Hamilton fa la differenza in USA, Mercedes campione costruttori

Nella carriera di ogni campionissimo c’è un momento in cui lo stato di forma raggiunge il livello massimo. Probabilmente Lewis Hamilton si trova proprio in questo momento, a 10 anni esatti dal debutto e da un mondiale perso all’ultima gara di una stagione nella quale aveva fatto intuire quanto grande fosse il suo talento. Ironia della sorte, di fianco a lui sul podio oggi c’era, ancora vestito di rosso, colui che quel mondiale glielo sottrasse, e cioè Kimi Raikkonen.

Ma andiamo con ordine. Il venerdì avevamo già visto che in Texas non ce ne sarebbe stato per nessuno. Hamilton aveva dichiarato che si sentiva bene come non mai. E infatti il sabato ha stampato la ormai usuale pole. Nel frattempo il rivale per il mondiale continuava ad essere vittima di problemi tecnici, questa volta di telaio, ma poi piazzava la sua Ferrari in prima fila. E alla partenza ha bruciato Lewis dando l’illusione, per qualche giro, di potere far sua la gara. Ma solo di illusione si è trattato, perchè inesorabilmente l’inglese, con un sorpasso perentorio, ha ripreso il comando e lo ha tenuto indisturbato fino alla fine, gestendo magistralmente una gara basata su una sola sosta, ed essendo capace di mantenere un ottimo ritmo anche con le gomme soft. Come lui solo il buon Kimi è riuscito a gestire un solo cambio, pagando però dazio verso la fine, quando ha dovuto lasciare passare il compagno, complici problemi di consumo (immancabili quando Vettel lo sta avvicinando), per poi farsi superare a poche curve dal traguardo dall’arrembante Verstappen, poi letteralmente cacciato dalla saletta pre-podio causa penalizzazione per taglio di curva.

Ferrari seconda e terza, quindi, ritornando là dove è stata per tutta la stagione, e cioè dietro la Mercedes di Hamilton. Ma questa volta, come detto, la sensazione è che la differenza l’abbia proprio fatta il pilota inglese, se è vero che il compagno finlandese è sprofondato nel finale di gara al quinto posto, a causa di un pit stop non pianificato per sostituire le gomme soft che non aveva saputo gestire bene quanto Lewis.

L’impressione è che i disastri asiatici alla fine del mondiale non avranno fatto la differenza più di tanto, contro questa accoppiata. E che alla Ferrari manchi (e sia sempre mancato, durante la stagione) quel piccolo step di prestazione che le possa permettere di lottare per la vittoria in ogni occasione. Step che sembra avere decisamente fatto la Red Bull, che anche oggi ha mostrato, con Verstappen, un passo eccezionale, con quest’ultimo capace di rimontare dal sedicesimo al terzo posto (poi diventato quarto). Resta, come in alcune delle gare scorse, il dubbio di cosa avrebbe potuto fare Max se fosse partito nelle prime file (a parte creare grossi problemi alle macchine rosse, s’intende). E anche in questo caso c’è da chiedersi quanto ci sia del pilota e quanto della macchina in queste ottime prestazioni.

Oggi abbiamo visto delle bellissime lotte, a partire da quella fra Bottas e Ricciardo nei primi giri, capaci di fare lo snake fianco a fianco, e anche sorpassi spettacolari, primo fra tutti quello in curva 1 di Vettel su Bottas, durante il doppiaggio di Vandoorne. Come sempre, quando il circuito aiuta, e quello di Austin è indubbiamente uno splendido tracciato, i sorpassi si vedono.

Dietro i primi, a debita distanza, il solito Ocon seguito da Sainz, che ha riportato in alto la Renault dopo alcune gare decisamente opache, a dimostrazione del fatto che il pilota può ancora fare tanta differenza, specialmente per i team di seconda fascia (Force India docet). Ora anche Hulkenberg, oggi ritirato, si dovrà dare una mossa. Così come se la sono data Massa e Kvyat, arrivati al nono e decimo posto dietro Perez. Entrambi sono in odore di licenziamento (il secondo addirittura al rientro dopo un appiedamento provvisorio), e hanno ottenuto in Texas un risultato che deve fare riflettere chi ha in mano il destino dei loro contratti.

Fuori dai punti troviamo Stroll, autore di una pessima prestazione, nonostante il suo ingegnere personale, Baldisserri, sia stato elevato al ruolo di ingegnere di pista, poi Vandoorne e il debuttante Hartley. Pessima gara di casa per la Haas, coi due piloti sempre in grandissima difficoltà, e Magnussen capace di arrivare dietro alla Sauber guidata da Ericsson. Ritirato Alonso, il quale è evidentemente destinato, in terra americana, ad essere lasciato a piedi dal suo motore Honda.

Nel giorno in cui la Mercedes vince il mondiale costruttori, sul podio viene mandato James Allison, poco più di un anno fa cacciato con ignominia da Maranello. Un segnale significativo mandato ai rivali. E non dimentichiamo che un altro ex, Aldo Costa, oggi ha messo in bacheca il quarto titolo consecutivo di una macchina da lui disegnata.  Come si suol dire, meditate gente, meditate.

Ora si va a Città del Messico, in una città che si sta riprendendo dal terremoto di poco più di un mese fa. Non si può non chiedersi come sia possibile riprendersi in così poco tempo da eventi di questo tipo, ma i messicani avevano fatto subito sapere che ci voleva ben altro per metterli in difficoltà. La gara potrebbe definitivamente dare a Lewis il quarto titolo mondiale. Gli basterà non perdere più di 17 punti, cosa che al momento sembra impossibile. Più probabile è che questo mondiale, alla fine, assomigli a quello del 2013, quando Vettel nella seconda parte della stagione lasciò solamente le briciole all’avversario di turno, che anche all’epoca era la Ferrari, in quel caso però molto più lontana dalla Red Bull di quanto lo sia ora dalla Mercedes.