FORMULA 1 MAGYAR NAGYDIJ 2016 Hungaroring

La mia non più acerba età mi permette di ricordare bene il primo GP di Ungheria, nel 1986. Tirava aria di perestrojka, si intuiva che dei muri iniziavano a traballare, ed eravamo curiosissimi di vedere come sarebbe stato accolto il Circus della F1 in un Paese dell’altro blocco.    Fu un GP che non deluse: il sabato, con una stratosferica pole position di Senna sulla Lotus-Renault con i suoi assetatissimi ma prestazionali motori turbo da qualifica, e la domenica con una gran battaglia brasiliana fra Senna e Piquet, che la spuntò con un sorpasso di quelli che… che… un sorpasso, suvvia. Altro non devo aggiungere, beato chi li ha vissuti: sarà una frase da vecchi tromboni, però ci rende felici ricordarlo e tanto basta.

Trent’anni esatti dopo quel debutto, l’Ungheria è ora un classico estivo. Quest’anno ci si arriva in una situazione di grande incertezza sia nei piani alti che in quelli mediani, e tutti si attendono una rivalsa in terra magiara. Piloti, squadre, e sbandieratori di bandiere blu .

In Mercedes Rosberg è sempre in testa alla classifica, ma Hamilton ha recuperato lo svantaggio delle prime gare e la sensazione ancora irrazionale è che tiri più aria di alloro britannico che tedesco.  Il fatto è che il  talento di Hamilton continua a sembrare a tutti superiore, e non di poco: però su di lui pesano le rotture di inizio anno che molto presto lo porteranno a penalità in griglia (anche pesanti) per le sostituzioni di motori e altre parti meccaniche oltre il consentito. Rosberg potrebbe avvantaggiarsene e il suo punto di forza è quello: guidare benissimo e in modo velocissimo quando l’altro non è nei paraggi.

In Ferrari si è scelto di privilegiare la continuità sui piloti, col recente rinnovo di Raikkonen per il 2017, forse per stabilire l’unico punto fermo mentre tutto il resto gira – progettisti, team principal, cuochi e massaggiatori, magari anche presidenti, chi offre di più? La sensazione è che i nodi stiano venendo tutti al pettine: i nodi dei proclami ripetuti e rilanciati fra marzo e giugno su un mondiale dato troppo facilmente per “cosa a due a armi pareggiate” fra Mercedes e Ferrari, e della sfortuna che è servita da paravento a errori di vario genere – “ah se potessimo avere un weekend normale”.

La brutta sensazione che si ha guardando dall’esterno è che in Ferrari tiri un’aria di attesa messianica. Ci si concentra su qualcosa che deve venire e non su quel che concretamente si ha in mano. “Chi ci salverà?” sembra che tutti stiano chiedendosi: tifosi, giornalisti, e anche i vertici. Si è visto che non basta Vettel per salvare la squadra – il famoso “gli siamo a 3 decimi ma quei decimi poi tanto ce li mette lui”. Si è visto che non basta avere “una macchina gentile con le gomme” perché gli altri ce l’hanno ruffiana e adulatrice, con le medesime gomme, e evidentemente alle Pirelli la mera gentilezza schiva non è bastata. Si è visto che non basta avere il TP che parla alla ggente come piace alla ggente e dice le cose con la spontaneità istintiva della ggente che non ha peli sulla lingua – in tutta onestà direi che l’effetto generale è stato far rivalutare quelli con la lingua felpata. Quindi ecco tutta una ridda di ipotesi: Allison che viene dato per partente, un toto-nomi per il successore che manco per il probabile nuovo accompagnatore Belen, sogni di ripescaggi che vanno da Brawn a Barnard a Forghieri, passando per il sempre valido “facciamo a Costa un’offerta che non si può rifiutare”.

Triste la situazione di chi si affida a un messia che deve venire. La SF16H non era nata male ma non sembra riuscire a progredire, e non è stravolgendo il contorno umano che lo farà, mentre il cambio regolamentare del 2017 si fa sempre più incombente. Allison se ne andrà veramente? Forse: in parte per la situazione familiare venutasi a creare da aprile, e in parte perché non deve essere piacevole trovarsi a Maranello quando iniziano a volare gli stracci. La base sembra avere già deciso che “non era alla fine sto granchè” – ma naturalmente fra un paio d’anni sarà fra quelli a cui si sogna di fare un’offerta che non si può rifiutare. In caso di separazione, l’alternativa sembra quella fra la promozione interna di Resta al posto di Allison e l’acquisto di Key dalla Toro Rosso – però attenzione, Key è abbastanza blindato dove è, e se lo si liberasse è probabile un gardening tale da renderlo inutile per il 2017. Pare che invece nell’immediato il TP Arrivabene resterà dov’è (magari sotto tutela, anche se non si vede di chi), anche solo perché sostituirlo equivale a una mezza ammissione di colpa di Marchionne che ce l’ha messo.

In tutto ciò la Red Bull è arrivata col fiato sul collo della Ferrari in classifica, e in Ungheria si ha la sensazione che lei più che le rosse potrebbe rompere qualche uova nel paniere anglo-tedesco.

Nel prossimo weekend insomma speriamo di vederne di cotte e di crude, e le commenteremo insieme qui sul Bring con la pacatezza di un Gordon Ramsay in prime time: siccome la F1 non è una scienza esatta, ricordiamoci che nel bene e nel male si sarà corsa solo una gara di un campionato di 21, non una finale mondiale Buoni vs. Resto del Mondo.