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F1 2021 – GRAN PREMIO DI GRAN BRETAGNA

Passati con sommo gusto gli europei di calcio, la “perfida Albione” ospita un altro crocevia fondamentale del calendario sportivo 2021.

Magari non avrà lo stesso appeal e seguito di una finale di un europeo di calcio ma l’avvenimento è di quelli attesi, anzi attesissimi dagli appassionati di motori.

Si va a Silverstone per il Gp di Gran Bretagna, a “casa loro” ancora una volta, la casa di oltre la metà dei team impegnati in F1 e che hanno le rispettive sedi operative in Inghilterra.

Ripetitivo dire cosa rappresenti il circuito e questo GP nella storia della F1, semplicemente qualcosa che è essa stessa la storia della F1, inconcepibile una sua eventuale scomparsa dal calendario mondiale.

Due i grossi motivi di aspettativa per questo GP: un weekend di gara rivoluzionato con l’introduzione della sprint qualifying e l’attesa reazione Mercedes su una pista che dovrebbe favorirla e che l’ha sempre vista protagonista.

Andiamo con ordine…partiamo col dire che il format di gara (che si ripresenterà di sicuro a Monza e forse a Interlagos), prevede un venerdì con un’ora di FP1 al pomeriggio e qualifica dalle 19:00 alle 20:00 per determinare la griglia di partenza della SQ.

immagine da formula1.com

Al sabato altra ora di FP2 dalle 13:00 alle 14:00 e SQ dalle 17:30 della durata di 100 km (17 giri a Silverstone) e il cui ordine di arrivo determinerà la griglia di partenza della gara domenicale sulla distanza classica, oltre ad assegnare tre, due e un punto ai primi tre classificati.

Un esperimento voluto dalla Fia per “svecchiare” il format classico e per cercare di rendere più appassionanti i weekend di gara, poco attrattivi nei confronti dei potenziali nuovi appassionati che poco apprezzano i venerdì e sabato di gara di prove libere senza “vera” azione in pista.

Vedremo come andrà, ma le critiche principali degli addetti ai lavori si rivolgono al fatto che, con tutta probabilità, il gioco non vale la candela e non ha senso prendersi grossi rischi nella SQ, rischiando incidenti e danni alle monoposto per i pochi punti in palio e una posizione migliore in griglia, pensando anche al fatto che a Silverstone i sorpassi sono fattibili e che, sulla lunga distanza, il passo gara farà una grossa differenza rispetto alla posizione di partenza.

Inoltre, con solo un’ora di prova al venerdì, è molto probabile che l’assetto con cui si arriverà alla SQ non sarà quello ottimale, motivo in più per rischiare ancora meno.

Nelle qualifiche del venerdì si useranno solo mescole soft e, sacrilegio!, la pole del venerdì non sarà valida a livello statistico…

Inoltre ci sarà libertà di scelta delle gomme con cui partire nella SQ e nella gara di domenica, fatto salvo comunque l’utilizzo di due mescole diverse nella gara “lunga”. Attenzione anche alle nuove gomme posteriori Pirelli già provate in Austria.

Insomma tante novità da metabolizzare in un colpo solo e che di sicuro avranno un effetto straniante, almeno per gli appassionati di lungo corso. Ma è sbagliato dare giudizi affrettati, aspettiamo il responso della pista.

L’altro momento clou sarà verificare con quale stato di forma si presenterà Mercedes dopo i ripetuti schiaffoni presi in pista da Montecarlo e i successivi 4 GP.

immagine da f1world.it

La tappa di Silverstone diventa fondamentale quantomeno per lanciare un segnale ai rivali della Red Bull, far capire che loro ci sono ancora e che il mondiale è ancora tutto da giocare.

A supporto di tutto questo, Mercedes introdurrà sulla pista di casa un corposo pacchetto di aggiornamenti volti a migliorare le performance di una W12 veloce ma non a livello della RB16-B.

Peccato che il format di gara che prevede molto meno tempo per le prove libere possa essere un bel danno per gli uomini di Brackley, che rischiano di non poter avere tempo sufficiente per testare e affinare le novità introdotte sulla W12.

Hamilton correrà in casa e di sicuro vedrà questa tappa del mondiale come una delle ultime possibilità da cogliere per cambiare l’inerzia di questo mondiale. Lo aspettiamo e aspettano tutti al massimo delle sue possibilità.

I rivali austriaci arrivano invece con la consapevolezza della propria forza e un moderato ottimismo. La pista dovrebbe essere più a favore Mercedes ma in Red Bull sono convinti di potersela giocare alla pari, cercando di sfruttare anche le novità del format di gara.

Se Verstappen dovesse suonare la sesta di fila per la Red Bull, le speranze mondiali per Brackley sarebbero davvero ridotte all’osso, un colpo al morale difficilmente recuperabile.

immagine da mediapolitika.com

Gli altri…per Ferrari i tempi in cui di vinceva  ” a casa loro” sono lontani così come la speranza di replicare la vittoria azzurra di Wembley.

Anzi, Silverstone rappresenta invece una delle piste peggiori del mondiale per le caratteristiche della SF21H. Ergo, l’imperativo è cercare di non sfigurare, raccogliere quello che si può e aspettare piste più confacenti alle caratteristiche della monoposto. Insomma, mettendola in termini calcistici, un tradizionale catenaccio all’italiana.

McLaren invece ha una bella possibilità di allungare nel mondiale Costruttori. Norris, reduce da una disavventura di ritorno dalla finale degli europei (orologio da 40k sterline razziato) è una garanzia, Ricciardo molto meno ma ci si aspettano segnali di risveglio.

Il solito trio Alpha Tauri, Aston Martin e Alpine sarà un altro concorrente temibile per Ferrari. Ci aspettiamo un Vettel competitivo, che può far valere la sua esperienza di lungo corso. Possibili “sorprese” Gasly e Alonso.

Williams ha il suo talismano Russell che può fargli vivere qualche bel momento, soprattutto in previsione della sprint qualifying, mentre in Haas probabilmente Steiner ha già  i sudori freddi al pensiero dei suoi due giovani piloti con la tentazione di prendersi qualche rischio di troppo. Alfa Romeo arriva con un Raikkonen piuttosto falloso e invece un Giovinazzi decisamente sfortunato ma veloce e concentrato, quasi si fossero scambiati i ruoli.

In ogni caso, al termine della gara di domenica ci sarà tanto da discutere e analizzare. Forse gli inglesi avranno finalmente qualcosa da festeggiare, se così non fosse il loro mondiale rischia di essere una lenta agonia a tinte arancioni.

*immagine in evidenza da automotorinews.it

Rocco Alessandro

LA STORIA DEL DRAKE PARTE 12 – FERRARI E FIAT

1969 Anno veramente intenso per la storia dell’umanità: l’uomo sbarca sulla Luna, il 15 agosto comincia a Woodstock una tre giorni di musica rock, cultura hippie ed eccessi, il 29 ottobre, alle 22:30, lo studente Charley Kline effettuò il primo collegamento remoto tra due computer, in funzione rispettivamente presso l’università della California e lo Stanford Research. Il mondo è completamente in fermento.

Per la nostra nazione invece il 1969 sarà un anno durissimo, anno della Strage di Piazza Fontana, anno in cui comincia ufficialmente  l’era degli anni di piombo.

Per quanto riguarda la Formula 1 il 1969 sarà l’anno di nascita di un certo Michael Schumacher. Esattamente il 3 gennaio nascerà a Hürth, in Germania, uno dei piloti più grandi di questo sport (ma questa è un’altra storia).

E la Ferrari?

Avevamo lasciato il racconto della storia del Drake nella mitica cornice del circuito di Daytona. La Ferrari aveva conquistato una bellissima vittoria e lasciava presagire che sarebbe stata allo stesso livello in altri ambiti sportivi.

Purtroppo come ben sappiamo il mondiale a Maranello tornerà solo nel 1975 con il grande Niki Lauda.

L’ultimo titolo mondiale piloti vinto, quello del 1964, vinto da John Surtees lasciava ben sperare ma una crisi tecnica e, ancora prima, finanziaria stava vessando il Cavallino Rampante.

Da questo limbo Il Cavallino Rampante doveva uscire e anche in fretta. Ferrari ha appena rifiutato di collaborare con la Ford e la situazione sembra catastrofica ma c’è, fortunatamente, la soluzione a portata di mano. Il bandolo della matassa può essere sciolto semplicemente giocando in casa.

A spartirsi il bottino dei titoli costruttori saranno: Lotus (1965, 1968, 1970, 1972 e 1973), Brabham (1966, 1967), Matra ( 1969), Tyrell (1971) e McLaren (1974).

 

Era il 18 giugno 1969, una di quelle date che deve rimanere impressa nel cuore e nella testa di ogni ferrarista che si rispetti a questo mondo.

Sono passati cinquantadue anni da quella fatidica data. Il Drake si trovata a Torino, precisamente in Corso Marconi e non era solo, infatti, al suo fianco c’era il fedele amico Franco Gozzi. E proprio insieme a Franco che Enzo salì sino all’ottavo piano della Sede della Fiat.

Di lì a poco si sarebbe tenuto il colloquio con il presidente dell’azienda torinese Gianni Agnelli, all’anagrafe Giovanni Agnelli. Gianni era stato nominato presidente della Fiat il 30 settembre del 1966, non era da molto al timone dell’impresa ma subito mostrò di avere le idee abbastanza chiare.

L’incontro fra i due fu molto proficuo e fu spontanea la nascita dello storico accordo. In base a tale nuova alleanza la Fiat era a tutti gli effetti azionista al 50% dell’intera Ferrari. Ma come facilmente intuibile alla famiglia Ferrari rimaneva una completa e totale indipendenza sulla Gestione Sportiva.

Enzo voleva proprio quello, rimanere autonomo nelle scelte sportive assicurando alla sua azienda comunque un futuro in questo momento di crisi.

La Formula 1, inoltre a livello tecnico, stava diventando uno sport sempre più competitivo e a Maranello serviva stabilità e concretezza, serviva davvero una base sicura su cui appoggiare qualsiasi strategia di sviluppo.

Da una parte la garanzia di fondi per avere un sostegno per migliorare le vetture in questo periodo così complicato, dall’altra la libertà decisionale. Enzo voleva proprio questo per la Ferrari e anche per se stesso. Ferrari finalmente aveva trovato una persona che rispettava la sua figura di costruttore e di appassionato del mondo delle corse.

Dall’altra parte Gianni era una persona altamente lungimirante e sapeva che sicuramente quell’accordo nel futuro gli avrebbe fruttato qualcosa di buono.

Sei anni prima Enzo si era scontrato con la Ford e li aveva bellamente cacciati dalla sua sfera di azione. In questo caso invece Fiat e Ferrari suggellarono alla perfezione i due intenti ed entrarono in simbiosi.

 

Facendo un passo indietro. Ma chi era Franco Gozzi?

 

Franco fu il braccio destro di Enzo.

Direttore sportivo, addetto stampa, direttore della comunicazione, confidente del Drake, insomma un factotum.

Nato a Modena, il 29 novembre 1932, Gozzi, laureato in giurisprudenza, divenne un testimone oculare di parte della storia del Cavallino e del mondo delle corse in generale. Passò la sua vita a stretto contatto con Enzo Ferrari ed è vissuto in un’era storica satolla di personaggi e stelle del firmamento del motosport. Da Ascari a Schumacher, passando per Gilles Villeneuve e Lorenzo Bandini.

Franco entrò nell’ambiente di Maranello alla fine degli anni 50 per aiutare Enzo, impegnato nella scrittura della tesi honoris causa che ricevette nel 1960.

Franco fu ufficialmente assunto il 20 agosto dello stesso anno ed ebbe inizialmente il ruolo di assistente di Gerolamo Gardini,  direttore commerciale.

L’anno successivo, dopo la morte di Von Trips, Gozzi fu nominato responsabile dell’ufficio stampa, ruolo mantenuto con grande senso di serietà a cui successivamente ha associato altre mansioni. Infatti Franco fu anche Direttore Sportivo nel 1968 e per metà del 1970 e con il passare del tempo il suo rapporto con il Drake divenne sempre più stretto.

Personaggio rispettoso, fedele, simpatico era una botte sicura per Enzo Ferrari  talmente tanto che dalla sua bocca non uscì nemmeno un segreto, nemmeno dopo la morte del Drake nel 1988.

Ecco cosa pensava Franco Gozzi di Enzo Ferrari:

(Articolo: “Enzo Ferrari. La vita, il mito, le manie, le curiosità” Di Franco Gozzi, Autosprint n 32/33 del 5 agosto 2008)

“Ferrari era un organizzatore impareggiabile. Il suo capolavoro di conduzione organizzata sono i 10 anni della Scuderia Ferrari negli anni Trenta, durante i quali fece funzionare l’ingranaggio in modo che la Casa madre, l’Alfa Romeo, lo trattasse con favore, i clienti-soci della Scuderia pagassero la macchina con la quale gareggiavano e si assumessero un po’ di spese, e per coprire tutto il resto inventò gli sponsor! Altrettanto talento di organizzatore e amministratore lo sfoderò quando diventò imprenditore, realizzando finalmente il sogno di costruire macchine col suo nome. A questo punto perfezionò le strategie collaudate negli anni della Scuderia e diventò, come lui schiettamente si definiva, un “agitatore di uomini”. Che vuol dire “agitare” gli uomini? Significava mettere a frutto il patrimonio psicologico maturato in lui dopo tante esperienze da pilota, direttore sportivo, uomo d’officina, dirigente, affarista, e se si mette insieme tutto questo ne risulta, per forza di cose un abile, machiavellico gigante in una folla di nani. Ragionava e agiva a un livello superiore, puntava dritto ai suoi disegni rimuovendo, anche spietatamente, qualsiasi contrarietà potesse costituire un ostacolo.”

Gozzi era a tutti gli effetti un eletto alla corte di Ferrari, presente quasi sempre ai pranzi che il Drake organizzava al sabato e passò tutta la sua vita a Modena.

Franco amava talmente tanto il Cavallino Rampante che rimase, anche dopo la sua pensione, attivo all’interno in qualità di assistente e consulente per Montezemolo.

Una vita dedicata per Ferrari e per la Ferrari. Una vita davvero unica. Enzo non poteva scegliere persona migliore con cui condividere questa tappa fondamentale della storia dell’impresa modenese.

Gozzi morì il 23 aprile del 2013.

 

“Ci ha lasciato una figura fondamentale nella storia della Ferrari” – ha detto il Presidente Luca di Montezemolo dopo la sua morte – “Di lui ricordo soprattutto le tante ore trascorse insieme a parlare di piloti ed automobili e gli sono grato per essermi stato vicino quando ero un giovane direttore sportivo della Scuderia. Difficile condensare in una sola parola cosa sia stato Franco per l’azienda: direttore sportivo, addetto stampa, direttore della comunicazione, soprattutto uno dei più stretti collaboratori e confidenti di Enzo Ferrari. Quanto sia stato parte attiva, e non soltanto un suo testimone, della vita della casa di Maranello lo si comprende guardando l’album delle fotografie storiche in cui spesso, lungo un arco di trent’anni, compare accanto al Fondatore: ne era il portavoce o, talvolta, il latore dei suoi silenzi. Chi lo ha conosciuto da vicino e ha condiviso con lui momenti salienti e vita quotidiana dell’azienda ne ricorda l’umanità e l’ironia, chi lo ha incontrato nell’ultima fase del suo capitolo di vita a Maranello ne rammenta la grande capacità di trasmettere attraverso aneddoti in apparenza marginali quei valori che hanno reso la Ferrari un mito in tutto il mondo”

Ecco come lo ricorda Piero Ferrari, figlio del Drake: “Ho passato con Franco tanti anni insieme. Dal 1965, anno in cui entrai a lavorare in azienda, fino a quando lui non ne è uscito. Un periodo lungo quasi una vita, che mi ha permesso di conoscerlo ed apprezzarlo in profondità, sotto ogni punto di vista, umano e professionale. La sua dote più grande era quella di riuscire a non arrabbiarsi mai: aveva sempre la battuta pronta, anche dopo qualche proverbiale strigliata di mio padre”.

Dopo questa piccola digressione ma dovuta su un personaggio così importante per la storia del Drake ritorniamo all’accordo stipulato fra lui e Gianni Agnelli.

Cosa propose la Fiat? Gianni offrì alla controparte lo studio di un nuovo propulsore sportivo, il futuro 6 cilindri Dino, motore che doveva essere utilizzato per i nuovi modelli di Fiat Dino, spider e coupè.

Grazie a questa intesa sarebbe nata anche la Dino che venne realizzata a Maranello. Inoltre Enzo aveva assolutamente la necessità di omologare le vetture di F2 (Dino  166) e, per raggiungere tale scopo, si dovevano costruire 500 vetture di serie motorizzate con il propulsore che aveva ideato Dino stesso.

Enzo e Gianni comunque già si conoscevano, e il rapporto, sebbene non profondo, era stato creato almeno 20 anni prima.  Durante tutto questo tempo si erano incontrati almeno quattro volte. A questi incontri si associa un breve ritrovo per il ritiro di un prototipo dotato di carrozzeria Pininfarina.

C’era stima reciproca fra i due e l’accordo avvenne dopo un parto molto semplice, fu quasi naturale per i due trovare un punto d’accordo. La collaborazione ebbe inizio.

Agnelli oltretutto apprezzava già tantissimo le Ferrari, talmente tanto che ne divenne cliente. La prima che comprò fu la 166 MM Touring Superleggera del 48, successivamente la collezione dell’avvocato torinese divenne più numerosa, fra gli esemplari da lui comprati sono annoverate anche la Testarossa Spider e una 365 P.

 

Ferrari 166 MM Touring Barchetta 1948

(1948 Ferrari 166 MM Touring Barchetta)

Ferrari aveva provato già nel 1937 a chiudere un contratto con la Fiat il cui presidente era allora il professor Valletta ma l’accordo sfumò: l’intento per Ferrari era quello di creare un reparto corse italiano forte per contrastare il dominio tedesco.

Ma questa è storia del passato.

Il tanto sospirato accordo fu raggiunto e iniziò così un sodalizio importantissimo fra due realtà che possono essere definite come le colonne portanti dell’automobilismo italiano.

A Maranello – scrisse Ferrari – io ho dato il nome di una fabbrica di automobili. La Fiat ha realizzato una vera fabbrica di automobili”.

 

Laura Luthien Piras

UNA DOMENICA CHE E’ GIA STORIA

Signori e signore,

anche per noi amanti dei motori (che per una volta tacciono) questa domenica è già da ricordare. I nostri ragazzi che ci hanno portato a poter vivere questa giornata.

Matteo Berrettini ha già realizzato un sogno bellissimo che potrebbe diventare sublime se  quella coppa inglese finisse mai nelle sue mani. E’ vero, si trova davanti ad un gigante del tennis di nome Nole, ma non si sa mai. Nel tennis non sei mai “morto” fino all’ultima palata di terra, quindi “FORZA MATTEO IL BRING E’ CON TE”

E poi ci sono i nostri azzurri, belli, forti e baldanzosi pronti a regalarci un altra perla da incastonare nell’albo d’oro di una delle Nazionali di calcio con il palmares più prestigioso del Mondo.

Il Mancio è stato quasi perfetto sino ad oggi e manca solo un ultimo passo per poter cacciare in cielo un urlo che stiamo soffocando da troppo tempo. Farlo in uno dei templi mondiali del calcio contro chi l’ha inventato questo sport sarebbe poesia.

Comunque vada grazie ragazzi, grazie Mancio, grazie Matteo per essere riusciti a portarci a vivere questo giorno.

FORZA ITALIA.

 

(immagine in evidenza tratta dal sito di eurosport)

 

 

BUON VIAGGIO LOLE

“Tormentato e tormentoso” come lo definì il Drake. Il “nessuno dei due” della risposta di Niki alla domanda “consideri Reutemann più un amico o un rivale?”. La chioccia che svezzò Gilles. L’uomo che domò la Nordschleife su una Formula 1 nel 1975 salvo poi perdersi in un parcheggio di Las Vegas quando c’era solo da “spingere la palla in rete” nell’ultima  gara del Mondiale 1981 condotto in testa dal secondo GP in avanti (in barba a Jones ed al suo contratto di prima guida con la Williams). Il Pilota che non salì sulla T4 da titolo convinto che Chapman con la sua 80 gli avrebbe consentito di dominare il Mondiale come e meglio di Andretti sulla 79 l’anno prima.

Ciao Lole, ti abbiamo voluto bene davvero. Buon viaggio

BASTIAN CONTRARIO: IL CIRCO

Nel “Bastian Contrario” di questa settimana non sarò politicamente corretto (mi chiedo quando mai lo sono stato), non sarò indulgente e nemmeno generoso.

Come potrei esserlo del resto dopo lo spettacolo osceno a cui abbiamo assistito domenica scorsa… un circo! Senza offendere l’arte circense e chi ci lavora, il sottoscritto si riferisce all’accezione negativa del termine. Purtroppo non ci sono parole e nemmeno perifrasi per edulcorare lo scempio e l’ingiustizia a cui tutti noi appassionati siamo stati costretti ad assistere; per non parlare dei piloti in pista.

Proprio la settimana scorsa, scrivevo del fatto che nonostante il vertice fosse diverso (ora è il momento di Verstappen), di fatto nulla era cambiato, perché il vincitore sempre solo era, privandoci dei ruota a ruota che tutti quanti stavamo aspettando; proprio tra Max e Lewis. Va bene, al vertice non cambia nulla in termini di spettacolo, ci accontentiamo almeno che non sia sempre lo stesso a vincere… ok! Eppure nel midfield, come gli anglofoni nostrani amano dire, qualcosa inizia a muoversi, qualcosa si vede. Lotte serrate iniziano ad essere sempre più vistose, in quanto i valori  per i piloti appartenenti a questo gruppo, sono molto ravvicinati. Inevitabilmente con i ruota a ruota la FIA, per mano dei suoi commissari, ha gli straordinari da fare, straordinari dettati dalle regole cervellotiche, scellerate e castra piloti che un codice della strada levate proprio!

Chi vi scrive è sempre stato per la libertà assoluta e più totale delle lotte in pista (per non parlare della parte regolamentare per quanto riguarda la progettualità e i test); salvo rispettare il minimo sindacale del comportamento in pista. Questo perché, i piloti in pista sono dei consumati professionisti (bhe certo, poi penso a Mazepin…) e soprattutto sono esseri umani coscienziosi e non degli assassini che si mettono a giocare alla “death race”. Quindi ben venga la libertà di espressione in pista (e magari anche fuori), ben vengano i corpo a corpo, quelli maschi, duri e puri come una volta. Non mi risulta che i piloti che hanno contribuito a rendere grande il nostro sport, si siano fatti del male intenzionalmente tra loro. Se perdevano la vita purtroppo, è proprio perché non c’era tutta la sicurezza che la tecnologia oggi permette di avere.

Evidentemente Masi&Co. non la pensano come il sottoscritto e a partire dal duello tra Norris e Perez (ove quest’ultimo domenica scorsa certamente era in “tiro forte”), si apre il circo austriaco. Un duello rusticano in piena curva, dove i due rimangono affiancati per tutta la lunghezza della stessa senza toccarsi e dove il messicano ha la peggio, perché si ostina a mantenere quella posizione impossibile; nonostante velocità e raggio della curva gli dicevano il contrario. Risultato? Perez si salva per il rotto della cuffia, Norris prende il largo e noi ci alziamo dal divano tutti sugli attenti per l’emozione! Poco dopo si consuma la prima porcata del GP con cinque secondi di penalità all’inglese. Ciò apre il cosi detto precedente per quello che avviene dopo: infatti il messicano fa per ben due volte di fila a LeClerc, quello che Norris ha fatto a lui con una piccola differenza… mentre l’inglese è stato pulito nella chiusura nei suoi riguardi; Sergio col ferrarista ci va giù duro. Sebbene avessi già preso il calendario in mano per l’azione di Perez nei confronti di Charles, ero pronto anche a chiudere un occhio sull’accaduto, se non altro perché il ferrarista con un manico che non vedevo da tempo, ci ha regalato l’emozione di mostrarci come tenere la sua SF21 sulla ghiaia ad una velocità pazzesca. In questo caso la direzione commina i cinque secondi (sacrosanti comunque) al messicano; del resto dopo quello che ha fatto a Norris questo era il minimo. Qui si consuma la seconda porcata del circo a cui stiamo assistendo: i secondi non vengono scontati subito! Sono anni che dico che questa è una regola oscena: se viene data una punizione, questa deve essere inflitta immediatamente (al massimo nei tre giri successivi alla comunicazione) e non ad uso e consumo della squadra, la quale ha la possibilità di farsi tutti i conti che più gli convengono e soprattutto; avendo la possibilità di condizionare la gara degli altri. Eh si, perché Perez (del resto anche Norris… le regole sono uguali per tutti) ha continuato a rimanere in pista condizionando la gara di chi gli stava dietro.

Il circo si sa, non conclude mai lo spettacolo senza lo show finale, cosa che puntualmente ci è stato gentilmente offerto alla seconda tamponata (gratuita e volontaria), sempre di Perez ai danni del solito e più veloce Leclerc. Peccato che lo show a cui la FIA ci ha fatto assistere, abbia toccato uno dei punti più bassi della sua storia recente: coerentemente con quanto fatto prima, come in una squallida raccolta punti, commina altri cinque secondi al messicano da sommare a quelli precedenti e naturalmente da scalare alla bandiera scacchi… perché Sergio nel frattempo, si è sparato il resto del GP comodamente fino alla fine, cercando di mettere al sicuro la sua posizione; proprio ai danni del suo bersaglio rosso preferito.

Signore e signori che mi leggete, ho terminato le parole per descrivere lo scempio a cui abbiamo assistito. Sia chiaro, ciò che mi scandalizza non sono gli incidenti di gara o le “forzature” alle quali Perez si è prestato… sono piloti, c’è adrenalina, sono li per lottare e questo lo comprendo.

Ciò che mi lascia perplesso è chi deve sorvegliare affinché le regole vengano rispettate. Domenica ho visto che la qualità del garante non è all’altezza di quella che è in pista e questo è un problema serio, perché a causa di ciò, è possibile condizionare il risultato di un GP; per non parlare di un mondiale intero. Che la F1 venga definita “circus”, dove porta il suo baraccone iper tecnologico in giro per il mondo; a far sognare milioni di appassionati mi sta bene. Che la F1, si trasformi in un circo inteso come baraccone che diventa una buffonata, questo non mi piace e purtroppo dopo domenica scorsa, un altro pezzo della sua credibilità è stato intaccato.

Vito Quaranta