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F1 2022 – GRAN PREMIO DI SINGAPORE

Il mondiale 2022 arriva nella sua fase finale e torna su un circuito anomalo per definizione, il circuito stradale di Singapore.

Un circuito in cui l’unica vera insidia sono i muretti che scorrono veloci a pochi centimetri da ruote e sospensioni ma che in realtà non ha veri punti tecnici o rettilinei in cui fare una gran differenza.

Questo potrebbe essere un punto a favore per Ferrari e Mercedes, che potrebbero sfruttare il layout del circuito per mitigare le lacune dalle proprie monoposto e avvicinarsi alle(a) RBR18.

Ferrari dal canto suo continua a sviluppare la SF75, anche se ormai i tori sono ampiamente scappati dalle stalle, soprattutto in previsione 2023. Che sia una bufala o meno (e dai con questi bovini…) per i rossi c’è da capire e risolvere i problemi conseguenti all’introduzione del nuovo fondo portato in Francia e gli effetti della TD39 che hanno minato le prestazioni della rossa.

immagine da ilmessaggero.it

Si era parlato di un nuovo fondo da provare ma sembra che tutto sia stato rimandato al Gp del Giappone, pista più probante per verificare l’efficacia di un fondo studiato per avere più downforce e meno drag.

Ma la notizia bomba dell’ultim’ora e che si lega al nuovo fondo Ferrari “rinviato” è quella che vede  due team, Red Bull e Aston Martin, in odore di sforamento del budget cap nel 2021. E che di conseguenza Ferrari, al limite con il budget cap per il 2022, abbia tirato per il momento i remi in barca in attesa degli sviluppi di un caso che potrebbe avere pesanti conseguenze sportive.

Se l’irregolarità fosse confermata, i due suddetti team rischierebbero una sanzione “minore” nel caso di uno sforamento entro il 5%, di una sanzione sportiva tipo una detrazione di punti o  retrocessione nella classifica mondiale se so sforamento eccedesse il 5%.

Non è chiaro se la sanzione sarà riferita al campionato 2021 o a quello in corso ma scommettiamo che tutto finirà in una bolla di sapone. Immaginiamo già i commenti di una Red Bull a cui viene tolto il titolo piloti 2021 o quello di quest’anno a vantaggio di un Hamilton o della Ferrari, del tipo “abbiamo vinto sul campo ecc ecc” (dove l’abbiamo già sentita questa cosa in Italia?)  e lo spirito con cui una Ferrari accetterebbe un titolo ” a tavolino”.

Forse l’unico contento sarebbe Hamilton, che raggiungerebbe il suo tatno agognato ottavo titolo (“si ma io non guardo i numeri e le statistiche…” e Toto Wolff che avrebbe la sua vendetta dopo ABD 2021 nel modo più doloroso possibile, a suon di carte bollate.

Tornando al GP, per tutti comunque sarà un’incognita dato che non si corre in pratica da tre anni. Nel mezzo sono cambiate le monoposto, è stato rifatto l’asfalto e ci sono le gomme da 18, in pratica un vero rebus per le squadre che avranno a disposizione in pratica solo i dati dei simulatori. Potrebbero esserci sorprese ma di solito, in queste condizioni, le monoposti più “prevedibili” sono quelle che meglio riescono a risolvere i problemi.

Per Verstappen questa parte finale di campionato assomiglia molto ad una luna di miele verso il suo secondo titolo iridato. Vantaggio abissale in classifica e una simbiosi al 100% con la sua RBR18 ne fanno il favorito per le restanti 6 gare di campionato, nettamente meritato in quanto non ricordiamo un singolo vero errore in questo 2022.

Per gli altri si tratta di raccogliere quello che si può e cercare di arrivare con il morale alto alla sfida dell’anno prossimo. Questo vale soprattutto per Leclerc che pensava fosse amore con la sua SF75 e invece era un calesse e ha dovuto fare i conti con qualche errore di troppo dovuto più che altro alla frustrazione di non essere dove avrebbe voluto.

Tutta esperienza per il giovane monegasco che ha l’imperativo di ridurre a livelli “verstappiani” il tasso di errore in questo finale di campionato e in vista del 2023.

Mercedes continua il suo 2022 di apprendistato e di trash talking/acting. Sembra che i dati al simulatore diano le frecce d’argento piuttosto in forma. Personalmente spero che facciano schifo ma al di là di questo sarà interessante sarà scoprire chi tra i due alfieri Mercedes sarà più competitivo. Se davvero Hamilton punta all’ottavo titolo nel 2023 come da lui stesso dichiarato deve cominciare seriamente a tenersi dietro il suo giovane compagno di squadra, altrimenti anche l’ombrellina Wolff sarà insufficiente a proteggerlo dal fango che gli arriverà addosso.

immagine da tuttomotoriweb.it

Per gli altri, scusate la franchezza, si parla essenzialmente di mercato piloti e di arrivare alla fine del 2022 senza fare grossi danni. Piastri è ormai definitivamente un pilota McLaren per il 2023, mentre Norris non si tira indietro nel tiro a Ricciardo affermando che “l’attuale monoposto ha le caratteristiche più affini allo stile di Ricciardo”. Verrebbe da esclamare “marrano!! Tu uccidi un uomo morto!!”

Non osiamo immaginare l’atmosfera in casa Alpine dopo la mossa “kansas-city” di Alonso. Probabile che il tutto si possa risolvere con l’utilizzo del solito strumento: la proverbiale faccia di tolla che lo spagnolo sa tirar fuori nei momenti delicati. Intanto sta già marcando il territorio della sua futura squadra esprimendo il desiderio di girare una scena in macchina in uno dei prossimi film di James Bond. Cosa farebbe il circus senza Alonso…

Alpine intanto sta invitando ai test per cercare il nuovo pilota praticamente qualsiasi persona si presenti con autocertificazione di aver guidato qualcosa che avesse quattro ruote. Al momento i papabili per il sedile del 2023 sono De Vries, Gasly, Ricciardo, Giovinazzi, Dohaan, insomma un bel pò di gente, senza dimenticare Mick Schumacher nel caso dovesse essere appiedato da Haas.

Immagine da gpblog.com

Uno che invece sarà molto rilassato in questo finale di stagione è Zhou che ha appena ricevuto la conferma per il 2023. Un bel colpo per il cinese che, onestamente, si aspettavano in pochi a inizio stagione.

Un altro che invece non ci sarà più in griglia, senza alcun rimpianto da parte di nessuno aggiungerei, è Latifi. Oggettivamente troppi errori e troppo lento il canadese che ha avuto uno dei pochissimi momenti di “gloria” nell’aver provocato il caos nel finale di ABD2021. Chissà se Marko&co lo hanno mai davvero ringraziato… Nel caso non l’abbiano fatto ecco una nuova occasione per dare il giusto merito ad un pilota che gli ha oggettivamente salvato il culo nel 2021.

Curioso il caso invece di Colton Herta, che vorrebbe approdare in F1 ma non ha la superlicenza FIA e quest’ultima ha già dichiarato che non la otterrà per il 2023. Nella forma non c’è nulla di sbagliato ma è evidente come questo sembra essere un altro sgarbo tra FIA e LM, con il presidente Sulayem che non perde occasione per rimarcare che gli aspetti sportivi della F1 sono di esclusiva competenza FIA. Anche quando, vedi TD39 o l’introduzione del doppio tirante per il Gp di Canada, di sportivo non c’è una benamata mazza se non fare un favore a Mercedes.

Dulcis in fundo le improbabili idee che Liberty Media e la Fia propongono per rendere più appetibile il “prodotto” F1. Nell’ordine: mondiale di 24 (ventiquattro!!!) GP, sprint race portate da 3 a 6, oltre a possibili futuri interventi su utilizzo DRS dal primo giro di gara, push to pass, doppia qualifica per stabilire la griglia di sprint race e gara domenicale.

immagine da scuderiafans.com

Tutto ciò per aumentare lo spettacolo. Facciamo sommessamente notare che prima dell’introduzione di quella cagata della TD39, Ferrari e Red Bull se le suonavano di santa ragione in pista a tutto vantaggio dello “spettacolo”.  Ora lo spettacolo è solo di Verstappen e le gare sono molto più noiose. Per fortuna che vige sempre l’adagio che “alla F1 serve una Ferrari vincente”. Ormai non fa più ridere neanche come barzelletta.

*immagine in evidenza da bleacherreport.com

Rocco Alessandro

BASTIAN CONTRARIO: LA CADUTA DEGLI DEI

Un curioso, quanto inutile sondaggio sul social twitter, di un bidonista inglese (per chi non è avvezzo alla storia della F1, sappia che apostrofo in codesto modo “le persone più competenti della F1”, come le definisce un noto telecronista urlatore seriale, perché, in antico tempo, gli inglesi per rientrare nel limite del peso zavorravano le monoposto letteralmente con bidoni pieni d’acqua!), mi ha dato uno spunto di riflessione su quello che sia la F1 attualmente e, soprattutto, su cosa siano divenuti ora i campioni della “vecchia guardia”. Il sondaggio chiedeva semplicemente se Verstappen fosse riuscito a vincere lo stesso il mondiale qualora sulla sua monoposto ci fosse stato LeClerc e naturalmente lui fosse stato in Ferrari. Al di là del risultato (ha vinto la logica: Charles su Red Bull campione naturalmente), era palese il tentativo del suddetto bidonista di esaltare il nuovo deus ex machina del momento e cioè il futuro bicampione Max Verstappen. Già perché dovete sapere che l’anglo austro (tra Toto e proprietà Red Bull gliela dobbiamo la citazione agli austriaci) tedesca F1 è sempre alla ricerca dell’idolo da adorare e con la caduta degli dei, a cui nemmeno l’epta campione Hamilton si può sottrarre, ha trovato immediatamente il suo rimpiazzo, proprio come il campione inglese ha rimpiazzato il suo omologo tedesco che ora è in Aston Martin.

Prima in F1 la caduta degli dei era un fatto inevitabile, fisiologico… naturale. Oggi giorno è una situazione quasi programmata. Verstappen (lui si che è il vero predestinato), sin da quando ha fatto ingresso nel circus (o circo?), è stato pubblicizzato senza mai nascondere la propensione del sistema F1 verso l’olandese. Pilota di indubbio talento e valore, determinato come pochi ed allevato a pane e motori sin dalla tenera età, irrompe nei circuiti di F1 già a diciassette anni. Ciò che ha sempre cozzato con il suo arrivo è stata l’ossessiva magnificazione del ragazzo, qualunque cosa facesse… errori compresi. Era chiaro sin da subito che il minorenne Max, in un modo o nell’altro sarebbe dovuto divenire campione e con una squadra come Red Bull questo non era che questione di tempo. Esagero? Avete mai visto lo stesso battage pubblicitario con Charles LeClerc? Il monegasco quest’anno non diverrà campione, eppure lui è il “titolare del palo” come si suol dire e questo è stato il suo primo anno in cui si è giocato il mondiale o, almeno marginalmente, ci ha provato. Qual è la differenza tra lui e l’olandese? Davvero LeClerc non è all’altezza di Verstappen? A giudicare dai primi due GP dell’anno, dove abbiamo assistito al loro testa a testa non mi sembra. Ovvio che Verstappen, avendo più esperienza (hanno la stessa età, eppure uno è entrato in F1 nel 2015 e l’altro nel 2018… scusate se è poco se in F1 tre anni possono fare la differenza!) ha avuto la possibilità di maturare determinati aspetti che oggi si ritrova, come la visione e la gestione della gara. Ovvio che ora abbia un comportamento meno irruento e più saggio, in quanto il suo (primo) mondiale l’ha vinto e quindi il sogno è stato esaudito e realizzato e, naturalmente, con la RB18 che non si rompe mai e che non conosce il significato di limite di spesa allo sviluppo fissato dal budget cap, se la può prendere comoda.

Il mezzo è tutto e sir Hamilton ne sa qualcosa e nessuno mi venga a dire che il re nero avrebbe raggiunto lo stesso risultato se si fosse scambiato il sedile con Vettel, perché “baffetto” su quella Mercedes gli avrebbe fatto un mazzo cosi! Infatti si veda la caduta rovinosa del campione inglese nei riguardi del suo connazionale e compagno di box. Di fatto Hamilton sta facendo esattamente la stessa fine che ha fatto Vettel con LeClerc… con la differenza che Russell non ha ancora vinto nessuna gara e, quindi, può ancora salvare la faccia. La classifica è impietosa: Russell, con una Mercedes zoppa (anche se dal Belgio è stata rivitalizzata dalla DT039) è a soli sette punti da Perez e a sedici da LeClerc (pazzesco) e, soprattutto, è avanti di trentacinque comodi punti all’ingombrante compagno. L’anno scorso gli “esperti”, tifosissimi proprio di sir Lewis tra l’altro, parlarono di “tonfo” di Charles, visto che la classifica finale diceva che Carlos gli era finito davanti. A parte cha la “fine analisi” non teneva in considerazione una serie di fattori (incluso quello che il monegasco ha rischiato di vincere l’anno scorso proprio a Montecarlo con la macchina che si ritrovava), ebbene ora cosa dovremmo dire di Hamilton? Il campione inglese ha spadroneggiato in lungo ed in largo ed ora che ha una macchina “più umana”, precipita tra i comuni mortali ed arranca a tal punto che dobbiamo sorbirci scenette al limite del patetico, dove a stento esce dalla macchina per poi zoppicare vistosamente. Il bumping dovuto al porpoising è per tutti i piloti in pista, nessuno escluso, evidentemente non per il campione inglese, tanto che il buon Toto ha dovuto invocare il sempre verde “motivi di sicurezza” come argomentazione valida per frenare la caduta del campione e di tutta la squadra che stava sprofondando lentamente nel mid field a causa di un progetto totalmente cannato.

La caduta degli dei è lenta e rovinosa ed a volte il botto che si produce, una volta raggiunti il suolo, può essere rovinoso. Questo è quello che è successo a Vettel, il quale non fa nulla per frenare questa caduta; anzi se mai l’accelera. Vettel è stato il pilota che ha inaugurato la dinastia dei domini nella F1 moderna: voglio dire, dopo l’era Schumacher abbiamo avuto una sana alternanza di campioni. A partire dal tedesco e cioè dal 2010, fino ad ora, salvo la parentesi “regolamenti di conti in casa” chiamata Nico Rosberg, abbiamo avuto solo due campioni ed ora pare la volta (dio ci scampi!) di Verstappen. La parabola di Vettel, quella della salita all’Olimpo, è stata a dir poco prodigiosa: tra talento (non si vince a Monza con una Toro Rosso sotto la pioggia per caso… diamo a Cesare quel che è di Cesare) e, soprattutto, l’onnipresente e imbattibile mezzo, supportato dal giusto peso politico della sua squadra, ne hanno fatto un dio da idolatrare e la beatificazione è stata raggiunta solo quando è arrivato in Ferrari… naturalmente. Il fatto è che proprio la Rossa è stata la sua rovina (di certo non dal punto di vista economico), in quanto il buon Vettel non ha saputo sfruttare l’occasione appieno (anche a causa della regressione della squadra e della reazione di AMG si capisce) e poi… e poi è arrivato LeClerc ed è dovuto scappare a gambe levate. La differenza tra lui e Alonso, perché entrambi sono in squadre disastrate ed appartenenti alla vecchia guardia, è che l’asturiano fa parlare i fatti e, quindi, la pista per lui, mentre il tedesco fa parlare la bocca e a sproposito anche. Un pilota ormai senza mercato, dove il rapporto prezzo qualità è totalmente sfavorevole, sapendo bene che è a fine carriera (credete sia un caso che si ritiri?), cerca di mungere la vacca facendo parlare di sé più per quello che dice, e le sue gesta di presunto impegno civile, che per i fatti in pista. Ancora riecheggiano nell’aria, in questa lunga pausa aspettando il GP di Singapore, le sue parole di scherno nei riguardi del nostro Presidente della Repubblica il quale, piaccia o meno, è pur sempre il nostro Presidente. Del resto Vettel non è la prima volta che scade nel volgare visto che mandò a quel paese il compianto Whiting in mondo visione. Arrancare, soprattutto, contro un compagno che è un vero mediocre e si ritrova in F1 solo perché il padre gli ha comprato una intera scuderia, non deve essere semplice soprattutto quando era abituato ad avere il mondo a i suoi piedi. Il declino di Seb non è iniziato ora certo, la sua avventura in Aston Martin evidentemente ne segna solo la coerente fine.

Mi auguro che Verstappen abbia degni avversari nell’avvenire e che Charles sia uno di questi, sia per lo spettacolo sia perché il suo talento, non venga mortificato dalla solitudine della concorrenza, proprio come accaduto con il suo acerrimo avversario in questi sette lunghi anni. L’ascesa all’Olimpo è dura, eppure i campioni della vecchia guardia insegnano che la caduta degli dei è un attimo.

 

Vito Quaranta

MIT’S CORNER: SPORT O SPETTACOLO?

La Formula 1 è sport o a spettacolo?

Per me, e molto probabilmente per tutti i frequentatori di questo blog,  è ovvio che la gerarchia deve mettere in cima sport. Tuttavia, salvo l’esser “talebani” di questa prospettiva, non c’è nulla di male se si tiene d’occhio anche la componente “spettacolo” ma è altrettanto ovvio che se privilegi questa invece di quella il rischio di sfasciare tutto è dietro l’angolo.

Abbiamo l’esempio sotto gli occhi nella motogp.

Il fenomeno Valentino Rossi ha portato la motogp da sport fondamentalmente di nicchia, poco seguito, poco pubblicizzato, poco pagato, poco organizzato ecc. ecc. a una ribalta mondiale seconda, nel motorsport, solo alla Formula 1. La cosa è stata gestita bene per un bel po’ di tempo, devo dire, anche grazie al fatto che il nostro non era solo un fenomeno mediatico. Sia le sue imprese sportive che il suo essere personaggio “spettacolare” sono state cavalcate da Dorna per fare in modo di attrarre assai, tanto e molto denaro ed è riuscita ad organizzare il tutto in modo molto più professionale rispetto al passato. La concertazione di questo percorso con i media, poi, è stata esemplare, al punto che, non solo in Italia, persino i telecronisti (come fu ed in qualche modo è tuttora per la F1) hanno una loro dimensione nell’immaginario degli appassionati.

Tutto bene, quindi.

Be’… ni.

Ovviamente la spettacolarizzazione degli eventi basati sul “personaggio” Rossi è stata sfruttata benissimo ma non aver capito che ad un certo punto era necessario fare uno step forward per consolidare quanto raggiunto è stato un errore gravissimo. Hanno costretto sto “poveraccio” (si fa per dire) a correre e rischiare l’osso del collo per anni e anni nonostante non fosse neanche lontanamente paragonabile, agonisticamente parlando, a quello che era nel decennio 2000/2010 e l’hanno spremuto fino a che hanno potuto. (Lui, beninteso, è stato molto più intelligente: ha capitalizzato, consolidato e portato a casa tutto il possibile – e ha fatto bene). Tutto al fine di continuare a prendere soldi, raccattare sponsor, dimensionare il circus, sempre sventolando davanti agli investitori il successo mediatico del “dottore”. Quest’anno, pensionatosi il fenomeno, assistiamo a Sboom di presenze, ascolti, sponsor e, soprattutto, soldi. La malsana gestione di Dorna della parabola discendente di Rossi ha portato a tutto questo. E il motivo è che hanno creduto che il clou dell’oggetto che avevano tra le mani, ossia lo “sport” motogp, fosse lo “spettacolo”, non lo sport stesso.

A maggior riprova di quanto sostengo ricordo che, nel corso del tempo, Dorna ha tentato di cavalcare e coltivare la componente “spettacolare” avviata con o, meglio, grazie a Rossi: in fondo era la strada più facile per spingere ancora di più su questo tasto.

Ma…

Stoner non ci stava.

Lorenzo per un certo periodo è stato costretto a fare pagliacciate che non facevano per lui (ricordo agghiaccianti tentativi di simulare passeggiate lunari davanti alla curva con le bandierine 93 nere sventolate da prezzolati).

Pedrosa non c’aveva la ghigna giusta.

Se parlo di Simoncelli mi viene il magone quindi evito.

 

Poi è arrivato Marquez e sembrava che avrebbero potuto replicare quanto fatto con Rossi.

La ghigna c’è, fenomeno è un fenomeno, spettacolare è spettacolare ecc. ecc.

Tuttavia il pasticcio del 2015 ha rovinato tutto e da allora la motogp si ha dovuto continuare, comunque e giocoforza, ad aggrapparsi a Rossi il quale, per ovvi limiti di età, non è che potesse fare granché.

Oggi abbiamo in pista piloti eccezionali, bravissimi, velocissimi e che onorano da par loro lo sport ma che non sono “personaggi” nel senso che Dorna vorrebbe. Leggo persino articoli con delle ridicole lagne sul fatto che i piloti di oggi sono troppo buoni, che sono troppo amiconi e che ciò non andrebbe bene per la motogp. Vero, se visto dal lato dello “spettacolo” ma… seriously?

Piccolo inciso: se a “spettacolo” tolgo le virgolette cade tutto il discorso – gli appassionati sanno che tutto è spettacolo puro ogni gara, con i piloti e i team impegnati al massimo per cercare di trovare la vittoria. Fine inciso.

Ad ogni modo, lo vedete il problema?

Nelle righe precedenti ho parlato solo di spettacolarizzazione del personaggio di motogp (quantomeno il tentativo) e non dello sport motogp. Qui sta l’errore.

Un personaggio come Rossi è unico (amato o odiato, forte davvero o aiutato, pagliaccio o genio – non me ne frega niente: è unico) e non lo puoi replicare. Tentare di replicare il fenomeno-Rossi era già l’Errore – non tanto il fatto di non esserci riusciti, che pure gli si potrebbe imputare. Dorna non ha consolidato, non ha valorizzato a sufficienza la componente “sport”, ha puntato sul “personaggio” Rossi e non sullo “sportivo” Rossi con il risultato, sin troppo prevedibile, che quando questi è declinato ed infine ritirato allora tutto l’ambaradan si è sgonfiato.

In quest’ottica è facile capire perché Marquez è rientrato (leggi: è stato costretto a rientrare) per gli ultimi gp della stagione in corso nonostante non sia esattamente la mossa più saggia da fare per il pilota. Si tratta dell’ennesimo tentativo di Dorna di insistere sull’aspetto “spettacolare” e “personaggistico” del suo prodotto, strenuo tentativo di dare un po’ di pepe mediatico al campionato e di andare poi a batter cassa a dritta e a manca per tentare di attrarre sponsor per la prossima stagione e alzare il prezzo dei diritti della stagione 2023.

 

E quanto pare funziona:

Se la Motogp rischia c’è un esempio in cui quel rischio si è concretizzato. E’ uno sport in cui oltre alla spasmodica ricerca dello “spettacolo” basato esclusivamente sul “personaggio” si è anche andati a distorcere la componente sportiva e se si distorce la componente sportiva si fanno solo dei danni.

Prendete il ciclismo: chi lo guarda più? E se lo guardi cosa stai guardando? Il vincitore è da ammirare? Oppure no? Il doping lo ha distrutto. Il doping ha così influito sulla sua componente sportiva che tutta la credibilità che questo sport si era costruito in decenni di fatiche (letteralmente!) è stato spazzato via. Gli ultimi vent’anni (e più) di ciclismo sono stati una farsa. Le gare continuano ad essere “spettacolari” (forse) ma non c’è una virgola di tensione e di passione in chi vi assiste perché tanto subito dopo il traguardo spegne la tv e se cerca notizie sui giornali o su internet è solo per sapere se Tizio ha vinto il Tour perché ha preso più Girandolina degli altri e se Caio ha vinto la Parigi-Roubaix grazie alla trasfusione di emicicli romboidali. Ha voglia, la federazione, a cercare di “spettacolarizzare” i grandi appuntamenti e a cercare di venderli alle tv e ai giornali a prezzi più alti per permettere alle squadre di cercare sponsor munifici: ti danno il minimo sindacale e solo se gli torna comodo (a dir il vero il “se gli torna comodo” sappiamo cosa vuol dire e di soldi ne girano tanti ma ciò non cambia il senso del discorso). Briciole, pezzetti, rimasugli. I media generalisti praticamente non se ne occupano più mettendo solo qualche trafiletto nelle pagine dello sport. Non c’è un ciclista che è uno a far da testimonial nelle pubblicità generaliste. La comunicazione delle aziende che sponsorizzano squadre o gare non punta mai sul ciclismo: niente foto, niente filmati, niente persone, niente luoghi – niente di niente. La gente che applaude e si agita sulle strade del Giro o del Tour, oltre ad essere infinitamente di meno di quanto non fosse fino a 20 e più anni fa, non è lì per tifare i corridori. Il tifo è solo apparente e persino dermatologico, oserei dire. Dei corridori non glie ne importa nulla. Non c’è rispetto per i corridori e si fa a gara a chi si avvicina di più per fare il selfie, la qual cosa ha talvolta portato, peraltro, a ridicole quanto pericolose cadute.

E tutto questo per cosa? Per aver fatto per 7 anni alti guadagni sulla pelle di quello là? Sì, proprio quello là che aveva avuto quella storia tragica ma che poi si è risollevato con tanta “fatica” e che è andato a vincere come mai nessuno prima. Bravo, bello “spettacolo” e ora? A chi lo vendi il Tour? E a quanto?

 

Se non si sta attenti è lì che si finisce.

La F1, nel bene e nel male, ha sempre privilegiato la componente sportiva e non ha mai puntato troppo sul singolo pilota. Anzi.

E lo ribadisco, nel bene e nel male. Perché anche quando è stata nel male lo ha fatto sul piano sportivo, controverso finché volete, ma pur sempre sportivo (così a veloce memoria: Senna 89, Schumy 94, stagione 2007, da ultimo Masi 2021).

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Segnali di scopiazzamento da altre formule di elementi presuntivamente “spettacolari” ci sono stati: il punteggio stile moto-gp, il numero fisso per il pilota, la sprint race. Il primo tutto sommato ci stava: ha consentito alle scuderie di incassare di più dagli sponsor. Il secondo invece è un pericoloso segnale, nel senso del discorso che sto facendo anche se al momento, tuttavia, non sembra aver sortito effetti gravi. Il terzo è senza senso e basta.

 

Il punto è che lo “spettacolo”, con le virgolette, è diretta conseguenza dello spettacolo, senza virgolette.

E lo spettacolo-senza-virgolette è a sua volta diretta conseguenza della componente sportiva spinta all’estremo.

Quando c’è quest’ultima allora tutto gira bene: tensione, rivalità, performance, persino polemiche, colpi bassi e defaillance, tutto contribuisce a sostenere la tensione di chi vi assiste innalzandone il livello di competenza e di passione.

 

Non hanno invece alcun senso prettamente sportivo le pagliacciate e non tanto perché non siano “spettacolari”, con le virgolette, magari alcune lo sono pure, quanto perché non incidono minimamente sulla componente sportiva o, anzi, la deteriorano. La proposta di invertire la griglia, ad esempio, può rendere “spettacolari” le gare ma è per definizione contro-sportiva. Lo spettatore occasionale avrà qualche minuto di divertimento ma non avrà mai la tensione e la partecipazione che c’è in una gara “vera”, ossia in una gara dove la griglia è determinata dai migliori tempi in qualifica e dove la tensione si crea dalla capacità dei piloti e delle scuderie di affrontare la gara al meglio delle loro possibilità, sfidandosi su un terreno sportivamente coerente. Se Verstappen parte in pole position e Leclerc è con lui in prima fila c’è tensione. Se tutti e due partono dal fondo assisteremo solo ad un confuso ambaradan di sorpassi che non ha alcun valore sportivo e che trasforma i risultati delle gare in sgangherate ordalie che non possono dare soddisfazione alcuna.

Non è sportivo, per fare un altro esempio, cambiare le regole in corsa. La famigerata TD39, esempio più recente, magari non è vero che ha influito sulle performance di alcune scuderie (Binotto continua a giurarlo e spergiurarlo ma non mi interessa in questa sede) ma sta di fatto che è diventato il classico elefante nella stanza: Verstappen non lotta più con Leclerc perché sono stati bravi quelli di RBR a sviluppare la vettura o per colpa della TD39? Non importa più la vera ragione – LA TD è lì, con tutto il peso dietrologico che si porta appresso, e il dubbio rimane.

 

Ci sono anche esempi positivi.

Uno è l’atletica. Vivaddio ancora oggi, come 100 anni fa, si fanno i 100 metri piani, il salto in lungo, i 400 ostacoli, il lancio del peso, ecc. ecc.. Il doping viene contrastato in modo pesantissimo e non viene tollerato in alcun modo. I “personaggi” spuntano, ovviamente, ma sempre per loro merito sportivo: (fortunatamente) la copertura mediatica, che pure c’è ed è importante, non prevale al punto da oscurare l’evento sportivo vero e proprio. Spettacolarizzano ove possibile: le finali delle olimpiadi avevano una presentazione degli atleti piuttosto pomposa, giochi di luce e di musica ma poi ad un certo punto tutto si spegne e on-your-marks, set, go e chi va più forte vince. Non è che si mettono a fare i 105 metri o li fanno correre all’indietro per fare più “spettacolo”.

Un altro esempio positivo è la NBA. Forse l’esempio più fulgido di come gestire uno sport e i suoi atleti degli ultimi 30-40 anni. Il geniale “commissioner” David Stern, a partire dagli anni 80, prese in mano una lega allo sbando, martoriata da pochi soldi, pochi sponsor, persino droga e personaggi poco raccomandabili e la trasformò nel giro di pochi anni nella lega di sport professionistico più ricca del mondo. E lo è di gran lunga in sé, ossia la NBA è ricca in una quantità che nemmeno ci immaginiamo e che qualsiasi altro sport (calcio compreso) manco se lo sogna, il che vale anche nei suoi atleti di punta. Dei 50 sportivi più pagati al mondo ben 21 sono della NBA! (12 della NFL, football americano, mentre gli altri sport,  calcio 5, tennis 3, golf 3, boxe 3, Hamilton Verstappen per la Formula 1 e poi c’è un tale McGregor che non ho capito che sport giochi a completare l’elenco). Su cosa puntò? Sullo sport (senza virgolette) e sullo spettacolo-senza-virgolette. Non cambiò neanche una virgola delle regole del gioco, non fece modifiche di alcun tipo. Si limitò, si fa per dire, ad esaltarne le componenti intrinseche tecniche ed agonistiche, eliminò gli aspetti controversi (tolleranza zero assoluto verso violenza, droghe, combine) e culminò con l’operazione (geniale!) Dream Team alle Olimpiadi di Barcellona del 92. Certo che puntò sui personaggi (Magic Johnson, Larry Bird, Michael Jordan) ma questi erano la conseguenza della promozione non il contrario.

Lo sport era vero, non guidato, controllato, manipolato e nella sua “verità” e “autenticità” ha sviluppato le storie (le storie!) dei protagonisti.  Giusto un piccolo esempio: si inventò la promozione “overseas” che consisteva (e consiste) nel prendere le squadre e farle giocare altrove. L’opener a Londra, Siviglia, Tokio, Mexico City: una partita vera, che conta per il campionato – non un esibizione da circo. Merchandising a gogo, diritti tv da paura, copertura totale, regole ferree per i media: quel che sempre si promuove è la NBA, non altro. E la NBA dev’essere lo sport basket ai massimi livelli.

 

(che poi si dice basketball: se a un americano dici che ti piace il basket comincia a girarsi intorno per vedere se il cestino della stanza è fatto di maioliche siciliane…)

Insomma: niente pagliacciate sulla componente sportiva e spettacolo, magari tanto ma sul contorno purché sempre diretto alla promozione dello sport.

 

Ammesso e non concesso, dunque, che si voglia far crescere la Formula 1 il primo punto da capire è che la componente sportiva deve assolutamente stare al primo posto. Questa dev’essere il fondamento, la “verità” e l’autenticità imprescindibile per ogni discorso che si voglia fare sul suo sviluppo. Sviluppo che si potrebbe fare anche di questo discorso ma che i limiti già ampiamente sforati di questo articolo lo fanno demandare a tempi altri. Sicché vado a concludere con due brevi considerazioni finali.

Poco fa ho usato due parole: competenza e passione.

Queste due parole sono la chiave per comprendere che il cosiddetto “zoccolo duro” di chi si interessa di uno sport risiede innanzitutto nella sua capacità di comprenderlo e capirlo e poi di seguirlo con la dovuta tensione e sana passione, la curiosità di vedere chi vincerà, chi saprà esprimersi al meglio e così via.

Crei competenza concertando con i media la spiegazione degli eventi che si svolgono, dando informazioni, esponendo dati, magari pretendendo che a commentare lo sport ci sia qualcuno che ne sa e non un improvvisato che non è riuscito a entrare nella redazione cronaca politica. Generi passione esaltando l’impresa sportiva, il componente tecnico, la grande rimonta o la perfezione di un gran chelem. La storia, santo cielo!, la storia dello sport è componente ineludibile dello stesso ove la competenza e la passione sono in rapporto biunivoco con gli appassionati perché dà loro materiale per ampliare il fuoco che arde loro dentro e da questo riceve, in cambio, tutta la tensione e aspettativa per il prossimo evento, sperando di poter rivedere in esso i fasti del passato reinterpretati nel contesto attuale.

Competenza e passione, dicevo, sono lo zoccolo duro: se ampli quelle ampli questo.

Infine, credo non sia sfuggito che non ho parlato di “tifo”. Il tifo è una conseguenza, come dire, psicologica e sociale dello sport (il discorso sarebbe lunghissimo: accenno solo al contributo dato dal tifo al plesso identitario dell’individuo, condizionato suo malgrado dalle passioni sportive, e per quanto attiene all’aggettivo “sociale” basti pensare al senso di condivisione e di comunità che il tifo genera, sia nel bene sia nel male) e ne rappresenta una sorta di variabile indipendente (alle volte positiva, alle volte negativa, per l’appunto). Il tifo è solo parzialmente sotto il controllo di chi governa uno sport quindi va trattato con le pinze. Il parziale controllo va inteso nel senso che si può generare del “tifo” esaltando il “personaggio” – indirizzi la curiosità degli spettatori e degli interessati non verso lo sport ma verso il personaggio – sfruttandone alcune caratteristiche in modo opportuno. Puntare sul “tifo” può anche portare a risultati molto rapidamente ma è un’arma a doppio taglio. Se indirizzi l’interesse verso un “personaggio” (capace di solleticare, ovviamente – è il caso di Valentino Rossi che facevo prima per la MotoGP) e non verso lo sport ti ritrovi con una marea di gente che arriva all’improvviso, ti bei dei risultati economici che ne conseguono ma poi tutto esce dal tuo controllo. Se il “personaggio” perde rischi le inquietanti deviazioni che il “tifo” comporta e poi, se costoro non sono stati “educati” a seguire quello sport quanto invece a seguire quel “personaggio” succede inevitabilmente che se il “personaggio” in questione si ritira costoro smettono di seguire. Il “tifo” non è lo stesso che zoccolo duro, ecco perché va trattato con le pinze. Se la Motogp è lì, con i numeri a dimostrare quanto pericolosa e traballante questa strategia la già citata NBA dimostra l’esatto contrario: quando si ritirò Michael Jordan (il ritiro vero quello del 1998) la lega non perse un epsilon di interesse ed anzi continuò ad espandersi.

Meditate, gente. Meditate.

(Si potrebbe approfondire ulteriormente – ho tagliato con l’accetta molti discorsi (compreso quello sul tifo che in realtà è molto più complicato) ma spero di aver contribuito a dare qualche spunto di riflessione.)

 

Metrodoro il Teorematico

 

 

 

 

TRIPLETTA DI BAUTISTA, IL CAPOLISTA SE NE VA. – CATALUNYA SBK POST GP

Bautista domina il round Catalano siglando una tripletta stratosferica. Mai in partita gli avversari, annichiliti. Qui al Montmelo ha fatto un altro mestiere.

Ho preso spunto per il titolo dal grido di gioia di un caro amico e tifoso Ducatista, “Il Capolista se ne va” perché questo weekend Alvaro Bautista ha letteralmente annichilito prima Razgatioglu e poi Rea.

Ha guidato il weekend percorrendo tutti i giri di gara in testa, di tutte e tre le gare. Praticamente gli altri Piloti l’hanno soltanto visto partire ed andare via. Umiliante per tutti, soprattutto per Jonnhy e Toprak. Il weekend di Toprak è stato altalenante, non è mai stato in grado di essere decisivo ed incisivo sia in prova che in gara.

Jonnhy e la sua Ninja ci hanno provato in tutti i modi, tanti gli errori di Rea che alla fine esce fuori dal weekend con un bel punto di domanda. Soprattutto si è visto un Alex Lowes finalmente pimpante ed in grado di tenere il passo di Rea.

Ottimo il weekend per gli altri Piloti Ducati, in particolare Rinaldi che riesce in gara due a prendersi una spettacolare 2^ posizione e rubare punti preziosi a Razgatioglu. Anche Bassani ha portato a casa punti importanti e si è ritrovato a battagliare in tutte e tre le gare con i Piloti di testa.

In gara 1 si rivede anche Garrett Gerloff. Lo sceriffo Texano, disperso dopo il botto di Assen 2021 in cui stese Razgatioglu, ritorna sul podio rubando punti importanti proprio al Turco. Nei box non erano contentissimi…

Chi delude le aspettative è ancora una volta Locatelli. Il Pilota Yamaha non ottiene un podio addirittura da aprile (Gara 2 ad Assen) e sembra un altro Pilota rispetto ad inizio stagione. Poco combattivo e per nulla in aiuto di Toprak, a differenza di Rinaldi e Bassani.

Chi si rivede è Alex Lowes che ritorna sul podio, seppur nella SP Race, dopo quello di Donington Park. Anche per lui vale il discorso fatto per Locatelli, è un lontano ricordo dell’Alex Lowes che conosciamo. Il 2023 probabilmente sarà l’ultimo anno nel Mondiale SBK.

Classifica Mondiale

Rimangono 4 Round, il prossimo a Portimao dove Rea e la Kawasaki potrebbero rifarsi. Ancora 12 gare alla fine, con 248 punti a disposizione dei Piloti. Ancora è tutto da scrivere, soprattutto se la pioggia ci mette lo zampino.

 

Francky

LA STORIA DELLA FERRARI 312T: 1976 (ULTIMA PARTE)

Mentre Lauda e Regazzoni sono a Parigi per testimoniare sulla vicenda di Brands Hatch, Carlos Reutemann prova a Fiorano una T2 con i radiatori anteriori più arretrati e con i relativi sfoghi sopra le fiancate invece che ai lati. L’argentino ha corso il GP d’Italia (chiuso al nono posto) perché ormai la sua iscrizione era già stata registrata e nessuno si aspettava che Lauda sarebbe tornato così presto. L’impegno per schierare tre vetture è stato molto gravoso per la Scuderia (sia in termini economici che in termini di accuratezza nella preparazione tecnica) che quindi concluderà la stagione schierando solo due monoposto a ogni gara. Reutemann continua il lavoro di sviluppo in vista del 1977 a Fiorano dove viene seguito con grande interesse a bordo pista dal 20enne venezuelano Johnny Alberto Cecotto, Campione del Mondo 1975 della Classe 350.

L’azienda lombarda Bburago mette in commercio un modellino della 312T2 in scala 1:14 (circa 30 cm di lunghezza) molto dettagliato. Si tratta della fedele riproduzione della monoposto presentata alla stampa nell’ottobre 1975, dotata di ruote sterzanti e smontabili, ponte posteriore De Dion e prese d’aria dei freni anteriori carenate (poi messe al bando dalla CSI). L’unica incongruenza è la mancanza del nome del pilota per motivi di esclusive commerciali. Il prezzo di vendita al pubblico è di 6mila lire (30 euro).

Il Mondiale torna in Canada dopo aver saltato l’edizione del 1975 per il mancato accordo economico tra gli organizzatori ed Ecclestone. Le monoposto vengono spedite con un cargo e dopo le gare nordamericane voleranno direttamente in Giappone per l’epilogo della stagione.

I fatti di Monza e soprattutto la sentenza del Tribunale d’Appello della FIA hanno esacerbato gli animi. Hunt accusa apertamente la Ferrari di aver agito politicamente per ribaltare quel risultato che la pista non gli può più dare. L’inglese ne ha anche per l’amico Lauda, biasimandolo di essere antisportivo e di cercare la vittoria a qualsiasi costo. Quando l’austriaco lo invita a partecipare a una riunione della GPDA riguardante le precarie condizioni di sicurezza del circuito del Mosport Park, Hunt risponde bruscamente “Io sono qui per correre, non per fare chiacchiere con quella maledetta commissione di sicurezza”.

Lauda non si fa problemi a replicare al collega, ricordandogli di aver dichiarato che avrebbe preferito non vincere il titolo con lui in ospedale e invece, dopo aver recuperato quasi tutto lo svantaggio, ha cominciato a sostenere che lo avrebbe voluto rivedere in pista. Ma l’attacco più duro è per Teddy Mayer che, secondo Lauda, ha tentato tutti i trucchi possibili per battere la Ferrari ma, non essendo capace di farli bene, si è sempre fatto scoprire. L’austriaco è particolarmente teso anche perché non ha ancora recuperato la forma ideale e ha grossi problemi all’occhio destro che lacrima e non si chiude ancora. Come se non bastasse il RAC britannico, ovviamente spalleggiato dalla McLaren, chiede alla FIA di invalidare il risultato del GP d’Italia per il pasticcio della bandiera nera. La discussione è rinviata a dopo il GP degli USA.

La Ferrari porta in Nord America le stesse monoposto viste a Monza con solo un paio di modifiche. La prima viene notata dopo le prove del venerdì quando i commissari trovano il radiatore dell’olio del cambio montato troppo indietro sulla vettura di Regazzoni. L’errore viene immediatamente corretto senza conseguenze. L’altra modifica è l’ala posteriore in tre pezzi visto a Monza durante le prove. A Lauda basta guadagnare 2 punti su Hunt per vincere il titolo con due gare di anticipo, ma la squadra deve far fronte anche alle assenze forzate dei tecnici Franco Rocchi, colpito da un infarto, e il progettista del cambio trasversale Walter Salvarani anch’egli con problemi di angina pectoris.

Scelte differenti per i piloti Tyrrell. Scheckter decide di utilizzare il nuovo alettone provato a Monza mentre sulla P34/2 di Depailler viene montato un distanziale tra motore e cambio per allungare il passo e ridurre il sovrasterzo.

Destano particolare attenzione le Lotus 77 sulle quali sono state montate delle vere e proprie spazzole di materiale plastico che toccano il suolo lungo il perimetro delle fiancate. Intanto Chapman annuncia che la nuova 78 non correrà prima dell’inizio della prossima stagione per non dare alla concorrenza l’opportunità di studiarla e copiarne le soluzioni.

Ci sono diverse novità in casa Brabham. Ecclestone è rimasto impressionato dalle prestazioni di Larry Perkins e lo ha ingaggiato come compagno di squadra di Pace per le ultime tre gare di campionato. L’australiano è però ancora sotto contratto con la Boro (nonostante la squadra abbia chiuso i battenti) per cui il team manager deve sborsare ai fratelli Hoogenboom un riscatto di 15mila dollari (55mila euro).

Ecclestone aveva contattato anche Gilles Villeneuve ed Eddie Cheever. Col primo, presente al Mosport Park in veste di spettatore, non se n’è fatto niente mentre il 19enne statunitense, consigliato dal suo team manager di F2 Ron Dennis, ha rifiutato un contratto che parte da subito fino a tutto il 1977 e che prevede per lui un ingaggio pari al 15% dei premi conquistati (e basta).

Dal punto di vista tecnico, Gordon Murray ha prodotto una carenatura posteriore con nuove prese d’aria per il V12 Alfa Romeo e ha spostato i radiatori dell’olio, che erano posizionati nella zona del cambio, davanti alle ruote posteriori, oltre al ritorno dei dischi freno con inserti in carbonio. Non essendo stata ancora sperimentata a sufficienza, la nuova soluzione aerodinamica viene utilizzata solo in prova.

Continua il simpatico tira e molla tra la March e la FNCB che ritira di nuovo la sponsorizzazione sulla 761 di Peterson nonostante la vittoria di Monza.

Alla McLaren si decide di mettere da parte la M26 per concentrare le forze sulla rincorsa al Mondiale di Hunt.

Piccole modifiche all’airscope per la Shadow DN8 di Tom Pryce mentre Jarier deve continuare con la DN5B.

Contrariamente a quanto aveva deciso e annunciato in Germania, Chris Amon torna in F1 con la seconda Wolf-Williams. Il neozelandese è stato contattato da Walter Wolf il quale gli ha chiesto di provare la disastrosa FW05 per avere un parere imparziale. L’opinione di Amon non differisce da quella di Merzario, rafforzando la convinzione di Wolf sul lavoro svolto da Williams e Head durante l’anno. Come se non bastasse, Amon si scontra con Ertl durante la seconda sessione del venerdì riportando una brutta botta al ginocchio destro, con tanto di versamento di liquido sinoviale. Anche Ertl si fa male nell’incidente ed entrambi sono costretti a dare forfait.

Amon viene comunque ingaggiato da Wolf come pilota collaudatore della nuova monoposto disegnata da Postlethwaite che è in fase di completamento a Reading e anche per guidare una biposto Can-Am progettata da Giampaolo Dallara. Intanto Scheckter comincia ad acclimatarsi con la sua futura squadra nei box del Mosport Park.

Sulla Ensign di Ickx compare una vecchia presa d’aria motore piatta non ancora verniciata con il colore del nuovo sponsor.

La Penske ha preparato una seconda PC4 per Watson, in sostituzione del primo modello che ha vinto in Austria e che ora verrà utilizzata come muletto.

Hunt soffre di un’infiammazione al gomito sinistro ma scarica in pista la rabbia e la frustrazione per le penalizzazioni subite battendo il record della pista e ottenendo la settima pole position davanti a Peterson, Brambilla, Depailler e Andretti.

Niki Lauda non riesce a fare meglio del sesto tempo davanti a Scheckter e Stuck con un distacco di quasi 7 decimi dalla pole mentre Regazzoni è addirittura undicesimo a oltre un secondo. Le sconnessioni della pista mettono in crisi le sospensioni della T2 rendendone problematico l’assetto e il Campione del Mondo si lamenta per il mancato sviluppo della T2 nel periodo della sua assenza.

Oltre ad Amon, anche Ertl deve rinunciare alla gara perché la sua Hesketh è malconcia. Stuppacher gira con un tempo superiore addirittura al 117% della pole per cui non viene ammesso al via perché troppo lento, per cui lo schieramento di partenza è composto da sole 24 monoposto.

Il sabato Alastair Caldwell ha il suo bel da fare per tenere Hunt lontano dall’alcol. La sentenza della FIA ha tolto al pilota della McLaren la vittoria del GP di Gran Bretagna e anche la serenità necessaria ad affrontare la gara canadese. La squadra è alloggiata in un albergo di Toronto nel quale si esibisce un gruppo musicale la cui cantante è molto carina. Hunt non si fa pregare e, ogni volta che il gruppo si ferma per una pausa, porta la ragazza in camera per un “provino” privato, poi la fa tornare a cantare fino alla pausa successiva e avanti così per tutta la notte. La domenica mattina Hunt e la cantante scendono insieme nella hall dell’albergo e si salutano, poi il pilota sale barcollando sull’auto a noleggio e si dirige verso il circuito assieme a Caldwell.

La gara si disputa in una bellissima giornata di sole e anche sulle sponde del lago Ontario non mancano i sostenitori italiani.

The crowd make the most of the local surroundings to gain a vantage point.
Canadian Grand Prix, Rd14, Mosport Park, Canada, 3 October 1976.
BEST IMAGE

Ronnie Peterson brucia tutti alla partenza seguito da Hunt, Depailler e Andretti che superano Brambilla nelle prime due curve, poi Scheckter, Lauda e Mass.

Come al solito le March perdono ben presto efficienza frenante con Brambilla che viene superato al quarto giro da Scheckter e si aggiunge al trenino che tallona Peterson.

Lo svedese si impegna al massimo per mantenere la prima posizione, approfittando dell’ottima velocità di punta della sua monoposto sul lungo rettilineo di ritorno. All’ottavo giro, quando alle sue spalle si è radunata una lunghissima fila indiana di 12 auto comprendente Hunt, Depailler, Andretti, Scheckter, Lauda, Brambilla, Mass, Laffite, Pace, Regazzoni Stuck e Pryce, Hunt tenta l’attacco in frenata al Moss Corner ma arriva leggermente lungo e Peterson si riprende la prima posizione incrociando la traiettoria.

Al giro seguente Hunt non ripete l’errore ed effettua il sorpasso nello stesso punto portandosi in testa al GP.

L’inglese della McLaren approfitta della resistenza di Peterson e si avvantaggia al ritmo di un secondo al giro. Depailler impiega 4 giri per passare lo svedese, Andretti e Scheckter ne impiegano altri 3 e al 18° giro anche Lauda si libera della March numero 10 sempre più in crisi, imitato 2 giri più tardi da Mass.

Una volta liberatosi di Peterson, Depailler si scatena all’inseguimento di Hunt, favorito anche dal fatto che l’inglese soffre dell’infiammazione al gomito sinistro che non è stato risolta nonostante diverse sedute di agopuntura e al 30° giro il francese si riporta in scia alla McLaren.

La classifica rimane invariata con Hunt che conserva sempre un esiguo margine su Depailler mentre alle loro spalle Andretti, Scheckter, Lauda e Mass sono più distanziati tra loro. Al 58° giro Lauda rallenta improvvisamente perché la T2 ondeggia sia in curva che in rettilineo. Un elemento della sospensione posteriore destra si è allentato alterando il camber della ruota e l’austriaco cerca di portare la vettura al traguardo ma perde 3 posizioni in favore di Mass, Regazzoni e Pace.

Depailler continua a tallonare Hunt nella speranza di superarlo sul lungo rettilineo in salita. Il francese fa segnare il giro più veloce della corsa a tre quarti di gara ma subito dopo comincia a perdere terreno. Il tubo del manometro della benzina si è staccato facendogli colare il carburante sulla tuta.

Gli ultimi 15 giri non riservano sorprese e Hunt vince il suo sesto GP con 6 secondi di vantaggio su Depailler, 10 su Andretti, 20 su Scheckter e 42 su Mass.

Depailler ferma la sua Tyrrell subito dopo il traguardo, viene estratto a braccia dall’abitacolo e portato in infermeria dove gli vengono riscontrati una leggera intossicazione causata dalle esalazioni del carburante e alcune ustioni da contatto con la benzina sulla schiena. Per questo il francese non sale sul podio dove Hunt festeggia la vittoria e la riduzione del distacco in classifica. Ora Lauda ha 64 punti, Hunt 56, Scheckter 43, Depailler 33 e Regazzoni 29. La Ferrari comanda sempre la Coppa Costruttori con 77 punti davanti alla McLaren che con 61 punti ha sorpassato la Tyrrell (59)

Regazzoni completa la zona punti dopo un episodio contestato. A 3 giri dal termine il ticinese arriva lungo all’ultima curva, Pace lo affianca ma Clay lo chiude contro il muretto dei box. Le ruote di destra della Brabham strisciano emettendo scintille e fanno fuggire i meccanici dal muretto ma fortunatamente non ci sono conseguenze. Dopo la gara Ecclestone accusa Regazzoni di tentato omicidio ma i commissari non ritengono necessario prendere provvedimenti e le squadre possono ripartire subito per il Seneca Lake dove il weekend successivo si terrà il GP degli USA.

L’intero carrozzone si sposta nello Stato di New York sul sempre accogliente circuito di Watkins Glen.

 

An amusing advertising banner for a local Funeral home.
United States Grand Prix East, Rd15, Watkins Glen, USA, 10 October 1976.

Considerando Long Beach (GP USA West), questa è la seconda volta che si disputano due GP iridati nella stessa nazione. La prima è stata in Italia nel 1957 quando si gareggiò a Monza e Pescara.

I meccanici hanno pochissimo tempo per riparare i danni riportati dalle vetture in Canada. La Wolf-Williams è la squadra che deve lavorare più di tutte per smontare la FW05 incidentata da Amon e assemblare la scocca della vecchia ex 308C. Il neozelandese è ancora infortunato così Frank Williams contatta prima Michel Leclére, poi il 28enne vice campione europeo di F2 francese René Arnoux e infine Vern Schuppan ma tutti declinano la proposta. Alla fine la vettura viene affittata al 26enne debuttante australiano Warwick Brown, vincitore della Tasman Series 1975.

Warwick Brown (AUS) Wolf Williams FW05 finished fourteenth in his first and only Grand Prix.
United States Grand Prix East, Rd15, Watkins Glen, USA, 10 October 1976.

Harald Ertl invece ha fatto spedire dall’Inghilterra la 308C incidentata al ‘Ring, finalmente riparata, mentre la monoposto di Edwards, ancora sofferente al polso, viene noleggiata al 27enne brasiliano Alex Dias Ribeiro, pilota ufficiale della March in F2 e quinto classificato nel campionato cadetto.

Il mercoledì si svolgono delle prove libere durante le quali Laffite esce di pista danneggiando la JS5/02. Come da tradizione al Glen, i meccanici ne approfittano per mettere in vendita parti di monoposto inutilizzabili a prezzi accessibili (150 dollari corrispondono a 630 euro) e arrotondare i loro stipendi.

The Ligier team offer for sale a front wing damaged by driver Jacques Laffite (FRA) for $150.
United States Grand Prix East, Rd15, Watkins Glen, USA, 10 October 1976.

Tyrrell mechanics run an unofficial merchandise stall selling Project 34 T-Shirts and stickers for $5.
United States Grand Prix East, Rd15, Watkins Glen, USA, 10 October 1976.

Nel corso delle stesse prove libere Ken Tyrrell autorizza Jody Scheckter a provare la FW05.

Il venerdì mattina le prove cominciano in un clima decisamente invernale, con pioggia e vento gelido che condizionano la prima sessione. Il freddo è tale che alcune squadre usano dei termoconvettori alimentati a kerosene per mantenere la temperatura dei liquidi a livelli accettabili.

Nel pomeriggio la situazione è simile ma sul finire della sessione la pioggia smette, la pista si asciuga rapidamente e i piloti cominciano a migliorare i tempi. Hunt è il più veloce davanti a Scheckter e alle March di Peterson e Brambilla.

Lauda è quinto, staccato di oltre 6 decimi. L’austriaco è fortemente contrariato per la pessima tenuta di strada della T2 e accusa apertamente Forghieri e Audetto di non aver sviluppato la vettura durante la sua assenza forzata.

Auto Racing: US Grand Prix: View of Niki Lauda (1) in car before race at Watkins Glen International.
Watkins Glen, NY 10/10/1976
CREDIT: Eric Schweikardt (Photo by Eric Schweikardt /Sports Illustrated via Getty Images)
(Set Number: X20862 TK1 R2 F25 )

Scende in pista anche Harald Ertl che cammina ancora con le stampelle per le conseguenze dell’incidente di Mosport. Il pilota-giornalista austriaco ottiene il 21° miglior tempo.

Le condizioni meteo peggiorano ulteriormente e le prove del sabato vengono rinviate nella speranza di un miglioramento che però non arriva. Gli unici a scendere in pista sono Brambilla che rientra dopo un solo giro e Peterson che va in testacoda in rettilineo e torna subito ai box.

Lo schieramento di partenza viene quindi determinato dai tempi del venerdì con Hunt che mette a segno la sua ottava pole position, una in meno del record condiviso da Peterson (1973) e Lauda (1974 e 1975).

Otto Stuppacher è l’unico non qualificato con il 27° e ultimo tempo. La sua avventura in F1 finisce qui.

Finalmente la domenica il sole torna a splendere per accogliere i 26 ammessi alla partenza. Hunt sceglie di partire sul lato interno della pista.

Come prevedibile, Scheckter scatta meglio sul lato pulito del tracciato e prende il comando del GP davanti a Hunt, Brambilla, Peterson, Lauda, Depailler, Watson e Andretti.

Scheckter e Hunt si avvantaggiano sul resto del gruppo perché Brambilla difende il terzo posto coi denti dagli attacchi dei più veloci Peterson e Lauda.

Il ferrarista riesce a superare le due March al quarto e al quinto giro ma il suo distacco dalla coppia di testa è già di 6 secondi.

Sulla Tyrrell di Depailler si scollega di nuovo un tubo della benzina ma questa volta il francese non riesce nemmeno ad arrivare ai box e si ritira, imitato poco dopo da Peterson per la rottura della sospensione anteriore. Lo svedese era appena stato superato da Laffite, partito col 12° tempo, il quale si porta in quarta posizione.

Al 15° giro Jacky Ickx perde il controllo della sua Ensign all’uscita del curvone in discesa The Laces. La N176 colpisce frontalmente il guardrail esterno sfondandolo, l’avantreno resta incastrato tra le lamiere mentre il resto della vettura si strappa e finisce in mezzo alla pista incendiandosi.

The damaged guardrail and front end of the Ensign N176 of Jacky Ickx (BEL), which pitched into the guardrail on lap 15, ripping the car in two and caught fire. Ickx escaped relatively lightly with a broken ankle and minor burns.
United States Grand Prix East, Rd15, Watkins Glen, USA, 10 October 1976.

Ickx riesce fortunatamente a uscire da solo e a mettersi in salvo zoppicando, con il furgone del servizio antincendio che parcheggia proprio dietro alla monoposto mentre la gara continua.

Una volta domato l’incendio e spostato il relitto della Ensign, il pilota belga viene caricato sull’ambulanza (sempre con la gara regolarmente in corso) e trasferito all’ospedale di Elmira dove gli vengono riscontrate alcune fratture al piede destro e ustioni superficiali. Durante il tragitto (35 km) l’ambulanza si ferma a una stazione di servizio perché a corto di carburante. Ickx riparte per Bruxelles il giorno seguente.

Scheckter mantiene la testa della corsa con un paio di secondi di vantaggio su Hunt mentre Lauda segue staccato di una decina di secondi (la sua Ferrari soffre di sovrasterzo). Laffite è quarto davanti a Brambilla, Pace, Mass e Regazzoni.

La bella corsa di Laffite si conclude al 35° giro quando esplode una gomma della sua Ligier e la JS5 finisce contro il guardrail. Brambilla colpisce i detriti rimbalzati in pista e rompe la sospensione posteriore sinistra. Jochen Mass eredita così il quarto posto davanti al connazionale Stuck che, dopo essersi piantato al via, è autore di una splendida rimonta che lo ha portato dal 17° al 5° posto, davanti a Regazzoni.

Scheckter intanto perde tempo durante i doppiaggi. Prima si trova davanti la Brabham di Larry Perkins all’ingresso della Esse in salita e questo consente a Hunt di riportarsi in scia. Il sudafricano della Tyrrell allunga di nuovo ma al 37° giro si trova in una situazione identica con la Surtees dell’ancora più lento Henri Pescarolo. Hunt è più vicino e approfitta della maggiore velocità in uscita dalla Esse per affiancare e superare Scheckter in fondo al rettilineo.

Passano 4 giri e la situazione si inverte. Questa volta è Hunt che si imbatte nella Wolf-Williams di Warwick Brown, sempre nello stesso punto del tracciato, e Scheckter non si fa sfuggire l’occasione per tornare al comando.

La McLaren è però più veloce della Tyrrell e al 46° giro Hunt torna in testa a The Loop anche senza l’aiuto dei doppiati. Nel frattempo John Watson supera Regazzoni ed entra in zona punti. Il ticinese della Ferrari, anch’egli con una T2 inguidabile, subisce l’onta del doppiaggio nel corso dell’ultimo giro.

James Hunt vince il suo settimo GP con 8 secondi di vantaggio su Scheckter.

The McLaren team celebrates as James Hunt (GBR) wins the race, keeping his championship hopes alive going into the final round.
United States Grand Prix East, Rd15, Watkins Glen, USA, 10 October 1976.

Lauda chiude al terzo posto, staccato di oltre un minuto, precedendo Mass di appena un decimo di secondo.

Jack Ford, figlio del presidente degli Stati Uniti, consegna il trofeo a Hunt. La quarta vittoria negli ultimi 6 GP permette al pilota della McLaren di ridurre il distacco da Lauda a soli 3 punti ma soprattutto ora l’inglese ha 6 primi posti contro i 5 di Lauda per cui potrebbe conquistare il titolo anche a parità di punteggio. Il Mondiale Piloti si deciderà tra due settimane in Giappone.

Race winner James Hunt (GBR, right) McLaren is presented with a trophy full of champagne on the podium after the race.
Formula One World Championship, Rd15, United States Grand Prix East, Watkins Glen, USA, 10 October 1976.
BEST IMAGE

La Ferrari conquista la quarta Coppa Costruttori con una gara di anticipo ma Lauda non nasconde la sua preoccupazione per la perdita di competitività della T2 che tre mesi prima dominava il Mondiale. Il campione austriaco diserta il podio (sul quale non saliva da luglio) e riparte immediatamente per Maranello per chiarire la situazione direttamente con Enzo Ferrari. Il risultato dimostra che il suo talento di guida non risente dell’incidente di Agosto e spazza via qualsiasi dubbio sulla sua presenza in squadra per il 1977. Questo significa che, con Reutemann già sotto contratto per la stagione seguente, Regazzoni dovrà trovarsi un’altra squadra anche se Enzo Ferrari non gliel’ha ancora detto.

Due giorni dopo si riunisce per l’ennesima volta il Tribunale d’Appello della FIA per discutere il reclamo presentato dal Royal Automobile Club di Gran Bretagna, il quale chiede di invalidare il risultato del GP d’Italia per errore tecnico, in seguito al pasticcio della bandiera nera. Ovviamente l’appello viene respinto ma il clima di reciproca diffidenza tra l’ambiente britannico e la Ferrari è palpabile.

Il 22enne padovano Riccardo Patrese, alla sua seconda stagione di corse automobilistiche, vince il Campionato Europeo di F3 al volante della Chevron B34 gestita da Pino Trivellato che monta il motore Toyota preparato dalla Novamotor dei fratelli Pedrazzani.

L’ultimo GP del 1976 si corre in Giappone sul circuito di proprietà del FISCO (Fuji International Speedway Company). Il motorsport non fa parte della tradizione culturale giapponese ma è stato “importato” nel Secondo Dopoguerra dalle truppe di occupazione statunitensi che cercavano di riprodurre lo stile di vita occidentale nell’arcipelago nipponico. Ubicato alle pendici del Monte Fuji, a 10 km dalla città di Gotemba, il tracciato è stato costruito nel 1965 avvalendosi della consulenza di tecnici americani, tra i quali c’era anche Don Nichols che non aveva ancora dato vita alla AVS Shadow ma, dopo aver partecipato anche alla Guerra di Corea, vendeva pneumatici (americani) nel Paese del Sol Levante. Caratterizzato da un lungo rettilineo e veloci curvoni a raggio variabile, il tracciato si percorre in senso orario e ha anche una curva destrorsa sopraelevata con banking a 30°, denominata Daiichi, che però non viene più percorsa in seguito a un tragico incidente che è costato la vita a Hiroshi Kazato e Seiichi Suzuki durante una gara disputatasi il 2 giugno 1974.

I piloti impegnano le due settimane di intervallo in vari modi. Jody Scheckter attraversa gli USA per partecipare a due gare della IROC Series (International Race Of Champions) che si disputano a Riverside, classificandosi terzo alle spalle di Cale Yarborough e A.J. Foyt (tutti su Chevrolet Camaro Z28).

Gordon Johncock (USA) and Jody Scheckter (RSA) lead at the start of the race.
1977 IROC Series, Rd’s 2 & 3, Riverside International Raceway, California, USA, 16-17 October 1976.
Jody Scheckter (RSA).
1977 IROC Series, Rd’s 2 & 3, Riverside International Raceway, California, USA, 16-17 October 1976.

Niki Lauda si rimette subito al lavoro a Fiorano per provare una nuova sospensione che dovrebbe aiutare a mandare le gomme alla giusta temperatura di esercizio, dal momento che al Glen è stato proprio questo il problema che ha generato il grave sovrasterzo accusato da entrambi i piloti.

Hunt e la McLaren anticipano tutti e volano in Giappone, prima ancora che le altre squadre e relative monoposto partano dagli USA, per avere in anteprima i dati della nuova pista. Il maltempo ostacola le prove che si riducono a pochi giri ma Hunt trova comunque il modo di non annoiarsi in quanto alloggia nell’albergo in cui riposano gli equipaggi di British Airways e Air France, quindi ogni giorno ci sono più hostess tra cui scegliere per rilassarsi, oltre naturalmente a giocare a squash e nuotare. 

Quando le squadre raggiungono il Fuji, Daniele Audetto accusa la McLaren di antisportività per aver preso un vantaggio sulla concorrenza mentre Lauda si astiene da qualsiasi commento e riceve le congratulazioni di un certo Juan Manuel Fangio.

(L to R): Niki Lauda (AUT) Ferrari (Centre), who famously withdrew from the terrible wet race conditions at the end of the second lap relinquishing his World Championship lead, talks with Daniele Audetto (ITA) Ferrari Competition Manager and Mauro Forghieri (ITA) Ferrari Designer.
Japanese Grand Prix, Rd 16, Fuji, Japan, 24 October 1976.
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(L to R): Niki Lauda (AUT) Ferrari, who bravely chose to withdraw from the wet race on the third lap, shakes hands before the race with five-time World Champion Juan Manuel Fangio (ARG).
Japanese Grand Prix, Rd 16, Mount Fuji, Japan, 24 October 1976.

Nonostante tutto, le polemiche non scalfiscono il rapporto di amicizia tra i due contendenti al titolo.

(L to R): Niki Lauda (AUT) Ferrari, who bravely chose to withdraw from the wet race on the third lap; James Hunt (GBR) McLaren who took third place in the race to clinch the World Championship, and Barry Sheene (GBR) World 500cc Motorcycle Champion talk together on the pit wall before the race.
Formula One World Championship, Japanese Grand Prix, Rd 16, Mount Fuji, Japan, 24 October 1976.

Contrariamente a quanto avviene in Ferrari, il morale in casa McLaren è alto e il clima è più che sereno.

Hunt può avvalersi anche della presenza dell’amico Barry Sheene, fresco campione del mondo con la Suzuki RG 500. I due condividono più di una passione. Jochen Mass esibisce una maglietta dell’isola di St. John in difesa delle balene, presumibilmente per protestare nei confronti della tradizione baleniera del Giappone. 

Fuji, Japan. 22nd – 24th October 1976.
James Hunt (McLaren M23-Ford) with 500cc motorcycle rider Barry Sheene in the press conference after clinching the World Drivers Champoionship, portrait.
World Copyright: LAT Photographic
Ref: 9280 – 36.

Jody Scheckter si appresta a disputare la sua 45ma e ultima gara con la Tyrrell. Il sudafricano ha conquistato 4 vittorie in 3 stagioni, classificandosi per due volte al terzo posto nel Mondiale Piloti.

FUJI INTERNATIONAL SPEEDWAY, JAPAN – JUNE 11: Jody Scheckter talks with Barry Sheene in the pitlane during the Japanese GP at Fuji International Speedway on June 11, 2018 in Fuji International Speedway, Japan. (Photo by LAT Images)

Ultima gara in Brabham per Larry Perkins che non sarà confermato ed è in cerca di un volante per il 1977.

FUJI INTERNATIONAL SPEEDWAY, JAPAN – OCTOBER 24: Larry Perkins during the Japanese GP at Fuji International Speedway on October 24, 1976 in Fuji International Speedway, Japan. (Photo by Ercole Colombo / Studio Colombo)

Si conclude anche il rapporto tra Vittorio Brambilla e la March, usuratosi durante l’ultimo anno e culminato al Glen in una lite con Robin Herd che lo ha accusato di aver ostacolato Stuck durante il giro di qualifica. Mosley ed Herd perdono così in un colpo solo entrambi i piloti (Peterson ha già firmato con Tyrrell) ma soprattutto i loro sponsor.

FUJI INTERNATIONAL SPEEDWAY, JAPAN – OCTOBER 24: Vittorio Brambilla, March 761 Ford during the Japanese GP at Fuji International Speedway on October 24, 1976 in Fuji International Speedway, Japan. (Photo by Ercole Colombo / Studio Colombo)

Una delle curiosità di questo GP è lo sponsor occasionale che si è aggiunto sulle Shadow. Si tratta di una catena di ristoranti di sushi, di proprietà di tale Hiroaki “Rocky” Aoki, che però ha sede in Florida.

Pescarolo non partecipa al GP perché considera la trasferta troppo dispendiosa per la sua piccola squadra. Non è presente nemmeno la Ensign che ha demolito l’unica vettura. Si iscrivono così ben 4 piloti giapponesi nel tentativo di qualificarsi a un GP di F1, cosa che non è riuscita a Hiroshi Fushida negli anni precedenti. In realtà Noritake Takahara ha già disputato una gara di F1, l’International Trophy del 1974 (con una March 741) che però non era un GP titolato. Per l’occasione il 25enne di Tokyo noleggia la Surtees di Brett Lunger (che ha chiuso anticipatamente la sua stagione col GP di casa) grazie al finanziamento di sponsor locali.

Big John completa il budget sulla TS19 di Alan Jones grazie all’intervento economico di Teddy Yip che sponsorizza il pilota australiano anche nel campionato statunitense di F5000.

FUJI INTERNATIONAL SPEEDWAY, JAPAN – OCTOBER 24: Alan Jones, Surtees TS19 Ford during the Japanese GP at Fuji International Speedway on October 24, 1976 in Fuji International Speedway, Japan. (Photo by Ercole Colombo / Studio Colombo)

Debuttano la Kojima KE007 e il suo pilota Masahiro Hasemi. Matsuhisa Kojima è un ex pilota di motocross che ha fatto i soldi come importatore di frutta e ha cominciato a costruire monoposto per la F3 giapponese prima di tentare l’avventura nella massima Formula. Il 30enne Hasemi è stato un avversario di Kojima nel motocross (sono amici e quasi coetanei) prima di passare alle 4 ruote, diventando pilota ufficiale Nissan (col marchio Datsun), per poi vincere i campionati nazionali di F3 1974 e 1975 con la March motorizzata Nissan e gestita proprio da Kojima. La monoposto giapponese monta le gomme Dunlop che tornano in F1 dopo 6 anni.

Masahiro Hasemi (JPN) Kojima, finished twelfth but earned the notable distinction in setting the race’s fastest lap on his first and only GP appearance.
Japanese Grand Prix, Rd 16, Fuji, Japan, 24 October 1976.

Il campione di F2 giapponese Kazuyoshi Hoshino si iscrive dopo aver acquistato una vecchia Tyrrell 007 usata come muletto da Scheckter e Depailler durante la stagione 1975. La vettura, gestita dal locale team Heros Racing, è stata modificata con un musetto avvolgente e calza gomme giapponesi Bridgestone che fanno la loro prima apparizione in F1.

Il quarto e ultimo giapponese iscritto è il 26enne Masami Kuwashima contrattualizzato da Frank Williams, alla sua ultima presenza prima di essere liquidato da Wolf. Kuwashima ha già disputato il campionato britannico di F3 1973 (4 volte sul podio) e l’Euro F2 1974 con buoni risultati e disputa la prove libere del venerdì con la FW05 ma alla fine della giornata i soldi promessi dagli sponsor non arrivano e il giapponese viene accompagnato alla porta.

Evidentemente Williams aveva già fiutato la fregatura perché in autodromo è presente Hans Binder con tutto il necessario per scendere in pista. L’austriaco acquista il sedile della seconda Wolf-Williams con i soldi della Raiffeisen Bank e disputa le due sessioni del sabato dopo essere stato istruito da Patrick Head.

(L to R): Hans Binder (AUT) Wolf Williams, who retired from the race on lap 50 with a wheel problem, talks with Patrick Head (GBR) Wolf Williams Chief Engineer.
Japanese Grand Prix, Rd 16, Fuji, Japan, 24 October 1976.

Perso il progettista Masao Ono, passato alla Kojima, la Maki tenta la qualificazione per l’ottava volta con una monoposto modificata e adeguata al regolamento vigente. Il pilota è Tony Trimmer che però non riesce a girare in tempi decenti per gli innumerevoli problemi della vettura. Per la Maki è l’ultima apparizione nel Circus.

1976 Japanese Grand Prix.
Fuji, Shizuoka, Japan.
22-24 October 1976.
Tony Trimmer, Maki F102A Ford. Did not qualify.
Ref: 76JAP44. World Copyright – LAT Photographic

Le qualifiche segnano il ritorno del duello tra Lauda e Hunt come si era visto fino al Nürburgring. L’inglese è velocissimo ma le modifiche alle sospensioni della T2 ne hanno migliorato il comportamento e Lauda ottiene un tempo che lo pone alle spalle della McLaren per meno di 3 decimi. Quando la prima fila sembra composta perfettamente per avere i due pretendenti al titolo appaiati alla partenza, Mario Andretti piazza la zampata vincente e ottiene la sua seconda pole in carriera per soli 3 centesimi di secondo. In realtà non è una sorpresa perché l’italoamericano aveva segnato il miglior tempo anche il venerdì, dimostrando i progressi di quella Lotus 77 che a inizio stagione aveva addirittura fallito la qualificazione a Kyalami. La Lotus non segnava il miglior tempo in prova dal GP d’Argentina del 1974 con Ronnie Peterson.

FUJI INTERNATIONAL SPEEDWAY, JAPAN – OCTOBER 24: Mario Andretti and Gunnar Nilsson during the Japanese GP at Fuji International Speedway on October 24, 1976 in Fuji International Speedway, Japan. (Photo by Ercole Colombo / Studio Colombo)

In ogni caso Hunt sembra essere soddisfatto del proprio risultato perché partirà dalla prima fila, quindi davanti a Lauda.

Watson ha il quarto tempo, alle spalle di Hunt e Lauda, e precede Scheckter, Pace, Regazzoni Brambilla e Peterson. Le sorprese delle qualifiche sono Hasemi e la Kojima che ottengono il decimo miglior tempo grazie alle gomme ultra soffici della Dunlop e alla conoscenza del circuito da parte del pilota, ma probabilmente il giapponese avrebbe potuto fare anche meglio. Il suo tempo è stato registrato nella prima sessione di venerdì (quarto assoluto) ma poi nel pomeriggio è uscito rovinosamente di pista, chiudendo comunque la prima giornata di prove al settimo posto. I meccanici hanno ricostruito la scocca in 24 ore per permettere ad Hasemi di presentarsi regolarmente al via del GP.

Le aspettative per il GP sono immense. Il Campionato Piloti che si decide all’ultima gara su un tracciato inedito dopo una stagione piena di colpi di scena e battaglie legali scatena l’interesse mediatico. Bernie Ecclestone investe una montagna di soldi per avere la trasmissione via satellite in Mondovisione, sicuro di avere un congruo ritorno in termini di diritti TV da dividere tra tutte le squadre.

FUJI INTERNATIONAL SPEEDWAY, JAPAN – OCTOBER 24: Bernie Ecclestone chats with Niki Lauda during the Japanese GP at Fuji International Speedway on October 24, 1976 in Fuji International Speedway, Japan. (Photo by Ercole Colombo / Studio Colombo)

La domenica mattina il Fuji si sveglia sotto a una pioggia torrenziale mista a nebbia che rimescola ancora di più le carte di questo Mondiale. Nel previsto quarto d’ora di warm-up i piloti si rendono conto che la pista è impraticabile per via delle pozzanghere presenti per cui la partenza del GP viene posticipata nella speranza che il meteo e le condizioni della pista migliorino.

In terrible conditions before the start of the race, a sign appears at the pit lane exit saying the circuit is closed.
Japanese Grand Prix, Rd 16, Fuji, Japan, 24 October 1976.

Le ore passano e la situazione si fa critica perché la pioggia continua a cadere e il collegamento via satellite potrebbe terminare prima che la corsa prenda il via. Tutti i piloti, tranne Brambilla e Regazzoni, sono concordi nel ritenere il tracciato troppo pericoloso e sono orientati a non correre.

FUJI INTERNATIONAL SPEEDWAY, JAPAN – OCTOBER 24: James Hunt, Niki Laura, Ronnie Peterson, Jean-Pierre Jarier, Max Mosley and Bernie Ecclestone attend the drivers’ briefing in the pouring rain during the Japanese GP at Fuji International Speedway on October 24, 1976 in Fuji International Speedway, Japan. (Photo by LAT Images)

Bernie Ecclestone cerca il compromesso mediando con Fittipaldi (rappresentante della GPDA) e soprattutto con Hunt e Lauda, assistiti da Teddy Mayer e Daniele Audetto. Bernie spiega che se non si partisse le squadre perderebbero il cospicuo premio di partenza oltre ai diritti TV per la mancata trasmissione del GP, per cui propone di partire e poi, se le condizioni dovessero essere veramente troppo pericolose, rientrare ai box e ritirarsi dopo qualche giro. I tre piloti accettano, compreso Hunt il quale sa che questo significa rinunciare al titolo iridato.

1976 Japanese GP FUJI INTERNATIONAL SPEEDWAY, JAPAN – OCTOBER 24: Bernie Ecclestone, Niki Lauda, and James Hunt during the Japanese GP at Fuji International Speedway on October 24, 1976 in Fuji International Speedway, Japan. PUBLICATIONxINxGERxSUIxAUTxHUNxONLY Copyright: xErcolexColombox 1017323148-COL-19761024-03-76

I piloti tornano ai rispettivi box per salire in macchina ma quando Hunt spiega alla squadra l’accordo raggiunto con Lauda ed Ecclestone, il DS Alastair Caldwell (da parecchio tempo in contrasto con Teddy Mayer) minaccia di licenziarlo seduta stante e di screditarlo con tutte le squadre se dovesse veramente fermarsi dopo due giri. Questo però Lauda e Audetto non lo sanno.

Fuji, Japan. 22nd – 24th October 1976.
James Hunt (McLaren M23-Ford), 3rd position to clinch the World Championship title, in the pits before the start, action.
World Copyright: LAT Photographic
Ref: B/W Print.

La gara parte con oltre 2 ore di ritardo alle 15:20 (le 7:20 in Italia, e io ero davanti alla TV dalle 5) e Hunt prende subito un deciso vantaggio su Watson, Andretti, Scheckter, Brambilla, Regazzoni, Depailler e lo scatenato Hoshino, partito 21° con la vecchia Tyrrell gommata Bridgestone.

Lauda parte con molta cautela e transita decimo al termine del primo giro mentre Peterson si ritira per un problema elettrico.

Ronnie Peterson, Niki Lauda, Ferrari 312T2, March-Ford 761, Grand Prix of Japan, Fuji Speedway, 24 October 1976. In rain and fog conditions, Niki Lauda withdrew from the race on lap two. (Photo by Bernard Cahier/Getty Images)

Il primo a ritirarsi volontariamente è Larry Perkins, pilota della Brabham di Ecclestone.

Al termine del secondo giro Lauda è 21° e rientra ai box, parla un po’ con Forghieri e poi scende dalla Ferrari. Per lui la gara è finita, come da accordi.

1976 Japanese Grand Prix.
Fuji, Shizuoka, Japan.
22-24 October 1976.
Niki Lauda (Ferrari 312T2) withdraws from the race due to torrential rain, thus losing the championship by 1 point.
World Copyright – LAT Photographic
Ref: 76JAP11

Niki si porta al muretto (che non c’è; c’è solo un guardrail a doppia lama) per vedere se anche Hunt rispetta i patti ma si rende conto che l’amico rivale sta conducendo il GP guadagnando un secondo al giro sugli inseguitori e capisce che non si fermerà.

Dopo 5 giri Hunt ha 5 secondi di vantaggio su Brambilla il quale, sempre a suo agio sulla pista bagnata, si è lasciato alle spalle Andretti e Scheckter.

Kazuyoshi Hoshino è incredibilmente quinto dopo aver scavalcato Regazzoni e Depailler.

La sfortuna colpisce Brambilla che al sesto giro si ferma ai box per sostituire la gomma anteriore sinistra forata. Riparte ottavo alle spalle di Jochen Mass. Subito dopo si ritirano volontariamente anche Pace e Fittipaldi. Chi non si ferma è Hoshino che al decimo giro supera Scheckter all’esterno del tornantino dietro ai box e sale al terzo posto.

Intanto la pioggia diminuisce di intensità e Hunt continua a condurre con un ampio vantaggio su Andretti e Hoshino.

Dopo la sosta ai box Brambilla è scatenato. In 10 giri supera Mass, Depailler, Regazzoni, Scheckter, Hoshino e Andretti e si riporta in seconda posizione, alle spalle di Hunt.

Ora non piove più ma Brambilla è nettamente il più veloce in pista, guadagnando 2 secondi al giro su Hunt. Al 22° giro raggiunge l’inglese e lo supera in frenata al tornantino ma arriva lungo e al momento di riaccelerare finisce in testacoda. Il monzese tiene acceso il motore e riparte ma si fa raggiungere e superare da Mass. Ora ci sono due McLaren in testa al GP quando mancano ancora 50 giri al termine.

UK USE ONLY : Britain’s James Hunt driving a Mclaren leads team-mate Jochen Mass (right) during the Japanese Grand Prix at Fuji. (Photo by PA Images via Getty Images)

Con l’asciugarsi della pista Hoshino perde il vantaggio garantito dalle Bridgestone che si deteriorano velocemente. Purtroppo per lui la squadra non dispone di altre gomme per cui la splendida corsa del giapponese si conclude al 27° giro per mancanza di pneumatici.

FUJI INTERNATIONAL SPEEDWAY, JAPAN – OCTOBER 24: Kazuyoshi Hoshino, Tyrrell 007 Ford during the Japanese GP at Fuji International Speedway on October 24, 1976 in Fuji International Speedway, Japan. (Photo by Ercole Colombo / Studio Colombo)

Mass è più veloce del compagno di squadra e sembra in grado di superarlo ma al 36° giro passa su una pozzanghera, perde il controllo della M23 e rompe la sospensione anteriore destra contro il guardrail interno. Tre giri più tardi si ritira anche Brambilla a causa di problemi di accensione, così è Tom Pryce a portarsi in seconda posizione dopo aver superato Regazzoni, Watson, Andretti e Depailler ma al 47° giro il DFV della Shadow esplode mettendo fine alla splendida corsa del gallese.

FUJI INTERNATIONAL SPEEDWAY, JAPAN – OCTOBER 24: Tom Pryce, Shadow DN8 Ford during the Japanese GP at Fuji International Speedway on October 24, 1976 in Fuji International Speedway, Japan. (Photo by Ercole Colombo / Studio Colombo)

Intanto il disilluso Lauda lascia l’autodromo a bordo di una Rolls Royce di servizio insieme alla moglie.

Un timido sole si affaccia sul circuito e asciuga ancora di più la traiettoria ideale. Alla McLaren segnalano a Hunt di raffreddare le gomme o rientrare per montare le slick ma l’inglese non guarda i cartelli e perde progressivamente terreno nei confronti di Depailler e Andretti.

Hunt continua a logorare le gomme e nel corso del 62° giro viene superato sia da Depailler che da Andretti. Il terzo posto gli è comunque sufficiente per vincere il Mondiale ma ci sono ancora 12 giri da disputare.

La gomma posteriore sinistra di Depailler si sta sgonfiando lentamente e Andretti ne approfitta per superarlo all’esterno del tornantino e portarsi in testa al 64° giro.

Ancora un giro e la posteriore sinistra di Depailler cede definivamente. Il francese conclude il giro con la sospensione che striscia sull’asfalto sparando scintille e raggiunge i box dove si provvede alla sostituzione. Anche le gomme anteriori sinistre sono in pessime condizioni ma non vengono cambiate. Depailler scende in quinta posizione mentre Hunt torna al secondo posto davanti a Regazzoni e Jones a 8 giri dal termine.

Il box McLaren continua a segnalare al suo pilota di gestire le gomme, considerando i 45 secondi di vantaggio su Regazzoni. Caldwell e Mayer sono preoccupatissimi, soprattutto dopo aver visto cosa è successo a Depailler. I meccanici sono pronti a intervenire.

Dave Ryan (NZL) and McLaren mechanic wait anxiously for James Hunt (GBR) McLaren to make a pitstop to change for either fresh wets or slick tyres. The belated stop came about five laps from the end of the race when Hunt suffered a puncture; the late stop helped Hunt to take third place and the World Championship title.
Japanese Grand Prix, Rd 16, Fuji, Japan, 24 October 1976.
BEST IMAGE

Il temuto colpo di scena che rimette tutto in discussione arriva subito dopo. Hunt rientra ai box con la gomma anteriore sinistra a terra. Con estrema lucidità i meccanici sostituiscono tutte le gomme e rimandano in pista il loro pilota che ora si trova in quinta posizione, doppiato. A 5 giri dal termine Lauda è di nuovo Campione del Mondo.

Fuji, Japan. 22nd – 24th October 1976.
James Hunt (McLaren M23-Ford), pit stop and tyre change due to a puncture, action.
World Copyright: LAT Photographic.
Ref: 9287 – 5.

Depailler supera Jones e Regazzoni e si riporta in seconda posizione ma anch’egli ha un giro di distacco da Andretti che ha gestito le gomme con maestria. Gli occhi di tutti sono puntati su Hunt che deve recuperare almeno una posizione per vincere il Mondiale. Con le gomme nuove l’inglese gira velocissimo e nel corso del penultimo giro supera prima Regazzoni e poi Jones, ma non sa in quale posizione si trova per cui continua a tirare fortissimo.

Mario Andretti vince il suo secondo GP di F1 e riporta la Lotus davanti a tutti dopo una lunga “traversata del deserto” cominciata a Monza ’74 e terminata anche grazie all’apporto di Tony Southgate il quale ha perfezionato un progetto che sembrava fallimentare. Piedone taglia il traguardo con Depailler in scia e Hunt una cinquantina di metri più indietro ma entrambi doppiati. Una splendida vittoria che fa ricredere tutti sulle qualità di Andretti, spesso poco considerato in Europa. Il fatto di aver vinto sul bagnato (nella serie USAC non si corre quando piove) dimostra che l’istriano merita ampiamente di stare in F1.

Mario Andretti, Tony Southgate, Lotus-Ford 77, Grand Prix of Japan, Fuji Speedway, 24 October 1976. Mario Andretti celebrating victory with Lotus engineer Tony Southgate who co-designed the Lotus 77 and Lotus 78 with Peter Wright. (Photo by Bernard Cahier/Getty Images)

Quando Hunt rientra ai box non sa di aver vinto il Mondiale ed è arrabbiatissimo con la squadra, rea (secondo lui) di non averlo fatto rientrare per cambiare le gomme prima. In realtà la squadra lo ha sempre informato sulla situazione ma lui non ha guardato le segnalazioni. Alla fine tutto si conclude per il meglio e la festa può cominciare.

James Simon Wallis Hunt è il quarto inglese a diventare Campione del Mondo di F1 dopo Mike Hawthorn (1958), Graham Hill (1962 e 1968) e John Surtees (1964).

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Le celebrazioni proseguono in aeroporto (col pittoresco meccanico Ray Grant) prima di volare a Heathrow dove Hunt viene accolto dai genitori Wallis e Sue e da due dei cinque fratelli, Georgina e il sedicenne David.

James Hunt (GBR) McLaren celebrates his World Championship win with a McLaren mechanic.
Japanese Grand Prix, Fuji, Japan, 24 October 1976.
BEST IMAGE
Third placed James Hunt (GBR) McLaren (Right) flies home from Japan the new World Champion. Sitting behind on the left is John Hogan (GBR) Vice President of Marlboro talking with Alastair Caldwell (NZL) McLaren Team Manager (Right).
Japanese Grand Prix, Rd 16, Fuji, Japan, 24 October 1976.
BEST IMAGE
James Hunt, the new World Motor Racing Champion, received a hero’s welcome when he flew into Heathrow Airport this morning from Japan. The 29-year-old McLaren Formula One driver was greeted by most of his family and girlfriend Jane Birbeck. Picture shows James speaking to the media. Jame’s father Wallis Hunt is to his right, and his mother Sue Hunt is sitting to his left in the dark coat. James is holding his mascot ‘Smiler’ His sister Georgina, Sally and brother – in – law Philip Jones (married to Sally) sit behind. (not 100% id’d as left to rights apart from Philip Jones) Picture taken 26th October1976. (Photo by Arthur Sidey/Mirrorpix/Getty Images)

Lauda dichiara di essersi fermato per la pericolosità della situazione e in Italia parte il suo massacro mediatico. Improvvisamente il pilota che ha riportato il Mondiale a Maranello dopo 11 anni, l’eroe che è tornato in pista 42 giorni dopo aver ricevuto l’estrema unzione diventa un coniglio che, secondo una locuzione inventata dai media, ha avuto il “coraggio di avere paura”.

Niki Lauda, Grand Prix of Japan, Fuji Speedway, 24 October 1976. (Photo by Bernard Cahier/Getty Images)

Due giorni dopo la gara, nella tradizionale conferenza stampa di fine stagione, Enzo Ferrari misura col micrometro le sue parole sul pilota austriaco.

Nella stessa occasione Ferrari annuncia anche la fine del rapporto (mai idilliaco) con Daniele Audetto e l’organigramma della nuova gestione sportiva della Scuderia per il 1977.

Ai dirigenti della First National City Bank non è piaciuto lo scandalo della benzina che ha coinvolto la Penske al GP d’Italia, così la banca newyorchese annuncia il ritiro della sponsorizzazione. Questo convince The Captain a chiudere il programma F1 per concentrarsi unicamente sui campionati USAC e NASCAR.

(L to R): Roger Penske (USA) Penske Team Owner stands on the pit wall with race retiree John Watson (GBR) Penske, and Heinz Hofer (SUI) Penske Team Manager. It was the last F1 race for the Penske team, who sold their cars to Interscope Racing for the following season.
Japanese Grand Prix, Rd 16, Fuji, Japan, 24 October 1976.

A Mondiale finito Lauda può sottoporsi a nuovi interventi chirurgici per sistemare la palpebra dell’occhio destro che non riesce a chiudersi, causando una continua e fastidiosa lacrimazione e l’impossibilità di dormire bene. A Fiorano invece Reutemann si sobbarca il lavoro di sviluppo della T2 provando nuove dislocazioni dei radiatori sulle fiancate.

Su chi punterà la Ferrari nel 1977?

 

Giovanni Talli