GRAZIE PER QUESTI 20 ANNI, KIMI.

Kimi Matias Raikkonen si ritira dalla Formula Uno.

E adesso come lo riempio sto foglio bianco?

Era nell’aria da tempo, è vero. Ma quando la notizia ufficiale arriva il colpo uno lo accusa…eccome se lo accusa.

Un amico ieri mi ha scritto in privato “mi deve un fegato”. Un altro ha ribattuto che un fegato lo deve anche a se stesso… Verissimo, perché con una testa differente le vittorie sarebbero state ben altre. Ma non sarebbe stato il Kimi che conosciamo, quello che appiedato dai rossi rispondeva che non gliene fregava un’accidenti di vincere un altro mondiale tanto non gli avrebbe cambiato la vita. Al solito aveva ragione lui, uno che si è permesso il lusso di correre per piacere di farlo e non con l’ossessione di farne una ragione di vita. Uno che ha capito che le corse sono pur sempre un “di cui” della vita stessa.

Se la McLaren non si fosse rotta ogni due per tre in quegli anni. Se la dirigenza rossa avesse avuto la lungimiranza (non ci andava tanto) di puntare su di lui nei due periodi rossi. Se bla bla bla.

A che serve guardare indietro se tanto il passato non lo puoi cambiare? Va bene così, risponderebbe Kimi: non perdiamoci tempo.

Quel ragazzo schivo aveva capito tutto sin dall’inizio e ne ha tratto giovamento. Non si è fatto cambiare da quel mondo, dai soldi, dal successo che è riuscito ad ottenere. E’ rimasto se stesso a dispetto di tutto e tutti diventando un personaggio unico ed inimitabile senza volerlo diventare.

Un personaggio poco attraente per i media, secondo quel presidente Ferrari che lo appiedò nel 2009 con tanto di contratto ancora in corso. Per rincorrere quella chimera che lo stesso gli aveva regalato due anni prima e che, ironia del destino, non si è mai più fatta acchiappare da allora.

Oggi non è tempo di rimpianti, oggi è tempo comunque di gioia. Perché? Kimi si ritira, che dici?

Per chi scrive lo è, nonostante ne sentirà la mancanza sulle piste del Mondiale. Lo è perché confesso di aver stimato e tifato molti piloti in tutti questi anni (oltre 40) che vivo questa passionaccia per il Motorport. Ma ne ho amati davvero molto pochi. Avevo smesso negli anni 80 dopo aver perso per strada nell’ordine Gilles, Stefan ed Henri. Troppo forte il dispiacere di doverli piangere, al punto di essere riuscito a non affezionarmi più a nessuno fino a quel 2001.

Come si spiega questo ritrovato affetto dopo tanti anni? Non me lo spiego e manco ci penso di farlo. Fu una sorta di folgorazione dal suo primo Gp. Tanta era la curiosità di vedere un pischellino senza storia alle prese con una F1. E lui la ripagò con i punti al debutto (sesto eh, non decimultimo come oggi). Da quel giorno fu un crescendo di gioie e di dolori.

La prima incazzatura la presi quando Ron (testa d’uovo cit) se lo portò in casa senza che in Ferrari battessero ciglio seppur avessero un legame stretto con Sauber già ai tempi.

Ce ne sono altre di incazzature, ma le gioie sono state talmente grandi da farle passare in secondo piano.

Al Ring con la Mecca non riuscì nemmeno a fiatare… non ci credevo. Semplicemente mi pareva impossibile che una gara (e forse anche un mondiale) si potesse perdere a quel modo. Però mi tenni le imprecazioni di scorta per quel Montreal in cui Luigino riuscì ad abbracciarselo da dietro in pit lane… Che poi imprecai anche contro di lui per la flemma mostrata mentre indicava il semaforo al giovincello…

Le gioie di cui ho goduto hanno un intensità enorme.

La prima vittoria in Malesia. Il giorno di Suzuka in cui decise di diventare un iradiddio. Il debutto rosso a Melboune quando spianò l’intera griglia per tutto il weekend.

Interlagos 2007 ha lo stesso livello di intensità dei mondiali di calcio dell’82. Come puoi pensare di vincere con quello svantaggio? Ci provi e basta, esattamente come fecero gli azzurri finiti del girone di ferro con Brasile ed Argentina. Perché quando è il tuo momento è il tuo momento, non ci sono discussioni.

Abu Dhabi 2012 mi costò un tatuaggio promesso se mai fosse tornato in F1 a far vedere che la classe non è acqua.

Austin 2018 mi fece vedere il fondo della bottiglia di Talisker Dark Storm portata direttamente quell’estate dalla Scozia…insomma una serata simile a quella regalata dallo stesso al Galà Fia di fine anno.

Kimi è stato un maestro.

Sono pronto a scommettere che continueremo ancora  a parlare di lui. Non ci credo che gli basterà tenere le mani solo su Minttu senza ogni tanto stringere un volante. Penso e spero che lo potremo rivedere a bordo di qualche Hypercar del Wec. Perché se è vero che il tempo gli ha tolto quella velocità pura che in certi momenti è stata inarrivabile per tutti, è anche vero che non gli ha tolto la visione di gara e la capacità di gestirsi che ne completava la classe sin da ragazzino.

Ho detto tutto e niente. Volevo dire qualcosa e non credo di esserci riuscito. Finisce un era della F1? No, la F1 ha cambiato era tempo fa, ed un dinosauro come Kimi ci ricordava i tempi che furono.

Perdonatemi ma non riesco ad andare oltre.

Continuate sotto voi se volete.

 

PS:Potrei riscriverlo 100 volte e non ne sarei mai soddisfatto. Di fronte agli addii anche l’Ice si scioglie.

IL KIMI BAMBINO

(immagine tratta dal sito bandiera a scacchi)

 

IL KIMI PIU’ DEVASTANTE

(immagine tratta da motorbox)

(immagine tratta da pinterest)

(immagine tratta dal sito new atlas)

IL KIMI PIU’ SFIGATO

(immagine tratta da twitter)

IL KIMI PIU’ COMPLETO

(immagine tratta da motorsport)

(immagine tratta da eurosport)

IL KIMI PIU’ SPENSIERATO

(immagine tratta dal sito rallyssimo)

IL KIMI CHE SI DIVERTIVA

(immagine tratta mow)

(immagine tratta dal sito F1 sport)

IL KIMI MATURO

(immagine tratta da sportmediaset)

(immagine tratta da stellantis)

(immagine tratta dal sito automoto)

 

(immagine di copertina tratta dal web)

BASTIAN CONTRARIO: LA PIOGGIA DI LIKE

Parto in quarta nel “Bastian contrario” di questa settimana, perché tanta è la delusione, tanta è la rabbia ed il rammarico che il GP del Belgio ha lasciato sul palato degli appassionati. Parlo di appassionati e non di tifosi di proposito, perché i primi sono stati i protagonisti ed i veri eroi del weekend. I secondi, invece, soprattutto quelli social, hanno dato il meglio di sè, perché ciò che conta è il consenso… come se piovesse; perché non basta l’acqua che scende dal cielo belga a cui badare, pure della pioggia di like ci siamo dovuti preoccupare. Lascio a persone molto più esperte di me il compito di commentare gli eventuali aspetti tecnico – regolamentari di questo nefasto e plumbeo GP. Da parte mia preferisco rivolgere le mie attenzioni al grande pubblico che si è avvicinato alla F1 e che da una tastiera virtuale (quando ha vinto l’ultimo mondiale la Ferrari, la tastiera del cellulare ancora si toccava!) elargisce giudizi e condanna senza posa (anche il sottoscritto naturalmente) chiunque osi contraddire il pensiero perbenista, a senso unico e politically correct del “safe”, a qualunque costo.

Di sicuro, tra le righe di questa rubrica, mai leggerete censure e proposte di bannare dai social coloro i quali odiano ad oltranza. Il compianto Umberto Eco era assolutamente contrario e classista a riguardo. Diceva che i social hanno dato voce anche agli idioti da bar. Vero! Eppure la libertà viene oltre ogni cosa e quella di espressione non è da meno. Perché cosi come un uomo (e donna) qualunque è libero di dire ciò che meglio crede, allo stesso modo i tanti uomini e donne, che stanno dalla parte opposta, hanno la libertà di scegliere se leggere o meno quei commenti. Divago? Non credo, in quanto “il volgo digitale”, disprezzato da Eco, è una realtà forte in ogni ambito e la F1 non è esente da tutto questo.

I tanti tifosi, assiepati dietro le loro tastiere (gli appassionati, quelli veri, erano all’addiaccio a sperare che succedesse il miracolo), erano in fremito e, allo stesso tempo, freddi come cecchini, pronti a sparare su chiunque avesse osato dire “fateli correre”. Come si è arrivati a tutto questo? Com’è possibile che nello sport che è uno dei più pericolosi al mondo e, nel contempo, la falange che lo ha sempre seguito, che è sempre stata la più rispettosa, sia dei piloti (che rischiano la vita in pista) che tra loro stessi (tanto da vederli uno addosso all’altro sulle stesse gradinate, indipendentemente dai colori che seguono), si è potuta ridurre in questo stato? Ebbene, anche se odio ammetterlo, la prima responsabile in tutto questo è proprio la nostra F1 la quale se da un lato dopo la morte di Ayrton Senna ha elevato gli standard di sicurezza, nel contempo ha contribuito ad educare le masse allo “stay safety” a trecento sessanta gradi e ad oltranza. Nessuno e ripeto nessuno vuole vedere cadaveri sparsi sulla pista tra lamiere contorte eppure il nostro amato sport non sarà mai sicuro al cento per cento. Nonostante questo, il “sistema F1” ha educato i tanti tifosi, che si sono affacciati a questo sport, che la sicurezza è cosi importante che deve addirittura snaturare lo stesso sport, che per antonomasia e per definizione è rischioso. Unito a questo metodo educativo, vi è da aggiungere la scelleratezza della eliminazione dei test in pista (non ditemi che quattro giorni di prove in pista siano sufficienti) a favore di milionari simulatori, i cui software, per quanto sofisticati, non potranno mai sostituire la realtà del circuito. Si prenda Lando Norris: il ragazzo al sabato era “in tiro forte” e con molta probabilità avrebbe anche centrato la pole (la prima fila era ampiamente alla sua portata), tanto che spingeva come se non ci fosse un domani. Proprio questo spingere lo ha ingannato, portandolo rovinosamente tra le barriere del circuito belga. Questi piloti, purtroppo  (a differenza dei loro colleghi del passato), non avendo l’opportunità di girare, hanno una sensibilità che di sicuro non è comparabile agli uomini che li hanno preceduti e, nel contempo, hanno una percezione del pericolo totalmente diversa. Naturalmente mi riferisco alle condizioni estreme che abbiamo visto proprio in questo ultimo weekend di gara e che nel passato sarebbero state considerate routine, (alla condotta delle gestione e alla particolare situazione meteo ci arriviamo dopo).

Questo atteggiamento, da parte della federazione, reiterato nel tempo, ha portato dall’altra parte (della barricata); un atteggiamento ostile nell’approcciare a condizioni del genere. Ed infatti è stato un delirio di “speriamo che non si facciano male”, “interrompete le qualifiche”, “tu vuoi i morti in pista!” (sì, mi è stato detto anche questo) e dulcis in fundo, ad incidente di Norris appena accaduto, arriva Vettel (a sincerarsi delle condizioni del collega  e ad invocare bandiere rosse prima, condizionando non poco l’operato di Masi il giorno seguente), che con il suo atteggiamento ha contribuito non poco ad educare questa orda di leoni da tastiera, che tanto tengono alla salvezza del singolo. Le stesse orde che poi si sono scatenate alla domenica, perché lo spettacolo gli è stato negato da quella stessa “madre”, che li ha educati a credere alla sicurezza ad oltranza ed al perbenismo da social acchiappa like a pioggia . Ho citato Vettel perché lui si è reso protagonista di quell’episodio al sabato, eppure, tutti i piloti si sono stati responsabili di quanto accaduto domenica. Come mai non hanno fatto sentire la loro voce a riguardo? Come mai i più anziani ed esperti non sono andati da Masi? Per quale motivo al sabato lo stesso Vettel invocava la sospensione della sessione di qualifiche e poi il giorno dopo, con condizioni ben peggiori, si ostinava a rimanere in auto, quando ormai si era capito che avrebbero sospeso tutto?

Nel frattempo la pioggia scendeva copiosa su SPA e con essa anche il buio. La disastrosa condotta di gestione della gara iniziava ad assomigliare sempre più a quella che abbiamo visto a Suzuka 2014. Alla fine ha prevalso il buon senso, anche se è stato applicato nel modo più scellerato possibile: le condizioni di gara che abbiamo visto domenica scorsa erano proibitive e questo è innegabile. Solo, io mi chiedo come sia stato possibile accettare il fatto di compiere quei tre giri dietro la safety car esclusivamente per rendere valida l’assegnazione del cinquanta per cento dei punti, quando tutto il circo (ormai è una costante questa parola su questa rubrica), se ne sarebbe potuto uscire in maniera pulita, facendo girare tutti i piloti alle quindici, anziché alle diciotto passate, dietro Bernd Maylander. In questo modo, tutto il mondo si sarebbe reso conto che le condizioni erano improbe e tutti se ne sarebbero fatti una ragione. Purtroppo di ragionare non ne ha voluto sapere nè il mondo della F1, rispettando il protocollo con quella farsa del festeggiamento sul podio (Russell rispecchia tutta l’educazione di questa nuova “generazione simulatore”) nè tanto meno i tifosi da tastiera, i quali si sono scagliati contro l’assegnazione del punteggio: che piaccia o meno, il GP (per regolamento) con quei giri, è stato validato, cosi come lo si voglia o no, le qualifiche sono state disputate, quindi ha ragione Brawn quando dice “che è giusto premiare il coraggio dei piloti visti sabato”. Tanto si sa, qualunque fosse stata la scelta, bisognava scontentare qualcuno e, ad essere sincero, forse, l’aver deciso in favore di ciò è stata l’unica cosa sensata che la FIA ha fatto domenica. Con buona pace di Hamilton che avrebbe potuto parlare e far valere il suo carisma durante quello stillicidio (facile farlo dopo) e dei tanti incontentabili tifosi, i quali, non paghi di quella situazione meteo, hanno detto e fatto di tutto per continuare a vedere quella incessante pioggia di like  di cui tanto hanno bisogno.

Vito Quaranta

VERSTAPPEN VINCE LA FARSA DELLE ARDENNE

Si torna a correre dopo 4 settimane di pausa. E il meteo riserva uno dei week-end più da lupi che si sia mai visto nella storia della Formula 1. Lo fa nel posto meno indicato, e cioè la cosiddetta università della F1, Spa Francorchamps. 

Che sarebbe stata durissima lo si è capito già il venerdì, con un botto incredibile all’Eau Rouge nella WSeries, e il sabato, con Norris che ha distrutto la sua McLaren nello stesso punto durante il Q3.

Ma le avverse condizioni meteo, il sabato, non hanno impedito la disputa delle qualifiche, e così Verstappen conquista una fantastica pole davanti ad un fantasmagorico Russel, e al grande rivale per il titolo, Hamilton.

La domenica il tempo è, se possibile, ancora peggiore. Piove forte, ci sono vento e nuvole basse.

Perez onora subito il rinnovo del contratto per il 2022 piantando la sua RB16B a muro durante l’ultimo dei giri di allineamento. 

Nonostante sia evidente che non ci siano le condizioni per correre, la procedura di partenza va avanti regolarmente fino al momento in cui, teoricamente, dovrebbe iniziare il giro di formazione. e, solo in quel momento, viene dato l’annuncio del rinvio della partenza. Che viene data dopo 25 minuti di inutile attesa, perchè quando le auto si muovono la pioggia è pure aumentata, e le nuvole si sono ulteriormente abbassate. E, infatti, tutti i piloti si lamentano delle condizioni inaccettabili. Tutti tranne Verstappen, ovviamente. Dopo due giri, le macchine vengono nuovamente fermate, facendole rientrare in pit-lane.

Passano 3 ore, e la pioggia rallenta solo attorno alle 18. La direzione gara, in deroga al regolamento secondo il quale non si sarebbe potuti andare oltre le 18, decide che alle 18.17 si può finalmente ripartire, per una gara la cui durata è stata fissata in un’ora e che, quindi, attribuirà solo metà punteggio.

Questo ritardo dà modo a Perez di partecipare, partendo per ultimo.

Ovviamente le condizioni non sono migliorate, i piloti protestano vivacemente (ma i loro team radio non vengono mandati in onda), e dopo 10 minuti esce la bandiera rossa. Ma il cronometro continua a correre, e scaduti i 60 minuti la gara verrà decretata conclusa e, soprattutto, valida, perchè sono stati compiuti i due giri minimi necessari. Ma Michael Masi decide di porre fine alla farsa senza aspettare.

E’ stata solo una passerella, nemmeno sufficiente per allietare il pubblico che si è sorbito una giornata al freddo in mezzo al fango. Ma, in questo modo, la gara è valida, con Verstappen che vince davanti a Russell, che così si prende in omaggio quel podio che la sfortuna (?) gli aveva tolto in Bahrain lo scorso anno. Al terzo posto Hamilton.

Il resto della classifica è quella delle qualifiche, a parte Perez. Non vale nemmeno la pena parlarne.

Sarebbe stato più logico annullare tutto. Ma in F1 non è mai successo, la domenica. E, probabilmente, questo avrebbe comportato conseguenze di vario tipo, commerciale e legale. Quindi bisogna prendere atto di quella che è a tutti gli effetti una pagliacciata, almeno da un punto di vista sportivo.

Ora si va in Olanda, sul circuito di Zandvoort, dove la Formula 1 torna dopo 36 anni. Anche se in un modo anomalo, Verstappen ha chiuso un periodo nero, ritornando alla vittoria. E c’è da credere che in casa sua vorrà dominare. 

P.S. 1 giusto per completare la pagliacciata, il contagiri ufficiale sul sito della Formula 1 dice che è stato completato 1 solo giro valido, e che i punti assegnati sono zero. Sarebbe interessante capire dal buon Michael Masi come viene effettuato il conteggio, e quale articolo del regolamento ha applicato, sempre che anche su questo non abbia agito in deroga.

P.S. 2 al di là dei modi, e delle meritate critiche alla direzione gara per come ha gestito la situazione, è stato un bene che le macchine non abbiano corso. Abbiamo già avuto un esempio sette anni fa di cosa vuol dire correre quando non ci sono le condizioni. E, oggi, le condizioni non c’erano.

* immagine in evidenza dal profilo twitter @redbullracing

IL PRINCIPE SOLITARIO – SILVERSTONE POST GP

Oggi è storia.

Parleremo dopo del GP, adesso voglio soffermarmi su Aprilia ed al Pilota che ha regalato il primo podio nella storia della casa di Noale nell'era MotoGP. Sudore, fatica, momenti bui e tante critiche (anche da parte di chi scrive) e mille dubbi sul Pilota che ancora non aveva espresso il massimo con la RS-GP. Mancava sempre qualcosa sul finale, ma oggi Aleix Espargaró ha portato la RS-GP sul podio di un tracciato leggendario come Silverstone. Oggi è storia amici miei, rimarrà negli annali. Troppo facile chiedere scusa adesso, ma lo farò lo stesso. Scusa Aleix e complimenti.

Primo podio storico per Aprilia nell’era MotoGP. Immagine MotoGP.com

In gara non c’è trippa per gatti. Quartararo recita la parte del macellaio e li trita tutti quanti. Uno ad uno, a cominciare dal Campione del Mondo in carica, Joan Mir, che nella giornata di ieri aveva avuto parole molto “interpretabili” su Quartararo.

Immagine eloquente. Pericolo… Fonte MotoGP.com

“Tutti gli altri stiamo andando piano per qualcosa, la pista non è perfetta. I tempi sono più alti del 2019 e soltanto lui va forte” J.Mir

Domanda… Cosa è cambiato dal 2019 ad oggi⁉️ Ve lo dico io, la carcassa Michelin. Joan Mir ha lanciato il sasso tirando indietro la mano. Ma la pista parla sempre ed anche oggi lo ha fatto. Lui è arrivato un eternità dietro il compagno di team Alex Rins mentre Fabio ha risposto in pista.

Giornata nera per tanti.

Silverstone è stata indigesta per tanti Piloti ad iniziare da Marc Marquez. Un Marquez ritrovato, che va forte in prova segno che il braccio non è più un problema. Cade sempre più spesso e sempre più forte, la mancanza di fiducia in questa Honda lo sta condizionando non poco. Non è una bestemmia dire che il problema di Marc è l’approccio alla gara più che la condizione fisica, sembra di rivedere il Marc della prima parte del 2015…

Un erroraccio mette fine alla sua gara ed a quella dell’incolpevole Jorge Martin.

Bagnaia e Rossi in qualifica. Immagine MotoGP.com

Un’altra giornata nera per Pecco Bagnaia. Sono un suo grande estimatore ma ciò non compromette la mia capacità di giudizio. Sembra il nipotino che accompagna il nonnetto a prender la pensione all’ufficio postale. In ogni maledetto turno di prove, ogni sessione ed ogni Run si tira dietro Valentino Rossi.  Ottimo in prova ma gara assolutamente da dimenticare, sicuramente come “Mamma Academy” insegna avrà una scusa anche per oggi…

Fossi nel management Ducati inizierei a pormi qualche domanda, perché non è normale che un Pilota Factory si tiri dietro un Pilota di una casa rivale…

Non tutto è da buttare.

Dopo la “Pole” l’alfiere HRC “Pol” regala una bellissima gara al team Repsol, certo non è una vittoria o un podio ma lo è per lui, soprattutto vedendo l’altro lato del box e la rivalità acerrima che c’è tra loro. Che sia la fine di un incubo? No, per me Silverstone è un tracciato particolare, mi auguro di sbagliare.

Jack Miller ha sfiorato il podio, qui a Silverstone con la Ducati non è mai una certezza però lui è arrivato vicinissimo. Ma quello che mi fa pensare di più è la prestazione di Iker Lecuona. Ha fatto in ottima gara e ribadisco che paga il fatto di essere l’ennesimo Spagnolo, qualora non trovi posto in MotoGP il prossimo anno. Il Team clienti Yamaha ha scelto di puntare su Dovizioso (ci sarà da ridere parecchio se dovesse fare flop…) mentre a me sarebbe piaciuto vedere sulla M1 un talentino come Iker che ha fame e voglia di “arrivare”, tenuto conto che è il più giovane in pista.

Alex Marquez. Immagine MotoGP.com

Gioia anche per Alex Marquez che in condizioni di grip “minore” riesce a guidare meglio di quello che ci ha fatto vedere finora. Chiude al 7° posto battagliando sia con Bagnaia che con Mir, dando un segnale forte. “Io ci sono ma ho la moto sbagliata” sembra gridare. Mi piacerebbe vederlo su un’altra moto, sicuramente dal 2023 saremo accontentati.

In chiusura…

Cal Crutchlow, Pilota del Test Team, in sostituzione di Vinales. Immagine MotoGP.com

Cal Crutchlow ha sostituito, per questo GP, Maverick Vinales nel Team Factory. Ha chiuso fuori dalla zona punti, il problema e l’imbarazzo per qualcuno è che ha chiuso davanti a Valentino Rossi. Crutchlow è un Pilota del Test Team…

https://twitter.com/FranckyHawk29/status/1431954427955515401?s=19

Mondiale “Capitolo chiuso”⁉️

Ni. Può perderlo soltanto staccando la spina il buon Fabio, che però ha una fame tale che potrebbe vincerle tutte. In classifica Mondiale allunga e se ne va…. La lotta è per il “primo dei perdenti come dice Ago”.

Classifica Mondiale MotoGP. Immagine MotoGP.com

 

✍️ Francky

 

 

Life is racing, all the rest is waiting