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F1 2022 – GP DEL BRASILE

Il Gp del Brasile si disputa sull’ormai classico circuito di Interlagos a Sao Paulo dal 1990 quando una versione riveduta e corretta del meraviglioso autodromo che lo ospitò fino a 10 anni prima sostituì Jacarepaguà/Rio nel Calendario Mondiale di Formula Uno. Il compianto ASdS, Paulista d.o.c, fece da supervisore all’ideazione ed alla progettazione del nuovo impianto

Il Destino, com’è noto, sa essere capriccioso quindi al Paulista fu negata la gioia del trionfo inaugurale sul nuovo Interlagos nell’edizione di esordio del 90.  Satoru “orgoglio di Sardegna e Giappone” Nakajima probabilmente lo scambiò per Berger in fase di doppiaggio al che anzichè gettarsi nel prato (com’era consuetudine dei doppiati all’arrivo di ASdS) gli chiuse la porta sui denti come uno Schlesser d’annata costringendolo ad una sosta extra ai box che gli costò la vittoria

Vittoria che, in ossequio alla già citata capricciosità del Destino, venne naturalmente ereditata dal suo arcirivale Alain Prost il quale benedisse la sua prima vittoria in Rosso di fronte alla folla a lui più ostile al mondo (i casi della vita). Il povero Beco sul podio aveva l’aria di uno in sala d’attesa mentre sta per fare una visita proctologica

La kermesse Paulista divenne subito un instant classic per Piloti ed appassionati regalando di fatto sempre dei GP gustosi anche in annate poco combattute per il WDC. Diverse le edizioni degne di nota, in primis quella del 1991 ove quello che parlava con Dio mise il sigillo che desiderava apporre l’anno prima. Meritevole di menzione l’aver guidato nell’ultima fase di gara col cambio che usciva dalla sede delle marce costringendolo ad uno sforzo dal dolore quasi insopportabile. Giusto pertanto il dovuto trionfo tributatogli dal pubblico nell’occasione

ASdS concesse il bis nell’edizione 1993 complice la pioggia torrenziale sopraggiunta in gara che levò di mezzo Prost e la sua impareggiabile Williams. Nota ilare: fu la prima volta che i Piloti corsero col cardiofrequenzimetro che trasmetteva le loro pulsazioni ai box durante la gara. Al netto delle ovvietà (frequenze sui 200bpm al via, etc) emerse una curiosità quando furono divulgati i dati di Senna durante la gara. Le sue pulsazioni erano assolutamente nella media quando a seguirlo erano Prost o Hill mentre si avvicinavano pericolosamente alla frequenza del “via” quando a seguirlo era il Signore qua sotto. Chissà perchè eh

Complice la scomparsa del povero Beco gli anni immediatamente seguenti furono un pò sottotono rispetto alle prime edizioni. Rammento la prova di forza assoluta della Bridgestone nel 1997 che mise Panis nelle condizioni di mettere il pepe sulla coda a Jacques ed alla sua imprendibile Williams. Ottimo Pilota il francese che, come noto, l’anno prima aveva vinto rocambolescamente a Monaco ma il binomio Pilota+Vettura (Ligier Mugen) con una gommatura “normale” era sì e no da zona punti e non certo da secondo posto. Qualcuno a Maranello notò la cosa e da lì a due anni dopo la Ferrari divenne il Team designato per lo sviluppo delle coperture giapponesi. Inutile dire che la cosa fu una delle pietre angolari del quinquennio d’oro del Kaiser

La prima edizione che mi viene in mente del nuovo millennio è quella del 2001 quando un Pilota che a fine carriera sarà universalmente riconosciuto come il più talentuoso a non aver mai vinto un WDC fece vedere al Mondo ed al nostro Alfiere adorato chi era e di che pasta era fatto. A me personalmente piaceva da impazzire e l’avrei tirato di corsa dalle nostre parti con buona pace di Rubens “alopecia” Barrichello

Juancho mise la sua sigla nell’edizione 2005 che però per ovvi motivi passò alla storia per il più giovane Campione del Mondo della Storia della Formula Uno (Record poi battuto da Hamilton nel 2008 e Vettel nel 2010). Quel ragazzino è ancora in giro a dare del gas in Formula Uno dando rara prova di longevità sportiva ma soprattutto agonistica

L’edizione 2006 fu quella dell’addio del Kaiser alla Ferrari che antecedette il suo primo ritiro. Briatore passò il weekend a dire che aveva paura che Massa speronasse Alonso in gara ed ovviamente finì con Fisichella che speronò Michael. Quando si dice i casi della vita eh

Il 2007 come noto segnò l’ultimo Mondiale Piloti vinto dalla Ferrari nella Storia fino ad oggi. Ad occhio e croce quel giorno nessuno poteva immaginare che per 15 anni (and counting) non si sarebbe più rivisto l’Albo d’oro del WDC

L’anno dopo fu quello della beffa più colossale ai nostri danni che riesca a ricordarmi. Di gran lunga peggiore di quello che sarà Abu Dhabi due anni dopo

Penso possiamo essere tutti d’accordo che l’edizione più celebre del decennio successivo sia quella del 2012. Sebestemmio batte Alonso per il WDC sul filo di lana dopo aver corso dal primo giro con la sua Redbull combinata così

Dell’edizione 2016 nessuno si ricorda la farsa della Direzione Gara la quale prima sospende la competizione per pioggia salvo poi farla riprendere dopo più di un’ora di stop senza che la pioggia sia mai cessata ossia con un circuito in condizioni decisamente più pericolose di prima sia per praticabilità che visibilità. Fuor di metafora esattamente come a Suzuka due anni prima non ci si poteva permettere che il buio interrompesse la gara. Uno schiaffo alla memoria del povero Jules

Si arriva quindi all’edizione 2021, l’ultima, nella quale qualcuno ai box spergiurava di aver smesso da metà Mondiale di sviluppare la macchina. La cosa fu chiara a tutti in gara (come no), fortunatamente Max mise il suo sigillo a fine anno chiudendo una serie di 7 WDC consecutivi da parte dei cocchi di mamma FIA. Ai quali auguro un digiuno almeno pari a quello che stiamo vivendo dal 2007 noi altri.

Buon GP a tutti

MOTOGP 2022: BAGNAIA, DUCATI E ITALIA CAMPIONI DEL MONDO

Foto da Motorsport

E’ FAAATTTAAAAAA.

CAMPIONI DEL MONDO PILOTI

CAMPIONI DEL MONDO TEAM

CAMPIONI DEL MONDO COSTRUTTORI.

Un successo tutto italiano a distanza di 50 anni ha un sapore unico ed inarrivabile.

Francesco Bagnaia, Gigi Dall’Igna, Cristian Gabarrini, Paolo Ciabatti, Davide Tardozzi.

Foto da Sportfair

I meriti sono da condividere tra tutti questi uomini e quelli che lavorano in silenzio tra le pareti del box, ma anche tra quelle degli uffici e della factory a Borgo Panigale.

Chi scrive ha fatto fatica a riprendersi dopo ieri, perché la gioia è talmente grande che le parole si incastravano nella tastiera e non usciranno fluide nemmeno oggi.

Foto da La Stampa

Non sembra ancora vero, eppure lo è.

Ho ancora nitido il ricordo di Valencia 2019 quando la sua Ducati lo disarcionò senza ragione alcuna all’uscita della pit lane impedendogli di partecipare alla gara…

Ho chiara in mente anche quella domenica mattina di Misano 2020 in cui c’erano striscioni in giro per Chivasso pronti ad accogliere la prima vittoria che finì nella ghiaia di Curva 6…

Sembra passato un secolo ed invece è successo tutto nello spazio di poco tempo….

Oggi non è il momento di snocciolare numeri, tanto quelli non servono a nulla, il MONDIALE è di Pecco e della Ducati.

15 lunghissimi anni dal quel successo del Sig. Casey Stoner sul quale nessuno avrebbe scommesso ad inizio 2007. Invece su Pecco Ducati ci ha scommesso ed ha vinto, alla faccia dei contestatori per partito preso.

L’ha messo sotto contratto con la convinzione di un progetto a lungo termine. Gli ha messo nel Box il miglior capotecnico disponibile, quel Gabarrini che il mondiale lo aveva vinto già con Stoner e che poi è stato con lui anche in Honda. Ci ha creduto al punto di mandarlo addirittura in Pramac per “svezzarlo”. E ci ha creduto anche quando cadeva, quando la vittoria di tappa tardava ad arrivare, quando ad inizio anno si faticava.

Foto da Now Magazine

Questa è la dimostrazione che non ci si deve far influenzare dall’esterno, dagli umori della stampa o da quelli dei tifosi che del lavoro quotidiano non conoscono niente.

Un esempio che andrebbe seguito anche da coloro che rappresentano l’Italia a quattro ruote.

Gigi Dall’Igna è l’altro esempio. Arrivato nel 2014 ha impiegato 9 stagioni per riportare quel titolo iridato che mancava. Nove stagioni in cui ha lavorato sodo ma nelle quali non è stato mai contestato o messo in dubbio.

Spesso abbiamo contestato alcune scelte del team nella gestione dei piloti (basta ricordare come è finita con Stoner, Lorenzo, Iannone etc.), ma vedere ieri il clima che c’era con il partente Miller dovrebbe far riflettere. Non sempre le cose sono come appaiono….

Sono un semplice tifoso, ed anche ad un giorno di distanza faccio fatica a tirar fuori le parole senza scivolare nella retorica, non abbiatemene.

Tocca parlare della gara di ieri, quella vinta da Rins…

L’ho seguita sempre in piedi, con lo smartphone che riceveva notifiche ed io che mandavo al diavolo chi stava criticando il modo di correre di Pecco.

Doveva solo restare in piedi, perché Valencia non ha mai portato bene ai nostri e strafare non era e non doveva essere nei piani di ieri.

I soliti “bravi dal divano” auspicavano un modo di correre garibaldino, ma dopo 50 anni non era manco da pensare.

Alcuni auspicavano che un vero campione del mondo deve pure vincere l’ultima gara… ma chi se ne fotte se per farlo devi prenderti dei rischi inutili… Prima il risultato. Perché ieri contava più di ogni altra cosa, e perché Francesco è riuscito a mettersi nelle condizioni di poter “passeggiare” partendo da un -91 che avrebbe fatto mollare chiunque….. Chiunque non si chiami Pecco Bagnaia.

Ducati moto migliore? Evviva che lo sia, perché da che mondo e mondo nello sport dei motori è la combinazione dei due fattori quella che trionfa. Se a taluni non va bene che Bagnaia abbia vinto su una Ducati strepitosa allora cambiasse sport ed andasse a seguire la maratona, il nuoto o qualsiasi altro sport dove il mezzo tecnico è assente.

Ah, gia, c’è ancora da parlare della gara di ieri, quella vinta da Rins con la Suzuki.

La gara di ieri mi è sembrata la 24h di Le Mans, non finiva più…. Mi si è gelato il sangue quando il nostro si è preso proprio con Quartararo ed ha perso un pezzo di carena. Col senno di poi sono felice sia accaduto, perché con un sol colpo Pecco è riuscito a tirare fuori le unghie ma poi anche ritrarle scendendo a miti consigli per portare la Moto sulla linea del traguardo.

La lotta per la vittoria di ieri è passata in secondo piano, ieri il mondo era tutto per Pecco e la Ducati.

L’ha vinta Rins entrato per primo alla prima curva che poi ha resistito alla consueta rimonta di Binder che gli è arrivato negli scarichi. Il giorno in cui in KTM metteranno in ordine anche le qualifiche e le partenze avremo un contendente in più li davanti.

Sul podio anche Jorge Martin autore di una pole monstre al sabato che però poi in gara raccoglie meno di quanto potrebbe.

Fabio Quartararo ha perso ma con l’onore delle armi. Ha lottato, ci ha provato e ce l’ha messa tutta ieri, dimostrando che non sempre vale il detto che “il secondo è il primo degli sconfitti”.

Bastianini ha conquistato quel tanto ambito terzo posto mondiale che negli ultimi tempi aveva fatto venire l’orticaria a tanti. Complice un Aprilia che ha causato il ritiro di Espargaro, Enea si presenta nel box rosso a testa altissima. Un peccato che abbia perso il suo capotecnico Giribuola e che debba cominciare da zero davvero.

Tornando ad Aprilia purtroppo un guasto tecnico ha impedito ad Aleix di finire sul podio mondiale. Un peccato, perché i progressi del team sono stati enormi rispetto al 2021 anche se nel finale sono andati in calando forse per mancanza di esperienza.

Ci sarebbe da parlare di ognuno, ma non può essere questa l’occasione.

Oggi e sino al Qatar 2023 possiamo e dobbiamo festeggiare urlano “GRAZIE PECCO” e “GRAZIE DUCATI”.

 

Salvatore V.

 

Foto in evidenza da Il Fatto Quotidiano

MOTOGP 2022 GP DI VALENCIA: E CHE FESTA SIA

foto da Twitter

Mancano solo due fottutissimi punti a Francesco Bagnaia da Chivasso ed alla Ducati per fare la storia.

Cinquant’anni son passati da quel 1972 in cui Giacomo Agostini e la sua MV Agusta portarono sul tetto del mondo per l’ultima volta due tricolori “al prezzo di uno”.

Dall’asse Chivasso-Borgo Panigale può venire quanto riuscito pochissime volte nella storia, ovvero portare contemporaneamente al top l’uomo e la macchina entrambi con DNA italico.

foto da Gazzetta

Nelle quattro ruote dobbiamo addirittura tornare indietro agli anni cinquanta… ma di cosa parliamo?

Non voglio addentrarmi nei meandri della retorica, però quanto potrebbe accadere dovrebbe inorgoglire tutti gli appassionati che parlano la mia lingua, eppure….

Eppure chissenefrega, perché il semplice fatto di essere arrivati a due punti da questo evento per me è motivo d’orgoglio, vada come vada.

foro da Moto.it

Pecco ci ha fatto penare tutti quanti, ma vivaddio che sia riuscito a fare un recupero degno dell’olimpo dei motociclisti.

Spiace sapere a priori che ci saranno connazionali “invidiosi” di quanto accadrà oppure “felici” di quanto non accadrà… Per quanto mi riguarda spero di urlar in faccia loro la mia felicità dal maxi schermo di Piazza D’Armi a Chivasso che sarà virtualmente collegato con quello di Borgo Panigale.

Alla faccia dei tanti denigratori a Ducati va riconosciuto di averci messo tanto del proprio affinchè tutto ciò potesse accadere. A Bologna ci hanno messo soldi, impegno e determinazione perché il mondiale potesse un giorno tornare tutto tricolore. Pochi lo ricordano ma, dal loro debutto in MotoGp nel 2003, hanno avuto almeno un pilota italiano in squadra eccezion fatta per il biennio 2009-2010.

Abbiamo avuto addirittura line-up tutte italiane con Dovizioso e Iannone, con Dovizioso e Petrucci e ne avremo anche una l’anno prossimo con Bagnaia e Bastianini. Incredibile, sono stati più “nazionalisti” di tanti loro tifosi. E dire che per realizzare questo “sogno” non badarono a spese nemmeno quando ingaggiarono Valentino Rossi.

foto da Tuttomotoriweb

Quindi il trionfo (incrocio ancora le dita) sarebbe tutto meritato.

Li abbiamo bistrattati spesso (non sono esenti da critiche) però oggi è giusto ringraziarli per averci permesso di arrivare ad un passo da un sogno e dalla storia.

Mi tocca parlare della gara?

Motivi tecnici? Aspiranti alla vittoria? Non abbiatemene ma non essendo un giornalista non riesco a togliermi di dosso il peso del tifo ed essere obiettivo in questa occasione.

Sarebbe la prima volta che, da appassionato di due e quattro ruote ed orgoglioso dei colori nazionali, si potrebbe realizzare un desiderio covato da quando quell’appassionato era un bambino.

foto da Corse di moto

Non importa chi vincerà, non importa se Pecco dovesse arrivare quattordicesimo recuperando quei due punti con Fabio vincitore della gara. Quello che importa e che quel sogno possa diventare realtà.

La tensione è altissima, della pista, delle gomme, dei rivali non serve parlare.

Forza Pecco e forza Ducati, tantissimi sono con voi. Fateci Godere.

 

Salvatore V.

BASTIAN CONTRARIO: NO FERRARI, NO FIESTA

Confesso che, dopo la disfatta rossa vista al GP messicano, avevo ben poco su cui riflettere e scrivere. Le immagini e, soprattutto, il cronometro (quello non mente mai) parlavano chiaro. Eppure questa rubrica deve uscire puntuale, non posso deludere i voraci e preparatissimi (andate sui commenti del Blog… vi farete una cultura!) lettori del Ring e allora mi sono fatto arrivare l’ispirazione. Vedere una Ferrari arrancare e soffrire nel GP messicano è stato mortificante per noi e per lo spettacolo, del resto no Ferrari no fiesta.

Questo potrebbe, apparentemente, sembrare banale eppure, considerando quali sono state le premesse di questo velenosissimo mondiale ad inizio anno, non è un pensiero affatto scontato. Quali erano gli obiettivi di questo insidioso (e dopo quanto successo) inutile regolamento? Ravvicinare il più possibile le squadre tra di loro, tecnicamente parlando, al fine di poter favorire il più possibile la lotta e quindi lo spettacolo in pista che da troppo tempo mancava. Soprattutto a mio giudizio, questo regolamento è stato un assist per quei top team che da troppo tempo mancavano alla lotta mondiale dopo il dominio teutonico… soprattutto per Ferrari, la quale, lo voglio ricordare, non becca niente dal 2007 come titoli piloti e dal 2008 per quanto riguarda i costruttori. Anche perché diciamocela tutta, la stessa F1 non può “tirare troppo la corda” in tal senso: tutto il circo senza la Rossa può abbassare le serrande, non ha ragione di esistere; no Ferrari no fiesta appunto. 

Ritornando all’inizio di questo mondiale e alle sue premesse dunque, cosa avevamo? Di certo l’acquolina in bocca! Il duello dell’anno, la sfida che da sempre stavamo aspettando: Ferrari contro Red Bull, Charles LeClerc contro Max Verstappen… la lotta eterna. Missione compiuta dunque, almeno fino in Ungheria. Poi cos’è accaduto? O forse dovrei chiedere, cosa è accaduto tra il primo GP e quello ungherese? I mali sono molteplici purtroppo e, come dico da sempre su questa rubrica, la responsabile di quanto accorso è solo della stessa Ferrari e per Ferrari intendo la sua dirigenza, ovvero i vertici!

C’è un’ottima riflessione del direttore di questo Blog che fa capire il perché dell’inamovibilità della dirigenza Rossa a tutto quello che abbiamo assistito sino ad ora e la voglio citare rigo per rigo: “Nel 1996 l’Avvocato Agnelli decise di investire nella GeS con budget virtualmente illimitato (bei tempi, aggiungo io), al fine di supportare la ripresa commerciale e di immagine dei modelli stradali, i quali arrivavano da un decennio di insuccessi al netto di qualche jolly pescato più o meno a caso come la F40. Venne preso il miglior pilota in circolazione, il quale, non appena mise piede a Maranello, compresa l’antifona, chiese ed ottenne di portarsi dietro mezza squadra del suo team di provenienza. Dalla 355 in avanti i modelli stradali furono tutto un successo dietro l’altro ed il quinquennio iridato 2000-2004 portò il brand a livelli d’immagine mai raggiunti prima, che furono, a tutti gli effetti, il preambolo della quotazione in borsa che arrivò nella prima metà del decennio successivo. In concomitanza con la scomparsa dell’Avvocato, fu imposto a Maranello una drastica riduzione del budget di spesa, l’obiettivo era stato largamente raggiunto quindi la nuova politica divenne sfruttare il vento a favore. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: un solo titolo, quello del 2007, ed il sostanziale disinteresse verso i successi in pista per via del fatto che il titolo in borsa rende a meraviglia, la quotazione ha riempito le casse di Exor e quindi tutto il resto può aspettare. È  semplicemente business, proprio come la scelta dell’avvocato nel 1996. Viene fatto solo quello che è funzionale al profitto. Viene solo da riflettere amaramente sul perché per marchi con meno di vent’anni di vita, come Red Bull, sia invece così dannatamente importante vincere in pista così come per AMG la quale, ahi noi tutti, pare davvero avere tutta l’intenzione di tornare dov’era dal 2014 al 2021”.

Parole che non lasciano alcun margine di dubbi e di equivoci. Il sottoscritto rincara solo la dose affermando che le scuderie avversarie della Rossa hanno bisogno, come il pane, di dominare in pista, al fine di avere un pesante ritorno commerciale, perché se si comportassero in pista come fa la Ferrari, queste diverrebbero delle squadre qualunque per poi essere dimenticate. Caso mai ci fosse qualche riottoso a riguardo, andasse a bussare alla porta di BMW o TOYOTA, giusto per citare due esempi a caso. Ferrari, di contro, vive di luce propria, che vinca o perda e questo i vertici lo sanno benissimo, per questo non si sbattono più di tanto nelle stanze che contano. Per questo assistiamo a mondiali sciagurati come quello che stiamo vivendo, dove ci siamo illusi di poter lottare per il mondiale ed ora addirittura remiamo e sarà già un mezzo miracolo se riusciremo a difendere il secondo posto nel mondiale marche. Binotto ed il suo team hanno sicuramente delle responsabilità a riguardo eppure, e soprattutto per quanto detto poc’anzi, non me la sento di addossargli la croce per questa disfatta, anche perché lui ed il suo team, appunto, sono le stesse persone che ci hanno regalato una delle monoposto più forti progettate a Maranello e che hanno aperto il mondiale con due doppiette! Il team principal della Rossa lo ha detto a chiare lettere: la F1-75 è stata concepita per viaggiare incollata al suolo, quindi tutti i cinematismi e l’aerodinamica dedicata è nata ed è stata sviluppata attorno a questo concetto. Potrà sembrare una sciocchezza eppure i millimetri che hanno regalato, innanzi tutto a Mercedes ed alla sciatica di Lewis, hanno stravolto questo concetto.

Perché nel mentre si svolgeva il mondiale fino all’Ungheria questo è successo: in nome della sicurezza si decideva di sollevare le monoposto concepite sin dall’inizio per rimanere incollate al suolo (una barzelletta!) e, soprattutto, gli attuali campioni del mondo mettevano mano al portafoglio come se non ci fosse un domani e, soprattutto, come se non esistesse un Budget Cap da rispettare e sviluppavano la RB18 a forza di dimagramenti e migliorie aerodinamiche, fino ad arrivare al mostro vorace che noi tutti conosciamo. La settimana scorsa ho affermato che se ci fossero stati altri 20 GP, state certi,  Verstappen li vincerebbe tutti. Alla fine del primo giro, con Max che passa al comando, si era già capito come sarebbe andata, di certo non c’era da aspettare lo sbaglio di AMG in merito alla scelta delle gomme.. e così è stato. Alla faccia dello spettacolo e delle lotte in pista. Siamo passati così da un inizio mondiale dove il fascino dell’incertezza regnava sovrana ad una seconda parte di campionato che si è rivelato essere la fotocopia del 2020, con l’unica differenza che prima i dominatori erano grigi (pardon neri… perché c’era il razzismo da sconfiggere prima!) ed ora sono blu elettrico. Sia chiaro, Ferrari durante il tragitto ha fatto di tutto per perdere questo mondiale, tra errori delle squadra (tanti), dei piloti (centellinati) e problemi di affidabilità e per questo sono convinto che la Rossa, comunque, non avrebbe vinto il mondiale. Solo che se il regolamento non fosse stato modificato o se qualcuno non ci avesse “mangiato sopra” (dopo le scuse bibitare perdonate il mio gioco di parole), di sicuro avremmo assistito a qualcosa di diverso, più tirato ed emozionante, perché con una Rossa in ballo è tutto un altro articolo, mentre ora ci ritroviamo nuovamente la Formula noia e del resto si sa, no Ferrari no fiesta.

 

Vito Quaranta