F2 MONTECARLO 2023 – AND THEN THERE WERE THREE (MAYBE)

Anche per la Formula 2 il weekend di Montecarlo è uno dei più attesi e affascinanti di tutta la stagione. Le ultime edizioni sono state a loro modo memorabili: nel 2021 Theo Pourchaire (ART) si è presentato al mondo con pole e vittoria a soli 17 anni, mentre l’anno scorso Felipe Drugovich blindò la sua leadership in classifica, anche lui con pole e vittoria. L’edizione di quest’anno a suo modo rappresenta uno spartiacque nella stagione, ma procediamo con ordine.

Prove Libere

Come ampiamente previsto, le prove libere sono state ricche di interruzioni. Alla fine sono svettati Ayumu Iwasa (DAMS) e Victor Martins (ART), separati da appena 46 millesimi, seguiti da Richard Verschoor (VAR) a un decimo. Più attardati Frederick Vesti (Prema) e Theo Pourchaire (ART), ai margini della top ten.

Tra gli incidentati va segnalato Olivier Bearman, il dominatore del fine settimana di Baku. Il rookie inglese va a sbattere all’inizio e finisce per saltare tutta la sessione. Non l’ideale per un pilota che non aveva mai corso su questo tracciato.

Qualifiche

Anche nella serie cadetta le qualifiche sono fondamentali. A causa della natura stretta e tortuosa del tracciato, le qualifiche sono separate in due tranche. Metà dei piloti disputerà le qualifiche nel Gruppo A, l’altra metà nel Gruppo B. Un gruppo stabilirà le posizioni nelle caselle pari dello schieramento, l’altro nelle dispari. Il pilota più veloce in assoluto partirà dalla pole (e stabilirà anche chi partirà dalle posizioni pari e chi dalle dispari).

Come l’anno scorso, le qualifiche sono cadenzate dalle bandiere rosse.

Nel gruppo A si assiste alla lotta tra Kush Maini (Campos) e Jack Doohan (Virtuosi) prima che la sessione venisse interrotta a causa dell’incidente di Arthur Leclerc (DAMS). Alla ripresa Maini non riesce a confermarsi a causa del traffico trovato nel proprio giro, mentre Doohan riesce a issarsi alla testa del Gruppo A, prima di venir scalzato da Victor Martins (ART). Jehan Daruvala (MP) va a muro nei secondi finali e cristallizza la classifica.

Il Gruppo B ha una sessione appena più lineare. Dopo un transitorio iniziale la lotta si restringe tra Frederik Vesti (Prema) e Theo Pourchaire (ART). Il giovane talento di casa Mercedes è riuscito a superare Pourchaire di appena 52 millesimi, e il suo tempo di 1:21:053 risulta anche il più basso in assoluto, cosa che gli assicura la pole position. Dopo una serie di weekend in cui era stato messo in ombra dal suo teammate, finalmente il danese della Prema si conferma e rilancia le sue quotazioni in ottica campionato.

Denis Hauger (MP) era in realtà in netto miglioramento nel giro finale, ma la bandiera rossa, esposta dopo che Clement Novalak (Trident) ha assaggiato le barriere del Portier, gli nega la possibilità di migliorare e lo condanna alla nona posizione nel Gruppo B, 17° in generale. Il campionato di Hauger sta prendendo una brutta piega.

Sommando quindi i risultati dei due gruppi, la prima fila vedrà Vesti e Martins davanti a Pourchaire e Doohan, mentre Zane Maloney (Carlin) e Doohan costituiscono la terza fila.

Oltre al già citato Hauger, deludono anche Ayumu Iwasa (DAMS), Olivier Bearman (Prema) e Arthur Leclerc (DAMS), in teoria tutti pretendenti al titolo. Iwasa ha dovuto lottare per tutta la sessione con lo sterzo storto, danneggiato dopo un contatto con le barriere interne della Nouvelle Chicane ma alla fine è riuscito a rimediare il 9° posto, che lo mette in condizione di conseguire un buon piazzamento in gara-1. Bearman ha invece pagato l’incidente che gli ha impedito di disputare le FP ed è solo sedicesimo, ben lontano anche dalla zona della reverse grid. Peggio ancora è andata a Leclerc, che con il botto di inizio sessione ha concluso davanti solo a Roman Stanek (Trident), che però ha scontato una penalità di 3 posizioni per aver causato un incidente nelle prove libere.

Sprint Race
MONTE-CARLO, MONACO – MAY 25: Spectators watch on as a reflection of Enzo Fittipaldi of Brazil and Rodin Carlin (4) driving on track is seen in a windowduring practice ahead of Round 6:Monte Carlo of the Formula 2 Championship at Circuit de Monaco on May 25, 2023 in Monte-Carlo, Monaco. (Photo by Bryn Lennon – Formula 1/Formula Motorsport Limited via Getty Images)

L’inversione della griglia arride a Isaak Hadjar (Hitech), che partirà dalla pole, e a Iwasa, che si ritrova secondo. In seconda fila troviamo invece Daruvala e Jak Crawford sull’altra Hitech.

La Sprint Race è sonnacchiosa e vede le emozioni concentrate nei primi giri. Se l’avvio in sé è regolare, un lungo di Clement Novalak alla Nouvelle Chicane manda in testacoda Maini, che a sua volta causa un ingorgo alle sue spalle.

Nissany e Boschung si devono ritirare, mentre Hauger, Leclerc jr e Novalak vanno ai box per le riparazioni. Il ritardo viene subito appianato dalla SC, necessaria per permettere il recupero delle vetture incidentate.

Al sesto giro la gara riprende nella sua valenza agonistica ed ecco subito il secondo colpo di scena: Hadjar, leader della corsa, perde potenza già sul rettilineo dei box e viene presto sfilato dal resto del gruppo. Immagino che poche cose facciano più male che ritirarsi a Montecarlo, mentre sei in testa, per un problema al motore. Curiosamente è il secondo anno di fila che accade, nella Sprint Race (mentre l’anno prima accadde al secondo sulla griglia, all’epoca Christian Lundgaard)

A questo punto la gara è la consueta guerra di oscillazione che si vede a Montecarlo. Ovvero: le posizioni sono sempre quelle ma all’interno dello schema i distacchi variano di giro in giro, e piloti che prima incalzano chi li precede diventano le prede di chi gli sta dietro. Ma alla fine nulla cambia.

L’unico altro momento di azione avviene a metà gara, quando Fittipaldi supera Cordeel in curva 1. Il belga forse aveva qualche problema tecnico, giacché nello stesso giro subisce anche l’attacco di Correa al Mirabeau. La manovra non riesce pulita e la Virtuosi viene scagliata contro le barriere. Bearman ne approfitta e sorpassa tutti e due mentre pochi secondi dopo esce la SC.

La ripartenza non vede però cambiamenti, con l’eccezione di  Bearman, che urta un muro e deve rientrare ai box con una sospensione piegata. Daruvala in seconda posizione soffre di vetrificazione dei freni, ma nessuno azzarda nulla.

Alla fine Iwasa vince la gara e si rilancia in campionato, mentre, alle spalle di Daruvala, Crawford completa il podio dopo aver resistito alla pressione di Richard Verschoor (VAR). Quinto posto per Zane Maloney davanti a Jack Doohan, sesto ed autore del giro più veloce della gara, con i due piloti della ART Martins e Pourchaire a completare la zona punti della Sprint Race in settima ed ottava posizione.

Feature Race

Tutti i piloti di testa partono con le dure in modo da essere liberi di fermarsi quando si verificano le condizioni più idonee, anziché essere vincolati dal consumo. Il primo sulla griglia a montare le morbide (che in questo caso sarebbero le ultra soft) è Jak Crawford in 8a posizione.

Anche qui in Feature Race la partenza è tranquilla, e stavolta si mantiene tale anche nei chilometri successivi. Va segnalata la manovra aggressiva di Martins, che all’avvio va a stringere sulle barriere il suo compagno di squadra Pourchaire.

L’eroe del primo giro è Bearman, che raggiunge la 12a posizione dopo aver sorpassato Novalak al Loews e Cordeel al Tabaccaio. Il belga ha dei problemi, tanto che perde varie posizioni fino a ritirarsi al giro quattro. Poco dopo si ritirerà Leclerc jr per problemi ai freni, e, più avanti, Fittipaldi jr per esplosione del motore.

All’ottavo giro iniziano ad andare ai box quei piloti che avevano scelto di montare al via le ultrasoft. Tra questi, Bearman allunga lo stint di qualche giro e rientra davanti a Iwasa e Hadjar, quindi in piena zona punti (virtuale). Il giapponese sfrutta però le proprie coperture già in temperatura per infilarlo al Mirabeau, manovra che invece non riesce ad Hadjar.

La loro strategia viene però rovinata da Doohan, che si abbatte contro le barriere al Massenet. Poco prima aveva danneggiato la macchina in uscita dalle Piscine e l’alettone ha ceduto mentre era impegnato nel Beau Rivage. La macchina impatta con il posteriore e quasi si ferma sul posto. Maloney, che lo seguiva a poca distanza, si vede passare la vita davanti ma lo schiva per pochi centimetri.

La Safety Car iniziale viene convertita in una bandiera rossa dopo che si osserva che: l’incidente è avvenuto in una curva veloce, cieca, stretta; la macchina è trasversale rispetto alla pista, i detriti sono ovunque, la schiuma degli estintori ha imbrattato il tracciato e per finire bisogna verificare le sicurezza delle barriere.  Il direttore di gara ha operato la scelta corretta.

Un pilota che invece ha sottovalutato le circostanze è Martins, che, malgrado la doppia bandiera gialla, arriva sul luogo dell’incidente quasi a velocità da bandiera verde. Schiva i commissari per un pelo ma la frittata è fatta; alla ripartenza dovrà scontare un drive through. E’ anche poco come punizione, alla fine ha aver messo in pericolo le vite di altre persone per una disattenzione.

La bandiera rossa permette a tutti i piloti di effettuare una sosta gratis. Ne beneficiano soprattutto Hauger, Maini e Stanek, che riescono a scavalcare tutti i piloti partiti su option e si vanno a collocare tra la sesta e la ottava posizione. Per dare l’idea del beneficio, Hauger partiva 17° e Stanek addirittura 22° e ultimo. Crawford scala in nona posizione, seguito da Iwasa e Bearman, che viene ricacciato fuori dalla zona punti dopo che si era faticosamente arrampicato nei primi dieci.

La ripartenza avviene al giro 26. Non ho capito perché, ma tutti i piloti dall’ottava posizione in giù sono considerati doppiati. La SC permette loro di sdoppiarsi ma la gara viene fatta ripartire prima che abbiano avuto modo di raggiungere il resto del gruppo, quindi si assiste a una gara divisa in due tronconi. In ogni caso riprende la consueta guerra d’oscillazione. Gli unici che se le danno per davvero sono Nissany, Novalak e Benavides, ma siamo intorno alla quattordicesima posizione.

Martins sconta il DT e riemerge in ottava posizione. In pochi giri si fa sotto a Stanek e nei giri finali esercita una grande pressione ma il pilota della Trident resiste.

Dopo 39 giri, la Feature Race di F2 viene vinta da Vesti, partito dalla pole, davanti a Pourchaire e Maloney, che beneficia dei casini di Doohan e Martins per tornare sul podio per la prima volta dal season opener del Bahrain. Verschoor è quarto e si conferma come uno dei piloti più consistenti in gara, mentre a seguire c’è il terzetto dei salvati: Hauger (partiva 17°), Maini (12°) e Stanek (addirittura ultimo!). La pressione di Martins è stata vana e di conseguenza il francese si deve accontentare dell’ottava posizione, con il giro più veloce come premio di consolazione. Crawford e Iwasa completano la zona punti, il giapponese abile a reggere la pressione che Bearman ha applicato per l’ultimo stint di gara.

Weekend senza punti per il giovane talento di casa Ferrari, che a causa delle qualifiche disastrose non è riuscito a continuare la crescita mostrata nei precedenti GP. Il campionato è ancora lungo e potrà rifarsi ma le occasioni sprecate iniziano a diventare tante. Discorso simile per Hauger, che più tempo passa e più mi ricorda il Vips dell’anno scorso – sfortunato quando è veloce, lento o falloso quando la malasorte concede una tregua.

In classifica si è visto prima Iwasa strappare a Pourchaire la leadership, dopo la vittoria al Sabato, e poi Vesti staccare tutti e due dopo la gara di Domenica. L’incidente di Doohan, la sventatezza di Martins, la sfortuna di Leclerc e Hauger e l’inesperienza di Bearman fanno sì che tutti loro restano a secco di punti o quasi.

La lotta per il titolo inizia ad assumere una fisionomia ben definita. Vesti, Pourchaire e Iwasa sono i più completi e costanti, gli unici reali pretendenti al titolo, mentre i vari Martins, Bearman, Hauger etc sono separati dall’eccellenza per la minore consistenza. Vedremo se i prossimi appuntamenti  confermeranno o ribalteranno questo andamento.

La classifica in tal senso è chiara: Vesti comanda con 89, Pourchaire insegue a 84 e Iwasa, più staccato, a 69. Dopo un solco di 20 punti troviamo Maini a 49 punti, seguito da Maloney, Hauger, Verschoor, Bearman, Daruvala. Maini è insieme a Bearman una delle sorprese di questo campionato, non mi aspettavo che fosse in grado di andare a punti con costanza e soprattutto di reggere il confronto con Ralph Boschung, compagno di squadra e anche gatekeeper della serie.

Battute finali. Il weekend ha confermato che la maledizione per Charles Leclerc sul tracciato di Monaco è di natura genetica: suo fratello Arthur ha iniziato il weekend con un botto nelle qualifiche e si è costretto a partire dal fondo. Nella sprint race è rimasto imbottigliato nell’ingorgo di Maini mentre nella Feature si è ritirato per problemi ai freni dopo neanche dieci giri Anche quest’anno nessun Leclerc ha trovato la gloria sulle stradine di Montecarlo.

[Tutte le immagini sono tratte dal sito ufficiale fiaformula2.com oppure dal suo account twitter]

Lorenzo Giammarini, a.k.a. LG Montoya

 

BASTIAN CONTRARIO: ROULETTE MONEGASCA

La roulette suicida, più famosa al mondo, è quella russa conosciuta grazie a Michael Cimino e al suo “Il Cacciatore”. In F1, quella più famosa è il GP di Monaco nel quale, se piove, il colpo di scena non manca mai. Non venga mai dimenticato, caso mai qualcuno dubiti di quello che dico, l’omonimo GP del 1996, dove al traguardo si presentarono in sette e a vincere fu Olivier Panis su Ligier – Mugen Honda, davanti a David Coulthard il quale aveva tra le mani una McLaren – Mercedes! Ritornando ai giorni nostri, di suicidi (assistiti e voluti), ne abbiamo avuti non pochi e naturalmente c’è anche chi ne è uscito indenne, beccando la parte giusta del tamburo della pistola.

Allo stato attuale, considerando lo stato di forma (di piloti e squadre) , soprattutto, considerando la situazione della concorrenza, chi ne uscirà sempre vivo da questo perverso gioco, anche se nel tamburo ci sono cinque proiettili su sei, sono proprio Verstappen ed Alonso. I due capitani delle loro rispettive scuderie, sono i massimi interpreti dei mezzi a loro disposizione. Resta solo il rammarico che la AMR23 di Fernando, non valga la RB19 di Max, altrimenti si sarebbe riproposto un nuovo 2021 (Masi di turno permettendo!), con lo spagnolo al posto di Hamilton. Forse è chiedere troppo agli ingegneri della Aston in tal senso, eppure che spettacolo per gli occhi sarebbe stato e che manna per Liberty Media. Invece, il palato viene soddisfatto solo in parte, perché, per quanto l’asturiano ci faccia godere in qualifica ed in gara, nulla può contro l’olandese volante ed il mezzo che ha a disposizione. Verstappen è in quella che si chiama “zona wow”: il ragazzo (no, non scriverò “ormai maturo”, perché dopo due mondiali vinti, mi sembra più una mancanza di rispetto che un’ovvietà… sebbene sia costretto ancora a leggere e sentire ciò), ormai è così confidente col mezzo e dei suoi mezzi, che si permette il lusso di fare quello che vuole, compreso la super qualifica di sabato scorso, dove ha letteralmente portato via l’intonaco dai muri, perché non li sfiorava… li grattava direttamente! Solo quando hai una fiducia smisurata in tutto il tuo repertorio, ti permetti il lusso di fare quello che abbiamo visto sabato scorso da parte di Max. L’olandese, in gara, non ha fatto altro che fare il suo dovere, ha rivoltato il tamburo della pistola, trovando l’unica camera di scoppio vuota ed ha sparato a colpo sicuro! Nemmeno la pioggia scompone lui ed il suo muretto e, sebbene il suicidio per molti sia arrivato puntuale, nulla smembra la corazzata Red Bull (siamo passati dalla corazzata tedesca a quella bibitara… che tristezza), che con il vantaggio che ha (sia in classifica generale che nella gara stessa, si può permettere qualunque tipo di scivolone… che non avverrà) può, con calma, gestire qualunque situazione. Chi invece il tamburo l’ha trovato pieno evidentemente, o comunque l’unico proiettile presente in sede, è stato Perez il quale in un amen ha pagato (salato), lo scherzetto che fece l’anno scorso. L’errore di Sergio è stato gravissimo, non tanto perché si sta giocando il mondiale con il suo compagno, quanto per il fatto che lui, e soprattutto il suo entourage, dichiarano apertamente che sono in lotta per il campionato. Ad essere sinceri non so se lo dicono perché ci credono veramente o perché devono seguire un copione (con Horner che dice che i piloti sono liberi di lottare… un perculo già visto e rivisto con Hamilton e Bottas) per tenere alto l’hype. Sebbene qualunque sano di mente abbia sempre saputo da che lato del box sarebbe andato il mondiale, dopo il suicidio del messicano in qualifica, con relativo zero in gara, penso che anche il più ottuso in merito, abbia capito come questo mondiale finirà.

Fernando Alonso, dall’alto dei suoi quasi quarantadue (42!) anni, sta rivivendo una seconda giovinezza: dopo tanto penare e dopo tanto veleno (per non dire altro), che gli è stato spalato addosso, trovo giusto che il suo finale di carriera termini in questo modo. Perché sebbene l’asturiano abbia ancora un altro anno di contratto, con tutto il bene che gli vogliamo, penso che difficilmente vada oltre il 2024, sperando, a questo punto, che l’anno prossimo la Aston sia pronta per giocarsi il mondiale. Fernando sabato ha messo a tacere tanti detrattori, che ancora mettono in dubbio le sue doti velocistiche in qualifica: ci sono vent’anni di differenza tra lui e Verstappen, con tutti i riflessi che ci passano in mezzo e, nonostante questo, Max ha dovuto fare gli straordinari per potergli togliere la pole. Purtroppo la sua AMR23, a differenza della monoposto di Verstappen, arrivava a fine giro con le gomme finite, motivo per cui l’olandese è riuscito a recuperare quel maledetto decimo proprio alla fine. La pioggia nel principato non fa sconti a nessuno e la roulette monegasca è stata letale per la Aston… peccato che sia andata così e chissà se questa agognata vittoria arriverà mai. Vero è che comunque, contro la corazzata bibitara, difficilmente si riuscirà ad agguantare il massimo risultato (anche perché non dobbiamo dimenticare che Alo era negli scarichi di Max solo grazie al suicidio di Sergio), quindi c’è ben poco da recriminare allo “spacca squadra” ed al suo team. Che tristezza dover leggere “che la luna di miele tra Aston ed Alo abbia potenzialmente i giorni contati visto il carattere dello spagnolo”: si seguita a ragionare per luoghi comuni e per sentito dire, senza mai approfondire realmente i fatti, come se poi in F1 si diventa campioni perché si è delle verginelle! Nell’ultima gara in Ferrari di Fernando Alonso, i suoi meccanici, mentre gli toglievano le termocoperte da quel cancello di macchina che guidava, piangevano! Si dia rispetto ad un campione mai domo che non conosce la parola “arrendersi” e che sta portando in carrozza una squadra letteralmente da solo. Perché purtroppo, se egli, e la squadra tutta, volessero fare affidamento sul suo compagno, starebbero freschi come si suol dire! Trovo esilarante che in giro ci siano personaggi che cercano di difendere Lance Stroll, il quale è stato l’unico (!) ritirato del GP di Monaco. Piloti molto più bravi di lui, sono stati appiedati per molto meno. In un GP dove (viva Dio!) il pilota conta ancora, Stroll si suicida con due revolverate senza colpo ferire: prima in qualifica e poi in gara… assolutamente incettabile!

Infine, giusto per non farci mancare mai nulla, i nostri piloti Rossi, non potevano assolutamente esimersi alla strage delle roulette monegasca. Ad essere sinceri, per i ferraristi c’è ben poco da dire: per Charles è avvenuto un suicidio assistito, grazie alla cappellata del muretto (con il Messia le cose non dovevano cambiare?), mentre Carlos ha pensato bene di suicidarsi volontariamente con quella manovra a dir poco generosa, alla chicane all’uscita del tunnel. Ciò che mi ha particolarmente colpito, immediatamente dopo la roulette monegasca della Ferrari, sono stati i toni pacati e giustificatori dei tanti detrattori (dell’ex Team Principal) nei riguardi del Messia: ci sarebbero stati gli stessi toni “distensivi”, caso mai ci fosse stato “l’altro”? Del resto la squadra “è giovane ed ha bisogno di tempo” (sigh!) e, nel frattempo che i tifosi cercano di acquietarsi la coscienza con queste ipocrite giustificazioni, mi tocca sentire Vasseur che difende la strategia del muretto… del resto quando era “l’altro” a dire le stesse cose, dopo l’ennesima cappellata, la pazienza era finita, mentre per il Messia, questa è solo la sua prima roulette monegasca in rosso, quindi di comprensione ce n’è a iosa. Peccato che l’anno scorso il GP di Montecarlo lo avremmo potuto vincere in carrozza, mentre quest’anno abbiamo rimediato un minuto al traguardo… non c’è che dire, la roulette monegasca non tradisce mai le aspettative.

 

Vito Quaranta

VERSTAPPEN SBANCA LA ROULETTE DI MONTECARLO

La settimana intercorsa dall’annullato GP dell’Emilia Romagna al turno più glamour dell’intero campionato è trascorsa all’insegna delle voci, messe in giro come al solito ad arte, di una offerta da 46M€ fatta dalla Ferrari, nella persona nientepopodimeno che di John Elkann, al quasi 8 volte campione del mondo Lewis Hamilton.
Questa volta, il mezzo non sono state le solitamente ben informate fonti nostrane, bensì il Daily Mail, con le fonti stesse che si sono affrettate a smentire. Il che significa che è tutto vero. Ma su questo torneremo nel proverbiale PS.

Le qualifiche confermano i valori visti nelle cinque gare precedenti, con Verstappen che agguanta la pole grazie ad un terzo settore incredibile, davanti ad Alonso che dimostra, come sempre, la metà degli anni che ha. Per il poleman dei due anni precedenti, Leclerc, c’è solo un terzo posto, comunque vicino ai primi due, che diventa però un sesto a causa di una distrazione imperdonabile sua e del suo team, che non l’ha avvisato del sopraggiungere di Norris, al quale ha rovinato il giro veloce.

Partenza senza alcuna emozione, nessuno si prende rischi inutili a parte Stroll che prova due volte a superare un avversario passando sul marcapiede.

Perez, partito ultimo a causa di un incidente in qualifica, si ferma immediatamente per montare la gomma più dura e andare fino in fondo. E inizia a segnare tempi di due secondi più veloci rispetto al compagno di squadra in testa alla gara, il quale sta adottando la strategia più adeguata per chi comanda la gara a Monaco, quella di fare il tappo.

Alonso riesce a stare attaccato all’olandese, mentre Ocon, terzo, dopo 7 giri è già staccato di altrettanti secondi dal leader. Incollato al francese c’è Sainz, che è a sua volta seguito da vicino da Hamilton e Leclerc.

Al giro 11, Sainz tampona Ocon alla chicane del porto, danneggiando una bandella dell’ala anteriore. La cosa però non sembra creargli particolari problemi, e lo spagnolo continua. Subito dopo, il suo connazionale Alonso inizia a lamentarsi di qualcosa che non va sulla sua macchina, e perde diversi secondi da Verstappen. Ma poi ritorna su tempi accettabili, e l’allarme rientra.

Al giro 20 il graining si fa sentire per tutti quelli che montano gomma a mescola media, tranne, ovviamente, Verstappen, che comanda indisturbato con 8 secondi di vantaggio su Alonso.

Il primo dei primi a fermarsi è Hamilton al giro 32. Nel frattempo, Verstappen doppia Perez e si trova bloccato in un gruppo di altri doppiati. 

Subito dopo si fermano Ocon e Sainz, per proteggersi dall’undercut da parte di Lewis, e la strategia funziona perchè le posizioni non cambiano.

Al giro 45 si ferma Leclerc, che stava per essere raggiunto da Gasly. Il monegasco aveva le gomme praticamente finite. Il francese si ferma subito dopo e rimane dietro al ferrarista. 

La pioggia si avvicina, ed è per questo che i primi due, oltre a Russell, al momento terzo, attendono ad effettuare il loro pit-stop. 

E al giro 52 la pioggia arriva sul serio, e di colpo, nella zona del Mirabeau.  Ma piove solo in quel punto, e le condizioni sono quindi difficilissime. Alonso si ferma, ma incredibilmente gli montano gomma media e si deve tornare a fermare al giro successivo. Le due Ferrari non hanno approfittato della situazione, e si ritrovano anche dietro alle due Mercedes. Sainz, autore di un lungo al Mirabeau, è scivolato dietro a Leclerc e a Gasly.

Alonso è infuriato con il suo team, che gli ha voluto montare gomma slick quando lui aveva in realtà chiesto due volte l’intermedia. E sfoga tutta la sua furia in pista, recuperando secondi su secondi a Verstappen, e distanziando velocemente Ocon che si era avvicinato molto.

Ma Max riprende velocemente il ritmo e mette 20 secondi fra se e Nando. E li porta fino alla fine, vincendo un GP di Montecarlo comandato con classe dall’inizio alla fine. Lo seguono Alonso, che può giustamente recriminare per quell’inutile pit-stop, Ocon, parso in grande forma fin dalle qualifiche, Hamilton, Russell, Leclerc, Gasly, Sainz e le due McLaren di Norris e Piastri.

Incredibilmente, nonostante le condizioni difficilissime, non c’è stata alcuna safety car, e nemmeno virtual safety car, il che la dice lunga sulla prudenza che ormai tutti i piloti adottano, vuoi per non rischiare di erodere il budget cap, vuoi per non rischiare punti sulla licenza.

Il mondiale si era già chiuso a Miami, quindi la vittoria di Verstappen cambia poco, mentre prende vita la lotta per il secondo posto, con Perez rimasto a secco e Alonso al quinto podio su cinque gare.

Fra una sola settimana si correrà a Barcellona, la pista più indicativa per misurare il valore delle monoposto, e anche la prima pista “normale” di questo campionato. Là misureremo il vero valore degli aggiornamenti portati nel Principato dalla Mercedes, e anche quanto c’è di vero nei proclami di recupero della Ferrari, che hanno ormai assunto la dimensione della barzelletta.

P.S.
E’ abbastanza chiaro che le voci citate in premessa fanno comodo a tutti i convolti. Alla Ferrari, che fa vedere che è disposta ad impegnarsi anche economicamente per cambiare qualcosa e uscire dalla tristissima situazione attuale (ma è bene ricordare che nel 1996 oltre al campionissimo servì portare in blocco tutto il team). Sempre alla Ferrari, che così spiega al suo giovane campione monegasco che non è indispensabile. E ad Hamilton che può alzare il prezzo per il rinnovo con la Mercedes, la quale, avendo Russell in squadra, e potendo mettere le mani su Leclerc o Norris, non è probabilmente molto propensa a spendere un sacco di soldi per un campione ormai a fine carriera.

P.S. 2
E’ altrettanto abbastanza chiaro che la Ferrari è nel caos più completo. Oltre ad essere totalmente fuori luogo i proclami del giovedì (“siamo in grado di correre per pole e vittoria”), visto che la Ferrari oggi è stata non la terza, nemmeno la quarta, bensì la quinta monoposto in pista, quando si è presentata l’occasione di azzardare qualcosa, il box ha dormito clamorosamente, come già ieri in qualifica, e ci si è messo pure Sainz allungando la lunga lista di errori commessi da quando è in Ferrari. E’ evidente che così non si va da nessuna parte, e quella che si prospetta è una stagione forse ancora peggiore del disastroso 2020. Se Hamilton vuol fare la fine che fece Prost ad inizio anni novanta, sicuramente quella di trasferirsi alla Ferrari è la scelta giusta.

F1 2023 – GRAN PREMIO DI MONACO

Con ancora le terribili immagini delle inondazioni nelle terre romagnole che purtroppo ci accompagnano, è già ora per il Gp più mondano (e tecnicamente inutile) del calendario F1, il Gp di Monaco.

Ogni anno sempre la stessa litania: passerella per i ricchi e famosi, inutile carosello di monoposto, ormai un pezzo di antiquariato ecc ecc ma alla fine è sempre uno degli appuntamenti più attesi dell’anno, fosse anche solo per il perverso piacere di vedere il o i piloti della scuderia che ci stanno sul gozzo andare eventualmente a muro e fare la figura dei pirla.

In ogni caso questo GP porta una serie di notizie non banali, alcune reali, altre fuffa da clickbait.

Cominciamo con la Mercedes che si presenterà a Monaco con una nuova W14, abbandonando per sempre il concetto delle “pance zero” che sulla carta garantiva miracoli, in pista invece risate da parte dei loro competitor.

Una monoposto ampiamente rivista che dovrà essere la base per un nuovo attacco all’iride nel 2024, prendendo questo 2023 in pratica come una lunga serie di test.

immagine da planetf1.com

Come mai portare così tante novità su una pista “inutile” come il cittadino di Monte Carlo? In effetti sarebbe stato più logico rimandare tutto al prossimo Gp, sulla pista da test per eccellenza, il circuito del Montmelò. Invece Wolff e soci, non potendo contare sul circuito di Imola, hanno deciso comunque di svelare la W14b.

Come ha fatto notare già qualcuno potrebbe essere la mossa di chi è arciconvinto di avere una monoposto più veloce della precedente (non si era detto lo stesso per la W13/14 zero sidepod?!) oppure la mossa disperata di chi è arrivato all’ultima spiaggia.

Più banalmente viene da pensare che a Brackley abbiano pensato di iniziare da subito a testare le nuove soluzioni anche se su un tracciato poco rappresentativo. Guadagnare tempo, dati e comparazioni per farsi trovare più pronti possibili al 2024. Bene, io non lo glielo auguro.

Altra notiziona che però sà molto di fumo e ben poco di arrosto sono le trattative in corso tra Hamilton e Ferrari per l’approdo dell’epta a Maranello nel 2024. Cifre in ballo? La miseria di 40 milioni di pound per il quasi quarantenne Hamilton.

immagine da formula1.it

Anche in questo caso la logica imporrebbe due ragionamenti banali:

1. è il caso di investire una cifra monstre su un pilota certamente veloce ma che ormai si avvia al crepuscolo della sua carriera e che per di più quest’anno e quello appena trascorso ha fatto una gran fatica con il suo team mate Russell?

2. non sarebbe in caso di investire quei dindini in risorse umane in grado di saper fare di conto e cercare di migliorare una platea di tecnici di cui la GES sembra avere un gran bisogno?

Ora, capisco che in Ferrari la logica è un concetto alquanto aleatorio e flessibile e che la mission conclamata dei suoi vertici è fare i giri veloci in pista (semicit.) ma questa di Hamilton in rosso assomiglia molto al giudizio fantozziano della famigerata corazzata. Sono sicuro che in Ferrari sapranno stupirci anche questa volta.

Terza notizia dai risvolti ben più importanti è l’accordo Honda-Aston Martin a partire dal 2026. Gran colpo per il più capace della famiglia Stroll che si assicura la partnership con chi ha la migliore PU della F1 attuale. A questo punto sognare il grande obbiettivo non è più un miraggio.

immagine da formula1.it

In Honda si ritroveranno l’uomo del “GP2 engine” ma hanno già dichiarato che non hanno nessun problema con Alonso, il tutto mentre lucidavano meticolosamente una katana…

Battute a parte è una gran notizia anche per l’asturiano che dovrà cercare di mantenersi atleticamente giovane fino a tale scadenza. Al momento non sembra essere un grosso problema.

Per il resto, poco da dire sul Gp se non che la gara, al solito si deciderà al 99% con la Q3 del sabato. Chi fa la pole ha un piede e mezzo sul gradino più alto del podio, a meno di trovare la pioggia che renderà il tutto un pò più incerto e di sicuro il serpentone di auto molto più lento.

In Ferrari hanno rimandato il corposo pacchetto di aggiornamenti al GP di Spagna, in modo da posticipare di almeno una settimana la possibile delusione. All in su Leclerc e i suoi giri di qualifica sempre che non esageri e la picchi a muro malamente come già successo. Sappiamo bene che anche in caso di pole non è detto che la Domenica si riesca a schierarsi normalmente in griglia quindi vedremo cosa riuscirà a tirare fuori il monegasco che, a dire il vero, sulle strade di casa è piuttosto sfigatello.

Per Red Bull invece la prima seria possibilità di perdere un Gp. Basta una bandiera in Q3 al momento sbaglaito , una minchiata varia ed eventuale ed ecco che ti ritrovi a guardare gli scarichi di quello davanti per 78 giri. Non riusciranno a sfruttare appieno la magia del loro DRS ma in ogni caso restano i favoriti per la gara.

immagine da astonmartinf1.com

Aston Martin ha una grande possibilità, considerando le caratteristiche della sua monoposto. Per Alonso potrebbe trattarsi di una occasione unica in questo 2023 per cercare di rivincere dopo ben 10 anni, una cosa che ha del fantascientifico. Di sicuro si tratterà della qualifica potenzialmente più emozionante dell’anno.

Nel caso dovesse succedere sarebbe una gran bella storia, di sicuro una storia che agli “ammerigani”, così affezionati alla retorica dei ritorni vincenti a dispetto delle avversità e dei pronostici non favorevoli, piacerebbe molto. E onestamente anche a noi.

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Rocco Alessandro

LA STORIA DELLA FERRARI 312T: 1977 (ULTIMA PARTE)

Finito il GP degli USA le macchine vengono caricate su diverse bisarche che aggirano il lago Ontario per giungere al vicino Mosport Park dove si corre già la domenica seguente. La vittoria nel Mondiale Piloti non placa la “guerra fredda” tra Ferrari e Lauda. Il Drake, a differenza della dirigenza FIAT, non manda il classico telegramma di congratulazioni all’austriaco il quale mette in dubbio la sua partecipazione al GP del Canada. Secondo Lauda il debutto di Villeneuve sulla terza T2 (il muletto) e il licenziamento dei suoi fidati collaboratori Cuoghi e Ghedini mettono a rischio la sua sicurezza, l’efficienza e la serenità della squadra. Ferrari manda in Canada due ulteriori motori e altri due meccanici per far fronte al maggiore impegno ma il venerdì mattina, prima delle prove, Lauda chiama Nosetto per dire che non correrà. Il DS avvisa Maranello da dove viene diramato un comunicato stampa.

Il tracciato di Mosport Park è tanto bello e difficile quanto disastrato e pericoloso. Ogni anno i piloti si lamentano per le pessime condizioni dell’asfalto e dei guardrail e per la mancanza di protezione per gli spettatori ma anche questa volta l’organizzazione non ha speso un solo dollaro per migliorare la situazione. Ecclestone convince i piloti a non mettere in atto iniziative ostili in cambio della promessa di non tornare più su questo tracciato in futuro.

La vittoria ottenuta al Glen ha confermato la bontà del progetto M26 e aumenta il rammarico per non averlo sviluppato prima (oltre alle rotture di motore patite a Hockenheim e Zeltweg). Hunt vuole finire il Mondiale in bellezza così come Mass.

C’è grande imbarazzo alla Tyrrell dopo la pessima prestazione statunitense. Peterson è stato accusato di scorrettezze da Jones, Nilsson e Laffite mentre Depailler ha dichiarato di non aver mai guidato una P34 così orrenda.

Fallita la doppietta USA Ovest e USA Est, Andretti punta alla vittoria anche in Canada. Nilsson vuole uscire dalla crisi di prestazioni e risultati che lo affligge da dopo Silverstone.

La stagione della Brabham-Alfa si trascina faticosamente verso il termine dopo l’ennesimo disastro tecnico e tattico. Stuck deve usare il muletto perché non c’è tempo per riparare la sua BT45/3 incidentata a Watkins Glen.

Situazione più complicata alla March dopo che Ian Scheckter ha messo fuori uso la sua 771/2 a causa di un’uscita di pista in gara per cui viene spedita in Canada la scocca della 771/1, usata solo durante le prove a Zolder.

Come annunciato, Lauda non si presenta al circuito per cui Reutemann e Villeneuve sono gli unici rappresentanti della Ferrari. Il canadese è ovviamente il più atteso dal pubblico di casa ed è giustamente euforico. Il suo capomeccanico è Paolo Scaramelli, promosso al ruolo dopo la cacciata di Cuoghi.

Danny “On-the-gas” Ongais ci riprova con la sua Penske. Al Glen, nei primi giri sul bagnato, aveva entusiasmato il pubblico recuperando dall’ultimo al 15° posto prima di girarsi e urtare il guardrail nel tentativo di superare Depailler.

La Michelin ha portato nuovi tipi di gomme per la Renault.

Rientra in squadra Patrese per cercare di sfruttare il potenziale della DN8/6A portata al debutto negli USA da Jarier mentre la squadra deve approntare per Jones la vecchia scocca del padovano perché quella danneggiata al Glen è troppo malridotta.

Nessuna novità in casa Surtees con Brambilla sereno in compagnia del team manager Peter Briggs.

Walter Wolf affronta per la prima volta il GP di casa con una squadra tutta sua (anche se con sede in Inghilterra) e punta a recuperare il secondo posto in entrambe le classifiche (Scheckter è stato scavalcato da Andretti e anche la McLaren si è messo alle spalle la scuderia di Reading).

I due quinti posti di Regazzoni a Monza e al Glen hanno ridato un po’ di fiducia alla Ensign, nonostante le sfortunate prestazioni di Tambay.

Alla Hesketh ci sono grandi speranze per Keegan, molto vicino alla zona punti negli ultimi due GP e anche Ashley è appena riuscito a conquistare la prima qualificazione dell’anno al GP degli Usa East.

Laffite e la Ligier cercano riscatto dopo due gare avare di soddisfazioni dal punto di vista del risultato ma non delle prestazioni.

Ultima gara della stagione per Patrick Neve e per la Williams Grand Prix Engineering.

Chiusura di stagione con una gara di anticipo anche per Fittipaldi e la sua squadra.

Stesso discorso per Brett Lunger e la BS Fabrications che scelgono di non spendere i soldi per la trasferta finale in Giappone.

Le prove cominciano in una bella giornata di sole con Andretti e Hunt che sono i più veloci fin da subito ma sul finire della prima sessione i tempi passano in secondo piano in seguito al grosso incidente di cui è protagonista Ian Ashley. Nel lungo rettilineo vallonato che riporta verso il traguardo, la Hesketh prende aria in cima a un dosso, vola oltre il guardrail e rimbalza sul terreno più volte abbattendo il traliccio di una postazione televisiva (fortunatamente ancora vuota) dopo aver perso il motore. Ashley rimane imprigionato con i piedi dentro alla monoscocca e servono oltre 40 minuti ai soccorritori per liberarlo. Il pilota viene ricoverato al centro medico del circuito per le prime verifiche in attesa dell’elicottero di soccorso che non è presente sul tracciato e arriva solo oltre un’ora più tardi e questo scatena ulteriori polemiche nei confronti dell’organizzazione. Ashley riporta la frattura di entrambi i polsi e delle caviglie e conclude così bruscamente la sua breve carriera in F1.

A 5 minuti dal termine della sessione pomeridiana Villeneuve perde il controllo della T2 alla staccata della curva Moss e sbatte contro il guardrail costringendo i meccanici a un lavoro supplementare. Nessun danno per il pilota.

La prima giornata di prove si chiude con Andretti davanti a Hunt. Alle loro spalle ci sono Peterson, Nilsson, Mass, Depailler, Jones e Patrese che inaspettatamente si mettono alle spalle i più attesi Scheckter, Watson, Laffite e Reutemann. Villeneuve è solo 17° con grossi problemi di adattamento.

Il sabato piove e solo pochissimi temerari scendono in pista per cui lo schieramento è determinato dai tempi del venerdì, esattamente come al Glen. Mario Andretti ottiene così l’ottava pole position.

Questa volta l’unico non qualificato è Jabouille che ha rotto due motori e ha girato pochissimo, pur entrando in pista il sabato sotto la pioggia con un inedito casco rosso. La Renault chiude il campionato in Canada rinunciando alla trasferta in Giappone.

La domenica mattina scende un altro scroscio d’acqua per cui i piloti svolgono il warm-up con gomme da bagnato anche se non è prevista pioggia per la gara. Depailler usa un casco bianco di riserva per preservare quello da gara.

Il servizio meteorologico azzecca la previsione e la pioggia smette di cadere un paio d’ore prima della partenza.

Le 25 monoposto scattano alle 14:30 e Andretti prende decisamente il comando davanti a Hunt, Nilsson e Mass. Reutemann e Villeneuve sono a centro gruppo.

Andretti e Hunt prendono subito un leggero vantaggio sugli inseguitori e al termine del primo giro precedono Mass, Nilsson, Patrese, Depailler, Peterson, Watson e Scheckter. Il pilota della Brabham cerca di passare Peterson che però non gli agevola la manovra, il musetto della BT45 si rompe e l’irlandese è di nuovo fuori gara dopo un solo giro.

Depailler e la Tyrrell sono finalmente in giornata di grazia. All’inizio del secondo giro il francese supera Patrese e al quinto passaggio scavalca Nilsson portandosi al quarto posto.

Anche Scheckter recupera posizioni dopo una qualifica mediocre. La WR1 sembra essere a punto e al 10° giro si porta in sesta posizione davanti a Patrese, Peterson, Reutemann e Jones.

Al 18° giro Nilsson si trova col pedale dell’acceleratore bloccato al massimo in fondo al rettilineo di ritorno, riesce con freddezza a scalare le marce e a buttare la Lotus in testacoda per fermarsi tra le reti di contenimento senza riportare danni fisici.

Due giri più tardi si ritira anche Reutemann per un problema alla pompa della benzina, subito dopo aver soffiato a Depailler la quinta posizione.

Dopo un quarto di gara Andretti e Hunt hanno un grande vantaggio su Mass che tiene Scheckter a distanza di sicurezza.

Alle spalle dei primi quattro c’è un gruppetto con Depailler, Patrese, Jones e Brambilla in lotta ravvicinata per il quinto posto.

Hans Binder viaggia in ultima posizione con la Surtees ed è una vera e propria chicane mobile. Al 33° giro Keegan si appresta a doppiarlo ma l’austriaco non capisce la manovra, le ruote si agganciano e la Hesketh vola ricadendo pesantemente sulle 4 ruote. Binder è illeso mentre Keegan ha una caviglia rotta e fatica a scendere dalla monoposto che è rimasta pericolosamente in traiettoria. I commissari lo soccorrono goffamente aumentando il dolore e la paura del pilota inglese che viene adagiato sul prato oltre il guardrail. La Hesketh torna a Easton Neston con entrambe le macchine da rottamare.

Andretti sembra tenere a bada Hunt senza problemi fino a quando, a due terzi di gara, la coppia di testa si appresta a doppiare la McLaren di Mass che si trova in terza posizione.

Il tedesco è nettamente più lento e non esita a ostacolare Andretti che deve mettere due ruote fuori pista. Hunt ne approfitta e lo supera portandosi al comando. A questo punto l’ex Campione del Mondo deve doppiare il compagno di squadra, il quale potrebbe dare un’ulteriore mano a Hunt rallentando ulteriormente Andretti e invece succede l’esatto contrario. Alla curva Quebec Mass si sposta per far passare il collega ma questi si è già spostato dalla stessa parte e finisce per tamponare la M26 del tedesco mandandola in testacoda.

Mass riesce a ripartire mentre Hunt sbatte frontalmente contro il muretto ed è fuori gara. Decisamente alterato per l’accaduto, l’inglese scende dalla M26 incidentata e viene richiamato da un commissario che lo invita ad allontanarsi in una zona più sicura ma Hunt reagisce atterrando il malcapitato con un diretto destro di ottima fattura per poi scusarsi pochi istanti più tardi. Il pilota dovrà poi pagare una multa di 2000 dollari (7500 euro).

Andretti è ora al comando con un giro di vantaggio su Scheckter, Depailler e Brambilla che ha superato Patrese. Mass è sesto dopo essersi fermato ai box per verificare che fosse tutto a posto e precede Jones, Villeneuve, Tambay e Lunger.

L’ultimo quarto di gara sembra non avere storia, con le posizioni decisamente definite. Andretti rallenta e lascia sdoppiare Scheckter ma a soli 3 giri dalla conclusione il DFV della sua Lotus esplode nella curva che precede l’ingresso dei box e all’italoamericano non resta che rientrare lentamente e ritirarsi.

Jody Scheckter si ritrova così al comando con un vantaggio di 7 secondi su Depailler, seguito da Brambilla e Patrese ma la Lotus ha perso parecchio olio prima dell’ingresso dei box e il primo a farne le spese è proprio il padovano della Shadow che scivola e va a sbattere contro il rottame della Hesketh di Keegan, sempre ferma a bordo pista, senza riportare ferite. Al giro successivo è il turno di Brambilla seguire la stessa sorte del connazionale perdendo un terzo posto praticamente acquisito.

L’olio di Andretti continua a mietere vittime con Ongais che si gira ma riesce a non finire nel mucchio delle vetture incidentate e si rimette in marcia.

L’ultimo a sbandare sull’olio di Andretti è Villeneuve. Anche il canadese evita il botto ma al momento di ripartire esagera col gas e rompe un semiasse, rinunciando a terminare il GP e aiutando il commissario a mettere la T2 fuori dalla traiettoria.

Scheckter vince così il terzo GP dell’anno con la Wolf (tutti con la WR1) davanti a Depailler, Mass, Jones e Tambay mentre Brambilla viene classificato sesto.

Una bella soddisfazione per il petroliere austrocanadese che vede riavvicinarsi il secondo posto nella classifica piloti nell’anno del debutto in F1. Nella Coppa Costruttori la Wolf approfitta del suicidio collettivo McLaren per tornare al terzo posto dietro a Ferrari e Lotus quando manca l’ultima gara della stagione: il GP del Giappone

L’ultima gara del Mondiale 1977 si corre in Giappone con un parco partecipanti decisamente ridotto. I Campioni del Mondo Lauda e Fittipaldi non si presentano, il primo in contrasto con la Ferrari e il brasiliano che preferisce effettuare test in Gran Bretagna. Mancano anche la Renault, la Hesketh (che ha rottamato due monoposto e non ha piloti disponibili) e tutte le piccole squadre non ufficiali.

James Hunt è al suo ultimo GP col numero 1 sulla M26 ricostruita dopo l’incidente in Canada e Mass saluta la McLaren e le sue migliori stagioni in F1.

Ultima uscita per la Tyrrell a 6 ruote. Il progetto affascinante e futurista di Derek Gardner (sfruttato poi dai cartoonist giapponesi) deve fare i conti con la realtà industriale che impone alla Goodyear di non disperdere energie nello sviluppo delle gomme da 10”. Gli stampi saranno poi acquistati dalla Avon che continuerà a produrre pneumatici utilizzati nei decenni successivi nelle gare Turismo sulle FIAT 500 e 126 Gruppo 5.

La vittoria sfumata a Mosport Park a soli 3 giri dalla fine non deprime Andretti e la Lotus che, anche in virtù della vittoria del 1976, si preparano a dovere per contendere a Scheckter e alla Wolf il secondo posto nella classifica piloti. In questa occasione la vettura di Nilsson è verniciata con le due tonalità di rosso del pacchetto di sigarette Imperial, marchio che fa capo al gruppo proprietario della JPS e ha più visibilità in Giappone.

Si conclude la seconda annata deludente per la Brabham Alfa Romeo. Nonostante l’evoluzione del motore Autodelta, i risultati sono migliorati (4 podi contro nessuno del 1976) ma non abbastanza in proporzione allo sforzo profuso. Ora si attende l’arrivo di Lauda per dare una svolta definitiva.

La March è alla sua ultima apparizione nel Circus ma sarà rappresentata dal solo Ribeiro in quanto Ian Scheckter, probabilmente a causa di un errore organizzativo, non fa parte dell’elenco consegnato agli addetti all’immigrazione per cui viene bloccato all’aeroporto di Haneda, presso Tokyo. L’intervento della FOCA e degli organizzatori non sortiscono l’effetto sperato e così il pilota sudafricano non può fare altro che tornare in Gran Bretagna e rinunciare al quello che sarebbe dovuto essere il suo 19° e ultimo GP di F1.

Lauda ha chiuso la sua stagione prima di Mosport per cui la Ferrari porta in Giappone solo due monoposto per Villeneuve e Reutemann. Per l’occasione il canadese passa dal numero 21 al numero 11. Sull’abitacolo viene riportato solo il nome di battesimo composto col nastro adesivo bianco.

Anche la Shadow arriva al Fuji rimaneggiata. La DN8/6A, che aveva partecipato a soli due GP, è andata distrutta nell’incidente di Mosport Park per cui Patrese deve accontentarsi del muletto mentre Jones dispone della DN8/5A che gli è valsa il quarto posto in Canada.

Alla Surtees hanno lavorato sodo per rimettere in sesto le due TS19 fracassate due settimane prima da Binder e Brambilla.

La Wolf sfoggia sulla carenatura il terzo lupo a rappresentare le vittorie ottenute oltre all’estemporaneo sponsor giapponese Tamiya, azienda produttrice di automodelli statici e radiocomandati.

Clay Regazzoni, dopo lo sfortunato ritiro di Mosport Park, vuole ribadire le ottime prestazioni di Monza e Watkins Glen e anche Tambay ha intenzione di confermare il quinto posto conquistato in Canada dopo 4 corse concluse anzitempo.

La Ligier schiera per la prima volta due monoposto, una ovviamente per Laffite e l’altra per Jean-Pierre Jarier, in vista di un probabile accordo per il 1978.

Il lotto di soli 20 partecipanti viene implementato da tre piloti giapponesi.

Il primo è il 37enne Kunimitsu Takahashi, vera e propria leggenda nazionale in quanto primo vincitore di una gara del Motomondiale in sella a una Honda (250) a Hockenheim nel 1961.

Per il suo debutto in F1, Takahashi viene ingaggiato dal Muritsu Racing Team che ha rilevato la Tyrrell 007 usata da Kazuyoshi Hoshino nel 1976, modificandola con il radiatore dell’olio spostato sul musetto e una presa d’aria dinamica per il motore ispirata a quella della Lotus 78. La vettura monta gomme Dunlop.

Chiude l’elenco degli iscritti la Kojima con due KE009. Quella ufficiale è riservata a Noritake Takahara.

 

La seconda è invece gestita dalla Heroes Racing di Hiromu Tanaka per Kazuyoshi Hoshino.

Entrambe le Kojima montano ammortizzatori a gas della KYB, con i relativi serbatoi visibili nella parte posteriore della vettura, e gomme Bridgestone.

Durante la conferenza stampa del giovedì, Hunt si presenta scalzo e annuncia che vincerà il GP.

L’atmosfera è decisamente di grande relax, tant’è che la prima sessione del venerdì viene annullata per la mancanza del medico del circuito. Ecclestone ci mette una pezza facendo fare un’unica sessione da 2 ore nel pomeriggio al termine della quale Andretti e Hunt sono di nuovo i più veloci, con un secondo su Watson, Stuck, Reutemann e il sorprendente Hoshino con la Kojima.

Villeneuve è in grande difficoltà con l’assetto della T2 e non va oltre il 19° tempo (quintultimo).

Nell’ora cronometrata del sabato Andretti e Hunt non riescono a migliorare il loro tempo ma riescono a mantenere le posizioni acquisite perché nessuno è più veloce di loro. Watson riduce il distacco da 97 a 26 centesimi e mantiene la terza posizione davanti al compagno di squadra Stuck. Laffite sale al quinto posto davanti a Scheckter, Reutemann e Mass. Villeneuve migliora il suo tempo ma perde una posizione in griglia ed è solo 20°. Alle sue spalle solo Binder, Takahashi e Ribeiro. Per Andretti è la nona pole in F1, la settima dell’anno.

Questa volta il meteo non fa scherzi e la gara si disputa in una splendida giornata di sole.

Hunt scatta benissimo al semaforo verde mentre Andretti sbaglia completamente la partenza creando scompiglio e facendosi superare da diverse monoposto.

Alla prima curva ha già un vantaggio rassicurante su Scheckter, Mass, Regazzoni, Watson, Stuck e Laffite. Andretti è solo ottavo davanti a Reutemann e Hoshino.

Andretti cerca di recuperare le posizioni perse e a metà del secondo giro cerca di superare Laffite all’esterno del curvone che porta verso il tornante dietro ai box. Contemporaneamente il francese si sposta a sua volta per attaccare Stuck, Andretti non riesce a evitare la collisione con la Ligier e finisce contro il guardrail.

La ruota posteriore sinistra della Lotus si stacca nell’urto contro le barriere e rimbalza in pista mentre sopraggiungono gli inseguitori. Binder frena violentemente per evitarla e viene tamponato dalla Kojima di Takahara.

Gara finita per tutti e tre.

Con Andretti fuori causa, Hunt non ha rivali e aumenta il suo vantaggio del terzetto formato da Scheckter, Mass e Watson che ha scavalcato e staccato Regazzoni. Ancora più indietro c’è un gruppetto agguerrito composto da Stuck, Reutemann, Brambilla, Laffite, Patrese, Nilsson e Jones.

Villeneuve è in quindicesima posizione, alle spalle di Peterson. All’inizio del sesto giro il canadese sbaglia la frenata in fondo al lungo rettilineo e tampona la Tyrrell. La T2 decolla sulle ruote posteriori e comincia a rimbalzare sull’asfalto a grande velocità.

La monoposto continua la sua folle corsa e, terminata la pista, si dirige verso la via di fuga che però, nonostante sia vietata al pubblico, è affollata da spettatori e fotografi protetti unicamente da vecchi pneumatici accatastati sull’erba.

La folle corsa della Ferrari si conclude oltre le gomme dopo aver travolto molte persone. Il fotografo 25enne Kazuhiro Ohashi e il commissario di percorso (volontario) 21enne Kengo Yuasa perdono la vita. Altri 8 spettatori rimangono feriti Gilles Villeneuve esce incredibilmente illeso dal rottame della T2 e torna ai box a piedi mentre sul luogo dell’incidente arrivano le ambulanze e mezzi di soccorso.

La corsa continua normalmente nonostante la tragedia. Hunt aumenta il suo vantaggio mentre Scheckter è in difficoltà con l’assetto sottosterzante della Wolf e viene superato sia da Mass che da Watson che si insediano così al secondo e terzo posto.

 

L’impasto dell’asfalto del Fuji contiene anche la lava dell’omonimo vulcano che è molto abrasiva e il primo a farne le spese è Stuck che viene superato da Reutemann e al 24° giro rientra ai box per sostituire le gomme anteriori completamente rovinate.

Cinque giri più tardi c’è un doppio colpo di scena col contemporaneo ritiro di Mass e Watson per guasti tecnici (rispettivamente motore e cambio).

Ora Hunt ha 28 secondi di vantaggio su Scheckter, Regazzoni, Reutemann, Nilsson, Laffite, Jones e Depailler.

Al 34° passaggio lo splendido Regazzoni approfitta della scarsa maneggevolezza della WR3, supera Scheckter e si porta al secondo posto.

Il pilota sudafricano è sempre più in difficoltà con le gomme che perdono pezzi di battistrada, viene raggiunto e superato da Reutemann e al 43° giro si ferma ai box per montare gomme nuove e modificare l’incidenza dell’alettone posteriore per contrastare il sottosterzo.

La bellissima corsa di Regazzoni si conclude al giro successivo quando la pressione dell’olio del suo DFV si azzera e lo svizzero si ferma al tornantino dietro ai box.

Intanto Jacques Laffite, dopo una partenza tranquilla, ha rimontato dal nono posto e al 48° giro scalza Reutemann dal secondo posto appena acquisito.

La gara di Jarier invece è finita dopo appena 3 giri per un problema al motore.

Alle loro spalle Gunnar Nilsson difende caparbiamente la quarta posizione dagli attacchi di Jones e Depailler ma il cambio della sua Lotus comincia ad indurirsi in maniera preoccupante. Lo svedese deve così cedere il passo a entrambi e a 10 giri dal termine rientra ai box col cambio bloccato e si ritira. Nel dopogara Nilsson ha una forte emorragia al naso e un senso di nausea. Nessuno immagina che questa è stata la sua ultima corsa.

A 5 giri dal termine Depailler riesce a scavalcare Jones per portarsi al quarto posto.

I colpi di scena non sono ancora finiti perché Laffite rimane senza benzina proprio nel corso dell’ultimo giro e deve rinunciare a un ottimo secondo posto. James Hunt vince il suo decimo e ultimo GP di F1, il terzo con la M26, con oltre un minuto di vantaggio su Reutemann, Depailler e Jones. Laffite viene classificato quinto, primo dei doppiati, davanti a Patrese che conquista il suo primo punto mondiale. Scheckter fa segnare il giro più veloce al penultimo passaggio ma chiude al decimo posto.

Hunt si cambia in fretta nei box e abbandona immediatamente il circuito insieme a Watson senza nemmeno salire sul podio, facendo imbestialire pubblico e organizzatori.

Reutemann è presente in autodromo ma è sofferente alla schiena e, dopo aver atteso la decisione di Hunt, decide di sottoporsi a un massaggio ristoratore. Rimane così il solo Depailler che sale sul terzo gradino del podio in compagnia della sua Gauloises Caporal d’ordinanza. A fargli compagnia in sostituzione di Reutemann il sempre gioviale Vittorugo Tramonti della Marelli che si presta volentieri per brindare insieme al francese.

Si conclude così la stagione più lunga del Mondiale dalla sua inaugurazione (17 GP disputati) Lauda e la Ferrari non sono stati i più veloci in assoluto ma sono stati sicuramente i più abili e affidabili contrastando piloti e monoposto come la Wolf, la McLaren e soprattutto la Lotus che hanno pagato a caro prezzo gli errori dei piloti e la fragilità dei motori Cosworth.
A Maranello, nonostante il doppio trionfo, si rende necessario un chiarimento interno. I media italiani non perdonano a Villeneuve le pessime prestazioni di Mosport Park e soprattutto il catastrofico incidente del Fuji. Il canadese viene giudicato acerbo e inadatto alla massima categoria dell’automobilismo sportivo. Enzo Ferrari incarica il fido Franco Gozzi di disporre nel cortile della Scuderia i resti della T2 distrutta in Giappone per mettere Gilles davanti al disastro da lui compiuto, con l’avvertimento che un altro errore così gli sarebbe costato il posto. Il 25enne di Chambly avrà imparato la lezione?

 

Giovanni Talli

Life is racing, all the rest is waiting