GP Belgio 2016 – De amicitia.

… La cosa bella è che un italiano guarda la gara e magari poi spegne anche la tv  gasato dai vari Vanzini e Vandone e Gene pensando, dai, che a Monza andiamo a comandare. Forse le tv e la percezione del tifo italiano vedono un bicchiere mezzo pieno dove c’è un’incrostazione di calcare sul fondo, e allora peccato per la drammatica prima curva, ah ma la prestazione c’era, e sottolineiamo l’ottima prova in rimonta della Ferrari…

Ok, un bel respiro e compiamo un passo indietro e da un’ideale collinetta (dall’altezza del Raidillon, vah) proviamo a analizzare il GP appena disputato.

Si è arrivati a Spa-Francorchamps con la notizia che Hamilton avrebbe omologato dei motori nuovi, per scontare le relative penalità tutte assieme su una pista dove recuperare era sicuramente più facile, e non rischiare più rotture da usura da qui a fine stagione. (In ciò imitato da Alonso). Quindi la lotta per la pole non lo ha annoverato fra i concorrenti e alle 15 del sabato Rosberg ha prevalso di pochissimo su Verstappen, e questo di un’inezia su Raikkonen; più staccato Vettel quarto.

Già a fine qualifiche si percepiva, a mio avviso, un nervosismo latente in Vettel, che sente la necessità di spiegare a fine giro in team radio (cioè in mondovisione) tutti i problemi della sua auto che gli hanno impedito di migliorare ulteriormente. In sé potrebbe non essere troppo strano, ma certo rilasciare certe analisi a favore del mondo e non attendere di compierle al chiuso dei box sa un po’ di excusatio non petita, in un weekend in cui il compagno sta avendo una prestazione migliore. Così, già su questo sito ieri sera mi ero chiesta: Vettel saprà difendere le spalle del compagno alla prima curva in un’ottica di squadra, oppure sarà il suo primo rivale?

Il compagno di squadra è il primo rivale, certo. Un ferrarista lo sa da tanto, e se lo ricorda ogni volta che pensa a quel Gran premio che si correva un tempo a Imola. Ma esserlo alla prima curva di un GP dove non ci si gioca nessun mondiale, e dove c’è da guardarsi da fior di avversari, sa un po’ di idiozia: forse un team manager (forse, un team manager) dovrebbe prendere i suoi un paio d’ore prima della partenza e dire loro, per prima cosa vedete di uscire vivi dal primo giro, e poi fate quel che dovete fare.

Ma il team manager in Ferrari è una figura professionale non pervenuta, direi. Quindi al semaforo verde Verstappen pasticcia, Raikkonen parte bene lo passa e imposta la sua curva, Verstappen vede che è rimasto dello spazio e si butta all’interno – e Vettel dovendo dimostrare che anche lui c’è e c’è di più degli altri entra su Raikkonen all’esterno, lo chiude a sandwich, lo urta, lo sbatte contro Verstappen, e frittata.

Volano ali: Raikkonen fora e deve affrontare i 7km di salite e cuve e rettilinei di Spa che lo separano dal pit stop arrancando (l’auto raggiunti infine i box prenderà anche fuoco mentre cercano di ripararla), anche Verstappen deve rientrare per riparazioni pur meno serie, Vettel finisce verso il fondo a sua volta. Nella miriade di incidentini dei primissimi giri ci si gioca anche Button, tamponato da Wehrlein (come fosse un Kvyat qualsiasi); Sainz, che a un certo punto gira su tre ruote e con l’ala montata al contrario rivolta verso il cielo; e infine Magnussen che proprio al Raidillon prende male un cordolo e si stampa a velocità mostruosa contro le barriere, ma ne esce miracolosamente indenne.

Safety car e poi bandiera rossa, con Rosberg primo, Ricciardo secondo, le Force India e magicamente un grande Alonso che ha saputo evitare Scilla, Cariddi, le sirene, i lotofagi e portare la sua barba in salvo in zone più sicure. Dietro Alonso, Hamilton, a testimoniare come partire ultimi sia un’elementare norma di sicurezza a volte.

Al ripartire della gara, le Ferrari vanno in rimonta e Raikkonen si ritrova a lottare ancora con Verstappen: ed è qui a mio avviso che s’è visto che se manca una Direzione in Ferrari, manca anche una Direzione di gara in senso assoluto per la Formula 1. Il contatto della prima curva, dal punto di vista della responsabilità del giovane olandese è stato un contatto di eccessiva irruenza, ma classificabile come di gara: ha visto uno spazio, non ha saputo valutare che sarebbero potuti uscire non del tutto sani, si è buttato – che poi, fossero stati solo loro due, avrebbero potuto anche cavarsela. Gestione da vena chiusa, come si dice, ma l’aggressività nei giovani è così. Quello che Verstappen ha fatto nella lotta con Raikkonen di metà gara è stato invece difficilmente giustificabile, perché lo ha accompagnato fuori pista tenendocelo a Les Combes e obbligandolo a tagliare la chicane (oltre a numerose altre chiusure più che “secche”). Manovra, a Les Combes, che poco dopo ha replicato anche con Perez. In situazioni molto meno nette sono state date penalizzazioni, pensiamo anche solo a Rosberg in Austria. Qui il reiterarsi di manovre ben oltre il limite della competizione è stato totalmente ignorato: come se avesse regole sue, che prevedono l’esenzione dal rispetto di ogni regola.

In ogni caso, dopo le usuali emozionanti differenziazioni di strategia (gomme bianche, gialle, rosse…), si è arrivati al traguardo con un Hamilton che è riuscito a issarsi sul podio alle spalle di Rosberg e di Ricciardo, le due Force India con Hulkenberg davanti a Perez, Vettel, un ottimo Alonso, Bottas, Raikkonen nono e Massa. Per il campionato i due Mercedes sono sempre più su ma con una distanza un po’ ridotta fra loro, Ricciardo è saldamente terzo e Vettel ha scavalcato di pochi punti Raikkonen – sento risuonare un ponci-ponci-popopo glorioso. Si fa finta di non accorgersi per carità di patria, nelle telecronache, che ormai la seconda forza nella classifica è diventata la Red Bull, e questo su un circuito dove il motore l’avrebbe dovuta far soffrire.

Dal mio punto di vista oggi in Ferrari è avvenuta una cosa gravissima. In una giornata in cui c’era una possibilità di arrivare a un risultato anche insperato(di quelli che quest’anno latitano come la foca monaca a Torvajanica), uno dei due piloti ha distrutto la gara di tutto il team solo per uscire primo dalla prima curva, costi quel che costi. Anche senza lavare panni in pubblico, questo episodio richiederebbe ben altra analisi che non dare la colpa al terzo che era lì, che di responsabilità ne ha perchè c’era, ma non è stato il primo a innescare il contatto. Ho perfino sentito dire che nel concorso di colpa andrebbe messo anche Raikkonen che ha lasciato troppo spazio – peccato che stesse impostando una chicane che non è esattamente una impercettibile sinuosità dell’asfalto, e non la si imposta dal gomito interno.

Come ragionano i tifosi non so, anche ammesso che ragionino. Ma la Ferrari ha anche un padrone, e quello qualcosa dovrebbe dirne.