Leclerc e la Ferrari dominano in Bahrain, la Mercedes fa doppietta

999 Gran Premi raccontano una storia fatta di grandi illusioni e altrettanto grandi delusioni. Stelle che appaiono ma non riescono a mostrare subito tutto il loro splendore per colpe non loro. Stelle che restano luminose per molto tempo e non sembrano tramontare mai. E Stelle che iniziano lentamente a spegnersi. Se si riaccenderanno non si sa.
Il Bahrain ha raccontato proprio questa metafora. Leclerc, Hamilton, Vettel.

Il primo è arrivato ad un passo dal vincere alla sua seconda gara in Ferrari, dominando imperiosamente con una sicurezza da campione navigato come raramente si è visto in passato da un ragazzo di 21 anni, e mai si era visto in un quasi debuttante alla guida della Ferrari (escluso forse Baghetti, ma andiamo in un’altra epoca).

Il secondo, Hamilton, ha gestito magistralmente una situazione di inferiorità, come era già capitato lo scorso anno, mettendo pressione al diretto avversario nel mondiale.

Il terzo, Vettel, è tale avversario, e ha dimostrato per l’ennesima volta di non essere lucido, vanificando un sicuro secondo posto e, chissà, una possibile vittoria. Girandosi come un debuttante non appena subìto il sorpasso, mentre il compagno si stava involando indisturbato verso quella vittoria che poteva e doveva essere sua.

Fin dal  venerdì la Ferrari ha ritrovato quel mezzo secondo di vantaggio che aveva dimostrato di avere nei test di Barcellona. Dominio totale in FP1, FP2, FP3, Q1, Q2 e Q3. Ci dicono che non accadesse dal 2002. Le Mercedes ad inseguire. E Leclerc a rifilare 3 decimi al compagno tetra-campione del mondo.

La doppietta è praticamente certa, ma alla partenza Charles fa pattinare troppo le gomme, Vettel lo supera e va via, mentre il monegasco si trova a lottare con il coltello fra i denti contro le due Mercedes. Il monegasco non perde la lucidità e gli bastano 5 giri per ristabilire le gerarchie, terminando la rimonta con un sorpasso sul compagno di squadra, che non oppone troppa resistenza. Gli avversari lo rivedranno solo quando il recupero d’energia lo abbandonerà.

Dietro ai primi 4, Sainz con la McLaren-Renault vuole smentire Marko e svernicia Verstappen, ma quest’ultimo ovviamente non gli rende la vita facile e rimedia la rottura dell’ala, vanificando una possibile ottima prestazione.

E proprio Verstappen apre il giro dei pit-stop dopo una decina di giri, seguito a ruota da Bottas, che subisce l’undercut ma poi si riprende la posizione. Stesso destino per Vettel, che perde la posizione su Hamilton, ma Lewis ha montato la gomma soft, e dovrà quindi fermarsi un’altra volta. Ancora peggio, si trova da subito in grossa difficoltà con le gomme posteriori, e Sebastian riesce a superarlo senza grandi difficoltà.

A questo punto il dubbio è se anche le due Ferrari, e Bottas, che sono su gomme medie, si fermeranno una seconda volta. La risposta arriva quando Hamilton si ferma per il suo cambio obbligato. La Ferrari teme l’undercut e fa fermare Vettel, il quale riesce a mantenere la posizione, e subito dopo anche Leclerc, che ha però un vantaggio piuttosto ampio.

Con la gomma gialla Hamilton ritrova competitività, e tenta una prima volta, senza successo, di attaccare Vettel. La manovra gli riesce al giro successivo, e a quel punto il tedesco perde la testa e si gira appena subito il sorpasso. E, per non farsi mancare nulla, nel rettilineo successivo le vibrazioni causate dallo spiattellamento delle gomme fanno collassare la sua ala anteriore. Fortunatamente per lui, riuscirà a rientrare ai box per le riparazioni e terminerà al quinto posto.

Poco dopo, i fantasmi dell’affidabilità evocati da Binotto alla conclusione dei test si manifestano in tutta la loro gravità: il recupero d’energia termica della Ferrari di Leclerc si rompe, e inizia così a perdere 4 secondi al giro, il che significa, con 10 giri da percorrere, rimetterci sicuramente la posizione nei confronti delle due Mercedes. Riuscirà a salvare il terzo posto solo grazie ad una Safety Car uscita a due giri dalla fine per il contemporaneo ritiro delle Renault.

E così una doppietta annunciata della Ferrari finisce con una doppietta Mercedes, con Hamilton a ristabilire le gerarchie sovvertite a Melbourne staccando un Bottas praticamente inesistente. Terzo, come detto, un delusissimo Leclerc, quarto Verstappen attento più che altro a portare a casa l’auto, quinto Vettel e sesto un incredibile Lando Norris, che sembra veramente destinato ad un futuro luminoso. Settimo un pilota che ha 20 anni esatti più di lui ma che è ancora in grado di suonarla ai giovani, Kimi Raikkonen. Ottavo Gasly, che dovrà sicuramente dare qualche spiegazione a Marko, nono Albon, un altro debuttante autore di una notevole prestazione, e decimo l’onnipresente (in zona punti) Perez.

Fuori dai punti, di poco, Giovinazzi, mai in grado di impensierire l’anziano compagno di squadra.

Del disastro Renault abbiamo detto (per intenderci, su 4 macchine motorizzate francesi ne ha finito solo una, mentre le Honda hanno finito tutte e 4, e 3 nei punti) , poca gloria anche per la Haas, con Grosjean ritirato e Magnussen sparito progressivamente dalle zone alte della classifica dopo una buona qualifica.

In un’altra categoria le due Williams, che hanno almeno finito la gara macinando km senza rompere nulla.

Ora si va in Cina, con una Mercedes forte di due doppiette e di un’affidabilità granitica e una Ferrari consapevole di avere la prestazione ma non l’affidabilità stessa. Quello che era un dubbio dopo l’Australia, seccamente smentito dalla Ferrari, è diventato realtà e rischia di trasformarsi in una pesante spada di Damocle per l’intera stagione. Dicono che sia meglio avere una macchina veloce che una macchina affidabilissima ma lenta. Chiedere ad Alonso. Ma quando l’avversario non sbaglia un colpo da ormai sei stagioni, il risultato finale non cambia molto, se la soluzione non è rapida.

P.S.
Una frase pronunciata da Leclerc nell’intervista dopo la gara è risuonata per lo meno strana: “probabilmente avremmo avuto problemi di carburante”. Volendo pensare male, si potrebbe dire che la Ferrari abbia fatto tirare al massimo Leclerc un po’ per dimostrare che la macchina c’è, un po’ per vedere fin dove poteva arrivare con la prestazione, a costo di rischiare problemi di affidabilità e/o di consumo. E questo spiegherebbe anche la prestazione molto superiore del monegasco rispetto al compagno di squadra. Se fosse così, non sarebbe stato del tutto sbagliato. Ma questa è solo un’ipotesi di chi scrive.

Foto dal profilo Twitter @ScuderiaFerrari

MOTOGP 2019 – Gp Motul de la Republica de l’Argentina-Termas de Rio Hondo

Secondo appuntamento stagionale e prima gara dopo le polemiche post-Losail.
La pista argentina presenta caratteristiche diverse rispetto al Qatar. Si tornerà a correre nel pomeriggio, quindi con condizioni più usuali rispetto al debutto. Fondamentale sarà la scelta delle gomme perché il circuito è storicamente difficile per la Michelin, ma fondamentale sarà anche il meteo che non promette bene soprattutto per la domenica di gara e potrebbe dare vita ad una gara “pazza”.
Il tracciato piace a Marc Marquez che resta il favorito per la vittoria considerando anche che Ducati non ha mai fatto risultati importanti in Argentina. Marc conta due vittorie nel 2016 e 2014. Nel 2015 si prese dentro con Rossi lottando per la vittoria avendo la peggio. Nel 2018 fece la gara peggiore della sua vita pur potendola vincere a mani basse visto il ritmo che aveva nel polso.
La gara dello scorso anno fu caratterizzata dagli errori organizzativi in partenza: i piloti cambiarono moto dopo essersi già schierati in griglia, e furono fatti partire tre file dietro a Jack Miller autore della pole che si era già schierato con la moto in configurazione “asciutto”. Di fatto fu annullato il vantaggio di Jack e si diede vita ad uno schieramento di partenza davvero bizzarro e inedito…..
Marquez spense la moto mentre era già allineato e fu spinto da un commissario con una procedura al limite del dilettantismo, ritornando al suo posto contromano mentre gli altri erano già schierati. Il Drive Through conseguente diede inizio alla furiosa rimonta ai danni di tutto e di tutti, ed ebbe il culmine nelle due entrate sciagurate su Espargaro prima e Valentino Rossi dopo. Altra penalità e gara rovinata per tutti e tre con le polemiche che portarono all’episodio della stretta di mano in Tv rifiutata da Rossi qualche conferenza stampa più tardi.
Alla fine nel 2018 la spuntò Cal Crutchlow andando in testa al Mondiale per la prima volta in vita sua. Fu comunque una gara anomala che vide un podio inedito completato da Zarco su Yamaha e Rins con la Suzuki. Gara opaca per tutte le Ducati tranne che per Miller finito a poco più di 4 secondi dal vincitore.
In ottica 2019 le incognite sui valori delle moto in pista sono ancora tante. Se Ducati pare in forma ma non in formissima (a detta di Dovizioso), Honda è cresciuta di motore ma deve ancora affinare qualcosa sulla messa a punto per poter dare quel feeling con l’anteriore che manca ai suoi piloti Marquez e Crutchlow. Lorenzo è ancora alle prese con i suoi problemi di adattamento che nella scorsa gara sono stati fermati dalle due cadute che hanno lasciato il segno ed il dolore. Jorge ha corso con una costola incrinata e dolorante su una moto che non ha ancora in mano ed alla quale non da ancora del tu.. Arriverà anche lui.
Capitolo Yamaha. La moto che sembrava volare nelle prove del Qatar con Vinales si è dimostrata ancora un oggetto che non capiscono bene neanche al box. Purtroppo i problemi di trazione dello scorso anno non paiono risolti, e al sabato Rossi ha avuto grossi problemi soprattutto con la gomma anteriore che si deteriorava in maniera repentina. Alla domenica il risultato tra i due piloti in pista si è ribaltato creando ancor più confusione per la strada da seguire. Sembra essere tornati al 2017 quando Vinales partì a bomba con le sue vittorie mentre Valentino Rossi lanciava appelli di aiuto ad Iwata. All’epoca si scelse di seguire la strada di Rossi con il risultato che Maverick smise di vincere e furono addossate colpe a Rossi che invece erano da attribuire alla moto. Vinales è forte, ma spesso e volentieri va in confusione perchè riesce a guidare per qualche sprazzo ignorando quei problemi che Valentino invece evidenzia sin da subito. Cosa farà ora Yamaha? Lo vedremo.
Suzuki. Bella la prima stagionale di Rins ed anche quella di Mir al debutto. Dovizioso (dal suo posto in pista privilegiato) racconta di una moto molto scorrevole e veloce a centro curva che però manca ancora di potenza massima. Il rettilineo del Qatar ha confermato, e l’arrivo così a ridosso dei primi di Rins potrebbe anche essere dovuto al ritmo blando tenuto per tutta la gara da Dovizioso stesso. Analizzando il tempo totale di gara nel 2019 si è andati più lenti di circa 2,5 secondi, quindi il voler preservare le gomme può aver scombinato le carte in tavola in merito alle prestazioni assolute. La pista argentina ha un bell’allungo, ma ci sono anche diverse curve da percorrenza dove si potrà capire qualcosa in più su questa bella Suzuki.
Aprlia. I progressi da compiere sono ancora tantissimi in tutti i reparti e l’avvicinamento ai primi sta diventando troppo lungo per un marchio che ha lasciato un segno così importante nel motomondiale. Il reparto corse c’è ed i risultati dovranno cominciare ad arrivare a breve. Iannone è un buon pilota, forse non con l’attitudine a dare indicazioni precise per lo sviluppo, sicuramente troppo incostante anche caratterialmente, ma tutto il reparto corse dovrà fare uno sforzo maggiore per tornare al vetrice. Si auspica che l’arrivo di Massimo Rivola a capo dell’organizzazione possa fornire effetti almeno nel medio periodo.
KTM. Unica squadra con un concetto di telaio diverso dagli altri… Ducati abbandonò il proprio concetto snaturando la propria filosofia di fronte all’evidente mancanza di progressi. Forse sarà necessario anche per KTM? I risultati sono simili a quelli delle CRT di qualche anno fa e invece qui trattasi di squadra ufficiale più team satellite……urge soluzione.
Capitolo Piloti Italiani.
Sulle possibilità del Dovi non ci devono essere dubbi perché la moto è forte e lui ha sufficiente testa e velocità per stare sempre con i primi, dimenticandosi che possano esistere piste sfavorevoli.
Petrucci non è stato brillante nel primo weekend di gara né in pista né fuori con le sue dichiarazioni sibilline sull’appendice oggetto della discordia. Un professionista deve pesare le parole soprattutto se è un ufficiale. Sicuramente non è ancora entrato nel mood giusto, ma lo deve fare ed anche di corsa perché il suo posto è già assegnato e deve trovarsi una sella comoda per il 2020.
Valentino Rossi. Su di lui si sono scritte tante di quelle parole che è difficile trovarne di nuove…..Se a 40 anni lotti come un ventenne con una moto che non ti asseconda e contro dei giovani assatanati, bè meriti solo sconfinato ed immenso rispetto soprattutto perché sei il pilota Yamaha che arriva a 6 decimi della vittoria rimontando dal 14esimo posto in griglia. A Termas de Rio Hondo ha già vinto nel 2015 facendo a carenate con Marquez. Se la moto non si mangerà le gomme nei lunghi curvoni in appoggio lui resta una garanzia.
Pecco Bagnaia dovrà fare il suo debutto perché la prima gara terminata con le ali rotte da un contatto nelle prime curve non può essere giudicata. Le aspettative su di lui sono tante: è il miglior giovane talento che in questo momento abbiamo tra le file dei nostri, talento in cui crede tantissimo anche Ducati al punto di affiancargli Gabarrini ex ingegnere di Stoner e Lorenzo.
Franco Morbidelli ha un po’ deluso in Qatar ed è atteso alla riscossa sul suo compagno. In prova è finito dietro ad un debuttante seppur bravo. Il Morbido è uno di quelli che ci mette un po’ a comporre il puzzle ma alla fine lo compone bene.
Andrea Iannone. Per fortuna è scivolato nel giro di rientro… in una gara matta può sempre venir fuori perché solo in quella può sperare con la moto che porta in gara. Chissà… magari pioggia, ma ha davanti altri anfibi forti con moto migliori. Vederlo correre nelle retrovie dispiace, ma il talento non basta averlo, deve coltivarlo ogni giorno.
MOTO 2
Il nuovo motore Triumph piace ai piloti. Maggior potenza, più coppia ed un motore più “race” rispetto all’Honda degli anni scorsi. Sulla pista di Losail il tempo finale di gara si è abbassato di 25 secondi, sintomo che funziona a dovere e che le prestazioni sono aumentate in maniera sensibile.
Gli italiani partono come sempre tra i favoriti soprattutto Baldassarri che in Qatar ha messo a segno il primo colpo stagionale con molta freddezza e lucidità, visto che gli ultimi giri hanno registrato la rimonta esuberante di Luthi che ha esperienza da vendere e non bisogna mai dare per battuto. Aspettiamo Luca Marini che sul finire della passata stagione aveva fatto ben sperare e che a Doha è apparso al di sotto delle aspettative. In ogni caso i team hanno ancora necessità di trovare gli equilibri migliori visto l’importante cambio di motore. Tra i protagonisti bisogna tenere presente Alex Marquez che quando imbrocca la giornata giusta diventa un cattivo cliente. Probabile protagonista anche Enea Bastanini che ha ben figurato al debutto e che ha al suo fianco quel volpone di Giovanni Sandi che lo aiuta al box. Anche qui (come per Bagnaia) attendiamo il vero debutto di Bulega che si è fatto prendere dalla troppa foga alla prima uscita.
Lo scorso anno vinse Pasini ora passato al microfono degnamente (si sente un po’ la mancanza di Zoran Filic) mentre nel 2017 la vittoria fu di Morbidelli. La speranza è di vincere la terza di fila e sentire l’inno di Mameli anche quest’anno.

MOTO3
I ragazzini scatenati della Moto3 daranno come al solito spettacolo. Fare un pronostico è sempre azzardato vista la quantità di sorpassi che ogni domenica ci regalano. Il rettilineo dalla parte opposta della pista sarà determinante al fine di poter mantenere con le scie i ranghi compatti e serrati e permettere a chiunque di tirare fuori dal cilindro il sorpasso determinante per la vittoria. Bella la vittoria di Toba la scorsa gara, vittoria che ha fatto tornare alla memoria i successi nelle classi minori di tutti quei giovani piloti giapponesi simpatici degli anni passati. Vedremo se Fenati avrà il ritmo del Qatar che gli avrebbe permesso di arrivare molto più avanti se solo non si fosse impaurito per il warning. Purtroppo non corre ancora rilassato ed una bella vittoria potrebbe rinfrancarlo, soprattutto perché la gara successiva sarà sulla “sua” pista di Austin.
Buona gara.

Il Gran Premio in TV
Sky Sport Motogp canale 208

Venerdì 29 marzo 2019
ore 13:00 prove libere 1 Moto3
ore 13:55 prove libere 1 Moto2
ore 14:50 prove libere 1 Motogp
ore 17:15 prove libere 2 Moto3
ore 18:10 prove libere 2 Moto2
ore 19:05 prove libere 2 Motogp

Sabato 30 marzo 2019

ore 13:00 prove libere 3 Moto3
ore 13:55 prove libere 3 Moto2
ore 14:50 prove libere 3 Motogp
ore 16:35 qualifiche Moto3
ore 17:30 qualifiche Moto2
ore 18:25 prove libere 4 Motogp
ore 19:05 qualifiche Motogp

Domenica 31 marzo 2019

ore 14:40 warm up Moto3
ore 15:10 warm up Moto2
ore 15:40 warm up Motgp
ore 17:00 gara Moto3
ore 18:20 gara Moto2
ore 20:00 gara Motogp

TV8 canale 121

Sabato 30 marzo 2019

ore 18:00 qualifiche Moto3
ore 19:00 qualifiche Moto2
ore 20:30 qualifiche Motogp

Domenica 31 marzo 2019

ore 17:30 gara Moto3
ore 19:00 gara Moto2
ore 20:30 gara Motogp

Saluti

ICEMANKR7

F1 2019 BAHRAIN GP: AN INTRODUCTION

AAA Cercasi Ferrari SF90H smarrita nel paddock del circuito del Montmelò dopo la fine dei test prestagionali. Sarebbe falso dire che se lo augurano un po’ tutti, ad esempio non credo che i tifosi Mercedes o Red Bull possano essere dello stesso avviso, ma è una preghiera che i ferraristi, per ovvi motivi, e gli appassionati di F1 sperano si avveri per avere un campionato che non sia già quasi deciso dopo il primo Gp.

Troppo brutta la rossa per essere vera e troppo grande la sorpresa degli addetti ai lavori che pensavano di vedere una lotta molto più serrata e, in base alle indicazioni dei test, con la rossa addirittura a dettare il passo! Invece è stata subita anche “l’onta” di un sorpasso di potenza da parte della Red Bull motorizzata Honda. Ce ne sarebbe per un TSO autoinflitto.

Invece, in mezzo alla ridda di voci e supposizioni che si sono susseguite sulla causa della debàcle ferrari a Melbourne (assetto sbagliato? PU in sofferenza? Ala anteriore che genera sottosterzo? Mancato adattamento all’asfalto sconnesso? Mercurio retrogrado?) Binotto ha provato a dispensare calma e freddezza. “Studieremo i dati raccolti” ha detto il nuovo TP e sembra che lo studio abbia sortito i suoi effetti dato che arrivano voci di una totale comprensione e risoluzione dei problemi occorsi in terra australe.

Resta (e non vuole essere un gioco di parole) il fatto che è stato fatto un bel regalo di punti e fiducia alla Mercedes, che, considerato lo stato di forma palesato a Melbourne, proprio non ne aveva bisogno. O meglio, sarebbe stato più interessante una lotta serrata per capire realmente punti di forza e debolezza dei due progetti. E per lo spettacolo in pista. E invece si è capito che, forse, la Red Bull può sperare di conquistare nel corso della stagione una storica vittoria con la PU Honda, fantascienza da sbronzi fino a qualche mese fa

immagine da maxf1.net

Molto più difficile credere che, a dispetto dello stato di forma e dell’atteggiamento degno di una parte in Rocky 4, Bottas possa essere un serio concorrente alla conquista del titolo piloti. Vero che la performance del finlandese è stata fantastica a Melbourne, si potrebbe dire alla Rosberg dei tempi belli, ma è probabile che Hamilton abbia già pronto l’esorcismo per scacciare lo spirito agonistico di Nico che si è impossessato del suo docile (ex-docile?) compagno di squadra.

Per Gasly il sabbione del Bahrain rischia già di essere una prova di appello quasi definitiva, non tanto per il 15 esimo posto in griglia a Melbourne propiziato da una errata strategia del team, quanto di una gara piuttosto anonima  in cui non è riuscito ad avere la meglio di una Toro Rosso con gomme più usurate della sua Red Bull. Se poi su quella Toro Rosso ci mettiamo un Kvyat col dente avvelenatissimo allora è già quasi notte per il francese.

Un altro già abbondantemente cazziato e per giunta dal proprio TP è Ricciardo che, causa una partenza di maldoniana memoria in quanto a goffezza e imperizia, ha rovinato la sua gara ancor prima di curva 1. Mettiamoci anche la paga presa in qualifica da Hulkenberg e sembra quasi che non sia cambiato nulla dai tempi in cui veniva vessato in Red Bull. Bisogno di riscatto immediato per lui. Completiamo la “revenge squad” con Perez e Sainz, il primo arrivato dietro Stroll e il secondo brutalizzato dal debuttante Norris anche in qualifica, entrambi con qualcosa da dimostrare in Bahrein.

Alfa Romeo e Haas hanno mostrato un buon stato di forma in Australia, sarebbe importante confermarlo e capire se 1) Giovinazzi avrà imparato dagli errori commessi a Melbourne e 2) i meccanici Haas avranno finito di compiere dei pit stop tafazziani. La Williams sembra un gp2 poco affidabile, i suoi piloti sperano di vedere qualche progresso oppure anche la safety car potrebbe rappresentare una seria minaccia…

Sintetizzando il circuito del Sakhir si riduce in grandi frenate, sabbia, asfalto abrasivo, lunghi rettilinei, sabbia, ibrido ed elettrico che avranno la possibilità di recuperare grosse quantità di energia, PU sotto stress causa temperature intorno ai 30 °C, sabbia, usura gomme maggiore per chi deciderà di scaricare le ali per avere più velocità sul dritto, sabbia. Fondamentale trovare equilibrio di gestione delle gomme tra frenate e trazione in uscita dalle curve più lente. Strategia prevista ad una sosta nel caso ci dovesse essere una temperatura sufficientemente bassa da risparmiare le gomme. Probabile che, in base alle contingenze, le squadre giocheranno sulla lunghezza degli stint, cercando di allungarli il più possibile per evitare una sosta in più.

Pirelli ha portato mescole C1 hard, C2 medium e C3 soft. Tutti i team orientati sulle C2 e C3 e con un solo treno di C1. Chi vorrà utilizzarla in gara lo farà praticamente al buio. La strategia sembra orientata ad un utilizzo esclusivo di C2 e C3, con qualche team minore che proverà a smarcarsi utilizzando la C1.

immagine da AutoMobilSport.com

Top team con scelte praticamente identiche, seguiti da buona parte degli altri team. Nel mid field stupisce Ricciardo con una sola C2.

Mai come negli ultimi anni si arriva in Bahrein con pochi riferimenti nei reali rapporti di forza tra i team. Vettel e la Ferrari vengono da due successi di fila ma il presente parla di una squadra che deve riscattarsi e ritrovare una fiducia improvvisamente smarrita. Alcuni piloti devono ristabilire le gerarchie nel proprio team, non ultimo il campione del mondo in carica.

Dall’altro lato Mercedes e Red Bull vorranno affondare il dito nella piaga delle inadeguatezze mostrate dalla Scuderia nel primo appuntamento. Tensione altissima nel deserto, il paesaggio è perfetto per l’inizio di una nuova traversata mortificante per gli uomini in rosso. Binotto vede l’approssimarsi di un’oasi rinfrancante. O almeno lo spera. Sempre che dietro al fondale con disegnata l’oasi non ci sia il solito, ineffabile Toto Wolff. Che sa benissimo come gettare sabbia negli occhi del nemico, col sorriso sulle labbra.

Rocco Alessandro

 

La Motogp che verrà..

La Motogp che verrà..

Finalmente la sentenza del Tribunale sportivo di Ginevra è arrivata: la vittoria di Dovizioso in Qatar è stata confermata così come è stata dichiarata conforme alle regole l’appendice del forcellone Ducati, fatto ben più importante.
Il tutto apre scenari nuovi nell’ambiente rompendo quegli equilibri che sino a ieri avevano regolato i rapporti tra le Case e con la Federazione stessa.
Riassumendo brevemente l’accaduto, tutto è nato da un’ interpretazione differente data a Ducati e ad Aprilia per il cucchiaio montato per raffreddare la gomma posteriore Ducati, dispositivo che avrebbe effetti aerodinamici secondo la tesi di Aprila e degli altri costruttori che hanno sporto il reclamo ufficiale.
Il delegato tecnico Danny Aldrige ha approvato il dispositivo Ducati e bocciato invece un dispositivo analogo di Aprilia, adducendo proprio le suddette motivazioni aerodinamiche.
Da qui la protesta ufficiale che si è tramutata in ricorso al Tribunale Sportivo di Ginevra vista la risposta negativa avuta dai Team al termine della gara.
Ed è proprio il ricorso a Ginevra che segna la differenza rispetto al passato. Non si è riusciti a trovare il consueto accordo tra le parti come sempre accaduto, quindi la situazione è precipitata decretando di fatto una spaccatura sul fronte dei Costruttori. Di fatto l’avvento di Massimo Rivola a capo di Aprilia (detentore di competenze e background di F1) ha dato un contributo importante al susseguirsi degli eventi. Il mondo delle moto è per tanti versi più “semplice” della F1 e quanto oggi rivendicato dai team è una scrittura più chiara delle regole nonché il maggior controllo dell’applicazione ed interpretazione delle stesse. Secondo i reclamanti la Federazione ed il delegato tecnico non avrebbero gli strumenti per dimostrare l’effetto aerodinamico del dispositivo Ducati, quindi non sono in grado di far rispettare tutte quelle regole che si possono prestare ad interpretazione. Fin qui l’aspetto meramente formale di quanto accaduto.
La realtà forse è ben diversa… Ducati è sempre stata all’avanguardia rispetto agli altri in campo aerodinamico. Fu la prima ad introdurre le alette e le carene anticonvenzionali che negli ultimi anni abbiamo visto e ciò ha costretto gli altri Costruttori ad adottare soluzioni simili. Il reparto corse di Borgo Panigale è sempre stato molto attivo il che ha permesso di avere un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza, vantaggio che gli altri Team vorrebbero ridimensionare puntando sull’incremento dei costi che tali studi comportano.
Naturalmente il quartier generale Ducati a voce del suo Direttore Generale Dall’Igna ha mal digerito la protesta, invitando senza mezzi termini gli altri Team ad occuparsi delle loro moto piuttosto che puntare il dito contro le innovazioni da lui fortemente volute, ed arrivando anche a minacciare a sua volta una protesta contro le ali adottate da Honda perché ritenute pericolose…..
Lo scenario che ad oggi si apre potrebbe essere quello di un reclamo ad ogni fine corsa da parte di qualsiasi concorrente, con un successivo ricorso ai tribunali e il risultato di non avere mai una classifica certa alla fine delle gare…
Solo il prossimo futuro sarà in grado di darci risposte.
Al momento la risposta migliore di tutte l’aveva data proprio Marquez a caldo: Oggi Dovizioso è stato più forte di me! E fine delle discussioni.

Saluti

ICEMANKR7

L’ANGOLO DEL FROLDI: L’ARTE DELLA GUERRA E TOTO

“Il meglio del meglio non è vincere cento battaglie su cento bensì sottomettere il nemico senza combattere”

Non so se Toto Wolff abbia mai letto Sun Tzu, sua è la frase di apertura di questo articolo, contenuta nella celebra opera “L’arte della guerra”, ma ho qualche vago sospetto che lo abbia fatto. O che qualcuno del suo squadrone anglo-tedesco gli abbia suggerito come modo operativo in pista, e soprattutto fuori dalla pista, alcune delle massime contenute in quel libro.

Si tratta di un’opera vecchia 2500 anni, scritta da un militare di professione, che non è solo e semplicisticamente un trattato su come condurre una guerra in senso vero e proprio, letterale, ma anche un’opera per conoscere se stessi e per affrontare le tante “guerre” metaforiche che dobbiamo combattere nella vita di tutti i giorni.

Che c’entrano la Formula Uno, Toto Wolff e l’arte della guerra?

La Formula Uno è uno sport, per quanto atipico e tecnologico. Lo sport è nato per sublimare la nostra parte aggressiva ed agonistica.

Toto Wolff è un ottimo, forse attualmente il migliore, Team Principal. Credo che solo il Jean Todt dei tempi d’oro in Ferrari potrebbe essere migliore di lui.

Va da se che a me ispira sentimenti di “odio-amore”, per motivi facilmente comprensibili: lo ammiro ma visto che vince sempre, e contro la Ferrari, mi fa inviperire non poco.

Ora, la strategia comunicativa del manager AMG è abbastanza chiara. E si ricollega a Sun Tzu. In americano si direbbe win/win.

Esalta l’avversario oltre modo, sminuisce i propri meriti oltre modo.

E lo fa perché sa quanto è forte la sua squadra. L’umiltà vera o affettata, paga sempre (vedasi quante volte in Ferrari invece se la tirano eccessivamente, esempio della gestione Arrivabene, e poi vengono “ridicolizzati” quando i risultati non arrivano dopo i proclami roboanti). Valorizzare l’avversario paga sempre: se l’avversario vince, tu potrai dire… ve lo avevo detto (tra l’altro la Mercedes vince da anni, quindi è perfettamente “fisiologico” che prima o poi un ciclo dominante si interrompa, per quanto non veda alcun crollo della corazzata grigia); perdono gli altri, tu potrai dire di aver vinto nonostante gli avversari. E la tua vittoria verrà esaltata, perché prima avrai creato l’eccitazione strumentalmente.

Tra l’altro questa strategia comunicativa è anche una strategia che mette  “perfidamente” ed inevitabilmente pressione all’avversario diretto. Quando tu dici in mondovisione, e lo fai dire al campione del mondo in carica, che la Ferrai è 5 decimi di secondo avanti a Barcellona, e poi la Ferrari si becca una batosta come in Australia, dove gli rifili quasi un minuto, gli avversari avranno addosso una pressione doppia, e verrano letteralmente processati dalla stampa, soprattuto se è una stampa isterica come quella tricolore. E questo Toto, che ben conosce l’Italia, lo sa.

Non so come andrà a finire la prossima gara e ho seri dubbi che questo Mondiale sia combattuto. Lo spero, ma suppongo sia più facile che accada ciò che è accaduto nel 2014, 15, 16. Ma so che a livello comunicativo, a livello psicologico, Toto è già un bel pezzo avanti per far perdere l’avversario. Fuori dalla pista. Senza neanche aver combattuto.

Appunto. Sun Tzu.

 

Mariano Froldi, Direttore responsabile di FunoAT