Spettacolo, regolamenti e noia.

Il campionato è finito, andate in pace. Traducendo, spendete pure i mesi invernali tra cotechini, speranze per l’anno venturo, lamenti sull’anno passato e ciò che più vi pare. Argomento gettonassimo per riempire i vuoti pomeriggi di ferie post-natalizie, i presunti cambi regolamentari che dovrebbero essere applicati per rendere questa F1 più spettacolare, partendo dal presupposto, ovviamente errato, che la F1 debba essere intrinsecamente spettacolare.

Ah, i regolamenti. Un male necessario. Se c’è un leit motif usato ed abusato da qualsiasi pseudo-avanguardia, ovunque e comunque, è che le regole sono fatte per essere infrante. In F1 le regole più che altro sono fatte per essere aggirate. I loophole fanno parte della natura stessa della F1, molto più dello spettacolo di cui sopra. Anzi, proprio del motorsport…sfruttare il loophole è una celebrazione di creatività e di lateral thinking, colpi da maestro, pensiamo alla genesi stessa delle Silberpfeil! (fate finta per un attimo che la storia della W25 e della sua vernice scrostata non sia assolutamente apocrifa e probabilmente infondata). Ma stiamo divagando.

Facciamo dunque un passo indietro, non parliamo di applicazione dei regolamenti, ma della stesura degli stessi, e delle cause della noia che a quanto pare permea ogni appuntamento del calendario. Sempre secondo una vasta fetta del pubblico, la colpa principale dei regolamenti risiede in un’eccessiva limitazione della libertà progettuale dei team, quello che potremmo definire il design space della F1. Assumendo che ci siano due tipi fondamentali di regolamenti, ovvero quelli che ti dicono ciò che puoi fare e quelli che ti dicono ciò che non puoi fare, la F1 ha subito una chiara transizione dal secondo tipo verso il primo tipo. Banalizzando, si è passati da “non si mettono le minigonne” a “il tubo di scarico deve essere di forma circolare, posizionato con la seguente inclinazione, avente le seguente dimensioni” etc etc etc, con norme e numeri da far impallidire le leggi europee sulla corretta cromia dei semi di agave (non ho controllato ma sicuramente esiste). E ciò si riflette effettivamente sulle possibilità concesse durante lo sviluppo.

Il risultato è che, innegabilmente, esiste una qual certa limitazione alla libertà progettuale delle brillanti menti che lavorano in un cuboide attorno a Oxford (o Maranello, che notoriamente è exclave dell’Oxfordshire in Italia). D’altro canto, è palese come i regolamenti attuali non siano così stringenti, altrimenti non si potrebbero spiegare le disparità prestazionali che abbiamo osservato, per esempio, negli ultimi due anni. Inoltre, il fatto che la maggior parte del pubblico non distingua le differenze e le nuances messe in pista dai team non significa che essere non esistano. Il grado di “libertà” è semplicemente commisurato al livello di conoscenze, metodologie e materiali raggiunti negli ultimi anni. Confronti con epoche precedenti sono, come sempre, completamente fuori luogo, soprattutto se non parametrizzati rispetto alle condizioni tecnologiche.

Continuiamo però, come esercizio di pensiero, ad immedesimarci nel pubblico medio e nelle sue richieste. Nell’immaginario collettivo le regole sono restrittive. E la F1 non è spettacolare. Aggiungeteci che (sempre nel suddetto immaginario) “l’aerodinamica è troppo importante”, e avete i vostri capri espiatori. Indi, basterebbe avere regolamenti più liberi, “limitare l’aerodinamica” ed ecco, l’uovo di Colombo, la F1 ritrova spettacolarità, seguito, sponsor, soldi. Perché non lo fanno allora?

Intanto bisogna chiarire il concetto di libertà, e non è per nulla facile. Cosa voglia dire fare un regolamento libero non è chiaro a nessuno. Libero ed equo, poi, ancora peggio. Sono necessari (ovviamente) dei punti fissi, ma dove? Si fissa il numero dei cilindri? La cilindrata? Il quantitativo di carburante? Ma quale carburante?  Una linea va tracciata da qualche parte, questo è certo. Dove e come, è questione di gusti, qualcuno potrebbe obiettare che il regolamento sia già troppo libero così, come abbiamo già visto. Ma in sé e per sé, anelare (e belare) verso una F1 “più libera”, non ha ontologicamente senso. Servirebbero proposte chiare, serie e circostanziate.

D’altro canto, la maledetta aerodinamica. C’è chi vorrebbe correre con le minigonne e le ventole, chi eliminarla del tutto. Quest’ultima è un’idea meravigliosa, corriamo nel vuoto così ne facciamo a meno. I primi, chiaramente, farebbero meglio a rivedersi qualche incidente degli ultimi anni e capire che non si gioca con i diffusori e l’effetto suolo. No, aerodinamicamente parlando il regolamento ha bisogno di un finissimo bilanciamento, e ora come ora è scritto in maniera decente, peggiorarlo è molto più facile che migliorarlo.

Assumiamo comunque, in pura teoria, che tale regolamento “libero” sia invero scritto, e non porti a conseguenze pericolose. Molto probabilmente le schiere di ingegneri individuerebbero abbastanza facilmente una configurazione “ottimale” a cui tenderebbero più o meno tutti i team, annullando in pratica l’esistenza della tanto invocata libertà. Un altro possibile scenario sarebbe simile al 2009: l’individuazione di un particolare loophole (DDD) permetterebbe ad un team di dominare per un periodo variabile, in attesa che le altre squadre copino questa situazione, riportandoci direttamente al primo caso. Ovvero, il regolamento miracoloso non ha portato vantaggi. Evidentemente, questa non è la via da percorrere per spettacolarizzare il giochino.

Sembrerebbe dunque che il problema della noia sia difficilmente risolvibile. Essenzialmente, dobbiamo considerare l’età e la maturità della F1. Gli sviluppi tecnologici degli ultimi anni ci hanno portato ad una situazione in cui le prestazioni tendono ad essere funzione diretta degli investimenti (scrivo “tendono” perché esiste la Honda), dove l’alzata d’ingegno del singolo è sostituta da un impegno frenetico, corale e perfettamente coordinato, non per questo meno degno di lode o ammirazione. La “noia”, in un team di F1, non ha spazio per esistere. Perché questo non traspare?

Perché il “tifoso medio” non vuole farla trasparire, è troppo faticoso. Alla maggior parte del pubblico fondamentalmente non interessa lo sviluppo tecnologico, la fatica, il lavoro, le finezze progettuali, le strategie calibrate perfettamente, i lunghi lavori di test. Ma il punto nodale, le fondamenta della F1 e del motorsport stesso sono qui. Chi valuta la F1 solo sul numero di sorpassi, incidenti e vittorie della propria squadra non merita di imporre cambiamenti la F1. Se la F1 deve trasformarsi in un circo, in uno spettacolo non dissimile dal wrestling, giusto per appagare le folle, meglio una degna sepoltura.

Invece di cambiare la F1, bisognerebbe cercare di cambiare la pletora dei “tifosi medi”, portarli ad apprezzare l’incredibile impegno che deve essere profuso per portare in pista anche solo una Manor, figuratevi un’auto che vince un mondiale. Sarebbe utile mostrare il dietro le quinte, il lavoro, la dedizione di tutti coloro che lavorano guidati da una passione che, quella si, è immutata da sempre, il fattore X del motorsport. La F1 non è noiosa.

E se apprezzare è troppo faticoso, tornate a guardare qualcos’altro.