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2017 Formula 1 Pirelli Belgian Grand Prix: da marzo a luglio, in attesa di Spa

Finalmente, dopo la lunga pausa estiva, si riaccendono i motori sul circuito più affascinante del calendario di F1, Spa Francorchamps, fra i boschi delle Ardenne. Come sempre accade, alle difficoltà date dalla particolarissima tipologia di tracciato, che somma due tratti molto veloci ad uno estremamente tecnico, è da aggiungere la tipica variabilità del meteo delle colline belga, che sicuramente potrebbe scombinare i piani sia in fase di ricerca dell’assetto ottimale nelle prove libere, che nelle sessioni di qualifica e gara. Si arriva in Belgio dopo undici appuntamenti su venti totali, con un distacco di appena 14 punti fra Vettel ed Hamilton nel Piloti e 39 punti fra Mercedes e Ferrari nel Costruttori. Sicuramente questa tappa non ha il sapore di un crocevia fondamentale per quanto riguarda la classifica dei campionati, ma certamente da un punto di vista tecnico le indicazioni che si possono ricavare fra le pieghe storiche dell’asfalto delle Ardenne sono tante, soprattutto per capire se da qui a fine stagione si confermeranno sulle vetture dei top team certe caratteristiche viste dall’inizio del campionato.

Da Melbourne all’Hungaroring, da fine marzo a fine luglio, la F1 ha vissuto una primavera/estate bollente nella lotta al titolo mondiale. Tralasciamo le polemiche sugli avvicendamenti interni alla Scuderia, sui giochi di squadra di Ferrari e Mercedes, sui rapporti fra team-mate, sui presunti o reali favoritismi della FIA verso Maranello o Brackley, con in mezzo Milton Keynes che potrebbe rivelarsi comunque l’ago della bilancia di questa stagione, inserendosi fra i top in alcune occasioni da qui ad Abu Dhabi. Poniamo invece l’attenzione sull’altalena delle prestazioni vissuta in questi primi undici GP, nella speranza di poter capire cosa ci aspetta nelle prossime gare, salvo ribaltoni tecnici imprevedibili ma comunque possibili nella prima stagione del nuovo regolamento tecnico.

Innanzitutto, come già si era capito dai test, la contesa iridata è stata un tira e molla Ferrari-Mercedes, con la prima forte di una vettura capace di gestire al meglio gli pneumatici nell’arco della gara, la seconda ancora avvantaggiata nella spinta della PU, soprattutto in qualifica, dove la potenza massima sembra tuttora a disposizione per un tempo maggiore sulla Freccia d’Argento rispetto al Cavallino. L’altra forte differenza fra i due top team risiede nell’ormai tanto chiacchierato (e altrettanto mal compreso) passo delle due monoposto.

I tre parametri fondamentali sui quali si gioca questo mondiale, e dai quali ne scaturiscono altri altrettanto importanti, sono quindi i seguenti:

  • PU
  • Interasse
  • Pneumatici

Cerchiamo di analizzare i tre fattori in modo indipendente, anche se difficilmente possibile, in quanto ogni dettaglio di una macchina da corsa influenza inesorabilmente tutti gli altri, quindi una piccola variazione di uno di essi comporta modifiche, seppur indirette, su tutti gli altri. Ovviamente tutto ruota intorno alla tipologia di circuito che le monoposto devono affrontare, nonché ai diversi setup scelti che influenzano non certo in modo secondario il risultato in pista, tanto da poter esaltare, ma anche vanificare, il lavoro fatto “a casa” dal team in preparazione della vettura per la gara.

Power Unit

Sul fronte motore sembra ancora evidente la superiorità Mercedes, seppur non tanto marcata quanto lo era nelle passate stagioni. A conferma di ciò si possono analizzare le prestazioni in qualifica, nelle quali Hamilton e Bottas hanno a disposizione l’extra potenza utilizzabile per soli sei giri nell’arco di tutto il week-end. Nelle fasi del Q3 infatti si notano sempre dei notevoli salti di prestazione della Freccia d’Argento, tanto maggiori quanto più ampia è l’influenza della PU in base alla tipologia di circuito. In particolare sembrerebbe che tuttora la superiorità anglo-tedesca derivi dalla capacità di ricaricare la parte elettrica in modo più efficiente, permettendo così di avere a disposizione per un tempo più prolungato nell’arco del giro la potenza massima. Questa differenza si evidenzia soprattutto nei tratti dei circuiti in cui non si hanno violente frenate, abbinati a lunghi rettilinei che richiedono lo sfruttamento della parte elettrica per un tempo prolungato. In effetti, considerato ciò, è chiara l’origine del gap in qualifica in Bahrain, a Baku ed a Silverstone. La lotta è stata molto più serrata a Melbourne, Shanghai, Sochi e in Austria, tutti tracciati caratterizzati da lunghi rettilinei ma comunque dotati di numerose frenate e curve a medio-bassa velocità, che permettono di ricaricare più facilmente le batterie. Al Red Bull Ring, a dimostrazione della validità della Ferrari nei tratti di curve ad alta velocità, il settore centrale record del Q3 è stato realizzato da Vettel, con più di un decimo di margine su Bottas. Rispetto all’anno scorso è risultato evidente il passo in avanti della Rossa nei tratti veloci, come dimostra la prestazione a Silverstone. Nel settore centrale Raikkonen ha accusato un distacco di soli due decimi da Hamilton, tanto risicato che probabilmente se Vettel fosse riuscito a mettere insieme tutti e tre gli intermedi nel giro conclusivo avrebbe chiuso con un margine inferiore ai tre decimi. Se si valuta la conformazione del circuito inglese, pare chiaro a questo punto che lo svantaggio in qualifica patito dalla Ferrari in quasi tutte le gare della stagione è dovuto alla PU. Il divario maggiore si è avuto tuttavia a Baku, dove gran parte del margine si è costruito nel primo e nel secondo settore, quelli guidati. In questo frangente, con l’analisi delle top speed per settore, sembra che a Maranello abbiano optato per un assetto più scarico, vantaggioso nel tratto finale (solo due decimi di divario fra Hamilton e Vettel, nonostante il motore “fiacco” usato dal tedesco) ma decisamente penalizzante nei primi due settori. L’altro GP in cui la Mercedes ha mostrato netta superiorità è stato il Canada, per la verità solo con Hamilton, che riesce sempre a fare una certa differenza a Montreal. Anche qui, in una pista di motore caratterizzata esclusivamente da tratti stop ‘n’ go, la Ferrari ha mostrato il miglior comportamento nel settore che dovrebbe in realtà essere appannaggio del team inglese, il terzo. Dall’osservazione delle velocità di punta nei tre settori e della speed trap, al rilevamento prima della chicane finale, pare chiaro che anche in questo caso il Cavallino abbia adottato un assetto leggermente più scarico, probabilmente anche in ottica sorpassi. Probabilmente proprio le situazioni che si sono create in gara in Canada ed a Baku, riflettono bene la situazione PU: a Montreal abbiamo assistito alla rimonta di Vettel, con un passo decisamente superiore a tutti gli altri, tranne probabilmente i due Mercedes; nonostante ciò ci sono state diverse situazioni in cui il sorpasso non è stato assolutamente semplice, specialmente nella rincorsa alle due Force India. Certamente in quel caso il trenino che si era formato con Ricciardo non ha aiutato, annullando il vantaggio del DRS, ma sicuramente le due monoposto rosa hanno dimostrato un comportamento migliore della Ferrari sui lunghi rettilinei, nonostante l’ottima trazione di cui disponeva la Rossa in uscita dal tornantino del Casinò. D’altra parte in Azerbaijan si è verificata la situazione opposta, con Vettel che, specialmente in fase di ripartenza dalle neutralizzazioni con SC, faticava tantissimo a tenere la coda di Hamilton per provare quantomeno ad impensierirlo, mentre i motorizzati Mercedes dietro di lui, pur senza DRS, riuscivano a sfruttare ottimamente il vantaggio della scia, obbligando il tedesco ad azioni di difesa molto complicate. Anche nella fase finale di gara, nonostante Vettel tenesse a distanza Hamilton a fine del secondo settore, alla prima curva i due si sono ritrovati diverse volte molto vicini, situazione appunto mai verificatasi nelle prime fasi di gara, quando era la SF70-H numero 5 a seguire la W08-Hybrid numero 44.

In conclusione, sembra che da un punto di vista motoristico, specialmente per quanto riguarda l’MGU-H, a Brackley abbiano ancora un certo vantaggio da gestire, che permette di sfruttare la potenza massima su un tempo maggiore lungo il giro di pista, con notevoli guadagni specialmente nei lunghi rettilinei, nei quali anche nella parte finale la spinta del motore elettrico non manca. Questa caratteristica permette non solo di avere velocità di punta migliori, ma anche di poterle ottenere con assetti più carichi, ottenendo così benefici nei tratti guidati.

Interasse

Su questo aspetto della monoposto è stato detto di tutto. In un precedente articolo del Bring (http://nordschleife1976.com/analisi-on-board-gp-spagna-in-vista-di-monte-carlo/) avevamo già detto, come sostenuto peraltro da diverse persone competenti in materia, che la questione passo lungo-passo corto non influenza, da sola, le prestazioni dei due top team. Le prove del mondiale che si sono succedute fino ad ora confermano nettamente questa idea. Prendiamo Monte Carlo e Budapest: due circuiti con curve strette, basse velocità e ripetute accelerazioni; qui la teoria del vantaggio del passo corto viene ampiamente confermata, con due doppiette Ferrari, nonostante anche il problema allo sterzo di Vettel. Consideriamo ora Montreal e Baku, ma anche Melbourne o il Red Bull Ring: qui il presunto vantaggio del passo corto viene decisamente annullato, fra l’altro proprio nei settori dove avrebbe dovuto essere determinante avere una vettura più agile, cioè il primo tratto del Red Bull Ring, i primi due del Canada e di Baku, il primo di Melbourne, dove si hanno tutte curve a velocità non troppo elevate, con raggi di curvatura ridotti. Effettivamente, dal momento che la differenza di interasse in oggetto non è quella che si ha fra un autotreno ed una utilitaria, ha anche poco senso parlare di maggiore agilità di una vettura a passo corto rispetto ad una a passo lungo. Per essere precisi, la legge che lega l’angolo di sterzo con l’interasse del veicolo, il raggio della curva e la velocità di percorrenza è la seguente:

  • R= raggio di curvatura
  • δ= angolo di sterzo
  • l= interasse
  • V= velocità di percorrenza
  • K=, coefficiente di sottosterzo, con m massa del veicolo, b semi passo posteriore, a semi passo anteriore, rigidezza di deriva anteriore, rigidezza di deriva posteriore. Per K>0 il veicolo è sottosterzante, per K=0 ha un comportamento neutro (il più desiderabile in una macchina da corsa), per K<0 si ha sovrasterzo.

Come si vede dall’equazione, data una certa curva con raggio fissato e data la velocità del veicolo, al crescere dell’interasse aumenta l’angolo di sterzo necessario a percorrere la curva (considerando K costante). Ne segue che l’influenza del passo ricade sull’azione del pilota sul volante, ipotizzando ovviamente che i due veicoli con diverso interasse siano identici negli altri aspetti dinamici, cioè abbiano lo stesso coefficiente di sottosterzo. Ragioniamo allora su K: come si vede dalla definizione, dipende dalle rigidezze di deriva dei due assi, le quali sono funzione delle rigidezze fisiche delle sospensioni, ma anche di parametri geometrici come l’altezza del centro di rollio, o altri parametri d’assetto come il camber e la ripartizione del carico aerodinamico fra anteriore e posteriore. Tralasciando questi aspetti, non certo perché non siano determinanti, e concentrandosi semplicemente sui parametri geometrici a e b, si vede che K può variare notevolmente non solo in dipendenza dal passo e dalle rigidezze di deriva, ma anche dalla posizione del centro di massa del veicolo lungo l’asse longitudinale. In pratica, pur a parità di interasse, , , massa del veicolo, si può avere un diverso angolo di sterzo richiesto, su una stessa curva alla stessa velocità, per due veicoli che abbiano il centro di massa collocato diversamente fra asse anteriore e posteriore.

Sembra quindi chiaro che tutta l’attenzione che è stata posta sulla questione della differenza di passo fra la SF70-H e la W08 Hybrid, riguardo l’agilità su certi circuiti, non è giustificata, a meno di conoscere gli assetti prediletti dai piloti e tutti i parametri geometrici delle due vetture.

L’altro aspetto che invece è caratterizzato dalla diversa filosofia di progettazione del team Mercedes rispetto alla Scuderia, è il carico aerodinamico sviluppabile dal corpo vettura. Certamente a Brackley dispongono di una superficie “bagnata” maggiore di quella su cui possono lavorare a Maranello; questo comporta sicuramente la capacità di sviluppare più carico aerodinamico, ma anche di pagare meno tale incremento in termini di resistenza all’avanzamento. Una superficie più ampia infatti permette di avere flussi più puliti, con minore generazione di scia, per cui in Mercedes possono permettersi, a parità di carico aerodinamico, di mantenere le ali leggermente più scariche rispetto alla Ferrari. Questa caratteristica sembra essere stata evidenziata maggiormente a Silverstone, terreno di caccia perfetto per la W08-Hybrid, a proprio agio nel tratto da Luffield a Becketts grazie al carico generato dal corpo vettura, ma allo stesso tempo rapidissima sull’Hangar Straight e sui rettilinei della parte nuova del tracciato, grazie al minore drag.

In conclusione, la superiorità Ferrari in circuiti come Monte Carlo o l’Hungaroring non risiede tanto nel passo della SF70-H, quanto nelle maggiori capacità di trazione, su determinati asfalti e con determinate coperture e temperature ambientali. In un campionato così tirato, ogni minimo dettaglio può fare una grossa differenza ed è sempre opportuno considerare l’interezza del pacchetto a disposizione dei piloti prima di provare a tirare le somme.  Come ultima prova, riprendiamo in considerazione il settore centrale del Red Bull Ring, dove in qualifica è stato Vettel a stampare il tempo migliore, nonostante fosse il tratto con le curve più ampie di tutto il circuito, che avrebbero dovuto sfavorire la “corta” Ferrari.

Pneumatici

L’altro parametro di interesse per il mondiale sono gli pneumatici. Come è noto, far lavorare bene le gomme durante qualifica e gara è il target ricercato dagli ingegneri e dai piloti, quindi in definitiva tutto il lavoro di progettazione, sviluppo e set up ruota intorno al prodotto fornito dalla Pirelli.

Innanzitutto è da notare che nella maggior parte dei casi le mescole scelte dal fornitore sono state il trittico M-S-SS, con i team che, salvo rare eccezioni, hanno deciso di utilizzare maggiormente le due tipologie più morbide. Indipendentemente dalle scelte del fornitore italiano, si è potuto osservare un certo trend di sviluppo delle prestazioni, sia in casa Ferrari che in Mercedes. Per quest’ultima è chiaro che dopo il GP di Monaco ci sia stato un notevole salto in avanti nella comprensione e nello sfruttamento ottimale degli pneumatici, in qualsiasi condizione di asfalto e di temperatura. A partire da inizio giugno quindi il vantaggio della Ferrari su questo fondamentale aspetto della performance si è assottigliato ed in alcuni casi, come Silverstone, addirittura annullato, per diventare un punto di forza di Brackley. Da Melbourne a Monte Carlo si era palesata una certa difficoltà della W08 Hybrid nel far lavorare correttamente le gomme in circuiti con asfalto poco abrasivo, oppure con mescole high working range e temperature non troppo elevate, che, come visto nell’articolo già precedentemente citato, è una condizione equivalente alla precedente. Non è un caso che a Melbourne Vettel avesse un passo decisamente superiore rispetto ad Hamilton, oppure che a Sochi per tutto il fine settimana l’inglese non abbia capito come far lavorare gli pneumatici senza strapparli in gara, mostrando così un passo poco competitivo. Proprio a Sochi anche Bottas ha avuto gli stessi problemi, tanto da essere costretto ad alzare notevolmente i tempi sul giro nella seconda parte di gara, a causa del graining. Specialmente su circuiti con asfalto a bassa rugosità, la Mercedes ha sofferto con la mescola più dura fra le due usate in gara (SS in molti casi), mentre con le più morbide ha avuto sempre un ottimo comportamento (oltre a Sochi si può prendere a riferimento il GP d’Australia), senza sofferenza neppure nei tracciati più ostici, come Barcellona, dove lo stint finale su S di Hamilton ha dimostrato ottimo adattamento della vettura a certe condizioni di funzionamento. Dopo il GP nel Principato si è avuta appunto un’inversione di tendenza, con le prestazioni a Montreal, Baku e Silverstone soprattutto. Qualche problema è stato accusato dai piloti Mercedes in Austria e in Ungheria, con la fase finale di gara del Red Bull Ring che è stata la fotocopia di Sochi, mentre a Budapest la Ferrari era nettamente superiore ed è stata insidiata solo per il già citato problema allo sterzo di Vettel. Proprio il GP d’Austria potrebbe essere un leggero campanello d’allarme per le Frecce d’Argento, in quanto è sembrato appunto che si siano ripresentate le stesse difficoltà che si erano osservate ad aprile, con gomma SS su asfalto poco abrasivo.

Al contrario, a Maranello hanno realizzato una vettura che già dai primi test “capiva” le Pirelli, riusciva a centrare perfettamente e con facilità la ormai famosa finestra di funzionamento ideale, con tutti i tipi di mescola. Questo sarà sicuramente un punto di forza per tutta la stagione, visto che l’unico appuntamento in cui la SF70-H ha sofferto davvero è stato Silverstone, mentre in tutti gli altri, indipendentemente dai risultati, il lavoro di comprensione ed adattamento della vettura agli pneumatici è stato svolto con relativa facilità e sempre con ottimi risultati.

In prospettiva, si dovranno fare i conti con le mescole scelte per le prossime gare e con le pressioni imposte dalla Pirelli, elementi sui quali i team dovranno lavorare per ottenere il miglior adattamento alla tipologia di circuito e relativo asfalto, ma anche alla temperatura della pista. Proprio la scelta dei PSI minimi sarà sicuramente terreno di lotta politica fra i team di vertice, in quanto è ormai chiaro che la SF70-H preferisce pressioni di esercizio più basse rispetto ai rivali, come emerso con la polemica nel week-end del GP di Spagna. Il tema gonfiaggio è decisamente complesso da affrontare, perché è vero che generalmente si cerca di lavorare con una minore quantità d’aria possibile all’interno della gomma, ma è anche indubbio che lo pneumatico sia esso stesso un sistema massa-molla-smorzatore, cioè in pratica un elemento che svolge anche lo stesso lavoro delle sospensioni; in particolare su una vettura di tipo formula lo scuotimento di questo elemento è circa dieci volte superiore rispetto a quello del sistema sospensivo vero e proprio, con la conseguenza che le sollecitazioni provenienti dall’asfalto si scaricano per prime, ed in grande parte, proprio sullo pneumatico, riducendo la sospensione ad un elemento accessorio e di supporto ad esso. Il cambiamento, all’interno del fine settimana, delle pressioni minime imposte, può provocare grossi scossoni nelle prestazioni delle monoposto; potrebbe infatti rilevarsi necessaria una regolazione non solo delle rigidezze, ma in alcuni casi anche delle caratteristiche di smorzamento della sospensione, operazione tutt’altro che facile da realizzare sul campo di gara.

Conclusioni

Le domande che attendono quindi una risposta a Spa sono molteplici, nonostante alcune caratteristiche peculiari dei due top team. Sicuramente la Mercedes avrà un vantaggio consistente nell’allungo dalla Source a Les Combes, con in mezzo la mitica Eau Rouge-Raidillon, dovuto alla consistenza della propria PU, così come da Stavelot alla nuova Bus Stop. Ci si può quindi ragionevolmente aspettare un primo e terzo settore vantaggioso per la Freccia d’Argento, pur con la necessità di non sottovalutare le due zone da trazione, l’uscita dalla prima e dall’ultima curva, che possono essere un punto di forza della Rossa. Queste considerazioni sono tutte da pesare poi sugli assetti delle vetture, visto che chi sceglie un setup più scarico, per privilegiare i tratti veloci, può sopperire alle mancanze di motore ma soffrire poi inesorabilmente nell’intermedio centrale, dove il carico aerodinamico è fondamentale. Proprio in considerazione di questo aspetto, si potrebbe pensare che in Mercedes potranno permettersi di lavorare con delle ali più scariche, grazie al maggior effetto del corpo vettura. Per quanto visto da inizio stagione il Belgio dovrebbe essere un appuntamento sfavorevole al Cavallino, proprio per le caratteristiche tecniche dei rivali, che potranno permettersi maggiori velocità di punta con downforce maggiore, sia per l’effetto dato dal corpo vettura che per la spinta della PU. Non è però da trascurare la presenza delle tre mescole più morbide della gamma fornibile da Pirelli, con il trittico US, SS, S, che potrebbe risultare un vantaggio notevole per la Ferrari, soprattutto da un punto di vista della gestione della gomma SS in gara. Si potrebbero verificare situazioni come quelle viste in Russia ed Austria, anche se le caratteristiche di Spa-Francorchamps e le temperature previste non sono le stesse dei due circuiti citati. A Maranello dovranno però fare attenzione a non lavorare con assetti troppo spinti su un tracciato molto esigente sulle coperture, come avvenuto a Silverstone, per evitare di sprecare numerosi punti che potrebbero rivelarsi fondamentali nella lotta al titolo. Da questo punto di vista sembra però che il fornitore italiano si sia voluto tutelare, imponendo pressioni di gonfiaggio abbastanza elevate per ridurre la possibilità di avere deformazioni eccessive in condizioni di funzionamento, in particolare nella zona di Eau Rouge, che sollecita doppiamente gli pneumatici, in compressione/estensione ed in sforzo laterale, generando le ormai famose e pericolosissime standing waves.

E’ certo che Spa fornirà delle ottime indicazioni per il resto del campionato, sia per la conformazione del circuito, sia perché si potrà valutare il lavoro svolto dai team nella pausa estiva. Gli orari sono quelli classici dei Gran Premi europei, l’attesa è alta per la ripresa della lotta più appassionante della F1 ibrida. Insomma i presupposti per un bel fine settimana ci sono tutti, buon GP del Belgio a tutti i Ringers!

 

High Voltage Bring: Hydro Quebec Montreal e-Prix

Lo scorso fine settimana si è conclusa la terza stagione del campionato mondiale FIA dedicato alle vetture elettriche, la Formula E (FE in breve). Questa competizione è sempre più seguita da un gran numero di appassionati, mentre da altri è sempre più criticata, a causa della natura elettrica della sua natura elettrica. High Voltage Bring vuole essere, se avrà un buon seguito, la rubrica del Blog del Ring dedicata alla FE, trattata non con la solita superficialità con cui viene affrontata sia su siti specializzati che negli eventi televisivi, ma con precisione, costanza e soprattutto interesse, perché chi scrive si è davvero appassionato a questa nuova categoria, in un crescendo dal primo e-Prix della prima stagione fino al finale emozionante di questo campionato.

Gli articoli della nuova sezione “Formula E” saranno, come per la F1, di diverse tipologie: lo scopo è non solo quello di raccontare le ultime novità della serie elettrica, ma anche di rivivere le passate edizioni del campionato; non mancheranno articoli più tecnici, sia sulle architetture dei power train che spingono queste monoposto, sia sulla tecnica di guida richiesta ai piloti per essere competitivi, anche in base al regolamento tecnico della categoria.

Prima di raccontare il doppio round conclusivo di questa bellissima stagione, conclusasi a Montreal, affrontiamo due degli argomenti più controversi della serie, il Fan Boost ed il cambio vettura in gara.

Fan Boost

Nell’ottica di coinvolgere attivamente lo spettatore, il regolamento sportivo della FE ha introdotto già dalla prima stagione una votazione online su diversi social network, allo scopo di concedere a tre piloti in griglia la possibilità di sfruttare un extra-boost di energia da poter utilizzare in gara per favorire i sorpassi (o la fuga/rimonta, in base alle necessità). Personalmente ritengo che questa sia una pessima scelta, che introduce nella competizione una componente da reality show che non dovrebbe assolutamente contaminare il motorsport. Analizziamola comunque con maggior specificità per poterne valutare l’impatto su una gara. Tralasciando le problematiche e le polemiche sul sistema di votazione che si sono susseguite nelle tre stagioni, questo controverso strumento consiste nella possibilità di avere un extra di 100 kJ di energia utilizzabile nella seconda parte di gara dai tre piloti vincitori della votazione. Questa energia aggiuntiva può essere sfruttata in due modalità:

  • 200 kW di potenza, con un guadagno di 30 kW sulla potenza standard utilizzabile per regolamento in gara, che si esaurisce in 3.3 secondi
  • 185 kW di potenza, +15 kW rispetto allo standard di gara per una durata di 6.6 secondi

La scelta sulla tipologia di utilizzo dell’energia aggiuntiva spetta al pilota, che gestisce il bonus con un manettino sul volante. Come si può vedere il vantaggio è tanto, soprattutto in un corpo a corpo, ma vista la relativa facilità di compimento dei sorpassi rispetto ad altre categorie a ruote scoperte, non è certo determinante. Inoltre nell’ottica della gara l’influenza di questo vantaggio è limitata, in quanto la sfida per i piloti è guidare in modo efficiente, cioè andare forte senza consumare troppo, ed è su questo aspetto che si gioca davvero la competizione e si vedono le differenze fra piloti e vetture diverse.

In conclusione, nonostante a mio parere non sia un elemento positivo per il motorsport, sicuramente altera la competizione molto meno di quanto non facciano per esempio le gomme Pirelli imprevedibili oppure l’utilizzo del DRS in F1.

Cambio macchina in gara

A causa della limitata capacità delle batterie, che non sono oggetto di competizione fra costruttori in queste prime stagioni, l’evento vede il cambio vettura durante la gara. L’operazione è similare al cambio moto nelle gare bagnate del motomondiale, ma con un tempo minimo da rispettare nell’ottica di garantire la sicurezza del pilota (corretto fissaggio delle cinture e degli attacchi del collare HANS). Nonostante la procedura sia ormai ampiamente collaudata, questa fase comporta tuttora degli stravolgimenti della classifica, anche a causa dei distacchi sempre contenuti fra le vetture. Dopo la sostituzione, che può essere effettuata in qualsiasi momento della gara, i piloti che ne hanno acquisito il diritto possono usare il fan boost.

Il cambio macchina, peculiarità della categoria, sarà abolito nella stagione 5 della serie, cioè nel 2018-2019.

Hydro Quebec Montreal e-Prix

Il campionato di FE si sviluppa su un arco temporale a cavallo fra due anni consecutivi, con inizio in autunno e fine in estate. La stagione 3 si è conclusa lo scorso fine settimana sul circuito cittadino realizzato a Montreal (che non ha niente in comune con il circuito di F1), con due e-Prix svoltisi il sabato e la domenica. Il programma di un evento si svolge in un’unica giornata, con due sessioni di prove libere, una di qualifica, divisa in quattro gruppi a eliminazione più il turno finale della Super Pole, infine la gara, della durata di circa 50’. Nel caso di doppio appuntamento il programma si ripete uguale a sé stesso in entrambe le giornate, anche se dalle prossime stagioni verrà eliminata una sessione di prove libere dalla seconda giornata, in caso di due e-Prix nello stesso week-end.

Per ogni evento si attribuiscono 3 punti all’autore della Super Pole, 1 punto a chi ottiene il giro veloce in gara, più i punti canonici adottati anche in F1 per l’ordine d’arrivo, per un totale di 29 punti massimi ottenibili in un e-Prix.

La stagione 3 è stata letteralmente dominata da Buemi su Renault e-Dams, fino al doppio appuntamento di New York, penultimo fine settimana di gare dell’anno. A causa della concomitanza con il mondiale endurance lo svizzero è stato costretto a saltare il doppio appuntamento statunitense, permettendo così al rivale Di Grassi di avvicinarsi pericolosamente in classifica generale, nonostante un doppio e-Prix di New York non troppo brillante, a -10 dal leader della classifica.

Alla vigilia di questo fine settimana la lotta per il titolo era quindi sostanzialmente riservata ai due piloti citati, con Rosenqvist e Bird tenuti in gioco solo dalla matematica, ma lontanissimi in classifica. Già nei giorni precedenti alla trasferta sono iniziate le schermaglie verbali fra i due contendenti, segno che, seppur tanto denigrato, il campionato è comunque una competizione mondiale e la vittoria è ambita.

Le previsioni della vigilia erano tutte a favore di Buemi, forte di una monoposto nettamente più efficiente delle altre (almeno nelle sue mani), capace di recuperare in modo eccellente energia durante la gara, anche se talvolta con qualche problemino legato alle temperature di esercizio delle batterie. D’altra parte Di Grassi aveva dalla sua la forza del pronostico avverso, poteva correre senza pressioni e mettere in mostra tutta la grinta che lo ha contraddistinto sempre in questi tre anni di FE.

Il primo colpo di scena si è verificato nella seconda sessione di prove libere, quando all’ultima chicane Buemi ha impattato violentemente le barriere frontalmente, con gravi danni alla sua Renault; il format del campionato non ammette errori, a causa dei tempi ristretti dell’evento. Il team è stato quindi costretto ad un duro lavoro di ricostruzione della monoposto, terminato appena in tempo per la gara, senza riuscire a completare l’assetto ideale. Anche la qualifica ha visto una brutta prestazione per il leader di classifica, costretto al 12° posto in griglia, mentre il rivale Di Grassi è riuscito a regolare Rosenqvist piazzando la sua Audi in Super Pole. Al termine della gara, davvero spettacolare e ravvivata dalla rimonta furiosa di Buemi, autore anche di una pessima partenza, Di Grassi ha festeggiato la vittoria, con lo svizzero quarto. A seguito delle verifiche tecniche sulle monoposto è arrivato però un altro colpo di scena: la Renault dello svizzero utilizzata nella seconda parte di gara, cioè quella assemblata a tempo record dopo l’incidente della mattinata, è risultata sotto peso di ben 4 kg. Ciò ha ovviamente comportato la squalifica del pilota, che ha perso così i 12 punti artigliati in gara. Alla vigilia dell’appuntamento domenicale, ultimo della stagione, Di Grassi si è presentato quindi in testa con 18 punti di vantaggio, la consapevolezza di avere una vettura competitiva e la possibilità di gestire l’intero appuntamento senza dover rischiare troppo, mentre Buemi era ancora intento a prendersela con diversi avversari, rei di difendere la propria posizione nel corso della sua rimonta.

La qualifica della gara finale ha visto nuovamente lo svizzero in crisi, 13°, con il nuovo leader di classifica generale in quinta posizione. Già dopo due giri Buemi è stato costretto a fermarsi ai box, per l’esposizione della bandiera nera con disco arancio, a causa di un leggero tamponamento subito alla prima curva. La gara ed il campionato erano quindi già virtualmente finiti, salvo SC che non sono arrivate. Di Grassi si è limitato a portare la macchina al traguardo in settima posizione, anche se non ne avrebbe avuto bisogno, mentre il pilota Renault concludeva un’altra rimonta (stavolta senza squalifica) in undicesima posizione.

Il titolo piloti è finito quindi per la prima volta in casa Audi nelle mani di Di Grassi, che si è aggiunto a Piquet jr e Buemi fra i piloti campioni di FE (tre diversi in tre stagioni), mentre il campionato costruttori è stato bissato dalla Renault, dopo il successo dello scorso anno.

In chiusura, un paio di link utili per tenersi aggiornati sulla serie elettrica:

Cari Ringers, commentate ed appassionatevi a questo campionato, che offre sempre belle battaglie e dà tanto risalto al valore dei piloti, oltre ad avere prospettive di crescita davvero stupefacenti. Ciao!

Analisi on board GP Spagna in vista di Monte Carlo

Lo sbarco in Europa del Circus vede i piloti e le vetture impegnati in successione su due circuiti dalle caratteristiche diametralmente opposte, la pista permanente del Montmelò ed il cittadino di Monte Carlo.

Il primo, su cui si è corso lo scorso week end, è dotato di un asfalto molto abrasivo, con elevata macro rugosità; offre da diversi anni un ottimo banco prova per gli pneumatici ma anche per le monoposto, infatti è costituito da tre settori molto diversi fra loro ed allo stesso tempo complementari: nel primo si esalta la penetrazione aerodinamica ma anche la downforce, nel secondo è fondamentale avere tanto carico ma anche un ottimo bilanciamento complessivo per non soffrire nei cambi di direzione, nel terzo è necessario avere tanta aderenza alle basse velocità ed una erogazione della coppia gestibile al meglio dal pilota.

Il secondo circuito, su cui fra cinque giorni i piloti saranno già impegnati per il primo turno di prove libere, offre un asfalto ad elevata frequenza di sollecitazione per gli pneumatici (bassissima rugosità), per cui le mescole da utilizzare saranno quelle a low working range (SS ed US). L’effetto della frequenza è opposto rispetto a quello della temperatura: all’aumentare della rugosità lo pneumatico subisce la stessa azione derivante da basse temperature di esercizio. È chiaro quindi che, a parità di condizioni atmosferiche, in un circuito cittadino “liscio” come quello del Principato sarà necessario utilizzare mescole che funzionino bene alle basse temperature, cioè caratterizzate da un low working range. Se a ciò si aggiunge la totale assenza di curvoni in appoggio, peculiari del Montmelò, diventa ancora più chiaro come i due tracciati siano totalmente agli antipodi.

In figura si vede l’andamento del modulo di Young del pneumatico al variare della temperatura (a sinistra) e della frequenza (a destra), che evidenzia l’effetto opposto sul comportamento della mescola dato dai due fattori.

Pneumatici T vs f

La lunga serie di prove invernali a Barcellona, prima del debutto stagionale a Melbourne, aveva decretato un vantaggio leggero della Scuderia di Maranello, soprattutto in fase di gestione delle gomme posteriori, evidenziata dalle difficoltà incontrate da Hamilton e Bottas in trazione nel terzo settore. Questo gap si era palesato ancora di più in gara a Melbourne e Sochi, con Vettel capace di stint molto più lunghi del duo di Brackley, su tempi davvero di ottimo livello.

Appurato che i problemi di sottosterzo (presunti da alcuni osservatori) non hanno afflitto la Rossa nella prima parte di campionato, il GP di Spagna è stato un appuntamento alquanto atteso da appassionati ed addetti ai lavori, in quanto teatro di corposi aggiornamenti da parte di tutti i team. In particolare si temeva un forte sviluppo in casa Mercedes e Red Bull, che potesse sovvertire le gerarchie e lasciare al palo Maranello, come spesso accaduto nelle ultime stagioni. In effetti i progressi, soprattutto della Freccia d’Argento, sono stati evidenti, anche grazie al piano tecnico Ferrari per il 2017, che prevede l’introduzione di continue evoluzioni senza rivoluzionare la vettura da una gara all’altra.

Nell’analisi del confronto on board fra i best lap Ferrari e Mercedes nei test di Barcellona (http://nordschleife1976.com/comparazione-degli-on-board-mercedes-ferrari-nei-test-del-montmelo/) si erano evidenziati i punti di forza della Rossa. Fortunatamente il compare può essere fatto in modo molto più veritiero in seguito al fine settimana del GP, valutando l’on board dei giri di qualifica di Hamilton e Vettel.

 

Osservando la grafica che mostra il gap fra le due vetture in tempo reale si evince che la Ferrari ha un assetto più scarico, tanto da guadagnare già a fine rettilineo di partenza. Questa caratteristica non impedisce a Vettel di mantenere il distacco invariato fino alla fine del primo settore, dove si possono vedere alcune caratteristiche già evidenziate nei test, in particolare in uscita da curva 2: il tedesco esce leggermente più largo, con tanta velocità nel cambio di direzione fra la 1 e la 2, che non gli impedisce comunque di accelerare bene ed affrontare in pieno curva 3. Il vantaggio a fine primo settore è quindi già cospicuo, grazie anche ad una leggera incertezza di Hamilton all’ingresso di curva 1, nella quale manca leggermente il punto di corda. Nell’immagine in alto si vede il confronto dei test Bottas-Raikkonen, in quella inferiore il confronto Hamilton-Vettel.
BOT curva 2 exitRAI curva 2 exit

Ham-Vet curva 2

Curva 4 non mostra un gap fra le due vetture; la traiettoria è completamente diversa, tanto che Hamilton riesce a guadagnare nella prima parte (frenata ed ingresso) portando tanta velocità all’interno della curva, ma perde tutto il margine in uscita, cosicché il margine nel complesso rimane invariato. Anche in questo tratto si vede che il comportamento delle due vetture ricalca esattamente quello mostrato nei test, con Bottas che teneva una linea del tutto simile a quella di Hamilton e Raikkonen a quella di Vettel. La differenza di traiettoria si può ben vedere nel video successivo, che analizza tutto il giro in virtuale, mostrando visivamente le traiettorie ed il distacco sulla pista.

Ham-Vet curva 4

Da curva 4 in poi il vantaggio di Vettel aumenta sensibilmente, fino ad arrivare al terzo settore. In effetti il T2 del tedesco è praticamente perfetto, impressionante è la guida in curva 5 ed in curva 9, due tratti in cui, almeno in teoria, non si dovrebbe fare troppo la differenza, almeno dal confronto con il comportamento nei test.

Analizziamo quindi queste due pieghe, la prima abbastanza lenta, in discesa, verso sinistra, l’altra velocissima, con un picco impressionante di 5G laterali, in salita verso destra.

Curva 5: qui Vettel si “inventa” una traiettoria molto più efficace, con punto di corda ritardato, che gli permette un’ottima uscita e quindi un incremento notevole del vantaggio su Hamilton. Il confronto con Raikkonen e Bottas non è significativo qui, perché nel giro veloce dei test il finlandese della Ferrari aveva commesso un errore in ingresso, bloccando l’anteriore sinistra in fase di trail braking, che aveva pregiudicato l’ingresso in curva.

RAI curva 5

Ham-Vet curva 5

Curva 9: anche qui il vantaggio aumenta sensibilmente, come si può notare da entrambi i video di comparazione. La differenza è data anche in questo caso da una diversa traiettoria seguita dai due piloti. Il punto di corda di Vettel è nettamente ritardato rispetto a quello di Hamilton; il tedesco riesce a sfruttare meglio la pista in uscita, sfrutta il cordolo solo in fase di fine sterzata, mentre Hamilton termina l’azione sul volante prima del cordolo, cioè con una linea più larga in uscita, segno di una peggior interpretazione della curva, visto anche il maggior carico aerodinamico a sua disposizione.

Ham-Vet curva 9 ingresso Ham-Vet curva 9 uscita

Alla fine del secondo settore il vantaggio di Vettel è impressionante, raggiunge quasi il mezzo secondo.

Ham-Vet fine secondo settore Ham-Vet fine secondo settore grafica

Da qui in avanti si verifica il prodigioso recupero di Hamilton. Se Vettel infatti era stato perfetto nei primi due settori, mentre Hamilton non aveva certo sfruttato al massimo le potenzialità della W08 Hybrid, nell’ultimo tratto della pista l’inglese è impeccabile, la Mercedes è estremamente competitiva, e Vettel commette un errore in ingresso dell’ultima chicane; poi la maggior spinta del motore tedesco alle basse velocità, in cui il drag non influenza la prestazione, completa il sorpasso, permettendo ad Hamilton di agguantare la pole position.

Nei test si era notato che la trazione era un problema nel terzo settore per la Mercedes, mentre la percorrenza era sicuramente un punto di forza, tanto che l’interpretazione delle curve da parte dei piloti dei due team era opposta. In particolare era chiaro che, nonostante Raikkonen affrontasse curva 10 e 12 con una traiettoria teoricamente penalizzante per l’uscita, il comportamento della Ferrari al momento di aprire il gas fosse davvero ottimo, mentre Bottas per ottenere una prestazione paragonabile doveva seguire una linea molto più larga a centro curva, sfruttando l’ottimo comportamento della W08 Hybrid in percorrenza. Dal confronto del terzo settore fra Hamilton e Vettel sembra che la situazione si sia modificata rispetto ad inizio marzo.

È necessario tenere in considerazione qualche fattore che può aver determinato tale cambiamento, al netto degli sviluppi che hanno sicuramente risolto buona parte dei problemi della Freccia d’Argento:

  • le condizioni ambientali sono molto diverse rispetto a quelle di inizio marzo, quindi, soprattutto nei tratti della pista in cui il grip della gomma è soprattutto adesivo (chimico), una variazione importante di temperatura può avere elevata influenza sull’interazione vettura-gomme-asfalto
  • Ferrari in qualifica aveva sicuramente un assetto più scarico, che certamente si fa sentire anche alle basse velocità
  • Il comportamento di Hamilton nella prima parte del giro può essere stato più conservativo sulle gomme, specialmente le posteriori, per evitare overheating nel terzo settore, mentre è probabile che Vettel sia arrivato un po’ impiccato con gli pneumatici nell’ultimo tratto della pista

Curva 10: qui Vettel commette un leggero errore, molto simile a quello di Raikkonen nei test, perdendo per una frazione di secondo l’asse posteriore in ingresso curva. Sicuramente questo inconveniente lo costringe ad allargare a centro curva un po’ più di quanto viene fatto normalmente in quel tornantino, con una conseguente perdita di tempo.

Ham-Vet curva 10

Nel tratto successivo, però, il vantaggio della Mercedes è netto, con Hamilton che riesce a mantenere una traiettoria molto stretta in curva 12 senza avere difficoltà in uscita -comportamento opposto rispetto a quello dei test- ed una linea altrettanto stretta in curva 13, per la verità già evidenziata a marzo, che lo portano all’ingresso dell’ultima chicane ad avere un ritardo ridotto da 4 decimi a meno di 1 decimo in 3 curve.

Ham-Vet curva 12

Ham-Vet curva 13

Vet curva 14 ingresso

Analizzato il giro di qualifica, c’è da dire che in gara la Ferrari ha mantenuto un vantaggio sul passo non trascurabile, infatti in una ipotetica gara pulita, senza VSC e senza l’ostruzione di Bottas, sarebbe stato oggettivamente difficile per Hamilton agguantare Vettel, nonostante uno stint molto lungo del tedesco sulla gomma che garantiva nel complesso minor prestazione nei long run, nonostante la minor usura della mescola M. Il fattore che ha permesso a Brackley di portare a casa la vittoria, esclusi gli elementi di disturbo allo svolgimento pulito della gara del ferrarista, è stato infatti la scelta di percorrere un run molto breve con quella che si è rivelata non essere la gomma da gara, nettamente superata in prestazione dal compound soft.

Come detto, fra cinque giorni il Circus sarà già impegnato nella prima giornata di prove libere a Monte Carlo. C’è già chi si aspetta un dominio incontrastato della Mercedes fra le stradine del Principato, vista appunto la superiorità mostrata nel terzo settore del Circuit de Catalunya. A ben vedere, però, a Monaco le caratteristiche sono più simili al terzo settore di Sochi, con curve lente, di trazione, ed asfalto molto liscio. Sicuramente c’è da tenere conto del progresso mostrato dalla Freccia d’Argento, che avrà senza dubbio riscontro anche nel prossimo fine settimana; allo stesso tempo però la prestazione di assoluto livello mostrata dalla Ferrari nel tratto finale in Russia sarà un ottimo punto di partenza per la vettura di Maranello. Si rischia quindi di avere una lotta molto tirata già dal giovedì mattina, con un q3 assolutamente combattuto, come visto sia a Sochi che a Barcellona.

A questo proposito, si rincorrono voci secondo le quali il passo lungo Mercedes dovrebbe essere penalizzante nel prossimo fine settimana, consegnando di fatto su un piatto d’argento una scontata doppietta ai ferraristi. Il passo di un veicolo è legato in primis alla cinematica, cioè alla capacità di percorrere curve con raggi più o meno ampi a velocità tendente a zero con un determinato angolo di sterzo costante. Per semplificare, una curva di un certo raggio, molto piccolo, sarà percorsa a bassissima velocità da una city car con un angolo di sterzo certamente meno ampio rispetto a quello necessario ad un autobus. Oppure, a bassa velocità e pari angolo di sterzo, un veicolo con passo corto percorre un arco di circonferenza con raggio minore rispetto a quello di una vettura con interasse elevato. In secondo luogo, un veicolo con passo lungo subisce in minor modo l’effetto dei trasferimenti di carico longitudinali, che crescono al crescere dell’altezza del baricentro e decrescono con l’aumento dell’interasse. Il fattore cinematica non è quindi importante, anche perché ogni team progetta il sistema di sterzo in base alle proprie esigenze, anche in considerazione della percentuale di anti Ackermann desiderata. I trasferimenti di carico, se ridotti, permettono ad un veicolo di avere maggior reattività, perché lo sbilanciamento dei carichi sui due assali in fase di transitorio si riduce, permettendo agli pneumatici di non subire sollecitazioni eccessive che potrebbero portare al sotto/sovrasterzo. Lo svantaggio sta nella minor sensibilità di guida del pilota, perché una macchina che si muove meno fornisce minori sensazioni e viene “capita” con maggior difficoltà dal conduttore. Per quanto riguarda la dinamica laterale, se l’interasse è maggiore allora sicuramente il veicolo subisce più marcatamente le perturbazioni laterali sui due assi, trasmettendole al centro di massa con un momento di sotto/sovrasterzo più elevato, ma questo vale su qualsiasi tipo di circuito. In definitiva, quindi, il passo vettura in sé non fornisce necessariamente un vantaggio o uno svantaggio in base ai tracciati (a Barcellona e Shanghai secondo quest’idea la Mercedes avrebbe dovuto doppiare tutti), ma è sempre necessario considerare tutte le caratteristiche del veicolo nel suo insieme, che si influenzano vicendevolmente in ogni istante della marcia del veicolo.

Come detto, è molto probabile che anche a Monte Carlo le prestazioni saranno molto simili fra i due top team, con la speranza che anche Red Bull possa essere della partita, magari favorita dalla poca importanza della PU, anche se non è assolutamente questo l’unico problema di Ricciardo e Verstappen.

Buon proseguimento di campionato!

Comparazione degli on board Mercedes-Ferrari nei test del Montmelò

 

Ciao Ringers! Ormai se ne è parlato tanto, per tanti forse troppo, ma l’argomento suscita sempre interesse in questi ultimi giorni d’attesa prima dell’avvio del mondiale all’Albert Park. Vi voglio allora riproporre il famigerato confronto fra il giro veloce di Raikkonen e quello di Bottas nella seconda sessione di test di Barcellona.

Iniziamo con qualche considerazione generale, per poi cercare di capire le differenze di comportamento fra Mercedes e Ferrari nei tratti del circuito, almeno nei due on board che abbiamo a disposizione:

  • Innanzitutto, sembra abbastanza evidente il diverso lavoro svolto dai due piloti nel giro veloce che stiamo paragonando; Bottas sta “tirando” meno di Raikkonen, segue linee pulitissime, ma è chiaro che non stia cercando il limite della propria Mercedes.
  • Il tempo sul giro del pilota Ferrari è un ottimo riscontro, considerando anche che si tratta comunque di una sessione di test, con vetture nuove e poco sviluppate; le previsioni Pirelli parlavano (prima dei test) di un tempo sul giro per la pole position del GP di Spagna che sarebbe dovuto essere sull’1.17 basso, cioè circa 1.5 secondi inferiore rispetto al crono ottenuto da Raikkonen. Visto che le simulazioni delle prestazioni delle nuove monoposto si sono rivelate almeno di un secondo più alte rispetto ai riscontri dei test, si può pensare che a maggio si arriverà ad avere il poleman con un tempo che quantomeno scenderà sotto il muro dell’1.17. È possibile prevedere che, nonostante lo sviluppo, da qui alla stagione europea le nuove vetture non abbiano un progresso di circa 2 secondi; si può concludere che anche il pilota Ferrari non ha spinto al massimo, come invece sostengono i molti scettici sulle prestazioni del team di Maranello.
  • A conclusione di questa premessa, peraltro confermata dal comportamento di Vettel il giorno precedente nella sua simulazione di qualifica, si può affermare che entrambi i fastest lap non sono stati ottenuti spingendo al massimo, per cui i tempi di entrambi i team sarebbero potuti essere decisamente più bassi.

Passiamo quindi a cercare di analizzare, curva per curva, le differenze di comportamento fra Mercedes e Ferrari.

Curva 1-2: Raikkonen stacca leggermente più tardi rispetto a Bottas, si nota che il punto di frenata del primo è leggermente successivo al cartello dei 100 m, mentre per il secondo è poco precedente. Ciò conferma che il pilota Ferrari sta spingendo di più. La traiettoria seguita è praticamente la stessa, soprattutto nel cambio di direzione fra curva 1 e curva 2, i cordoli interni vengono toccati da entrambi i piloti, fatto che sembrerebbe scongiurare i presunti problemi di sottosterzo della Rossa. Si nota che Raikkonen in curva 2 arriva alla corda più tardi, così da portare più velocità a centro curva e far scorrere meglio la vettura nel transitorio. In uscita la distanza dal limite esterno della pista è la stessa, nonostante sia evidente il comportamento più aggressivo di Raikkonen.

BOT curva 1RAI curva 1

BOT curva 2RAI curva 2

BOT curva 2 exitRAI curva 2 exit

Curva 3: uno dei tratti maggiormente rappresentativi delle modifiche al regolamento tecnico di quest’anno; entrambi i piloti la percorrono in pieno, senza correzioni, con facilità. Secondo alcuni, la differenza di linee tenuta evidenzierebbe un certo sottosterzo patito dalla Ferrari, in quanto, come si può notare, Bottas passa più vicino al cordolo interno rispetto a Raikkonen. Si può però notare, in uscita di curva, che la linea della Rossa sia più interna rispetto a quella seguita dal pilota Mercedes, situazione che permette di percorrere complessivamente meno strada lungo tutto la veloce piega a destra. Come si vede dal confronto fotografico, il vantaggio in termini di metri si amplifica a fine traiettoria, rispetto a quello che il pilota Ferrari aveva già all’uscita di curva 2 (riferimento tappetino sintetico all’esterno).

BOT-RAI curva 3

BOT-RAI curva 3 exit

Curva 4: qui il team anglo-tedesco lo scorso anno era chiaramente superiore rispetto a tutti gli altri. Linea stretta, retrotreno stabile e tanta trazione in uscita permettevano un enorme guadagno, notabile da bordo pista in modo netto. Nel video di compare si nota che anche stavolta, a dimostrazione del giro più spinto, Raikkonen stacca più tardi; entrambi arrivano alla corda in modo molto simile, sia da un punto di vista della traiettoria seguita, che della distanza dal cordolo interno. Si nota bene la violenza con cui il pilota Ferrari entra in curva, supportato bene dalla vettura, senza correzioni, a dimostrazione che la Rossa è ottimamente bilanciata (quando questo giro è stato realizzato ero proprio all’esterno di curva 4, c’è da dire che l’on board non rende giustizia alla spettacolarità della manovra). Dal punto di corda in avanti Raikkonen allarga maggiormente la linea rispetto a Bottas, fino a sfruttare il cordolo esterno, senza dover mai fare manovre correttive sul volante. Questa scelta evidenzia per qualcuno una certa difficoltà nel tenere in pista la monoposto, ma si può anche ritenere che ciò sia dovuto al maggior impegno della vettura nel giro veloce del ferrarista.

BOT curva 4RAI curva 4

BOT curva 4 exitRAI curva 4 exit

Curva 5: qui il confronto è falsato dal leggero errore di Raikkonen in frenata, come si vede osservando il cerchio giallo nella foto, che evidenzia un leggero bloccaggio dell’anteriore sinistra all’inizio dell’inserimento in curva, quando il trasferimento di carico laterale alleggerisce la ruota interna.

RAI curva 5

Curva 6: non è una vera e propria piega, non comporta impegno per i piloti e le vetture.

Curva 7-8: in questo tratto la linea seguita dai due piloti è quasi sovrapponibile, si nota anche in questo caso che Raikkonen sta aggredendo maggiormente la pista, ma riesce a tenere una traiettoria leggermente più stretta alla corda di curva 7, che si riflette sull’uscita e quindi sull’apice di curva 8, più interno per il ferrarista rispetto a Bottas; ciò permette di accelerare con lo sterzo più dritto e quindi avere sicuramente maggior spinta dall’assale posteriore.

BOT curva 7RAI curva 7

BOT curva 8RAI curva 8

Curva 9: il comportamento di entrambe le vetture è praticamente perfetto, la salita viene percorsa in pieno da entrambi, con pressoché la stessa traiettoria. Si notano solo due differenze:

  1. Bottas trova la corda leggermente più tardi, inserisce cioè in modo meno aggressivo la vettura in curva. Ciò fa riflettere sulle dichiarazioni di Raikkonen, che afferma di poter mettere la macchina dove vuole.
  2. Si nota che a centro curva il pilota Ferrari inserisce una marcia in più, senza avere destabilizzazione della monoposto. L’upshift potrebbe indicare una maggior velocità di percorrenza, ipotizzando che i rapporti del cambio siano all’incirca gli stessi, essendo fissi per tutto l’anno ed essendo le due PU sullo stesso livello potenza, almeno da previsioni e voci del paddock. Semplicemente potrebbe essere una ulteriore conferma del fatto che il giro di Raikkonen sia stato più tirato rispetto a quello del pilota Mercedes.

BOT curva 9RAI curva 9

BOT curva 9 marciaRAI curva 9 marcia

BOT curva 9 exitRAI curva 9 exit

Curva 10: qui il comportamento della Mercedes sembra decisamente più pulito. Raikkonen ha un leggero sovrasterzo in frenata, secondo errorino per lui nel giro veloce, e quindi è costretto ad allargare la traiettoria, mancando il punto di corda. Si nota che la linea tenuta dal pilota Ferrari sarebbe comunque lievemente più larga, per impostazione, rispetto a Bottas. Il ferrarista cioè non cerca il cordolo interno, indipendentemente dall’errore in frenata, mentre il pilota Mercedes lo prende ampiamente con la anteriore sinistra. Nonostante la diversità di traiettoria si nota comunque che Raikkonen riesce ad aprire gas con lo sterzo già girato verso sinistra, puntando l’ingresso di curva 11, mentre Bottas, che percorre una linea più tradizionale (ingresso largo-corda-uscita larga), è costretto addirittura ad un quasi impercettibile controsterzo in accelerazione, nonostante lo sterzo sia praticamente dritto. Fra l’altro, come avevo riportato nel precedente articolo, Mercedes aveva mostrato per tutta la sessione delle incertezze in uscita da curva 10, sia con Hamilton che con Bottas, soprattutto al cospetto di una Ferrari praticamente perfetta.

 

BOT curva 10RAI curva 10 sovra

BOT curva 10 exitRAI curva 10 exit

Curva 11-12: questo è il tratto maggiormente discusso. Per molti è l’indice del notevole sottosterzo della monoposto di Maranello e della perfezione del progetto anglo-tedesco. Cerchiamo di capire cosa succede in questa sequenza: in modo molto pulito Raikkonen attacca il cordolo interno di curva 11, le sospensioni assorbono in modo magistrale le vibrazioni ed il cambio di direzione avviene senza correzioni. Bottas prova a seguire la stessa linea, ma come si nota dal filmato, deve correggere in controsterzo il sollevamento della posteriore sinistra, che comporta ovviamente uno sbilancio dell’assale e di conseguenza la tendenza della vettura a puntare l’interno della curva (sovrasterzo). L’errore non sembra influenzare troppo la traiettoria, che comunque fra i due piloti è figlia di due approcci diversi. Complessivamente il ferrarista si mantiene più largo lungo tutta la percorrenza della lunga piega a destra, caratteristica peculiare della Rossa rispetto alla Mercedes, ma riesce ad aprire più violentemente, con lo sterzo più diritto, mentre l’uscita sul cordolo esterno è pressoché identica per entrambi i piloti. In ingresso Raikkonen arriva bene al limite interno della pista, mentre Bottas si tiene più lontano, per avere anche qui una linea più tradizionale, con punto di corda abbastanza ritardato, mentre l’apice per il ferrarista è nel primo tratto della curva. Ne consegue un apparente sottosterzo per la Ferrari nella zona in cui invece la Mercedes sta chiudendo la traiettoria per cercare l’apice, ma a ben vedere nel primo tratto della 12 avviene proprio il contrario, con il finlandese di Maranello che si avvicina senza problemi all’interno, mentre la Freccia d’Argento rimane più larga, con lo stesso “problema” che ha la Rossa nella fase finale della curva.

BOT curva 12RAI curva 12

BOT curva 12 exitRAI curva 12 exit

BOT curva 12 kerbRAI curva 12 kerb

Curva 13: in questa discesa a destra si vede la maggior differenza di traiettorie fra le due monoposto, segno principalmente dell’approccio più aggressivo di Raikkonen. La Ferrari sfrutta maggiormente la pista in uscita, ma è comunque rapida nel cambio di direzione, nonostante la maggior velocità di ingresso e percorrenza della curva. La Mercedes sembra effettivamente più facile da tenere verso il centro della carreggiata in uscita, ma la maggior tranquillità con cui Bottas ha affrontato il giro potrebbe essere uno dei motivi di tale differenza. Si può notare anche qui una leggera correzione del pilota Ferrari in ingresso, che sicuramente lo porta ad allargare un po’ la traiettoria, per cui la linea meno stretta a fine curva può essere spiegata anche in questo modo. Complessivamente quindi il comportamento delle due monoposto è assimilabile in questo tratto, con ottima prestazione di entrambe le vetture.

BOT curva 13RAI curva 13

BOT curva 13 exitRAI curva 13 exit

BOT curva 13-14RAI curva 13-14

Curva 14-15: anche in questa chicane la prestazione delle due monoposto è praticamente identica, ottime entrambe nel passaggio sui cordoli, leggermente più largo Raikkonen in uscita, ma Bottas deve controllare un leggero sovrasterzo di potenza al momento di chiedere coppia al motore. Sicuramente le differenze che si vedevano nel 2016, in questo tratto davvero critico per la Ferrari, sono scomparse.

BOT curva 14RAI curva 14

BOT curva 15RAI curva 15

BOT curva 15 exitRAI curva 15 exit

Curva 16: nell’ultima piega a destra del circuito, che immette nel rettilineo dei box, non c’è davvero nulla da segnalare, tranne la grande facilità con cui entrambi i piloti percorrono il tratto scaricando la coppia delle PU in modalità full throttle. Sembrano davvero lontani i tempi in cui a Maranello la trazione era un grosso problema, tanto da impedire proprio a Raikkonen, in uscita di curva 15 e percorrenza di curva 16, di stare vicino a Verstappen per tentare il sorpasso in fondo al rettilineo.

È necessario infine fare un altro paio di considerazioni: innanzitutto, i due giri sono stati realizzati in due giorni differenti di prove, Raikkonen ha ottenuto il suo crono nell’ultimo giorno di test, in tarda mattinata, mentre Bottas ha fatto segnare il proprio miglior tempo nel sesto giorno, con condizioni climatiche differenti e setup sicuramente non tanto ottimizzato quanto quello della Ferrari al momento della prestazione di riferimento. Inoltre non sappiamo con certezza i quantitativi di carburante a bordo delle vetture, né le mappature utilizzate dai due team. Sicuramente il divario cronometrico non è quello evidenziato nel confronto fra questi due giri, ma è altrettanto vero che, come Mercedes, anche Ferrari non era sicuramente al massimo della propria prestazione, come dimostrano i tempi ottenuti da Vettel alzando ampiamente il piede nell’ultimo tratto della pista.

Quello che sembra complessivamente di osservare dalla comparazione è una Mercedes molto stabile, facile da mandare alla corda e mantenere stretta in uscita, con comunque qualche pecca in fase di trazione e nel passaggio sui cordoli. La guida più arrembante di Raikkonen ha permesso di vedere che comunque, anche in condizioni simili a quelle limite, la monoposto di Maranello è un’ottima vettura, stabile, precisa, veloce e facile da portare al limite. Resta un interrogativo: è altrettanto performante e facile da guidare la Freccia d’Argento se portata vicino al limite, come è stato per la SF70-H?

Infine, un’ultima considerazione. Si è fatto un gran parlare di angoli di sterzo e presunti sottosterzi correlati ad essi. Un maggior angolo non è necessariamente indice di sottosterzo; innanzitutto dipende dal rapporto di sterzo, che peraltro storicamente in Ferrari è minore che negli altri team, cioè a pari sterzata della ruota il pilota deve fornire un maggiore angolo al volante. Inoltre, a pari comportamento degli pneumatici (garantito dal fornitore unico), le geometrie di sterzo sono progettate in modo da avere sterzata cinematica a una certa velocità (solitamente elevata) e ad un certo raggio di curvatura. Anche supponendo che Mercedes e Ferrari abbiano scelto lo stesso valore di riferimento al quale avere comportamento cinematico della vettura in curva, le differenze di passo comportano diversi angoli di sterzo da fornire nelle medesime condizioni di moto.

In conclusione, resto fiducioso riguardo le mie impressioni sui test e continuo a confidare in un campionato combattuto, più avvincente rispetto a quello che è andato in scena nel 2016; la speranza è di non scoprire a Melbourne che Mercedes, come sostengono in molti, ha giocato pesantemente a nascondino negli otto giorni catalani.

 

 

 

 

 

Due giorni al Montmelò, due settimane a Melbourne

Ciao Ringers! Scritto per metà in un bilocale appena fuori Barcellona (tanto per dare la prova che in Spagna c’ero davvero) arriva l’attesissimo (?!) resoconto di questa seconda sessione di test al Montmelò, con lo sguardo già puntato verso il fine settimana di Melbourne, che aprirà il campionato.

Questo report segna il mio debutto sul Bring nel 2017, ma soprattutto coincide con l’anniversario del mio primo intervento su questo magnifico blog. Ci tengo quindi a ringraziare tutti voi per avermi accolto e per contribuire a rendere questo luogo virtuale una vera oasi felice per appassionati di sport motoristici.

Innanzitutto un paio di premesse: come scrissi lo scorso anno, non sono un addetto ai lavori, né ho alcuna qualifica che conferisca autorità a ciò che sto scrivendo; per cui mettetevi l’anima in pace, quello che leggerete in questo articolo ha un margine d’errore del 100%, per la verità con la ‘v’ maiuscola i luoghi (ed i personaggi) da frequentare sono altri. Chiedo solo pietà per la marea di stronzate che ho scritto. Inoltre quest’anno ho potuto assistere a sole due giornate di test (giovedì e venerdì), situazione che non mi ha certo aiutato nell’arduo tentativo di capire qualcosa sui rapporti di forza fra le scuderie che saranno protagoniste di questa stagione.

Entriamo in pista: le nuove vetture sono fantastiche, sia esteticamente che a livello prestazionale. La differenza con gli anni passati è evidente, l’aspetto è davvero aggressivo, si ha l’idea di essere davanti a delle macchine da corsa inarrivabili e difficilmente domabili. Le velocità in curva sono estreme, si riesce a cogliere con facilità il solco che è stato tracciato con le passate stagioni, già al primo approccio visivo. Le nuove PU sono altrettanto stupefacenti, il suono migliora anno dopo anno, anche se ovviamente siamo lontanissimi dai V10 e ancora lontani dai V8; la coppia elevata fornisce un’ottima accelerazione che colpisce a tal punto da far quasi dimenticare la mancanza di certe frequenze sonore.

Prima di descrivere il comportamento delle vetture lungo le pieghe del Montmelò, credo sia doverosa una breve analisi motoristica, che permette di inquadrare meglio le prestazioni fornite dai team:

  • PU Mercedes: è ancora il punto di riferimento, garantisce certamente elevati valori di coppia e potenza, congiunte ad una erogazione davvero dolce, che permette di gestire la trazione nel modo più redditizio per i tempi sul giro. Ha il suono più “pieno”, più simile ad un aspirato, come del resto negli scorsi anni.
  • PU Ferrari: probabilmente la versione 2017 non è lontana da quella Mercedes, anzi sembra che i livelli prestazionali siano in linea con quelli tedeschi, anche se ancora si sente, talvolta, il borbottio tipico dei turbo di questa generazione. L’idea che mi sono fatto è che il Mercedes riesca a girare un po’ più alto ai bassi regimi, per cui la differenza fra i due propulsori è ancora lievemente a vantaggio di quello di Stoccarda.
  • PU Renault: rispetto allo stesso periodo del 2016 il salto è notevole, apprezzabile soprattutto nel suono del motore, specialmente sponda Toro Rosso. La sensazione visiva è però che ancora manchino diversi CV per arrivare alle prestazioni dei due costruttori di riferimento. La coppia in uscita dalle curve lente sembra non essere mai abbastanza, tanto da dare a volte l’impressione che i piloti non stiano spingendo al massimo.
  • PU Honda: tralasciando l’affidabilità, le sensazioni sono le stesse della PU Renault, ma con la mancanza di potenza e coppia ancora più accentuata, con l’aggravante che l’erogazione non è nemmeno facile da gestire. Onestamente sorgono grossi dubbi sulla possibilità di concludere la gara a Melbourne. Il suono è migliorato, si sente molto meno il borbottio in rilascio, troppo evidente l’anno scorso, ma tuttora non trascurabile. E’ attualmente l’unica PU del lotto della quale si riesce ancora a sentire chiaramente il fischio della wastegate in fase di frenata, cosa che ormai non è più possibile nemmeno sui Renault.

Come lo scorso anno, ripercorriamo un giro di pista virtuale, cercando di individuare punti di forza e di debolezza delle monoposto del circus.

circuito_montmelò

Curva 1-2: si arriva dal lungo rettilineo dei box, la frenata è molto breve, perché la velocità di ingresso è elevata. Con le vetture di quest’anno si stacca quasi alla fine della linea della corsia dei box, non più di 70 metri dalla curva. E’ fondamentale inserire bene l’anteriore nella prima piega a destra, per poter avere un ottimo cambio di direzione che permetta di non uscire troppo larghi da curva 2, in modo da aprire completamente il gas in salita verso la lunga curva 3 destrorsa. In generale è davvero impressionante il comportamento di queste nuove monoposto, ma chi stupisce per accuratezza e precisione (intesa come ripetibilità) delle traiettorie, è sicuramente la Ferrari. Giovedì Vettel ha percorso più di 150 giri, mettendo sempre le ruote negli stessi punti. In queste due curve l’ingresso era ottimo, pulito, senza segni di sottosterzo, né tantomeno avvisaglie di sovrasterzi a centro curva nel cambio di direzione con il trasferimento di carico. In uscita i piloti della Scuderia non erano sicuramente i più vicini al centro della pista, traiettoria che avvantaggia l’ingresso in curva 3, ma la linea percorsa era sempre la stessa, costante con qualsiasi mescola e con qualsiasi carico di benzina, anche con gomma usurata in simulazione gara. Insieme alla Mercedes la Ferrari è inoltre sembrata la migliore nell’assorbire le sollecitazioni provenienti dal cordolo interno di curva 2, che è necessario pizzicare per non finire troppo larghi in uscita. Mercedes ha mostrato sicuramente un ottimo comportamento, ma in generale ha difettato di costanza nella prestazione, evenienza che si è verificata lungo tutta la pista. Red Bull è sicuramente al livello di Ferrari e MB in questa prima sezione, ma ha mostrato segni di sofferenza in uscita di curva 2 in simulazione gara, al progredire del degrado degli pneumatici. La linea seguita da Ricciardo ad inizio stint era più interna di quella di Vettel, per preparare al meglio curva 3, ma poi con il passare dei giri si è andata a spostare sempre più verso l’esterno, arrivando anche a sfiorare il tappeto sintetico a lato del tracciato. In generale il comportamento della vettura è prevedibile, con tanta stabilità e facilità di guida, almeno finché non subentra il degrado prestazionale delle gomme. In questa prima sequenza è sembrata in palla anche la Williams, che però soffre un po’ a livello sospensivo, problema evidenziato dal passaggio sul cordolo interno di curva 2, dove l’anteriore salta eccessivamente e porta i piloti su una linea troppo esterna, oltre a provocare fastidiosi sovrasterzi generati dal maggior angolo volante richiesto per rimanere in traiettoria. Toro Rosso è un’altra vettura che si comporta davvero bene nelle sequenze più veloci, curva 1-2 compresa. L’ingresso ed il cambio di direzione sono molto puliti, in generale la linea è ripetibile e senza sbavature. L’uscita è buona, mai troppo larga, a favorire l’ingresso successivo in curva 3. Un comportamento simile ma costantemente più nervoso è quello mostrato da Haas e Force India, con la seconda leggermente meglio del team statunitense. L’ingresso in curva è sempre rapido, ma spesso al centro della 1 si vedono correzioni, figlie di sottosterzo nel caso il pilota forzi un po’ troppo l’approccio alla curva, oppure di sovrasterzo dovuto ad una non ottima trazione con angolo volante non nullo. McLaren mostra un comportamento ancora da perfezionare, che sembra soprattutto derivante dall’impossibilità di provare continuativamente per ottenere il giusto setup. Di base la vettura sarebbe buona, mostra capacità di inserimento notevole, anche se non a livello dei primi tre team citati, ma la poca guidabilità del motore Honda spesso rovina la fase di trazione, impedendo un’ottima uscita da questa sequenza di curve. Renault non mostra grossi segni di sbilanciamento, ma semplicemente non è competitiva, sempre lenta nell’ingresso curva, poco reattiva nei cambi di direzione. La PU, se nel caso di Red Bull viene un po’ mascherata dalle velocità di percorrenza tenute, per il team ufficiale è un altro punto evidentemente debole, a completare un quadro poco rassicurante. Sauber sembrerebbe essere il team con il peggior comportamento, con le stesse caratteristiche di Renault ma ancora più accentuate. Si nota molto bene anche il punto di frenata, nettamente anticipato rispetto a quello degli altri team, di una decina di metri. A proposito di staccata, chi ha colpito in questa fase di curva 1 è il debuttante Stroll, che per buona parte della mattinata di venerdì è sembrato essere il più coraggioso a frenare fin dentro la piega a destra, senza arrivare impiccato nel successivo richiamo sinistrorso, salvo sporadici casi.

Curva 3: in questo tratto, molto impegnativo lo scorso anno, le differenze visive sono davvero minime, almeno fra i team con prestazioni simili. Con le monoposto di questa stagione il tratto da centro curva 2 fino alla curva 4 si fa completamente in pieno; per quanto riguarda le squadre migliori questo discorso vale anche in condizioni di simulazione gara, con tanto carico di benzina. Esclusa la Sauber, unica a mostrare la necessità di correzioni in percorrenza del curvone, gli altri seguono la linea senza troppi problemi, ma anche qui i team che spiccano sono Ferrari e Mercedes, che riescono a tenere una traiettoria decisamente più interna rispetto agli altri. L’unica che riesce ad imitare questo comportamento, ovviamente vantaggioso perché permette di percorrere meno strada, è la Red Bull; a ben vedere però il team di Milton Keynes è aiutato dalla poca spinta del motore Renault, che agevola la percorrenza della curva. Detto ciò, non si può dire che la monoposto realizzata da Newey sia carente di carico aerodinamico, infatti a differenza di Toro Rosso, che monta la stessa PU, ha comunque un comportamento leggermente migliore in questo tratto. Sicuramente il team di Faenza è subito dietro ai tre top in curva 3, con una linea veramente pulita e molto veloce, anche se necessita di allargare leggermente di più in uscita. Williams, Haas e Force India mostrano un comportamento simile fra loro, con minor rapidità rispetto a Toro Rosso, forse derivante più dalla minor velocità di uscita da curva 2 che dalla mancanza di carico, visto che comunque anche tali team percorrono il curvone completamente in pieno, come i migliori. McLaren e Renault hanno una prestazione analoga, ma non per le stesse motivazioni. Come detto, infatti, l’uscita da curva 2 per il team motorizzato Honda non è assolutamente lenta, ma la poca coppia della PU comporta facilità nel tenere la linea interna nella piega successiva. Renault, invece, disponendo dello stesso propulsore di RBR e Toro Rosso, soffre della stessa mancanza di accelerazione, ma a questa unisce una bassa velocità di ingresso, fattori che insieme permettono una certa semplicità di percorrenza (comunque non agevolata dalla non ottima aerodinamica della vettura), ma allo stesso tempo una velocità sicuramente più bassa delle altre vetture, esclusa Sauber, del cui comportamento ho già parlato in precedenza. In definitiva, anche in questo tratto la migliore è la Ferrari, al pari della Mercedes, perché sembra riuscire a seguire certe traiettorie addirittura con mescole più dure degli altri team.

Curva 4: qui nel 2016 si vedeva chiaramente la superiorità Mercedes, che, come ebbi modo di scrivere, si poteva permettere una linea ed una velocità decisamente migliore di tutti gli altri. Quest’anno succede esattamente la stessa cosa, soltanto che la freccia non è argentata, ma rossa. Venerdì mattina nella simulazione di qualifica Raikkonen inseriva la SF70H in modo violento, senza subire sottosterzo, riuscendo a portare una velocità in curva impensabile per chiunque altro; l’erogazione della PU, probabilmente leggermente meno gestibile di quella del Mercedes, costringe i ferraristi ad allargare di più la traiettoria in percorrenza rispetto alla Freccia d’Argento, ma la stabilità del retrotreno garantisce comunque la possibilità di andare sull’acceleratore senza subire sovrasterzo e dover eseguire correzioni penalizzanti per il tempo sul giro, cosicché a fine curva la linea più interna tenuta da Hamilton e Bottas non risulta comunque un vantaggio in termini cronometrici. Un ottimo ingresso in curva è anche quello mostrato dalla Red Bull, ma la rapidità ad andare sul gas dopo l’inserimento non è la stessa dei piloti Ferrari e Mercedes, sempre con la penalizzazione della PU Renault nel trovare rapidamente velocità in uscita. Fra i tre top e gli altri è scavato il solco in questa piega a destra, dove tutti i team minori mostrano incertezze, con movimenti dell’anteriore a centro curva e del posteriore in uscita. In questo tratto si nota, fra l’altro, un cambio di filosofia negli assetti fra 2016 e 2017: in uscita lo scorso anno si vedeva un certo rollio al posteriore, per tutti i team, sicuramente figlio della necessità di ridurre l’impegno su tale assale, a causa della mancanza di carico aerodinamico a fronte dell’elevata coppia delle PU versione 2016. Quest’anno invece si cerca probabilmente di far lavorare bene le vetture da un punto di vista aerodinamico, per ottenere tanta aderenza “gratis”; le altezze da terra devono rimanere il più possibile invariate, in modo da garantire un ottimale funzionamento del diffusore. Ciò comporta elevata rigidezza delle molle e delle barre posteriori, con conseguente riduzione di rollio a pari trasferimento di carico. L’assale posteriore è così sicuramente più sollecitato, ma il carico che si ottiene permette di sopportare questo stress ulteriore, favorendo la stabilità del retrotreno.  L’unico team che in questa curva riesce ad essere a livello dei top, in alcuni casi anche migliore di Red Bull, è la Toro Rosso. Nel paddock si dice che sia molto simile alla Mercedes, ed effettivamente il comportamento nelle pieghe del Montmelò ricalca abbastanza fedelmente quello della vettura di Brackley. Questa somiglianza si nota in curva 4, dove l’uscita è più stretta di Ferrari, sicuramente agevolata dalla minor potenza della PU. Il comportamento è comunque molto stabile, non sono richieste correzioni ai piloti, con qualsiasi tipo di mescola. Gli altri: escludendo Sauber, fanalino di coda di questi test, poco reattiva in ingresso e poco rapida in percorrenza, sono tutti nervosi a centro curva, necessitano di percorrere una linea più larga e richiedono correzioni del sovrasterzo in uscita. Rispetto allo scorso anno ho potuto notare un comportamento leggermente peggiore da parte di Haas e Force India, meno pulite nel tenere la traiettoria. McLaren, quando riesce a girare, non mostra un brutto comportamento, ma è difficile giudicare la prestazione dal momento in cui si apre il gas, visto il deficit della PU. Stesso discorso per Renault, che probabilmente non ha una performance troppo lontana rispetto al gruppetto di coloro che combatteranno in Q2, ma sicuramente il team di Enstone non ha realizzato una vettura che possa permettere di raggiungere l’ambizioso obiettivo di essere fra i primi cinque nel campionato costruttori. A proposito del team della losanga, non è sicuramente un vantaggio dover dividere le giornate di test fra Hulkenberg e Palmer, perché se il primo assicura una guida precisa e dà indicazioni valide ai tecnici, il secondo è troppo incostante, incline a piccole sbavature che però in queste fasi di test devono essere evitate per permettere al team di avere riscontri certi ed affidabili, così da far progredire la macchina. Anche per quanto riguarda il tratto di curva 4 è necessario ribadire che Ferrari riesce a tenere una certa prestazione in pista anche con mescole più dure, con continuità, senza incertezze da parte dei piloti, mentre tutti gli altri sono sicuramente più al limite per riuscire a percorrere certe traiettorie, prova ne è anche il leggero lungo nella ghiaia di Hamilton nella mattinata di venerdì.

Curva 5: questo tratto è tutto sommato lento, quindi in ingresso ed a centro curva le differenze non sono troppo marcate. La prestazione in questa discesa verso sinistra si ottiene principalmente in uscita, lanciandosi verso la sequenza di curve 7-8, precedute dalla 6, che viene affrontata come un rettilineo (non solo da questo anno). In trazione il comportamento migliore è come sempre mostrato dai tre top team, senza differenze fra di loro, con tutti i tipi di mescola. A partire da Toro Rosso, si vedono leggere incertezze in fase di apertura del gas, che aumentano nel caso di Williams, Force India e Haas, fino ad arrivare a Renault e Sauber. McLaren è un caso a parte, non soffre molto in trazione generalmente, ma bisogna sempre tenere in considerazione la poca prestazione della PU. A conferma della fiducia trasmessa dalla SF70H ai piloti, il sorpasso di Vettel su Massa nella simulazione di gara del giovedì pomeriggio, con una staccata davvero estrema all’interno, senza allargare troppo la traiettoria, e senza collaborazione da parte del pilota Williams, che anzi stava tenendo dietro il ferrarista da diversi giri.

Curva 7-8: in questa sequenza si nota la tendenza al sottosterzo, quando le vetture affrontano la prima piega a sinistra, e la stabilità del retrotreno in fase di uscita dalla seconda verso destra, ma anche la capacità delle sospensioni di assorbire le sollecitazioni provenienti dal cordolo esterno in fase di accelerazione. Anche in questa sezione Ferrari, Mercedes e Red Bull hanno la maggior capacità di inserirsi in curva e di aprire il gas in modo stabile; ciò che caratterizza queste tre vetture è anche però la capacità del sistema sospensivo di copiare le asperità del cordolo esterno, che garantisce una certa facilità nel mantenere una linea più interna e quindi permette di accelerare con lo sterzo diritto, in modo da non dover fare correzioni. Fra i team del secondo gruppo le più difficili sono sembrate Williams e Force India, mentre ancora una volta Toro Rosso si dimostra facile da portare al limite, sia in ingresso della curva 7, sia nella salita che porta alla curva 9. McLaren, Renault e Sauber sono complicate da gestire, segno, anche per il team di Woking, che la tanto esaltata bontà della parte meccanica è probabilmente non così reale. Stupiscono in questo tratto alcune incertezze di troppo da parte della Mercedes, soprattutto nell’ultima giornata di test, quando gli assetti dovrebbero essere ormai ottimizzati.

Curva 9: questa piega a destra in salita esalta le nuove vetture 2017, davvero stabili e con velocità di percorrenza elevatissime. La differenza maggiore si vede nell’approccio a centro curva, dove i migliori riescono a restare all’interno, con un’uscita non troppo larga, in modo da evitare sia le instabilità provenienti dalle vibrazioni dovute al cordolo, sia la mancanza di grip che si ha salendo con le gomme esterne sul tappeto sintetico. I team che riescono a seguire linee più strette, pur con elevata velocità di percorrenza, sono sicuramente Ferrari, Mercedes e Red Bull, ma in questa cerchia deve essere assolutamente aggiunta Toro Rosso, che riesce addirittura ad avere in questo tratto un comportamento migliore della sorella maggiore, con una traiettoria percorsa a velocità elevata, ma meno rotonda, più interna e quindi con minor instabilità del posteriore in uscita. Anche Williams ha un comportamento discreto, ma non riesce a tenere il passo delle migliori. Force India e Haas, che in curve precedenti mostravano maggiori difficoltà, hanno una stabilità sicuramente in linea con il team di Grove. McLaren sembra avere una prestazione aerodinamica discreta, come del resto viene mostrato nelle prime tre curve del tracciato, ma dall’esterno la sensazione è sempre quella di avere poca velocità, seppur accompagnata da una buona stabilità nella percorrenza e in uscita di curva. Renault e Sauber riuniscono tutti i difetti delle altre vetture, sono lente ed anche instabili, con qualsiasi mescola usata.

Terzo settore: dalla 10 alla 16 si entra in un tratto tutto in sequenza, dove l’uscita di una curva influenza l’ingresso della successiva. Questo era il tratto dove nel 2016 Mercedes faceva vedere tutta la sua forza, con una trazione impressionante, specialmente in curva 12. C’è da dire che in generale, con l’adozione delle gomme larghe, i problemi dei team sono mascherati, e le differenze fra le vetture sono meno marcate che nel 2016. Anche in questo tratto, Ferrari mostra la miglior guidabilità, con una supremazia intaccata solo da Mercedes proprio in uscita dalla 12; la PU di Stoccarda garantisce anche in questa zona una miglior guidabilità, che permette ai piloti di tenere linee più strette a centro curva, accelerando con lo sterzo non ancora dritto. I piloti Ferrari sono invece costretti a percorrere una traiettoria leggermente più larga, così da sfruttare al meglio la coppia del propulsore di Maranello. Nonostante questo svantaggio, complessivamente sembra comunque che si abbia una condizione di parità fra i due team, con la differenza che il comportamento stabile e ripetibile della monoposto del cavallino è raggiunto anche con mescole medie, mentre Mercedes soffre maggiormente con questo pneumatico meno prestazionale. In particolare si nota che in uscita la Freccia d’Argento deve allargare maggiormente la traiettoria, sfruttando al massimo l’ampiezza della pista, mentre al contrario Vettel e Raikkonen riescono a stare più stretti, senza sfruttare il cordolo. A tal proposito, sembrano non fuori luogo le affermazioni del pilota finlandese, quando afferma che sicuramente i tempi sul giro sarebbero potuti essere più bassi. Anche la trazione in curva 10 è migliore da parte di Ferrari, con un comportamento veramente costante, così come nel cambio di direzione fra la 11 e la 12. Mercedes ha mostrato di aver raggiunto comunque un ottimo livello, ma la costanza nel percorrere sempre le stesse linee, che invece era una prerogativa nel 2016, non si è ripetuta in questi test, con Hamilton che a fine giornata di venerdì continuava a compiere errori sia in frenata della 10, sia in accelerazione, soffrendo inoltre di sottosterzo nell’ingresso della 12, specialmente con la mescola media. RB mostra la solita ottima trazione, anche se in complesso potrebbe essere penalizzante anche in questo caso la mancanza di cavalli della PU; a differenza della sorella maggiore, Toro Rosso è costretta a tenere una traiettoria più larga a centro curva, nello stile Ferrari, ma con propulsore inferiore, a dimostrazione che comunque in fase di trazione RB resta probabilmente il punto di riferimento per tutto il circus, a livello telaistico e sospensivo. Williams, soprattutto nelle mani di Stroll, mostra una certa tendenza al sottosterzo a centro curva, accompagnata da un avantreno nervoso nel cambio di direzione fra la curva 11 e la 12. Simile alla monoposto con livrea Martini è anche la prestazione di Force India e Haas, con il team americano che forse soffre un po’ meno di sottosterzo a centro curva. Sicuramente il paragone fra questa vettura e la monoposto di Maranello in questa sezione mostra l’ottimo lavoro svolto dai tecnici Ferrari sulla meccanica al servizio della trazione, a parità di PU. McLaren, Renault e Sauber sembrano rimaste alle difficoltà del 2016, unici team per i quali le gomme larghe non nascondono, almeno visivamente, le differenze dai top team in uscita di curva. Non sono riuscito ad osservare la parte finale del terzo settore, costituita dalla chicane e dalla successiva piega a destra, da una posizione sufficientemente vicina da permettermi di esprimere giudizi dettagliati (come ho detto, due giorni sono davvero pochi!), ma immagino che le prestazioni siano le stesse delle tre curve precedenti, vista la somiglianza delle caratteristiche di questi tratti conclusivi del giro di pista. In complesso, anche nella sezione finale del circuito Ferrari è sembrata la vettura più costante e guidabile, capace di fornire ai piloti un ottima prestazione, notevole soprattutto con mescola media, con la quale Vettel e Raikkonen riuscivano a seguire le stesse linee percorse con i compound più teneri; differentemente, gli altri piloti in pista soffrivano di sottosterzo e di sovrasterzo con gli pneumatici a banda bianca, Mercedes inclusa, che seppur con una ottima erogazione, non sembrava riuscire a garantire lo stesso spunto in uscita di curva.

In conclusione, non sono stupito dagli addetti ai lavori che indicano Ferrari come la miglior macchina in pista, non mi sembrano fuori luogo le affermazioni secondo le quali la monoposto di Maranello viaggi su due binari; effettivamente è la vettura che ha mostrato il miglior comportamento in tutti i tratti della pista, eccellendo in trazione, percorrenza curva, nei cambi di direzione, ma soprattutto è risultata davvero facile da guidare e portare al limite. Mercedes è comunque un’ottima vettura, mi ha stupito però l’incapacità di trovare un setup perfetto fino alla fine del test; viene da pensare che soprattutto con Hamilton, il team abbia cercato di provare assetti leggermente diversi per verificare il comportamento della W08EQ. Sicuramente il livello finora raggiunto non è lo stesso dello scorso anno, prova ne è il fatto di aver girato in modo molto meno costante, come se dovessero effettuare continue modifiche al setup; a differenza del 2016, inoltre, i compound più morbidi sono stati utilizzati in modo molto più assiduo, come se il team volesse avere la sicurezza della prestazione degli pneumatici per lavorare sull’assetto. La terza fra i top è sicuramente la Red Bull, che purtroppo soffre l’inferiorità della PU Renault. Lascia ben sperare Toro Rosso, che, a differenza dello scorso anno, potrà sfruttare gli step evolutivi della PU, senza vedere la propria prestazione tarpata dalla mancanza di potenza di un propulsore vecchio di un anno. Il gruppo centrale vede una lotta fra diversi team e se Force India confermerà la proverbiale capacità di sviluppo durante la stagione potrà emergere fra gli altri. In coda, sicuramente deludente Renault; Sauber sembra in una stagione di transizione, in attesa della collaborazione con Honda nel 2018; la vettura sembra realizzata solo per partecipare alla stagione e mantenere il diritto ai premi FOM, anche considerando che a livello propulsivo sarà nella stessa situazione della Toro Rosso nel 2016. McLaren è abbastanza indecifrabile, quando riesce a scendere in pista ha un comportamento discreto, ma sicuramente l’impossibilità di provare continuativamente non aiuta nel far progredire la monoposto. Rimane l’incognita affidabilità anche in ottica Melbourne, perché attualmente la PU Honda non è certamente in grado di percorrere la distanza di gara.

Discorso pneumatici: come avevo già accennato in precedenza, Pirelli prevede un degrado prestazionale di circa 1 secondo ogni dieci giri, con la gomma soft che dovrebbe essere in grado di percorrere circa 45 tornate del Montmelò, in condizioni di gara. Data la costanza nel comportamento delle gomme che si è potuta osservare in questi test, pare che le previsioni fossero giuste. Il tempo della pole position previsto per il GP di Spagna è di 1.17 basso, per cui è chiaro che nessuno, sviluppi futuri a parte, stesse spingendo al massimo in questi otto giorni di prove collettive, nemmeno quando sono state usate le mescole US.

Come lo scorso anno, in chiusura, segue una ipotetica griglia di partenza in vista della prima corsa iridata stagionale:

 

 

1a fila

Ferrari

Mercedes

 

 

2a fila

Red Bull

Toro Rosso

 

 

3a fila

Williams

Force India

 

 

4a fila

Haas

McLaren

 

 

5a fila

Renault

Sauber

 

 

Sui pronostici per il mondiale piloti e costruttori adotto lo stile Ferrari, silenzio stampa. Credo però che sarà un campionato molto più divertente di quello che è andato in scena nel 2016. Buona stagione 2017 Ringers!

 

 

 

 

#keepfightingmichael