sua carriera da pilota e vinse il 2° Circuito di Modena sempre al volante di un’Alfa Romeo.

Arriviamo al 1929 e a quel giorno tanto amato, il giorno in cui nacque il mito e la leggenda del Cavallino.

La Scuderia a quel tempo partecipava alle competizioni sia con auto, soprattutto Alfa Romeo, che con moto e con il tempo diventerà una filiale tecnico-agonistica dell’Alfa Romeo.

“Cominciai nel 1929. I miei primi compagni in questa impresa furono due commercianti di canapa: i fratelli Caniato di Ferrara e Mario Tadini, specialista in corse in salite. Ne discutemmo una sera a cena, a Bologna, e ci trovammo d’accordo” (Enzo Ferrari)

A causa della crisi mondiale nel 1933 l’Alfa Romeo decise di ritirarsi dalle competizioni, tornando attivamente nel 1937. Enzo invece, due anni prima, precisamente il 9 agosto, appende il casco e i guanti al chiodo correndo sul Circuito delle Tre Province.

Il ritiro dalla vita agonistica avviene perchè i suoi impegni come direttore della Scuderia diventano sempre più intensi e perchè, soprattutto, divenne padre il 19 gennaio 1932 di un bambino che segnerà la sua vita in modo davvero indelebile: Alfredo Ferrari, detto Dino.

Non possiamo raccontare la vita di Ferrari però senza menzionare un incredibile incontro che fece nel periodo in cui era ancora un fervente pilota, stiamo parlando del pilota Tazio Nuvolari.

Enzo conobbe Tazio nel 1924, sul Circuito del Savio, a Ravenna.

Come racconta Enzo:”Il mio primo incontro con Nuvolari risale al 1924. Fu davanti alla basilica di Sant’Apollinare in Classe, sulla strada ravennate, dove avevamo messo i box per il secondo Circuito del Savio. Erano i tempi di Brambilla e Malinverni, di Materassi, di Balestrero, di Weber. Alla partenza, ricordo, non avevo dato troppo credito a quel magrolino, ma durante la corsa mi accorsi che era l’ unico concorrente capace di minacciare la mia marcia. Io ero sull’Alfa 3 litri, lui su una 1500 Chiribiri. E in quest’ordine tagliammo il traguardo. La medesima classifica si ripeté una settimana dopo al Circuito del Polesine. Così diventammo amici.”

Cinque anni dopo Tazio Nuvolari entrò a far parte della Scuderia Ferrari a cui regalò la prima vittoria, nella Trieste-Opicina, con l’Alfa Romeo P2.

Nel 1939 Enzo Ferrari si staccò dall’Alfa Romeo e fondò, presso la vecchia sede della Scuderia Ferrari, l’Auto Avio Costruzioni Ferrari, con l’obiettivo di produrre macchine utensili, in particolare rettifricatrici oleodinamiche.

“Fui licenziato alla fine del 1939 e non richiamato dopo la guerra, quando ancora dovevo cominciare a fare le automobili. Dopo anni, chiesi, un giorno, ad un altissimo dirigente, perchè non si erano ricordati di me ed egli mi rispose con candore ” Caro Ferrari, ce lo siamo chiesto e abbiamo concluso: chi di noi va via per fargli posto?”

Ferrari ancora non poteva costruire automobili, infatti fra Ferrari e l’Alfa c’era una sorta di impegno di non concorrenza, nonostante tutto l’azienda cominciò lo studio e la progettazione di una vettura, totalmente sportiva, una spider 8 cilindri 1500 cc denominata 815, che fu costruita in due esemplari e che partecipò alla Milla Miglia del 1940.

Il cammino di questa nuova azienda venne bruscamente interrotto dallo scoppio della seconda guerra mondiale che interruppe anche tutte le competizioni sportive.

Enzo Ferrari non si diede per vinto e trasformò nell’immediato lo scopo di produzione dell’Auto Avio Costruzione tornando a fabbricare macchine rettificatrici oleodinamiche per cuscinetti a sfera e in un secondo momento la fabbrica fu spostata a Maranello.

Enzo aveva il terrore che i bombardamenti potessero distruggere tutto quello che aveva creato e in effetti fu così. Sebbene avesse trasferito tutto a Maranello nel 1944 lo stabilimento fu completamente raso al suolo.

Solo al termine della guerra l’azienda prese il nome di Ferrari e solo nel 1947 fu costituita in ragione sociale. Enzo non si ferma in chiacchiere, non se lo può permettere e da vità ad un percorso di progettazione di una vettura, chiamata 125 Sport, 12 cilindri, 1500 cc.

Il debutto ufficiale su strada della prima Ferrari della storia fu il 12 marzo dello stesso anno.

A guidare la vettura durante le gare fu Franco Cortese, primo pilota e collaudatore della Ferrari, che debuttò l’11 maggio 1947 sul circuito di Piacenza e che vinse il Gran Premio di Roma due settimane dopo.

Ma perchè Enzo costruisce la Ferrari?

“Venni preso dal desiderio quasi morboso di fare qualcosa per l’auto, di passare dal volante al progetto.”

Ferrari sapeva in cuor suo di non saper essere un capace disegnatore e che aveva poche risorse per i calcoli e si ripropose di convincere i migliori tecnici a sposare i suoi ideali e il suo modo di pensare.

La Scuderia Ferrari nacque in anni difficili, storicamente parlando, ma seppe davvero realizzarsi nell’immediato e anche in Formula 1 l’esperienza sarà positiva già dagli esordi.

Ma questo lo vedremo nel prossimo capitolo!

 

 

Laura Luthien Piras