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MIT’S CORNER: LE NON PAGELLE DI SUZUKA

Ed ecco altre non-pagelle.

Questo sito mi sta prendendo la mano: spero di non annoiarvi.

E comincio subito nell’inseguire l’auspicio della frase precedente: che non-pagelle si possono scrivere dopo il gp del giappone 2022?

Già, perché onestamente non è che si possa dire granché al proposito salvo esporsi al pubblico ludibrio che additerà qualunque mio personalissimo giudizio come banalità di bassa lega. E sarà gioco facile darmi addosso con questo scopo giacché i nostri eroi hanno corso una gara così poco interessante che tentare di narrare le loro gesta richiamandosi ad archetipi letterari di omerica memoria scadrà inesorabilmente nel ridicolo.

Quindi qualche considerazione preliminare è assolutamente d’obbligo.

La prima, “velatamente” abbozzata in quasi tutti i commenti all’ottimo articolo di Pier Alberto, riguarda il sempiterno tema della corsa sul bagnato.

Il tema è trito e ritrito: si corre o non si corre quando piove?

Le Intermedie e Full Wet vengono portate dalla Pirelli ad ogni Gp, facendo salire la temperatura del pianeta di 15 gradi centigradi ogni volta che i cargo pieni di gomme fanno la spola tra un capo e l’altro del mondo. Le gomme Intermedie ormai l’abbiamo capito: sono gomme eccezionali. Lo dico senza la minima ombra d’ironia e con un sincero complimento al costruttore perché in tante occasioni abbiamo visto quanto riescano ad assicurare performance straordinarie anche in condizioni di pista che, alla vista anche del più allocco tra gli appassionati (che sarei io), sembrerebbero proibitive per gomme che si definiscono, per l’appunto, Intermedie. Ed è ciò che è accaduto ieri. Con una pista che aveva una portata d’acqua che era una combinazione letale tra Rio delle Amazzoni, Yang-Tze-Kiang e lo Jenisei d’estate i nostri eroi con le Intermedie giravano solo un 10/12 secondi più lenti dei tempi che presumibilmente avrebbero ottenuto in condizioni di perfetto asciutto. Chi mastica di F1 sa che questi tempi erano e sono irreali. Dunque “kudos” a Pirelli e ai suoi ingegneri che hanno tirato fuori delle gomme Intermedie da premio Nobel per la chimica (ripeto: il tono è scherzoso ma il complimento è serio).

Mi rimane pesantemente il dubbio, at-this-point, sul senso dell’avere a disposizione gomme Full Wet se, in concreto, queste non possono essere utilizzate in gara. Infatti ieri, come tante altre volte, si è visto che se le condizioni meteo/pista sono tali da consigliare (o in taluni casi obbligare) l’uso delle Full Wet siamo anche nelle condizioni di dover sospendere la gara perché si considera troppo pericoloso correre.

In altre parole: se le condizioni sono da Full Wet anziché correre si sta fermi ai box. È un bel cane che si morde la coda, non credete?

Questo paradosso delle Full Wet mi dà molto da pensare. In passato si correva e basta, pioggia o non pioggia. I piloti si adattavano (o cercavano di farlo) alle condizioni e guidavano di conseguenza sapendo che se facevano troppo gli “spanizzi” andavano a insabbiarsi e addio punti mondiali. Poi c’era chi era troppo “cauteloso” e chi si allenava facendo inondare apposta la pista di Kart sottocasa per allenarsi, chi navigava a vista e se pioveva troppo per i suoi gusti si ritirava al secondo giro (oppure parcheggiava la vettura vicino al suo hotel che raggiungeva poi a piedi) e persino chi, avendo corso con motoslitte su piste di ghiaccio, un circuito di F1 con un po’ di pioggia gli faceva il solletico. Lo sappiamo. Ma il senso era che il pilota si adattava alle condizioni proprio perché tanto meglio lo faceva tante più probabilità aveva di ottenere un buon risultato.

Ho usato il verbo al passato ma in realtà è così tutt’oggi e su ogni pista. I piloti fanno la passeggiata o la sbiciclettata sul circuito ogni volta che possono non perché vogliano sgranchirsi le gambe ma per cercare di carpirne ogni segreto. Prima della 8 c’è un piccolissimo dosso: devo tenerne conto per la frenata altrimenti spiattello di brutto. Il vento tira da nord-est: sto più vicino al muretto in rettilineo così mi disturba meno. I cordoli della 5 e la 6 mi sembrano un po’ più bassi degli altri: magari posso raddrizzare un pelo di più e guadagno 2 centesimi. E così via.

Non si vede perché non debbano fare altrettanto sul bagnato come hanno fatto i loro colleghi nel passato. Sul bagnato si va più piano sennò si vola fuori pista? Andranno più piano! Peraltro, chi va piano va sano e va lontano, dice il proverbio. E in Formula 1, per quanto paradossale possa sembrare, alle volte funziona in modo eclatante. Gli esempi si sprecano e così al volo mi vengono in mente un paio di Montecarlo con vincitori a sorpresa che hanno avuto il merito di tenersi lontano dai guai (a Montecarlo Patrese 82 e Panis 96) e senza andare così indietro nel tempo ricordiamoci di Ocon Ungheria 21.

Dopodiché, per carità, la sicurezza prima di tutto. Ma andrebbero stabiliti dei criteri che lascino meno dubbi sia in chi è direttamente coinvolto sia in chi assiste. Nel calcio c’è un metodo empirico: l’arbitro va in giro per il campo a far rimbalzare il pallone e se questo non rimbalza sospende la partita. In Formula 1 qualcosa di più oggettivo potrebbe essere tirato in ballo ma mi rendo conto di quanto sia difficile perché si deve tenere conto di molti fattori (drenaggio della pista, tipo di asfalto, “rivers” estemporanei, ecc.). E tuttavia serve qualcosa di questo tipo per evitare lo stillicidio di attese visti a Singapore e Suzuka (e innumerevoli altri in questi anni) e di polemiche twitteristiche in diretta su chi vuole partire e chi no.

Una seconda considerazione sulle gomme intermedie va pure fatta. Che le performance che offrono siano eccezionali l’ho già detto. Che la loro finestra di efficienza sia assai disuguale a seconda della vettura su cui sono montato invece no. E qui ancora una volta non si può far altro che complimentarsi con RBR che con entrambi i piloti, ma soprattutto con il fantastico Max, le ha gestite alla grandissima.

L’ultima considerazione la riservo alla stucchevole interpretazione del regolamento in merito all’assegnazione del pieno punteggio. Mi sono già dilungato sugli aspetti giuridici in altro articolo. Qui mi limito a dire che una tale mossa ha più l’aspetto di un regalo anticipato al pur meritevole Verstappen. Regalo di cui non aveva alcun bisogno visto che è da qualche GP che si discute solo sul “quando” e non sul “se” sarebbe diventato matematicamente campione del mondo. Ad ogni modo, quel che rimane è l’amaro in bocca di una gara che non ha avuto molto da dire agli appassionati. La brevità in cui si è svolta ha impedito ai protagonisti di giocare con le strategie, con sezioni di gara più veloci o più lente, di gestire e persino di inventarsi qualcosa: Alonso pitta dietro a Vettel e finisce dietro a Vettel – niente cambia. Peccato. E comunque il punteggio pieno, a mio modestissimo parere, non ci stava – mondiale o meno per Verstappen che tanto l’avrebbe preso comodamente a Austin.

Ma veniamo alle non-pagelle.

Verstappen – che dire? Eccellente ancora una volta. La gara è stata anomala, vista la corta distanza sulla quale si è svolta e darne un giudizio rigoroso sarebbe, da parte mia, assai presuntuoso. Quel che però è sotto gli occhi di tutti è che ad un certo punto si è messo sul 1.47 e non si è più schiodato da quei tempi, cosa che non è riuscita a nessun altro e che quindi rappresenta il suo maggior merito per la gara in questione (oltre ad una intelligente gestione della prima curva nella prima partenza). La certezza matematica del titolo arriva ex post il che gli toglie forse la soddisfazione di poterselo godere appieno in un lento e solitario giro di rientro (per quanto non mi sembri il tipo). Come detto poco fa non era questione di “se” ma di “quando” e non posso esimermi dal complimentarmi con lui per una stagione assolutamente straordinaria che ha dominato non solo grazie al mezzo, certamente superiore alla concorrenza, ma anche grazie ad un sangue freddo a livelli artici e al letale mix di spietatezza, capacità di gestione e maturità in episodi chiave che non poteva sortire altro che il risultato che oggi sta festeggiando. Chapeau!

LeClerc – ci ha provato anche in Giappone a fare il suo. Però, a differenza di Singapore ho avuto la netta sensazione che non abbia saputo esprimersi con la stessa brillantezza – in particolare non ha saputo (o potuto) gestire le gomme nel modo corretto ma va detto che non è stato il solo. Mancando Sainz non sappiamo se tale difetto è da ricondursi alla vettura o alla sua guida. Ma tant’è. Dopo la seconda partenza sta attaccato a Max, fa persino un fastest lap che verrà battuto solo da uno Zhou con gomme fresche ma poi i suoi tempi scendono improvvisamente di un secondo al giro nell’arco di tre tornate lasciandolo a bagnomaria (è proprio il caso di dirlo) tra il sempre più lontano Verstappen e il diligente Perez. C’è un momento in cui Leclerc chiede di pittare ma la sensazione è che non sarebbe cambiato nulla per due motivi. Il primo è che Verstappen avrebbe a sua volta pittato, rimanendo probabilmente primo o alla peggio dietro Perez e il secondo è che anche se VES non avesse pittato il massimo che avrebbe potuto ottenere Leclerc era recuperare la posizione (vedasi Alonso). Ecco, forse l’unica cosa che sarebbe cambiata sarebbe stato il finire secondo senza soffrire il problema Perez. Ma sorpassare quest’ultimo in pista, sia pur con gomme più fresche, era cosa tutt’altro che facile. Sicché, at-the-end-of-the-day, ha fatto bene a restare in pista e il lungo all’ultima chicane va semplicemente visto come un errore del nostro e penalità o non penalità, data alla velocità della luce o dopo ore e ore di discussioni, rimane un errore che si poteva risparmiare.

Perez – Fa il suo compitino in modo molto diligente riuscendo a barcamenarsi senza grossi problemi nelle fasi più concitate e gestendo ottimamente le gomme sino ad andare a prendere un arrancante LeClerc inducendolo all’errore all’ultima curva. Più di così non gli si poteva chiedere. Tra l’altro grazie al sorpasso ex post consente al teammate la matematica certezza del titolo.

Ocon – fortunato a trovarsi al 4 posto e bravo a difendersi da Hamilton. Non che ci volesse molto vista la lentezza di MER. Una gara così corta ci impedisce di dire di più: niente strategie niente situazioni particolari da gestire ma era lì: diamogliene il merito.

Hamilton – sfortunato a trovarsi al 5 posto e male a non riuscire a sorpassare Ocon. Non che fosse facile vista la lentezza di MER. Però va detto che là dietro il suo teammate ha fatto faville nei sorpassi quindi ribadisco il pessimo giudizio sulla sua gara anche perché nonostante i commentatori di sky continuassero a sostenerlo ad ogni pie’ sospinto non avevo la sensazione che potesse riuscire a tenere il ritmo di Perez.

Vettel – ottimo. Non avendo nulla da perdere ha giocato immediatamente la carta Inter alla seconda partenza e ne ha saputo approfittare al meglio. Tra i pochi costanti sui time lap in gara (insieme a Max) si stava comodamente portando sul duo Ocon/Hamilton quando anche a lui sono finite le gomme negli ultimi 4/5 giri. Peccato sennò ne avremmo viste delle belle.

Alonso – bella gara, la sua. Più che altro gli va dato atto di averci provato. Il pit per mettere gomme fresche e i successivi sorpassi mi spingono a usare l’aggettivo “gagliardo” ma la sua posizione finale rimane quella che aveva prima del pit. Almeno si è divertito, suppongo.

Russell – Ottimo. Dopo un Singapore incolore (tale anche al netto dei problemi avuti) si presenta a Suzuka con una signora gara in cui trova sorpassi notevoli (a parità di gomme). Bravo. Unico neo: il celebrato teammate con questa gara pareggia il conto per quanto riguarda le qualifiche. E questo non va bene, vista come era partita la stagione. Il vantaggio su Ham in classifica pare rassicurante (207-180) ma il finale di stagione potrebbe essere più importante, in ottica futura, di quanto non si pensi. Sarà meglio che stia sul pezzo.

Latifi – Come Vettel, non avendo nulla da perdere, va subito ai box per mettere le inter alla rolling start e poi si ritrova sorprendentemente nelle parti alte della classifica. Non può resistere al ritorno di Alonso e Russell ma si attacca coi denti all’ultimo giro per non farsi passare da Norris. Per una volta non fa boiate sesquipedali, il che è una notizia, e si ritrova a punti! Quindi, invece di prenderlo in giro, gli facciamo sincerissimi complimenti!

Norris – Mi verrebbe da scrivere le stesse cose scritte per Singapore. Qui non ho visto i camera car ma in una gara così strana un talento come lui te lo aspetti là davanti a battagliare almeno con Ocon/Ham/Alonso/Russell. Invece non ha mai dato l’impressione di poter fare granché.

 

Note di merito:

Zhou – al di là della posizione conclusiva si è portato a casa un fastest lap che vale solo per la gloria ma che nessuno di quelli che hanno pittato (quorum Alonso) è riuscito a battere.

Magnussen – ancora una volta, considerando la scarsezza della macchina, dimostra di sapersela giocare bene in condizioni difficili. Sarebbe stato interessante vedere che gara avrebbe fatto se avesse pittato con Vettel e Latifi

Mick – sia pur per pochi decimi di secondo ha condotto un GP. Potrà raccontarlo ai nipotini…

Note di demerito:

Gasly – bah. Ok che con le macchine in pista forse le gru dovrebbero aspettare un attimo. Ma se poi fai i 250 km/h, per giunta in quelle condizioni, in regime di bandiera rossa l’unica cosa che devi fare è stare zitto zitto, ringraziare tutti gli dei di tutti i pantheon passati, presenti e futuri che sei ancora vivo e sperare che nessuno si accorga della boiata gigantesca che hai fatto. E poi ha fatto pure una gara catabolitica. Peggio di così non si può.

Sainz – ok le condizioni difficili ma si è girato da solo. Non mi pare sia capitato ad altri. E questo non va bene.

Stroll – demerito molto relativo ma siccome queste condizioni sono le uniche in cui va decentemente mi aspettavo di più

 

Non so che dire di Tsunoda perché non l’ho mai visto. Ricciardo si è trovato dietro al teammate per circostanze e non per meriti. Ad Albon si è fritto il motore quasi subito.

 

E Bottas?

C’era anche lui?

 

Metrodoro il Teorematico

BASTIAN CONTRARIO: HARAKIRI FIA

Trovo incredibile che la FIA abbia deciso (“la coincidenza non ha madre” diceva Hugo Weaving in V per vendetta) di suicidarsi proprio nella terra del “Sol Levante”, la dove l’harakiri, fa parte della cultura millenaria della terra nipponica. La differenza è che chi praticava (almeno lo spero!) questa disciplina letale aveva senso del dovere e dell’onore e, soprattutto, la attuava con consapevolezza. Sono sicuro che, nelle intenzioni di chi gestisce tutto il circo, non ci siano istinti suicidi, anche se l’operato purtroppo lascia presupporre tutto il contrario e, di contro, non riesco a vedere nessun onore nell’operato della Federazione.

La gestione del GP nipponico, sotto la pioggia torrenziale che si è abbattuta domenica scorsa, è stata a dir poco pietosa e già la sola presenza di tutta quell’acqua bastava ad evocare fantasmi che abbiamo vissuto nel 2014. Purtroppo la presenza di più di un trattore a bordo pista, quei fantasmi li ha rievocati tutti, tra le (giuste) ire di appassionati e piloti, con Gasly più di tutti che si è fatto portavoce inconsapevole di questa rabbia. Uno spettacolo osceno, indecoroso e, soprattutto, irrispettoso nei riguardi della famiglia del povero Bianchi, che si è visto portare via il figlio proprio a causa della presenza di un mezzo pesante in pista. La storia non insegna nulla o comunque non insegna a chi non vuole imparare nulla. La spada affilata del giudizio trafigge le carni senza pietà e questo episodio è stato solo il primo affondo dell’harakiri FIA. La lama è lunga e di affondi ce ne sarebbero stati altri prima di arrivare definitivamente all’elsa e, quindi, alla fine del GP. Si parla tanto e solo di sicurezza e ci si ostina ancora ad organizzare il GP nipponico in autunno, dove è risaputo che nella zona del pacifico le piogge non perdonano. La F1 non è più preparata per la pioggia, inutile girarci attorno e negarlo equivale a girarsi dall’altra parte proprio per non vedere. Per F1, intendo non solo la Federazione e gli uomini di cui essa è composta. Intendo monoposto, piloti, team e pubblico da casa, il quale a mezzo social è pronto a dare soluzioni di ogni sorta. Inutile ostinarsi a correre sul bagnato se queste monoposto non possono essere cambiate d’assetto (poi qualcuno mi deve spiegare dov’è la sicurezza in tutto questo), inutile uscire in pista con queste gomme, le quali, sebbene scaricano ettolitri d’acqua al secondo, poi non garantiscono una guidabilità ottimale sia perché troppo larghe e sia perché a causa della nube d’acqua che alza, chi segue dietro, non vede nulla. Che senso ha affannarsi a correre in queste condizioni, se gli stessi piloti non sono più abituati a girare in questa situazione limite? La storia è piena di immagini e video in cui i piloti del passato, con un quarto della sicurezza che le nuove generazioni ora hanno, correvano in condizioni come quelle viste domenica scorsa, eppure si ponevano anche le basi per correre in queste condizioni ambientali. Questi presupposti non esistono più e, nonostante ciò, la Federazione per salvare capra e cavoli, fa voli pindarici con il suo regolamento che nemmeno loro stessi ormai conoscono e ritardano la gara, fino all’imbrunire e da lì si arriva al GP a tempo… la fine dell’evento non è più decretata dal numero di giri percorsi, bensì dallo scoccare inesorabile delle lancette.

In quella manciata di minuti si è conclusa l’avventura mondiale 2022 per Charles Leclerc e qui arriviamo all’affondo finale dell’harakiri FIA. Il monegasco, in questo mondiale non ha nulla di cui recriminarsi: considerando il mezzo che ha avuto e, soprattutto, considerando il mezzo contro cui si è dovuto misurare, ha letteralmente fatto l’impossibile e non so se all’inverso, il suo diretto avversario sarebbe riuscito nell’impresa. Attualmente è lui che comanda le pole in questo campionato e, nonostante i tanti ritiri accumulati fino ad ora, è arrivato fino in Giappone a provare a tenere vive le speranze iridate per la Rossa. Certo, speranze vane e vacue (citando sempre V per vendetta), considerando che contro la RB18 di Verstappen è esercizio pressoché impossibile e soprattutto è inutile combattere contro i mulini a vento. Resto tutt’ora basito per l’atteggiamento adottato dalla Federazione immediatamente dopo lo sventolare della bandiera a scacchi. Esattamente sette giorni prima, il GP di Singapore era finito tra dubbi e tormenti e, per decidere se il messicano della Red Bull avesse davvero vinto, la direzione bontà sua, si prese almeno due ore per decidere il verdetto finale, con tanto di udienza da parte di Perez per ascoltare la sua versione dei fatti (o dovrei dire giustificazioni?). Ebbene sette giorni dopo, ai danni del ferrarista, abbiamo assistito alla più celere delle solerzie e dello zelo che la Federazione potesse sfoderare: erano così presi dal voler dare a tutti i costi la doppietta ai bibitari nella terra dei motori Honda che hanno deciso il verdetto in meno di cinque minuti e senza nemmeno ascoltare il pilota Ferrari! Che Charles abbia ragione o torto, personalmente ed arrivati a questo punto, poco importa al sottoscritto. Le modalità con le quali tutto si è svolto è da far rabbrividire invece! Com’è possibile una così diversa e marcata differenza di giudizio? Dov’è l’onore in tutto questo? Certo, di sicuro sarò contraddetto perché “il regolamento così prevede”. Allora mi chiedo come mai questo fantomatico regolamento, con i suoi mille cavilli, viene interpretato ad uso e consumo e a favore di una sola scuderia e così alla luce del sole? Perché ormai la FIA nemmeno fa più nulla per nascondere la sua sudditanza per Red Bull ora e per Mercedes prima di lei. A memoria non ricordo tanta celerità di giudizio per un episodio che di controverso, ad essere sinceri, aveva ben poco. Eppure tanto è bastato per far consumare a pieno la festa dei bibitari in casa Honda.

Avrete notato sicuramente che il sottoscritto, fino ad ora, non si è ancora congratulato con il dominatore di questo mondiale e quindi bi campione del mondo Max Verstappen. L’olandese, nella restore room, nemmeno sapeva che si era laureato campione del mondo con la sua vittoria. L’ultimo atto dell’harakiri FIA si è consumato immediatamente dopo la sentenza data a Charles: la direzione gara decide di assegnare punteggio pieno a tutti i piloti, naturalmente grazie ai tanti cavilli della bibbia regolamentare. Immediatamente la Federazione si è affannata a dare tutte le spiegazioni possibili per giustificare il suo operato… giustificazioni ridicole che hanno, anche in questo caso, ben poca importanza. Che senso ha applicarsi quando la tavola era già stata apparecchiata? Il punteggio pieno e la relativa retrocessione del ferrarista, sono stati sufficienti per far vincere il mondiale all’olandese. Sia chiaro, Max non ha vinto il mondiale per questo episodio, il quale è figlio di un sistema ormai marcio. Verstappen ha gettato le basi del suo secondo mondiale, all’inizio del campionato, riponendo la sua fiducia nella sua squadra, la quale sa bene come muoversi nelle stanze che contano e, soprattutto, sa come muoversi tra i meandri di un regolamento che fa acqua da tutti le parti. L’olandese, quasi sicuramente, avrebbe vinto questo mondiale anche senza la furbata della sua squadra (al momento che scrivo, la Federazione fa sapere che Red Bull ha commesso un’infrazione minore, quindi ammette che c’è stato un  illecito nel 2021… non immagino allora cos’ha combinato in quest’anno, con un regolamento completamente nuovo), semplicemente perché Ferrari ha dimostrato, tra problemi di affidabilità ed errori strategici, di non essere stata pronta per lottare veramente al mondiale 2022. Personalmente accetto il fatto che una squadra sia più forte di un’altra, quello che non accetto sono le furbate e, quindi, l’anti sportività che serve a raggiungere lo scopo. Red Bull ha barato nel 2021 e, probabilmente, anche quest’anno (per non parlare della DT039 attuata per aiutare AMG!) e purtroppo, a quanto visto durante questo lungo anno sportivo, con queste sue prestazioni in crescendo, il dubbio è più che lecito. Verstappen è pilota di eccezionale capacità e di indubbia classe, eppure egli, a mio giudizio, ha usufruito di un vantaggio che deriva da una furbata. La Federazione con le sue motivazioni (giustificazioni) fa acqua da tutte le parti e come ho già detto, come si muove fa danni. Per la seconda volta di fila, questo pilota è campione del mondo con polemiche, macchie ed ombre e la FIA, con le sue regole sul badget cap non ha fatto altro che contribuire a tutte queste ombre, oltre che a decretare il suo harakiri.

 

Vito Quaranta

MIT’S CORNER: GIUSTO O SBAGLIATO

Questo articolo nasce come commento al resoconto di Pier Alberto sul gp di Suzuka. Preso dal furor dello scribacchino di provincia non mi sono reso conto che, come mi spesso mi accade, aveva raggiunto una lunghezza che non meritava la vostra attenzione. Almeno non tanto quanto lo meriterebbe nella forma di un articolo che, spero, possa dare qualche spunto di riflessione.

 

Io non sono molto intelligente quindi ammetto che potrei non aver capito nulla di quanto accaduto con la distribuzione in stile “elicopter money” (cit.) di punti mondiali fatta a Suzuka quest’oggi, quindi quanto segue andrà preso con beneficio d’inventario.

Tuttavia i miei hanno speso un sacco di soldi per farmi studiare e tra questi studi c’è stato pure qualcosa che ha a che fare col diritto.

Quindi, per quanto infimo sia il mio livello di conoscenza di queste cose non è tuttavia pari a zero, provo volonterosamente ad applicarmi e muovermi in direzione uguale contraria a quanto le accondiscendenti maestre elementari del tempo che fu raccontavano alle nostre madri: se tutti eravate del tipo “è intelligente ma si applica poco” io provo a fare quello che “è stupido ma si impegna tanto”.

Orbene, procedamus.

Se leggo nel regolamento F1 all’art 5.3 che la <i>distanza </i>di gara dev’essere pari ad un numero di giri che superi i 305Km capisco che quest’articolo stabilisce <i>tassativamente </i>la <i>distanza </i>di gara di un evento di F1 il che per logica cosiddetta controfattuale fa dedurre che se un evento non raggiunge tale distanza allora non è una gara di F1.

Dopodiché, naturalmente, ci si è posti il problema di come gestire delle condizioni particolari che, come le condizioni meteo avverse viste oggi, o il sopraggiungere della notte, o incidenti che richiedono la sospensione, ecc. ecc., impediscono all’evento di raggiungere il kilometraggio che la gara dovrebbe avere. Fino all’anno scorso c’era la regola del 75%: se si raggiunge il 75% entro il numero di ore previsto per far correre tutti in sicurezza allora si assegna punteggio pieno, sennò è dimezzato.

Poi i fatti di Spa hanno fatto gridare allo scandalo e hanno fatto sì che si specificassero meglio le situazioni. Da qui il nuovo articolo 6.5 con le tabelle che assegnano punteggi via via decrescenti in funzione di quanto ci si allontana dal 75% di cui sopra (che rimane)

Visto che durante il GP tali tabelle erano continuamente esposte dalla stessa F1 in mondovisione ciò dà la misura di quanto “ovvio” fosse per chiunque che se la gara avesse raggiunto la sua scadenza temporale naturale (3 ore nel nostro caso) senza raggiungere il 75% della distanza, allora il punteggio si sarebbe dovuto assegnare secondo le dette tabelle.

E sapete perché era così ovvio?

Per la cosiddetta <i>analogia giuridica</i>.

Cioè, se c’è una situazione non direttamente ed espressamente normata dalla legislazione vigente il giudice può ciononostante esprimersi laddove intraveda una connessione, per l’appunto, <i>analogica </i>ad altre norme della stessa legislazione.

Ciò significa che, per fare un esempio un po’ ridicolo ma che rende l’idea, che se un abile furbacchione delle quattro ruote parcheggia la sua vettura in divieto di sosta ma “a testa in giù” (leggi: cappottata) e contesta la conseguente multa dicendo che il codice della strada non parla espressamente dei parcheggi di vetture cappottate allora il giudice può valutare comunque la vettura in divieto di sosta perché, per quanto parcheggiata in modo inusuale, essa era <i>comunque parcheggiata</i> dove non avrebbe dovuto essere. Egli ha cioè ragionato per <i>analogia </i>rispetto alla norma del codice della strada che regola i divieti di sosta individuando in uno stato di fatto non espressamente normato dal codice (che effettivamente non parla di vetture cappottate) ciò che invece è normato espressamente in una situazione che può legittimamente dirsi <i>analoga</i>.

(tranne ovviamente che si trovasse lì e in quella inusuale postura a causa di un incidente – questo esempio fu discusso in una divertente lezione svoltasi ahimè troppo tempo fa nelle aule di giurisprudenza dell’Università di Modena che ho avuto la sventura di frequentare)

Va specificato che arrivare ad un’interpretazione analogica non è procedimento arbitrario né completamente discrezionale ma è a sua volta regolato per via diretta da articoli specifici nello stesso codice (ad esempio nel codice civile italiano è l’art. 12) e, soprattutto, dalle tonnellate tonnellate di dottrina giuridica e commentari vari che si sono sciorinate nel corso dei secoli. Quindi non è che uno decida a cavolaccio suo se un fatto non espressamente normato è analogicamente sussumibile sotto altre norme oppure no.

Nel caso che ci occupa la <i>ratio legis</i> e l'<i>analogia iuris</i> (così si definiscono queste cose) devono tenere conto di quanto segue:

  1. che la distanza minima di 305 km è ciò che caratterizza un evento di Formula 1 per essere considerato tale e affinché vengano assegnati pieni punti per la classifica del campionato del mondo – art. 5.3
  2. che se l’evento NON viene annullato ma si svolge, per quanto con sospensioni dovute a cause di forza maggiore, può comunque assegnare punti mondiali quandanche la distanza prevista dall’art. 5.3 non si sia raggiunta – art 6.5

La <i>ratio legis</i> dell’art 6.5 rintraccia nel fatto che i partecipanti all’evento abbiano corso per una certa <i>distanza</i>, competendo regolarmente tra loro come si addice alla natura dell’evento stesso ossia cercando di percorrere quella distanza nel minor tempo possibile. Laddove le circostanze avverse non abbiano consentito di raggiungere la distanza minima determinata dal regolamento si vuol ugualmente premiare i piloti e le scuderie per l’impegno sportivo profuso. E tuttavia a tale impegno corrisponde, nelle circostanze verificatesi e normate dal 6.5, un punteggio che non è pieno almeno sino a che non sia stato percorso il 75% della distanza di gara e con assegnazione di punteggi via via inferiori quanto più è inferiore la distanza di gara percorsa.

Questo è il punto fondamentale: in circostanze avverse di un evento NON annullato si vuole comunque <i>premiare </i>l’esito della competizione tra piloti e scuderie sia pur in modo proporzionale alla distanza percorsa di gara.

A questo punto poco importa se tale distanza, inferiore a quella normata dell’art. 5.3, sia stata percorsa con ennemila sospensioni, con una sola, con una sospensione all’inizio, con una alla fine. Il senso è che è la distanza di gara a determinare il punteggio e non la durata.

Giusto per non lasciare spazi di ambiguità: normare la durata complessiva dell’evento (2 ore più le eventuali sospensioni fino ad un massimo di 3 ore) è dettata dal preservare le possibilità di svolgerlo in condizioni opportune di sicurezza dei piloti (se viene buio? mica accendono gli abbaglianti). La durata, cioè, non è ciò che ne determina lo svolgimento essendo prevista solo per consentire di correre in sicurezza. Non lo è tanto quanto lo è, invece, la distanza percorsa.

In altre parole: si corre per almeno 305 km e chi ha impiegato meno tempo vince.

(diverso è il caso degli eventi tipo 24ore di LeMans ove invece avviene l’esatto contrario: si corre per 24 ore a prescindere da tutto e chi ha percorso più km vince)

Quindi in F1 vince sempre, giuridicamente parlando, la distanza percorsa.

Se tutto quanto sopra è chiaro il fatto che 6.5 ci sia scritto “Se una gara è sospesa ai sensi dell’articolo 57, <i>e non può essere ripresa</i>” non cambia di un epsilon la <i>ratio legis</i> che ne ha ispirato la stesura.

D’altra parte, per dar maggior peso a tali argomentazioni, ripensiamo alla gara di oggi in questo modo. Partono.

Sospensione immediata che dira 2 ore e 55 minuti.

Ripartono dietro SC ma dopo un solo giro vengono dichiarate le 3 ore

Che fanno? visto che la gara formalmente è durata 3 ore danno 25 punti a quello che stava davanti e così via, con punteggio pieno fino al decimo?

Scherziamo?

Dunque, giuridicamente parlando, soprattutto tenendo in mente l’esempio fatto poco fa, l’interpretazione che ha portato all’assegnazione di punteggio pieno per la gara è tutt’altro che ovvia perché la <i>ratio </i>che ha portato alla stesura del 6.5 nel modo in cui è stato fatto dice tutt’altro rispetto a quanto sostiene la FIA per la gara odierna.

Certamente se si vuol essere legulei o azzeccagarbugli manzoniani si potrebbe anche ammettere che l’applicazione sia stata in via del tutto teorica ammissibile ma non esiste un giudice serio al mondo (e già qui mi mangio le mani) che l’avrebbe applicata in questo modo.

Quindi quando sentirete frotte di commentatori dire “la regola va cambiata” sappiate che sono tutti o ignoranti o ipocriti.

 

Che poi è ovvio che la regola andrà cambiata specificando anche il caso che si è verificato oggi affinché non si verifichi nuovamente la stortura ma ciò non cambia di un epsilon la mia argomentazione. Anche perché il diritto e la sua codifica non sono pensati per normare espressamente ogni possibile caso che la realtà presenta al suo giudizio.

Immaginare che il diritto sia così significa immergersi in un mare di complicazioni filosofiche  che non portano a nulla e, peggio, si rischia di legittimare una (inaccettabile) eristica del diritto a causa del vortice di totale perdizione giuridica che una tale concezione determinerebbe (e se lo dico io, con il reboante nickname che espongo al vostro ludibrio…).

A questo destino non sfuggirebbe la nostra beneamata Formula 1 laddove pretendesse di normare ogni singola eventualità possibile, immaginabile e persino non immaginabile. Non si può normare tutto: dalla pioggia incessante di un monsone, all’incidente che impone l’ingresso della safety car che magari va troppo piano o troppo veloce, agli spettatori che gettano troppi fumogeni arancioni in pista fino al bullone che si svita inopportunamente in seguito ad una potente flatulenza di un cosmonauta russo che passava di lì per caso. Non si può.

Quel che si può fare, invece, è capire che il regolamento della F1 deve riuscire a creare l’ambito entro il quale poter giudicare correttamente e nello spirito della competizione sportiva anche le situazioni che non norma in modo esplicito. E, vivaddio, per una volta l’aveva fatto con questo benedetto art. 6.5 ma, a quanto pare, non sono solo in Italia gli azzeccagarbugli di cui sopra.

Quindi lo ripeto. Non si può normare tutto e pretendere ciò, appellandosi poi furbescamente alla lettera della legge/regolamento se qualcosa NON c’è scritto, finirebbe per farci trovare persi dentro la versione giuridica della Biblioteca di Babele di Borges (se non l’avete già fatto: leggetelo! è un racconto pure corto).

Magari così facendo qualcuno guadagnerà qualche soldo, nell’immediatezza delle sue forzatamente accolte pretese ma, credetemi, non se ne farà nulla.

Perché, in quella fantasmagorica Biblioteca, impazziremmo tutti

 

Metrodoro il Teorematico

TOPRAK DOPPIETTA, BAUTISTA REGGE L’URTO, REA ABDICA ANCORA. PORTUGAL WSBK

Anno 2021, fine del GP a Portimao. L’allora Pilota Factory Aruba chiude tutte e tre le gare al 2° posto, perdendo punti sia da Razgatioglu che da Rea, si ritrova a 54 punti dalla testa della classifica.

Anno 2022, la musica è cambiata… O meglio il Pilota è cambiato. Alvaro Bautista è in testa al Mondiale con ben 56 punti su Razgatioglu. Praticamente 100 punti in più rispetto a Redding.

La moto è rimasta uguale, il Pilota è nettamente più forte o nettamente più leggero? Opto per la prima, poiché Micheal Rinaldi non è un peso massimo eppure le prendeva regolarmente da Redding. La differenza la fa tutta il Campione del Mondo 250…

In tutta onestà trovo ridicole le “scusanti” di Rea e Razgatioglu sul peso del Pilota e la potenza della moto. Kawasaki e Yamaha hanno tanto da lavorare se vogliono vincere il Mondiale Piloti e battere questo binomio.

Sia in gara 1 che in Superpole Race si impone Razgatioglu davanti a Bautista. Mentre in gara 2 vince lo Spagnolo. Tra chiude tutte le gare sul gradino più basso del podio e dice addio, anche quest’anno, alle possibilità di vincere il Mondiale. C’è da dire che gara 1 è stata più corta, quindi il vantaggio è stato tutto per Razgatioglu.

Resta da capire quale sia il fattore dominante per Ducati/Bautista. A mio avviso sono gli unici che riescono e sfruttare gli pneumatici fino all’ultimo giro, nelle gare lunghe. Hanno fatto un ottimo lavoro ed il Mondiale Piloti, che manca dal lontano 2011, è sempre più vicino.

Quello che mi chiedi è come mai Rinaldi, che pesa quasi quanto Bautista, non sia al secondo posto in classifica Piloti… La differenza la fa tutta il buon Alvaro, che ha migliorato notevolmente l’approccio alla gara ed è in debito con Ducati di un Mondiale (2019). Rea ancora ringrazia…

Un Jonnhy che purtroppo è in una naturale fase calante della carriera ma che continua a regalare show (pole stratosferica) nonostante non sia più il cannibale di un tempo. Tempo che passa per tutti, anche per i cannibali.

Argentina, Indonesia ed Australia. 3 Round alla fine. Sarà uno spettacolo.

 

Francky

F1 2022 – GRAN PREMIO DEL GIAPPONE

Dopo Singapore è ancora tempo di grandi ritorni, ma questo è grnade per davvero, un GP che definire storico è riduttivo, il GP del Giappone sul circuito di Suzuka.

Ultima edizione disputata quella del 2019, poi i due anni di covid hanno lasciato in bianco la casella di Suzuka sul calendario del mondiale F1. Finalmente si torna a correre su un circuito che è tra i preferiti di ogni pilota che si reputi tale, per velocità, tipologia di curve e “pelo” che bisogna necessariamente avere.

Primo vero match point per Verstappen che se vince con il giro veloce non avrà bisogno di guardare ai risultati di Leclerc per potersi fregiare del secondo mondiale piloti della sua carriera.

immagine da news.verstappen.com

Abbiamo già detto come sia un titolo più che meritato, figlio di una stagione praticamente con zero errori, tante vittorie e una simbiosi perfetta con la sua RBR18. Unica pecca forse il fatto di aver lasciato il pallino delle pole position in mano a Leclerc ma alla fine i punti che contano si fanno alla domenica e su questo Verstappen ha dato lezioni a tutti.

A parte questo appunto, il tema che tiene banco nel mondo della F1 è lo “scandalo – non scandalo”  del budget cap infranto da Red Bull e Aston Martin.

Ovviamente è stato già detto tutto e il contrario di tutto, con Mercedes e Ferrari a fare la parte delle indignate e incazzate, Red Bull a proclamarsi innocente e prendendosela con la FIA per la fuga di notizie e la Fia a cercare di buttare acqua sul fuoco, rimandando al mittente ogni accusa e prendendo tempo per una decisione definitiva a Lunedì 10 Ottobre.

immagine da granprix247.com

Quindi Verstappen eventualmente ha tutta la possibilità di festeggiare con tranquillità il suo secondo titolo (se tutto andrà bene) ma non abbiamo grossi dubbi che quelli della Red Bull non passeranno la notte in bianco preoccupati dalle decisioni prese dalla FIA la mattina del 10 Ottobre. Con tutta probabilità quello che è stato sbandierato come un’infrazione grave sarà derubricata a infrazione minore con una sanzione pecuniaria e pressochè simbolica.

D’altronde come giudicare correttamente le voci di spesa di una società, la Red Bull, che è divisa in 6 differenti società e le cui voci di spesa potrebbero essere assegnate ad una società piuttosto che all’altra in teoria non legata al mondo F1? Altri artifici di questo tipo in passato sono stati fatti un pò da tutti, vedi Ferrari con lo spacchettamento dei tecnici in HAAS o anche in Alfa Romeo.

Alla fine, colmo dei colmi, l’unica “innocente” del gruppo sarà la Mercedes, cosa che da già da pensare a quanto sia diventato schifoso il mondo della F1, sempre più spettacolo e sempre meno sport.

Tornando a bomba sul GP del Giappone, sarà un weekend difficile per tanti, in primis per la concreta possibilità di pioggia nell’arco del weekend. Pioggia e Suzuka fanno venire in mente sempre brutti ricordi e l’inefficienza della direzione gara degli ultimi tempi non fa ben sperare per un weekend di gara gestito correttamente e con la dovuta imparzialità.

Pirelli porterà le gomme più dure a disposizione e proprio la gestione delle gomme in gara, se asciutta sarà, sarà la chiave del GP, date le forti sollecitazioni laterali a cui sono sottoposte e l’alto degrado che impone l’asfalto di Suzuka. Un problema per Ferrari e un vantaggio per Red Bull in termini di rendimento delle coperture, guardando quello che è successo dalla ripresa dalla pausa estiva in poi.

Dalla parte dei rossi curiosità nel provare il nuovo fondo previsto già per Singapore che potrebbe dare una mano in termini di bilanciamento e drag in rettilineo.

immagine da honda.racing

Il Gp del Giappone segna anche un “ritorno” della Honda nel mondiale F1. Detta così sembra una barzelletta dato che Honda non è mai davvero andata via concedendo a Red Bull lo sfruttamento della sua proprietà intellettuale per la PU ora targate Red Bull. Ora però tornerà nuovamente il logo sulle fiancate della RBR18 e Alpha Tauri, a suggellare l’accordo per la fornitura delle PU fino al cambio regolamentare del 2026.

Tutto già deciso o quasi in termini di lotta per il campionato, l’hype si sposta sulla FIA e su place del la Concorde, che è un pò una contraddizioni in termini o una presa per il culo se vogliamo essere meno prosaici: di concordia da quelle parti, quando c’è di mezzo la FIA, la F1 e team di F1 vari ed eventuali, se n’è sempre vista ben poca.

*immagine in evidenza da marca.com

Rocco Alessandro