FERRARI SF21

All’appello 2021 mancava solo lei, la SF21.

Dulcis in fundo? Lo dirà la pista.

Presentata oggi la monoposto che dovrà farsi carico di risollevare le sorti rosse dopo la sciagurata stagione 2020.

Resta il “muso largo” , per la somma delusione di tutti coloro che pensano che sia quello il fattore determinante per andar forte. Ciononostante è stato “smagrito” ed i tecnici di Maranello sono riusciti nell’ operazione senza usare alcun gettone di sviluppo.

Ridisegnata la punta ed i piloni che si collegano con l’ala anteriore: c’è la ragionevole certezza che lo avrebbero snellito ancor più, se non fossero stati “impediti”.

I due famigerati tokens sono stati spesi per rivedere totalmente il retrotreno, nella speranza di migliorare quel posteriore che ha mandato ai pazzi i piloti dello scorso anno.

Scatola cambio e geometria delle sospensioni riviste per recuperare il controllo del retrotreno ed anche quei punti di carico che il nuovo fondo tagliato ha portato via.

La zona centrale della vettura appare profondamente rivista per una gestione diversa dei flussi verso il fondo e l’ala. Nuova la presa d’aria sopra la testa del pilota ed il disegno delle pance che risultano molto scavate come da scuola Mercedes.

La pista parlerà tra pochi giorni. Serviranno chilometri e chilometri per capirne la bontà e magari un clima più sereno di quello che si è creato intorno alla Scuderia negli ultimi tempi.

Il lavoro più importante è stato fatto a livello PU scegliendo di rifarne una nuova e tenerla congelata per l’intero 2021 piuttosto che sviluppare la vecchia con un paio di upgrade durante la stagione. Evidentemente le limitazioni imposte non avrebbero permesso di mettere in pista un motore decoroso sviluppato sulla base di quello esistente.

Ad ascoltare i “si dice” parrebbe che in Ferrari abbiano recuperato l’80% della potenza perduta nel 2020. Vedremo se saranno sufficienti a far stare i rossi almeno nel midfield con discreta costanza, anziché farsi sverniciare sul dritto da chicchessià Williams compresa come troppo spesso accaduto l’anno scorso.

Al primo impatto si ha l’ìmpressione che a Maranello abbiano lavorato più degli altri….come era necessario fare.

Due parole sulla livrea? Piacevole il rosso sfumato, terribile l’accostamento del verde…

Io ve l’ho presentata (senza nessuna presunzione)… a voi giudizi e commenti.

 

PS.

Vogliate concedermi un pensiero personale.

Pensando a Charles e Carlos di fianco all’auto ho avuto un sussulto che ha portato alla memoria i ricordi d’infanzia..

Ho pensato alla peggior Ferrari che avessi visto nella mia vita (la T5).. come per incanto mi sono sobbalzate nel cuore le speranze riposte in “quei due” giovani ad inizio 1981.

Ero un bambino e l’emozione che mi diedero “quei due” la ricordo ancora trovandoci parecchie similitudini. Da una parte un crack assoluto in termini di velocità pura, dall’altra uno tosto veloce e consistente. Entrambi giovani, baldanzosi, verginelli e con una voglia immensa. Credo che oggi il Vecchio possa essere felice di vedere questa coppia.

 

(immagini tratte da twitter)

L’UOMO CHE UCCISE LA LOTUS

Siamo soliti pensare a Eddie Irvine in diversi modi. “Anche io adoro guidare e camminare con Valleverde Formula”, il tassinaro della Jaguar, il sostituto di Schumacher. Pochi sanno che è stato anche colui che ha messo fine all’avventura della Lotus in F1.

Courtesy of F1-Fansite-com

E’ il 1994. Negli anni Novanta la Lotus era la pallida imitazione della scuderia che vinceva i mondiali con Colin Chapman, ma anche di quella che con Senna spesso lottava per pole e vittoria. I paragoni con la Williams attuale ci stanno tutti. Il team era sommerso dai debiti, ciononostante era riuscito a mettere in campo delle auto decenti, che, grazie anche al talento della coppia piloti, lottava con Ligier, Sauber e Ferrari.

Nel 1994 il team però poteva correre in pratica grazie solo al buon cuore dei debitori. Alla ricerca di una via di fuga, il team fece una scommessa tecnica. La Lotus fino ad ora aveva aveva montato dei motori Ford di serie B, a differenza dei competitor diretti, che avevano un contratto per una fornitura di prima scelta. Malgrado la loro fragilità finanziaria, il team decise di cambiare motorista e di puntare sui Mugen Honda (in pratica dei motori Honda il cui sviluppo, dopo il ritiro della casa madre, era curata dalla Mugen – un po’ quello che vorrebbe fare la Red Bull adesso). La Footwork fece il percorso opposto, e passò dai Mugen ai Ford nel 1994.

[COURTESY OF WIKIPEDIA.COM]

All’inizio non potevano contare che sull’ennesimo aggiornamento della 107, che per quanto buona era stata introdotta nell’ormai lontano 1992. I risultati a inizio campionato furono disastrosi, mentre, per ironia del destino, la Footwork si mostrava competitiva. Il team rimase anche coinvolto nella generale follia della stagione 1994, tra lo scontro al via tra Lamy e Letho a Imola e il bruttissimo incidente di Lamy in un test a Silverstone.

La causa della scarsa competitività andava ricercata nel fatto che il team non voleva spendere le poche risorse su una vettura di passaggio, ma anche nei Mugen, che si rivelarono ben poco competitivi. Ma si vocifera di un nuovo motore che ai banchi sta girando veramente forte.

La scuderia presentò la nuova 109 in Spagna, ma la situazione restò immutata. Herbert, nelle qualifiche dell’Ungheria, venne addirittura battuto da una Simtek. La Simtek! Un team il cui quartier generale era una capra che danzava intorno a un falò. Ma, dopo tanto penare, a fine estate arriva il “motorone”. In un test a Silverstone la nuova unità propulsiva fa abbassare i tempi di 3 secondi (!!!). E il prossimo gran premio è Monza. La grande occasione è giunta.

[COURTESY OF PINTEREST.COM]

La Lotus finora era rimasta a secco di punti, cosa che nella F1 dell’epoca significava non avere accesso alla ridistribuzione dei proventi dei diritti televisivi. Oltretutto dal Giappone provengono notizie di un futuro supporto finanziario in caso di buoni risultati nel finale di stagione. Insomma, a Monza si gioca il tutto per tutto: bisogna per forza ottenere un grande risultato per salvare la stagione e la squadra, altrimenti si va a casa.

Miracolosamente tutto va come dovrebbe andare: in qualifica Herbert, dotato di nuovo motore, è addirittura quarto (!!!), a mezzo secondo da Alesi e davanti alla Williams di Coulthard. Il team era messo così male che l’altro pilota, Zanardi, dovette usare il motore vecchio perché c’era solo un cambio compatibile col nuovo Mugen. L’italiano comunque compì un piccolo miracolo, qualificandosi 13° con uno dei motori più deboli sulla griglia (Alex sostiene, telemetria alla mano, che col motore nuovo si sarebbe piazzato in pole). Sia come sia, la Lotus è della partita ed è lecito sperare non solo in un arrivo a punti, ma addirittura in un podio!

11 Settembre 1994, ore 14:00: si spengono le luci e partono le vetture. Buono spunto di Herbert che scavalca Hill e alla chicane arriva in bagarre Berger. Ci stiamo dimenticando di qualcuno?

1994 Italian Grand Prix.
Monza, Italy.
9-11 September 1994.
Johnny Herbert (Lotus 109 Mugen-Honda) is spun round at the Rettifilo Chicane at the start by Eddie Irvine (Jordan 194 Hart) because he could not brake as quickly as him so ended up hitting him from behind. Everybody else takes avoiding action in the melee.
Ref-94 ITA 01.
World Copyright – LAT Photographic

Irvine partiva nono. Lo scatto è fulmineo ed si ritrova quarto dopo lo start. All’ingresso della prima chicane manca il punto di frenata, blocca le ruote, tenta di sterzare ma la sua Jordan non può far altro che travolgere la Lotus di Herbert. L’inglese resta bloccato su un cordolo e la sua gara è finita. Disastro.

Attenzione! Non è finita qui: l’incidente innescato una serie di altre collisioni che coinvolgono un numero inverecondo di vetture. La direzione gara non può far altro che esporre la bandiera rossa. La procedura di partenza sarà ripetuta. La Lotus è di nuovo in corsa.

Sfortunatamente la vettura è troppo danneggiata per ripartire. Herbert dovrà partire dai box con il muletto, equipaggiato con il vecchio Mugen Honda e che in tutto il weekend non aveva compiuto neanche un installation lap. Ma, visto che la Lotus si era dimostrata competitiva per conto suo, come aveva dimostrato Zanardi, non è ancora detta l’ultima parola.

A questo punto Zanardi ha tutti gli occhi puntati addosso. L’italiano è in giornata e al restart passa diverse vetture. Dopo mezzo giro è già decimo. Siamo alla Variante Ascari.

La faccio breve. Jos Verstappen manca il punto di frenata e travolge l’incolpevole Lotus, per la seconda volta in pochi minuti. Zanardi out. Il fardello della salvezza è di nuovo sulle spalle di Herbert.

La Lotus si comporta bene sul tracciato brianzolo e dopo una dozzina di giri ha già recuperato una decina di posizioni. Il podio è fuori portata, ma almeno i tanti sospirati punti sono fattibili.

Al 13° giro la 109 si ammutolisce. Alternatore rotto. Stavolta è finita sul serio.

Courtesy of Allinsport.ch

Il 12 Settembre il direttore della Lotus mette la società in amministrazione controllata. La squadra corse continuerà a correre fino alla fine dell’anno, ma riusciranno a ricreare la velocità mostrata a Monza solo in un test a fine campionato. Altri tentativi di salvare la scuderia saranno infruttuosi.

Risulta chiaro che Monza era l’ultima spiaggia per il team. Con un risultato migliore forse avrebbero continuato a correre, e magari si sarebbero ripreso, specie in caso di maggior coinvolgimento della Honda. Per fare un parallelo con la storia recente, è quello che è successo alla Sauber. Senza i punti di Nasr nel Brasile 2016, la compagine elvetica sicuramente avrebbe chiuso i battenti. Invece quel gran premio ha permesso alla scuderia di sopravvivere, nell’arco di un paio di anni si è assestata e ad oggi la sua posizione è solida e la sua fama riconosciuta.

Tornando alla triste vicenda della Lotus, nel 1995 la squadra (che aveva fatto in tempo a progettare la nuova vettura, la 112) chiuse e le attrezzature vennero cedute alla Pacific Racing, che comunque non andò lontano.

[Immagine in evidenza tratta da Reddit]

Lorenzo Giammarini, a.k.a. LG Montoya

MOTOGP TEST – DAY2 – ROSSI IN DIFFICOLTÀ.

Nel time Attack qualcosa deve essere andato storto, oppure neanche lo ha tentato però spicca subito all’occhio la posizione di Valentino Rossi. 20^ posizione per il Pilota Petronas che chiude questa giornata di test col tempo di 1’55″708. Addirittura più lento del fratello rookie. Luca Marini chiude in 18^ posizione col tempo di 1’55″605.

“SonoSoloTest” è la frase che va di moda, ma è molto significativo vedere una posizione del genere a fronte del risultato degli altri Piloti di Iwata.

Fabio Quartararo con 1’53″940 sfiora il record della pista e chiude in testa questa giornata.  Morbidelli con 1’54″153 e Vinales con 1’54″395 entrano in Top10. Il gap dai compagni di marca è davvero significativo.

Se in altri tempi qualche “addetto ai lavori” avrebbe parlato di pretattica di Valentino, qui è davvero difficile non storcere il naso. Sicuramente Vale nei prossimi 3 giorni di test si metterà in pari con gli altri, per adesso è buio pesto.

https://twitter.com/AngyFra89/status/1368621772573192193?s=19

Gli unici “Piloti Ufficiali” che si mette dietro sono le KTM di Danilo Petrucci, Iker Lecuona e Brad Binder.

Sicuramente i prossimi tre giorni di test riporteranno Valentino Rossi alle posizioni che più gli si addicono. In Petronas sono esigenti.

 

LA STORIA DEL DRAKE PARTE 8- ANNI DURI: DAL 1957 AL 1961

Dino Ferrari è appena deceduto, il cuore di Enzo è spezzato e il Drake medita l’addio alle corse ma, fortunatamente, questo non avverrà mai.

Siamo nel 1957, anno che rappresenterà l’ennesimo travaglio per Ferrari. Oltre i tormenti del Drake, ci sarà l’addio alle corse di Pietro Taruffi, chiamato da tutti “la volpe argentata”, nomea dovuta ai suoi capelli bianchi.

Pietro fu pilota Ferrari durante i mondiali di Formula 1 del 1951, 1952, 1954 e 1955, e raggiunse il terzo posto nel mondiale, suo migliore piazzamento di sempre, nel 1952.

“Altra volpe argentata – come lo chiamava la folla per i capelli grigi degli ultimi anni e per il temperamento – era l’ingegner Pietro Taruffi, che debuttò proprio con un’Alfa della Scuderia Ferrari nel 1931 al circuito di Bolsena. Debuttò e vinse.”(Enzo Ferrari)

Sarà proprio Pietro Taruffi a vincere, per la Ferrari, l’ultima edizione della Mille Miglia del 1957.

Pietro ha già corso per tredici volte la Mille Miglia ma senza mai vincerla, ha 51 anni e prima della corsa fece una promessa alla moglie: quella sarebbe stata l’ultima corsa della sua vita se riuscirà a trionfare. Enzo è al corrente di questa promessa e decise di aiutare Pietro in questa impresa.

E’ il 12 maggio, giorno della competizione, Taruffi è in seconda posizione, arriva al rifornimento fisicamente distrutto, ad attenderlo c’è Ferrari che cerca di rincuorarlo e gli annuncia che Peter Collins, avanti a lui, ha problemi tecnici, mentre dietro di lui Wolfgang Von Trips di certo non proverà l’attacco poichè sarà avvertito da Ferrari di non farlo. Peter e Wolfgang erano suoi compagni di squadra.

Ferrari a quel punto abbandona e torna a Modena, Collins si ritira e Von Trips, da perfetto uomo di squadra, accompagnò Taruffi al traguardo che vincendo, mantenne la parola alla moglie.

Purtroppo questa grande gioia per la squadra di Maranello è macchiata da un doloroso incidente, accaduto proprio nelle battute finali.

Poco vicino Mantova, la ruota della Ferrari 335 S di Alfonso De Portago scoppia, la vettura va fuori strada e nell’incidente moriranno sia il pilota che il suo copilota. Purtroppo non solo i piloti saranno vittime dell’incidente ma anche nove spettatori, quattro dei quali erano solo dei bambini. Un vera tragedia. Gli organizzatori decideranno di cancellare la corsa al fine di non ripetere più questi infausti avvenimenti.

Ovviamente dalla tragedia di Guidizzolo, comune del mantovano dove avvenne l’incidente, derivarono polemiche davvero molto aspre e dure nei confronti di Enzo Ferrari che verrà additato come responsabile dell’accaduto.

Enzo sarà, successivamente, chiamato dalla magistratura che lo processerà per omicidio colposo: secondo l’accusa la colpa era quella di aver dotato la vettura incriminata di pneumatici non adatti alle prestazioni della stessa.

Dopo quattro anni, caratterizzati da aspre battaglie giudiziarie,  Ferrari viene assolto. A seguito di molte e scrupolose perizie trovarono che lo scoppio del pneumatico è da imputare ad uno degli “occhi di gatto” installati a bordo strada. Decisione fu che verranno vietati su tutto il territorio nazionale.

Il 1957 era iniziato sotto una cattiva stella per la Ferrari, anzi era cominciato con molta afflizione, visto il quinto posto ottenuto dal Cavallino Rampante nel Gran Premio di Argentina, il 13 gennaio, mentre per la Maserati sarà un dominio assoluto.

Lo squadrone rosso per quell’annata poteva disporre di pezzi da novanta del motosport mondiale. Piloti del calibro di Luigi Musso, Peter Collins, Wolfang Von Trips, Alfonso De Portago, Mike Hawthorn ed Eugenio Castellotti avevano abbracciato il progetto della casa modenese.

La Ferrari comunque non è una squadra che non lotta, anzi continua a combattere con tutte le sue forze per risollevare la china.

Subito dopo il Gran Premio di Argentina la Scuderia Ferrari si rifa nella 1000 km di Buenos Aires dove Musso, Castellotti e Gregory vincono con la 290 MM.

Di lì a poco , però, ci sarà l’ennesima tragedia per il Drake: la morte, durante un collaudo sul circuito di Modena, di Castellotti.

Ma chi era Eugenio Castellotti?

Eugenio Castellotti era definito dal Drake un giovane signore di campagna. Proveniente da Lodi, arrivò nel mondo delle competizioni pagando tutto di tasca propria.

“Non si può dire che sia stato un pilota di classe eccelsa e di stile perfetto, ma si deve dire che è stato un giovane dal cuore enormemente grande, un atleta di straordinaria generosità”(Enzo Ferrari)

Di Eugenio si ricorda molto probabilmente la prova superba della Mille Miglia del 1956, ottenuta sotto una pioggia torrenziale. E’ proprio in questa cornice plumbea che Eugenio da prova di tutto il suo coraggio.

Enzo lo ricorda anche come un grande improvvisatore.

Ricordo che nel Giro di Sicilia del 1957 Eugenio era in testa, a quattro quinti di gara, con oltre 7 minuti di vantaggio. Appiedato per un banale incidente a Fiumefreddo, nascose la vettura spingendola in una strada laterale, lasciò passare il suo inseguitore, Taruffi su Maserati, e riuscì a segnalare al compagno Collins la situazione creatasi. Così Collins recuperò il ritardo di 8 minuti e vinse con 53 secondi di distacco il suo Giro di Sicilia” (Enzo Ferrari)

Un ragazzo davvero generoso, che certamente avrebbe voluto la vittoria per sé ma che si prodigò tantissimo alla causa della squadra. Forse è anche per questo che Enzo lo amò tantissimo non tanto per il suo talento e per la sua velocità quanto per il suo forte spirito di gruppo. Ma ci lasciò davvero prematuramente.

Arriviamo al mese di marzo del 1957, precisamente al 14, quando Eugenio venne chiamato da Enzo per eseguire delle prove sulla pista di Modena. Castellotti doveva anche battere il record del circuito che apparteneva a Jean Behra. Ma una semplice prova si trasformò in un disastro. Mentre il pilota stava per affrontare una curva nelle vicinanze del rettilineo delle Tribunette, perse totalmente il controllo della vettura e si andò a schiantare a circa 200 km all’ora. Per Eugenio non ci fu niente da fare, morì sul colpo.

Furono configurate varie ipotesi riguardo l’incidente, tra le quali compaiono anche le condizioni psicofisiche del pilota. Si dice che Eugenio fosse molto stanco visto che poco prima del test si trovava a Firenze per seguire la fidanzata Delia Scala, attrice, che stava partecipando ad una piece teatrale. Si indagò anche sul panorama tecnico in cui versava la macchina, si ipotizzava infatti un repentino cedimento dell’albero della trasmissione della monoposto. I funerali si tennero il 16 marzo dove si ebbe una sentita partecipazione di tutti i suoi colleghi.

Purtroppo non solo il 1957 fu un anno avaro di gioie ma ricco di patimenti per la Ferrari ma anche il 1958 continuò sulla falsa riga dell’anno precedente. Avevamo salutato Castellotti, De Portago e il suo copilota e alcuni civili e il mondo dell’automobilismo ancora non sapeva che sarebbero morto, il 6 luglio, un altro personaggio davvero caro al Drake, il pilota Luigi Musso, scomparso in un incidente a Reims.

Luigi Musso, nato a Roma, il 28 luglio 1924, da una famiglia benestante, si appassionò sin da giovane alle macchine e cominciò a gareggiare solo verso gli anni ’50 ma si mostrò subito molto forte e deciso, tanto che nel 1953 si laureò campione italiano di sport prototipo nella categoria per motori a 2 litri.

Fece il suo ingresso in Formula 1 sempre nel 1953 guidando una Maserati nel Gran Premio di Italia. Continuò il suo cammino in Maserati fino al 1955 per poi fare il passaggio in Ferrari. E sarà proprio il Cavallino Rampante a regalare a Musso la sua prima vittoria, in occasione del Gran Premio di Argentina.

L’anno successivo Luigi, ottenendo il terzo posto nella classifica piloti, raggiunse il suo miglior risultato in carriera. Nel 1958 decise di rimanere legato ancora alla Rossa, con la quale guadagnò due secondi posti nelle prime due gare della stagione, addirittura grazie a questi due piazzamenti Luigi prese il vertice della classifica.

Purtroppo la carriera di Luigi si arrestò durante il Gran Premio di Francia, complice un incidente alla curva Gueux, chiamata anche Curva del Calvaire. Era il decimo giro, Musso inseguiva Hawthorn ma purtroppo terminò la sua corsa nel fossato presente all’esterno della curva, la vettura si capovolse. Inutili furono i soccorsi e il trasporto in ospedale Musso versava in condizioni davvero disperate e critiche. Morì qualche ora più tardi a causa di ferite molto gravi riportare alla testa.

“Luigi Musso è stato l’ultimo pilota italiano di classe internazionale, direi l’ultimo esempio di una scuola di guidatori di stile perfetto, che prese l’avvio da Nazzaro e da Varzi. Aveva cominciato anche lui con vetture Sport acquistate con i suoi soldi, e lo chiamavano Luigino, poi fu il Luigi campione d’Italia professionista sportivo. E restò un signore. Scomparve nel 1958 a Reims. Su quell’incidente con Mike Hawthorn, pochissimo si è scritto e abbastanza si è detto, ma i più non conosceranno mai compiutamente la verità o le verità. Resta un fatto: quando l’ansia della vittoria pervade un pilota generoso, è facile che egli affronti rischi non calcolabili, soprattutto quando l’antagonista diretto è animato dalla medesima ostinata volontà di successo.”(Enzo Ferrari)

A vincere la gara fu il compagno di squadra Mike Hawthorn che, grazie a questa unica vittoria, conquistò il titolo mondiale. Ma l’incidente di Musso lasciò profonde cicatrici nel cuore di Mike che decise comunque di ritirarsi.

Sei settimane dopo l’annuncio del suo ritiro Mike morì per un incidente accaduto, nei pressi del Guildford Bypass, con la sua macchina da turismo, una Jaguar Mk1 3.4 . Furono pochi i testimoni oculari dell’evento, uno dei quali fu Rob Walker, proprietario di una scuderia privata di Formula 1, che affermò che Hawthorn avesse bevuto un po’ troppo. Finendo contro un albero, terminò la sua vita.

Che destino per Luigi e Mike. Morti lo stesso anno, per la stessa causa in due occasioni diverse, uno durante una corsa e l’altro in circostanze davvero stupide. Chissà forse era destino per entrambi finire i loro giorni così, guidando, facendo ciò che a loro piaceva di più.

Hawthorn primo pilota inglese a vincere un mondiale, fu vittorioso non solo il Formula 1 ma bensì anche nella famosa edizione della Le Mans del 1955, gara che spesso viene ricordata per l’infausto incidente dove persero la vita ben 83 persone e il pilota di Pierre Levegh.

Viene ricordato anche per la vittoria del Gran Premio di Francia del 1953, durante il quale fu capace di tenere testa alla leggenda del momento, Juan Manuel Fangio.

“Hawthorn è stato un pilota sconcertante per le sue possibilità e per la sua discontinuità. Un giovane capace di affrontare e risolvere qualunque situazione con un coraggio freddo e calcolato, con una prontezza eccezionale, ma incline anche a cadere vittima di paurosi cedimenti. Tutto sommato, era comunque un pilota che nelle giornate in cui era in vena non temeva rivali e seppe dimostrarlo in numerosi occasioni”(Enzo Ferrari)

Lo stesso anno il mondo delle corse perse anche Peter Collins al Nurburgring, precisamente il 3 agosto.

Peter Collins, nato a Kidderminster, il 6 novembre 1931, vinse in tutto tre gran premi. Fece il suo debutto in Formula 1 con la HW Motors e arrivò in Ferrari nel 1956.

Peter è un bel ragazzo e come lo descrive Enzo Ferrari  non tanto alto, robusto e con la faccia schietta.

La particolarità di Peter non era solo il suo talento nel correre ma anche la profonda competenza meccanica, derivata da un contesto famigliare molto particolare dedito alle costruzioni meccaniche e di grandi imprese di trasporti.

“Peter era l’uomo che montava su una macchina e al primo giro di percorso sapeva individuare l’esatto regime di coppia massima del motore, il regime massimo al quale conveniva sfruttarlo e cambiare le marce per ottenere il miglior rendimento, e così via. Era un pilota, in una parola, che assimilava la macchina.”(Enzo Ferrari)

Collins verrà ricordato anche per un gesto di estrema generosità fatto nei confronti di Juan Manuel Fangio, infatti il pilota inglese decise di concedere la sua vettura all’avversario diretto per la vittoria del mondiale.

L’evento avvenne al Gran Premio di Italia a Monza, del 1956, quando il capitano della Lancia-Ferrari Juan Manuel Fangio decise di ritirarsi a causa di un problema meccanico. Rinunciando a correre, Fangio avrebbe consegnato la leadership al rivale della Maserati Stirling Moss. Collins, che in quel periodo era il compagno di squadra di Fangio, optò per cedere la vettura al suo caposquadra, il quale non solo ottenne il secondo posto in gara ma anche il titolo mondiale, il quarto per l’esattezza. Ovviamente la pratica era concessa dal regolamento sportivo.

“Non ho mai pensato che un giovane di venticinque anni come me, possa assumersi una responsabilità tanto grande. Io ho molto tempo davanti a me: Fangio deve restare ancora per quest’anno campione del mondo perchè lo merita, e io sarò sempre pronto a dargli la macchina ogni volta che questo potrà agevolarlo”(Peter Collins) 

Ma il tempo e il destino con lui furono avari e crudeli, infatti perì due anni dopo senza mai aver vinto il titolo mondiale. L’ appuntamento con il fato avvenne sul circuito del Nürburgring: la sua vettura, una Ferrari 246 F1, purtroppo uscì di strada alla curva Pflanzgarten e finendo in un fosso si cappottò più volte. Morì durante il tragitto verso l’ospedale di Bonn per le fratture che aveva riportato al cranio.

L’ennesimo lutto importante, in casa Ferrari, avvenne nel 1961 nell’Autodromo di Monza il 10 settembre, precisamente alla Parabolica. Protagonisti dell’incidente furono Wolfgang Von Trips e Jim Clark.

“Un giovane di grande nobiltà d’animo”(Enzo Ferrari)

Wolfgang Alexander Albert Eduard Maximilian Reichsgraf Berghe von Trips, nato a Colonia il 4 maggio del 1928, ha all’attivo due vittorie in Formula 1.

Nonostante soffrisse di una forma di diabete, Wolfgang riuscì comunque ad intraprendere la carriera da pilota.

“Amava tutti gli sport, ma in particolare l’automobilismo ed era un signore nella guida come lo era nella vita. Pilota velocissimo, era capace di qualsiasi ardimento senza che quel sorriso costantemente atteggiato a una leggera mestizia abbandonasse il suo volto fine e nobile.”(Enzo Ferrari)

In Formula 1 venne soprannominato Taffy, e fu ingaggiato dalla Ferrari nel 1957 e proprio durante l’anno della sua dipartita vincerà le sue prime due e ultime gare, esattamente in Olanda e in Gran Bretagna.

Ma dietro l’angolo, anche per lui, si nasconde la maschera della morte con la sua grande falce, pronta a prenderlo con sé.

Il trapasso avvenne appena nelle prime tornate del Gran Premio quando il pilota tedesco entrò in collisione con Jim Clark alla Parabolica. La Ferrari di Wolfgang, uscendo di pista, si schiantò contro le protezioni, dietro le quali c’erano un gruppetto numeroso di spettatori. Oltre a Von Trips perirono 15 persone.

L’incidente ebbe molti contraccolpi anche all’interno della squadra. Infatti si dimisero 8 fra dirigenti e tecnici fra i quali Carlo Chiti e Giotto Bizzarrini. Insomma proprio una rivoluzione. Ferrari a questo punto decise di nominare come direttore tecnico un giovanissimo Mauro Forghieri.

Laura Luthien Piras

MOTOGP TEST 2021 – DAY 1

Li aspettavamo. Aspettavamo la MotoGP, aspettavamo i Piloti ed anche Aprilia. Partiamo dal presupposto che “SONO SOLO TEST” ed i Mondiali si vincono a fine campionato, siamo qui per analizzare quanto successo in pista nel primo giorno di Losail.

Pista molto sporca all’inizio che viva via va gommandosi. Nel 2020 ben 7 Piloti erano scesi sotto 1’55” mentre quest’anno soltanto Mir, Bradl ed Aleix Espargaró.

Aleix Espargaró ha chiuso in testa la prima giornata di test con 1’54″687 migliorandosi rispetto allo scorso anno di oltre mezzo secondo.

Ottimo anche Stefan Bradl con 1’54″943 ed il Campione del Mondo in carica Joan Mir con 1’54″980 . Mir ha girato però mezzo secondo più lento del 2020 ed ha completato poco meno di 40 giri.

Ottimo Oliveira (5°) che chiude, nel finale di prove, in 1’55″091 come miglior KTM del gruppo.

Jack Miller (4°) e Johann Zarco (6°) le prime Ducati. Per l’Australiano 1’55″022 (1’55″430 nel Day1 2020) e per il Francese ben 1’55″110 (1’55″360 nel Day1 2020). Molto staccata l’altra Ducati ufficiale di Bagnaia (13°).

Il Piemontese gira in 1’55″572, ben 3 decimi più lento del  Day 1 2020 e prendendosi ben mezzo secondo dal compagno di Team. 

Anche Morbidelli (7°) in 1’55″174 (1’54″700 nel Day1 2020)e Rins (8°) in 1’55″198 (1’54″462 nel Day1 2020) a ridosso della Top5. Entrambi peggiorano rispetto al Day1 dei test in Qatar 2020. Addirittura Alex Rins perde quasi 7 decimi.

Chiudono la Top10 Vinales (9°) in 1’55″259, peggiorato di tanto rispetto al 1’54″494 del 2020; Alex Marquez (10°) in 1’55″278 migliorato di oltre un secondo. Il suo tempo 2020, all’esordio in MotoGP a Losail fu di 1’56″552. Infine Nakagami (11°) in 1’55″467.

Valentino Rossi chiude 14° in 1’55″584 in netto ritardo rispetto al 1’54″876 (+0″718) del 2020. Arriva però davanti a Fabio Quartararo (14°) in 1’55″707, forse il più deludente quest’oggi.

Molta attesa per Pol Espargaró che chiude in 17^ posizione con un notevole 1’55″878. Sembrerebbe una delusione ma a mio avviso non lo è.

Proviamo a capire perché: Jorge Lorenzo girò, nel 2019 al primo giorno di test a Losail, in 1’57″090, quindi Pol ha girato ben 1″212 del Maiorchino al primo giorno di Sepang.

Riguardo ai rookie davanti a tutti Jorge Martin (18°) in 1’56″147, Savadori (19°) in 1’56″511, Bastianini (20°) in 1’56″593 ed ultimo Marini (24°) in 1’57″335.

Male Petrucci (23°) in 1’56″989 che chiude dietro a molti rookie.

Il Pilota che ha girato di più è stato proprio Pol Espargaró con ben 68 giri, poi Quartararo 65 e Petrucci 60.  Tra i big chi gira di meno è proprio Mir con 41 giri.

Qui un confronto del tempi con quelli del Day1 del 2020👇

Appuntamento a domani per il Day2.

Francky

 

(immagine di copertina tratta dal sito ufficiale della MotoGp)

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