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Interlagos, o della confusione fra laghi, mari, tempeste e diluvi.

Non so voi, ma io non solo non mi diverto più, ma sono estenuata. Un mondiale di 21 GP non aumenta il pathos, lo uccide per mancanza di misura. O forse è colpa di questi mondiali in vitro, senza significative possibilità di sviluppi e riprese? Non lo so, perché personalmente non mi divertono più nemmeno le lotte nelle retrovie e a questo punto nemmeno i giovani emergenti. Io non ne posso più.

Perfino le qualifiche non hanno più gusto, la lotta a due al vertice ha smesso di counvolgermi, e come faccio a emozionarmi se uno parte terzo piuttosto che quinto? Bella la pole di Hamilton, la sessantesima, di quel significativo capello davanti al compagno. Buona anche la prestazione di Raikkonen terzo – che poi sarebbe il caro vecchio “primo degli altri”. Ma c’è qualcuno di voi che si emozioni, che senta la tensione?… Poi se piove, non solo abbiamo la negazione di ogni spettacolo e della storia della F1, con la partenza sotto SC, ma anche la regola del parco chiuso per cui occorre partire con le auto così come si sono qualificate il giorno prima – ossia sull’asciutto. Poi sia chiaro, non butto la croce addosso alla direzione gara per le scelte fatte dalle ore 13.50 di oggi: stanno fra mille fuochi e qualsiasi scelta facciano sarà sempre additata al pubblico ludibrio. Fermano la gara, complotto a favore di X, non la fermano, complotto a favore di Y; la fermano e si poteva correre però, non la fermano succede qualcosa e vergogna stavano correndo solo per soldi indifferenti alla sicurezz….ronf, ronf ronf.

In queste condizioni, devo appunto provare a commentare la penultima gara di questa estenuante stagione.  Pezzi di gara inframezzati da SC e da bandiere rosse, piloti che cercano di movimentare un po’ la situazione montando gomme intermedie mentre il meteo dà diluvi imminenti. Hamilton tenace nel suo insistere a voler gareggiare, Rosberg con sangue freddissimo nel suo cercare di contenere i pericoli provenienti dal meteo e dai concorrenti, Verstappen arrembante e Ferrari sdrucciolose. E, nelle altalene dei pitstop e delle SC, piloti di ultima fascia che si trovano fortunosamente avanti e assaporano i 15 minuti di notorietà. Nel merito?  Prima cosa, molto confusi i muretti nelle loro strategie, però forse dobbiamo a loro (ai loro errori) quel po’ di spettacolo che c’è stato, con Verstappen ributtato nella mischia  da una comoda seconda posizione conquistata di prepotenza, e costretto a tanti spettacolari sorpassi per risalire. E poi, impressionante la tenuta sul bagnato della RB (sulla Mercedes impossibile esprimersi, inquadrata in gara mai: solo quando era dietro la SC). Se volete un commento più partecipato di questo, sono la persona sbagliata nel momento sbagliato: ho accolto questa vittoria di Hamilton come lo spettatore di un concerto di musica dodecafonica, capitato lì per caso, accoglie il bis chiesto dal pubblico che lo circonda.

Insomma, Hamilton ha vinto e si va all’ultima gara per decidere il titolo perché ha guadagnato altri punti su Rosberg e ora è dietro di “solo” 12 punti. Quindi, ancora una volta, ha vinto Bernie – chi vinca vinca.

GP Belgio 2016 – De amicitia.

… La cosa bella è che un italiano guarda la gara e magari poi spegne anche la tv  gasato dai vari Vanzini e Vandone e Gene pensando, dai, che a Monza andiamo a comandare. Forse le tv e la percezione del tifo italiano vedono un bicchiere mezzo pieno dove c’è un’incrostazione di calcare sul fondo, e allora peccato per la drammatica prima curva, ah ma la prestazione c’era, e sottolineiamo l’ottima prova in rimonta della Ferrari…

Ok, un bel respiro e compiamo un passo indietro e da un’ideale collinetta (dall’altezza del Raidillon, vah) proviamo a analizzare il GP appena disputato.

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Formula 1 British Grand Prix Silverstone 2016 – Silver, non a caso.

Dice, dai, analizza tu il GP.

Ma che vuoi analizza’? Quelli fortissimi hanno vinto, quelli forti sono andati sul podio, quelli scarsi sono arrivati ultimi e tutti gli altri su una variegata scala di grigi in mezzo.

Dice, ma sforzati. E io come un limone raccattato nel compostabile cercherò di fornirvi qualche goccia di olio essenziale di commento.

Venerdì: FP bla e blabla. Mi pare abbastanza approfondito no?

Sabato mattina: blablabla. Idem.

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Formula 1 Grand Prix de Monaco – La termocoperta (con la ruota dentro possibilmente) fa il Re di Monaco.

Eccoci a discutere di un altro GP di Monaco, evento che considero IL GP per eccellenza: perché qui c’è l’essenza del mondo Formula 1, come storia, glamour, imprevedibilità, e – io direi di ricordarcelo eh – professionalità eccelsa del personale che con efficienza mantiene questo budello fra i muretti percorribile nonostante l’irruenza dei giovani sull’asfalto.

Non vi ammorberò con il resoconto del giov-erdì e sabato mattina perché le FP, diciamocelo, viste da fuori sono solo un riempitivo che mette sull’ottovolante gli umori dei tifosi. Per chi non lavora in un box (… ma inizio a temere, anche per quelli che lavorano in CERTI box) non c’è nulla da capire.

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Chiaroscuri cinesi: 2016 FORMULA 1 PIRELLI CHINESE GRAND PRIX

Ingrato compito scrivere un’analisi di questo GP a caldo. Alla fine da spettatori neutri occorre riconoscere come sia stato un buon GP: sorpassi, imprevisti, insomma dal secondo posto in poi parecchio movimento.

 

Un GP nasce nelle prove. E nelle prove (ripristinate in versione 2015, addio sedia bollente) c’era già il destino della Rossa che incombeva: quando manca un soldo per fare una lira. Con la penalizzazione di Hamilton (e poi il guaio motoristico che l’ha costretto a partire proprio ultimo) la lotta per la pole poteva essere aperta e Raikkonen sembrava decisamente in palla. Invece nella lotteria degli ultimi due minuti chi è emersa è stata la sorprendente Red Bull di Ricciardo, graziata da due errori dei piloti Ferrari nel loro ultimo giro. Si sarebbe potuti partire in pole, senza quegli errori? Per me il lungo di Kimi in prova valeva fra 4 e 5 decimi, quindi forse la pole no, ma si sarebbe potuti stare davanti a Ricciardo.

Ciò non è avvenuto e con il senno di poi, ora siamo a raccontarci un’altra gara.

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