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2017 F1 Brazilian GP: An Introduction.

It ain’t over till it’s over“, ammoniva un tautologico Yogi Berra. Alla vigilia del penultimo appuntamento di un infinito 2017, pare però che la matematica ci rassicuri sull’esito di entrambi i campionati, e quindi apra la porta ad un potenziale free-for-all sul circuito sudamericano.

IL CREPUSCOLO DEGLI DEI

La celebre donna dalla forma fisica non eccelsa (no, non stiamo parlando della ex-TP di una scuderia svizzera a vostra scelta) s’è infatti incamminata sul palcoscenico messicano e, nonostante i ripetuti sgambetti di un elemento del pubblico (scortato fuori da teatro mentre urlava “honestly”), è riuscita ad intonare la sua aria. Tutte le posizioni principali sono cristallizzate ai fini della classifica finale, e addirittura i primi quattro costruttori sono già decisi. Rimane solo quell’inezia del secondo posto nel mondiale piloti, che immagino interessi a Vettel quasi quanto l’autobiografia di Charlie Whiting. Dove correte, non è ancora uscita.

L’OLANDESE VOLANTE

Nel 2016 in Brasile si manifestó, cristallino e puro, il talento di Verstappen, con una furiosissima rimonta sul bagnato; visto l’attuale stato di forma, accompagnato da una RB dotata di sospensioni anteriori palesemente illegali (e della quale forniamo rilievo fotografico più in basso), ci sono buone possibilità che l’ottima prestazione possa essere ripetuta. Detto ciò, io non vi do più dritte sulle scommesse perché i maggiori bookmaker britannici mi hanno gentilmente chiesto di smettere dopo aver indovinato l’accoppiata pole-vincitore in Messico.
Se è vero che la RB è cresciuta moltissimo, c’è da ricordare che quest’anno cercare di determinare un pattern tra auto, piste e prestazione è pressoché impossibile. La pista di Interlagos dovrebbe essere in teoria leggermente più favorevole a Mercedes dato il layout molto veloce; d’altro canto si può immaginare che la Ferrari, fallito il bersaglio importante, possa liberarsi di quella poca prudenza rimasta, e tentare di chiudere l’annata in crescendo. Il gioco potrebbe valere la candela.
Per la pura statistica, ricordiamo che si corre sulla pista modificata l’ultima volta nel lontano 1990, nonostante i recenti tentativi di Raikkonen di ritagliarsi una carriera come successore di Tilke.

LE FATE

Veniamo ora al consueto appuntamento con il riempitivo della griglia, il corrispondente automobilistico di Pomeriggio 5 per capirci.
Paragrafo ovviamente dedicato a cromatismo, petulanza ed aggressività dei due piloti Force India, ai quali potrebbe essere permesso di distribuire coriandoli di carbonio rosa in giro per la pista brasiliana, dato che un inaspettato quarto posto è stato finalmente raggiunto. Menzione d’onore per Fernando Alonso, che ringalluzzito dal weekend messicano, si ritroverà invece a venire sorpassato sul lungo rettilineo da: nonna di Barrichello in carrozzina che torna dalla spesa, la celebre sedia del 2015 spinta da una leggero grecale, e infine da Felipinho Massa sul suo Crazy Kart (che peraltro è anche il volante più prestigioso a cui Daniel Ricciardo può aspirare oggi, nonostante sia già stato battuto dallo stesso Felipinho).
E a proposito di Massa, sarà questo infine il suo ultimo GP di casa, o è affetto anche lui dalla sindrome dei Rolling Stones, per cui l’ultimo tour non è mai veramente l’ultimo? Nell’attesa di scoprire la risposta, e di conseguenza chi si affiancherà a Stroll nel 2018, possiamo sicuramente goderci il sobrio saluto che la Torcida gli tributerà.
Coraggio, è quasi finita.

 

2017 F1 Mexican GP: An Introduction.

Il Circus si sposta questa settimana in Messico, per la tappa centrale del tour americano, a seguito della vittoria di Hamilton in Texas.

IL MONDIALE

Anche i più scaramantici tifosi del tri-campione del mondo (e ne conosco un paio), cominciano a concedere che si, forse il quarto titolo è alla portata. Il lumicino di Vettel è tenuto acceso dalla speranza di un trittico di vittorie, unito sostanzialmente ad altrettanti ritiri da parte di Hamilton: le possibilità sono effettivamente basse. C’è anche da dire che la Dea Bendata, e non stiamo parlando di Jessica Chastain che gioca a mosca cieca (NpM, nota per Marloc), ha dimostrato di dilettarsi particolarmente con questo mondiale di F1.
A seguire i due moschettieri, troviamo una situazione fondamentalmente cristallizzata per i primi sei piloti e quattro costruttori, al netto delle bizze del motore Renault. Più sotto Perez ed Ocon si giocano il quinto posto, sperando che Perez non chieda direttamente al presidente messicano un decreto legge che gli permetta di sorpassare il teammate quando si trova tre posizioni dietro di lui. Scendendo ancora scopriamo che il tanto vituperato Stroll ha più punti di Grosjean, e solo due meno del fu-promessa Hulkenberg. Il tutto su una Williams che vanta la stessa tenuta di strada dell’omonima pera. Una parola la meritano sicuramente i piloti Toro Rosso: Kvyat, che è stato definitivamente chiuso nell’armadio degli scheletri del Dr. Marko (giusto in tempo per Halloween), insieme a gente come Buemi, Alguersuari e via dicendo; Gasly, che in francese vuol dire “botta di culo”, vista la sorte nipponica; e Hartley, che mi dicono avere gareggiato al COTA ma io giuro che non l’ho visto, o forse l’ho confuso per una umbrella girl.

LA PISTA

Circuito apparentemente medio-veloce quello messicano, ma nel 2016 la velocità media in qualifica è stata di poco superiore a Budapest, per fare un esempio. Questa discrepanza è dovuta principalmente all’altura, motivo per cui i pacchetti aerodinamici sono quasi equivalenti a quelli monegaschi, e che riduce l’efficienza dei motori. Tutto ciò renderebbe troppo facile una battuta sulla Honda, e quindi non la dico.
Il layout è stato recentemente modificato dal nostro architetto-ingegnere-pilota preferito, Herr Tilke. Il T1 presenta due lunghi rettilinei intervallati da una tre curve ravvicinate, il T2 è composto da un mix di curve lente e medio-veloci da percorrersi tra la seconda marcia e la siesta, per poi passare ad un breve e tortuoso T3 nella sezione dello stadio. Un circuito che probabilmente favorirà auto ad alta efficienza aerodinamica, data la necessità di alto carico. Quindi la Williams non vince neanche stavolta, a meno che Stroll Sr. non compri il Messico.

 

IL PRONOSTICO 

Questa è facile: Kvyat è stato nuovamente appiedato, e dunque possiamo cominciare a suonare l’inno olandese come prassi in questi casi. Conseguentemente, l’equilibrio nella Forza richiede che almeno un motore di Viry-Châtillon si consegni al creatore entro il quindicesimo giro, e l’auto numero 3 è fortemente indiziata.
Consultando inoltre il pendolino (che nel frattempo si è evoluto in Frecciarossa) di Maurizio Mosca (un esclusiva del BRing), scopriamo che il WDC si trascinerà fino in Brasile, in modo da dare la possibilità di cancellare definitivamente il 2007 dall’annuario.
Tra le speranze, più che i pronostici, mettiamo sempre il team radio di Alonso che, chiedendo dove si trovi Palmer, viene reso edotto del licenziamento di quest’ultimo; d’altronde questi teatrini sono anche un po’ l’unica valida scusa per inquadrare una Honda.
A proposito di teatrini, si accettano scommesse su quale importantissima problematica si concentrerà Grosjean: sarà l’eccessivo uso di guacamole nei tacos vegani fuori dal circuito, o forse i riflessi del rosa Force India nei doppiaggi?
Infine, mi auguro che i messicani non vogliano sfidare gli americani invitando sul podio un velocista locale ben migliore di Usain Bolt, ovvero Speedy Gonzales. Anche se, a pensarci bene, dubito ne uscirebbe un siparietto peggiore…

2017 F1 United States GP: An Introduction.

Terminata la bizzarra campagna asiatica, la F1 approda nuovamente sulle sponde del Nuovo Continente per un trittico che coinvolge Nord, Centro e Sud America. Prima tappa: Austin, Texas, USA, nel circuito dedicato all’ex Presidente della Regione Piemonte. Non è ancora chiaro se sulle tribune si troverà appeso un cartello riportante “USA: Nuova Gestione”, alla stregua del peggior baretto della stazione; sta di fatto che i signori Hamilton, Perez e Wehrlein (in rigoroso ordine alfabetico) sono avvertiti, chi per cromatismo dermatologico e chi per sovvenuta cacofonia, almeno ai timpani presidenziali. E anche Ocon, che sarà francese ma Esteban è un nome quantomeno sospetto.

 

DOVE SIAMO

L’1-2-3 asiatico ha lasciato la Ferrari metaforicamente a terra e confusa; non è chiaro invece l’effetto che ha avuto sul suo TP, visto che quello è il suo aspetto normale, e non è conseguenza di un incontro ravvicinato con gancio e montante di Wladimir Klitschko. Nonostante la SF70H abbia dimostrato l’affidabilità di una UAZ Tundra dopo un inverno nella tundra artica (per l’appunto), l’inarrestabile schiacciaSassi anche conosciuto come Sergio Marchionne non ha richiesto il sacrificio estremo di alcun dipendente; ha deciso invece di affidarsi a Mendoza, non è chiaro però se si riferisse alla responsabile qualità di FIAT, o all’omonimo vino argentino.

La situazione nel garage anglo-britanno-finnico-caraibico sembra invece più gioviale, e non solo perché Bottas ha convinto Hamilton a non usare il suo armadietto per le crocchette di Roscoe.  Il campionato costruttori è ormai a portata di mano, e quello piloti si è avvicinato notevolmente grazie alle debacle rosse, e ad un Hamilton stranamente concentrato. Nel box RB invece non ci entriamo neanche, perché tra un australiano completamente pazzo e un olandese che ormai è contagiato, il rischio di finire a bere champagne da una Sparco sudata urlando frasi sconnesse in dialetto vallone è altissimo.

 

DOVE ERAVAMO

L’anno scorso il GP degli USA presentò un copione che si rivelò abbastanza ripetitivo nelle ultime gare: pole di Hamilton, vittoria di Hamilton, secondo posto a debita distanza di uno di cui non ricorderemo il nome perché condannato a damnatio memoriae, “via via tutti gli altri”, con una Ferrari apparentemente più attardata rispetto a Red Bull. Questo è quello che sono disposto a rivangare, e dovreste pure ringraziarmi.

 

DOVE SAREMO

Cercare di predire non dico un risultato, ma semplicemente un trend, si è rivelato assolutamente impossibile nel 2017. La W08 si comporta come una Diva Holliwoodiana degli anni ’60, e nessuno ci assicura che non abbia chiesto del Dom Perignon Rosè nel camerino (che sia questo, e non l’olio, il segreto del propulsore Mercedes?). La SF70 si è rivelata un’auto validissimo e velocissima, però ogni volta che c’è da avviarla vengono consultati i Tarocchi e i meccanici si vedono costretti a toccare ferro, materiale peraltro difficoltoso da trovare in un box di F1. Le previsioni ci consegnano un meteo variabile come il numero di orecchini e piercing del leader mondiale, quindi ogni predizione è assolutamente inutile. Sulla carta la pista dovrebbe essere leggermente favorevole a MB nel primo settore e secondo, con la sezione di curve veloci seguita dal lungo rettilineo opposto, dove quest’anno potremmo vedere i 340+ km/h. Dalla curva 12 in poi, il layout sembrerebbe più adatto alle caratteristiche delle due vetture inseguitrici. E questo è tutto quello che sono disposto a prevedere da un punto di vista tecnico, e sono perfettamente conscio che verrò puntualmente smentito sabato sera. Considerando lo stato di forma dei piloti, mi sia permesso prendere a prestito l’inflazionassimo “the Good, the Bad and the Ugly” per trovare il probabile vincitore questo GP (lascio a voi decidere chi è chi, ma non è difficile; mi perdonerà soprattutto il figlio di Jos, guiderà da Dio, ma non è Brad Pitt).

 

DOVE SARANNO (GLI ALTRI)

Perché pare che sulla griglia (mai termine fu più frainteso in Texas) ci siano più di cinq..pardon sei auto.  La corsa per il quarto posto vede la coppia di grandi amici e colleghi della FI saldamente favorita, a testimonianza del grande lavoro del team di Silverstone a fronte di un budget limitato, e anche del fatto che un’auto da corsa rosa è sempre una bella idea (vedi alla voce ‘Truffelhunter’). Al quinto posto una Williams tenuta a galla dalla centrale nucleare mascherata da PU made in Brixworth, seguita dalla Toro Rosso; per celebrare Halloween, la squadra di Faenza ha deciso di riesumare due zombie, uno ancora fresco di siluramento (il buon Kvyat, che in russo vuol dire “dignità”), e tale Brendon Hartley, ripescato dal Dr. Marko nell’armadio di quelli che hanno fatto un test una volta ma si e no che sono riusciti ad entrare in macchina. Nel suo palmares ritroviamo però la 24h di LeMans 2017, seppur con la seguente motivazione: “tutti gli altri non la volevano”. A ruota troviamo Haas e Renault, dediti ad un appassionante (…) testa a testa tra poveri. Vedremo se il team francese riuscirà a spuntarla, o se sono troppo occupati a copiare i disegni degli altri team per il 2018, regalo di Natale anticipato del buon Marcin Budkowski, che ricordiamo essersi accasato a Enstone in quanto sono stati gli unici ad offrirgli un contratto con il nome scritto correttamente. Infine troviamo un team omonimo di quello che vinceva i Mondiali qualche decade fa, e gli svizzeri, che comunque a breve comincia la stagione sciistica quindi anche quest’anno sono sopravvissuti all’estate, che è quello che conta.

 

DOVE ANDIAMO

Le probabilità di arrivare nella terra di tequila e Speedy Gonzales con i mondiali ancora aperti è alta, al netto della componentistica Ferrari. Il GP di Austin potrebbe essere, da questo punto di vista, “the last nail in the coffin” come direbbero da quelle parti, o piuttosto l’inizio della rimonta. Basta solo che la gara non abbia lo stesso ritmo e svolgimento di un western anni ’50…

Tecnica a olio

Non si vedeva un intrigo tecnico di questa portata dagli scarichi a Coanda di Mr. Newey. Parliamo sempre di fluidi, ma stavolta la viscosità aumenta parecchio, e dall’aerodinamica ci dirigiamo sul motore, uno spostamento focale che ci dà le dimensioni di quanto la F1 odierna sia più dipendente dalle unità propulsive rispetto a qualche anno fa. L’oggetto è, ovviamente, rappresentato dalle rampanti discussioni sul (presunto) uso dell’olio lubrificante per scopi alternativi. Alla vigilia del GP di Monza, con la nuova direttiva tecnica della FIA pronta ad entrare in vigore, anche se non è ancora chiaro come, è necessario fare chiarezza sui fatti.

Cominciamo con una breve timeline della questione:

-L’antefatto si ha nel 2015, precisamente durante il GP del Canada: la FIA preleva campioni di olio dalle vetture di Hamilton e Vettel, ravvisando la presenza di carburante nel serbatoio principale. I delegati tecnici concludono però che si tratta di valori nella norma, semplicemente riconducibili a normali trafilamenti nel cilindro.

-Marzo 2017: Red Bull richiede un chiarimento tecnico alla FIA sulla possibilità di utilizzare l’olio motore per scopi che definiremo “non convenzionali”. La FIA risponde con la consueta (mancanza di) chiarezza, ribadendo che l’olio non può essere “bruciato”, ma che allo stesso tempo il consumo d’olio è una caratteristica intrinseca delle condizioni operative di un motore. Da notare che la richiesta di RB non cita alcun team, ma Toto Wolff rilascia dichiarazioni sul merito, smentendo categoricamente che il propulsore Mercedes usi alcun trucco del genere.

-Aprile: la FIA dirama nuove normative per il 2018. Tra le novità, l’obbligo di dichiarare la massa totale di olio a bordo ogni qual volta la FIA lo richieda nell’arco del weekend di gara, e l’espresso divieto di valvole attive in qualsiasi punto dell’ ”air intake”.

-Giugno: prima del GP azero, la FIA reitera le direttive sull’uso dell’olio, che riportiamo: “We wish to remind you that, as previously stated in various meetings and re-emphasised in TD/004-17, we consider the use of oil as fuel to be prohibited by the Technical Regulations. For the avoidance of doubt, the only fuel that may be used for combustion is petrol, and the only permitted characteristics of that petrol are clearly set out in Article 19 of the Technical Regulations.” Si diffondono altresì voci (non confermate) di un serbatoio aggiuntivo montato dalla SF70H.

-Luglio: Helmut Marko si lascia sfuggire alcune frasi sibilline sulla questione, sostenendo tra le righe che la Ferrari fosse colpevole di raggirare il regolamento su questo aspetto, e che la precisazione antecedente al Canada fosse rivolta direttamente al team di Maranello. Inoltre, il Dr. Marko precisa che le proteste sarebbero arrivate da Brackley, e precisamente da qualcuno precedentemente in Ferrari. Il pensiero corre subito a James Allison.

-Luglio: un’ulteriore direttiva FIA limita il consumo di olio a 1.2l/100km, anche se non è ancora chiaro come questo limite possa essere misurato ed, eventualmente, quali possano essere le sanzioni.

-Agosto: il limite viene abbassato a 0.9l/100km a partire dal GP di Monza. Mercedes introduce la quarta PU a Spa, presumibilmente nel tentativo di appellarsi alla non-retroattività della direttiva rispetto ad unità precedentemente omologate. Ad oggi (29 agosto) questa sembra effettivamente l’interpretazione, quantomeno ufficiosa, della Federazione.

Passiamo ora alla questione più prettamente tecnica, riguardante il presunto consumo anomalo di olio. Rimangono fissi due punti: 1)non esiste alcuna dimostrazione o dichiarazione che riveli con certezza un uso irregolare dell’olio da parte di alcun team; 2)non esiste consenso, o spiegazione accettata, su come e quanto l’uso anomalo di olio possa aumentare le prestazioni, ed eventualmente in quale grado questo sia contrario al regolamento tecnico FIA. Quelle presentate di seguito sono ipotesi.

-La prima spiegazione, quella riguardo a cui RB chiese ragguagli a suo tempo, riguarda l’uso di olio per aumentare la quantità di combustibile disponibile. Data l’esistenza di “breather” tra il basamento e l’ “air intake” di cui sopra, normalmente usati per controllare la pressione, era stata avanzata l’ipotesi che l’olio traspirasse nei condotti di aspirazione per poi venire bruciato. La palese dicotomia rappresentata dalla contemporanea necessità di un liquido lubrificante ma altamente reattivo ha fatto essenzialmente decadere questa ipotesi. Da sottolineare che questo ostacolo potrebbe essere eventualmente superato con l’uso di due serbatoi contenenti oli diversi, come da insinuazioni avanzate ai danni della Ferrari.

-Un’altra spiegazione, in questo momento forse la più quotata, vuole che additivi (probabilmente composti metallici) siano aggiunti all’olio, e che questi passino poi in camera di combustione attraverso (probabilmente) le fasce di tenuta, aumentando le prestazioni. Ciò

-L’olio in camera di combustione può ipoteticamente essere utilizzato per raffreddare la miscela miscela aria-benzina e dunque aumentare la bmep (e dunque la potenza). Da notare come il meccanismo sia probabilmente legato ad un utilizzo sporadico e non continuativo.

-Il dettaglio tecnico forse più affascinante è presentato dalla possibilità che i noti effetti detonanti dell’olio minerale vengano in realtà sfruttati nell’ambito della TJI (turbulent jet ignition), tecnologia che Mercedes utilizza nei suoi motori. In pratica si tratta di avere una migliore velocità di fiamma grazie a multipli punti di accensione dovuti all’olio stesso. Si tratterebbe comunque di un meccanismo difficilissimo da controllare, date anche le brevissime scale temporali di combustione in F1.

-Un’ultima ipotesi, invero piuttosto bizzarra, prevede un passaggio dell’olio dallo scarico all’aspirazione attraverso il turbocompressore, con finalità analoghe a quanto presentato.

In conclusione, la presente disamina vuole semplicemente essere un riassunto sia temporale che tecnico sulla questione che accende (letteralmente…) la F1. Non esiste alcuna pretesa di imputazione nei confronti dei team. Al contrario, qualsiasi sia il meccanismo, e chiunque sia stato in grado di farlo funzionare, sono a mio giudizio degni rispettivamente di notevole interessa ed infinita stima. Sempre che, ovviamente, non si tratti di una nube di fumo, probabilmente bianco…

2016 F1 Abu Dhabi GP: Il giorno di Nico

Fliegt heim, ihr Raben!  
Raunt es eurem Herren,  
was hier am Rhein ihr gehört!  

L’ultimo GP è come l’ultimo giorno di scuola:  soddisfazione, sollievo, un pizzico di anticipazione ma soprattutto un’inaspettata dose di malinconia. Si chiude (forse) una mini-era di dominio incontrastato Mercedes, culminata in quella che probabilmente è la monoposto più dominante dagli albori ad oggi. A far da palcoscenico a tutto ciò, come da recente dollaro-foraggiata tradizione, l’ingiustamente vituperata pista di Abu Dhabi.

Le prove libere dell’ultimo GP prima di un cambio regolamentare sono invise quasi anche ai team stessi. Da segnalare solo il ripetersi dei problemi Toro Rosso sull’interazione tra sospensione, cerchio e gomma, che provoca improvvise e violente forature del pneumatico stesso; evenienza risolto prima delle qualifiche, ma che sostanzialmente non ha permesso di trovare un assetto decente.

Le qualifiche sono un po’ il riassunto di questa seconda metà di 2016: Hamilton in testa con un margine non esagerato, ma costante, su Rosberg. A seguire una battaglia tra Ferrari e RB che si conclude con quest’ultima vincitrice, e con Raikkonen nuovamente davanti a Vettel, per un complessivo, inaspettatissimo, 11-10 nell’annata. Force India stabilmente quarta forza (e profusi complimenti annessi), e Williams ormai crollata a quinta, almeno quando Alonso non decide di fare il fenomeno e di piazzare la sua Japanese McLaren (o British Honda?) laddove non le si confà, almeno nella teoria e almeno su questo circuito dotato di due piste d’atterraggio su cui potrebbe comodamente planare un A380 a pieno carico.

La gara fondamentalmente si rivela, almeno per 45 giri, per quello che molti si aspettavano: una parata per Nico Rosberg; la sorte non smette di farci capire che è il suo favorito per il 2016, dalla partenza, al primo round di pit stop, all’assenza di qualsiasi tipo di intoppo alla cavalcata finale del pilota (pseudo)tedesco. Qualche blando tentativo tattico da parte di Hamilton è troppo timido e abbozzato per essere di qualsiasi utilità; più indietro, Ferrari e RB mostrano una sostanziale parità di prestazioni. Verstappen, sfortunato (e impacciato) allo start, mette in piedi un’ottima gara grazie all’aiuto dei sempre attenti strateghi RB; Raikkonen con una poco consueta incisività.
Fino a quando Lewis non decide che è venuto il momento di tentare il tutto per tutto, tentando di battere il record per il minor consumo gomme in un GP e conseguentemente alzando il ritmo a livelli di una Manor qualsiasi. Nel frattempo le RB si fanno sempre più grosse negli specchietti di Nico e Vettel comincia la sua cavalcata con le SS. Nonostante gli ultimi giri al cardiopalma, con il team MB che prega Lewis di accelerare (ma non s’era detto di lasciarli correre?) e Rosberg che piagnucola e si lamenta (la cosa che gli riesce meglio), Vettel assume un prevedibile atteggiamento da Ponzio Pilato e si rifiuta, in pratica, di attaccare il connazionale e rischiare di regalare il quarto mondiale all’inglese. La gara finisce esattamente come era cominciata, e come era stato previsto ampiamente: due Mercedes al comando e Rosberg che vince il Mondiale. Incidentalmente, gli ultimi giri potrebbero aver incrinato in maniera irreversibile il rapporto team-pilota in Mercedes*, sempre ammesso che, almeno in un senso, la fiducia non fosse stata già irrimediabilmente lesionata. Il rapporto tra i due piloti è rappresentato perfettamente dalla falsissima stretta di mano sul podio, puramente per necessità di marketing ed immagine.

Mondiale sull’esito del quale non mi dilungherò. Chi vince ha meritato, per definizione. Sta di fatto (e ripeto fatto, non opinione) che il (non indifferente) gap di talento tra Lewis e Nico è stato colmato e superato dall’intervento (ripetuto) della sorte. I pochi (e principalmente presunti) passaggi a vuoto di Hamilton non sono certo sufficienti a spiegare il trionfo di Rosberg. Rifiuto anche le (assurde) tesi su discoteche, Instagram, e baggianate varie: al 99%, il Mondiale è stato deciso dal destino, cinico e baro come non mai. Per quanto mi concerne, la gara odierna ha dimostrato ancora una volta, se ci fosse bisogno, quale dei due alfieri MB è il Fenomeno, e quale l’ottimo pilota. Se è vero che quello che conta è il nome nell’Albo d’oro, è anche vero che a distanza di 20 e più anni alcuni WDC vengono ancora ricordati come più meritati di altri (decidete voi quali).

Il 2016, in un certo senso, è stato uno degli esempi più classici dell’abusato motto attribuito a Lefty Gomez. Ma io continuerò a preferire un Fenomeno, e a ricordare Nico come quello di Monaco ’14 e Zeltweg ’16, per citarne due.

 

p.s. chiunque abbia scommesso all’inizio dell’anno su Nico, come da mia indicazione, è pregato di devolvermi il 20%. i 20 euro di Marloc, invece, verranno esatti a momento debito.

*update: Toto Wolff ha già provveduto a condannare in maniera seccata il comportamento di Lewis e dire che ne dovranno parlare con lui, e riscrivere le regole d’ingaggio. certo, se avessero evitato di tarpare le ali di Lewis, vietando qualsiasi tipo di lotta, fin dall’inizio dell’anno…