2018 F1 RUSSIAN GP: AN INTRODUCTION

Pensi a Sochi e ti vengono in mente le olimpiadi invernali del 2014. Poi guardi la cartina geografica e noti che Sochi è affacciata sul Mar Nero e ci rimani un pò male. La stessa sensazione ce l’ha un appassionato di F1 che pensa a Sochi, alla Russia e ad un autodromo che si snoda attraverso il parco olimpico dei giochi invernali, e uno ci rimane male per la seconda volta. Se poi si pensa agli strambi e imbarazzanti colbacchi che vengono donati a chi sale sul podio e all’assenza delle ombrelline, si passa direttamente alla rassegnazione. Ma in fin dei conti, una gara di F1 è pur sempre un richiamo irresistibile e quelle 20 macchine in griglia di partenza sono tutto quello che serve per mantenere viva l’attenzione.

Disegnato dall’ineffabile Hermann Tilke, il circuito di Sochi ha l’aspetto di una grottesca scimitarra, in cui l’unica possibilità di sorpasso è rappresentata dal lungo rettilineo dopo la linea del traguardo, mentre tutto il resto sono solo curve ad angolo retto fatte apposta per coltivare la frustrazione di chi vorrebbe sorpassare ma non ci riesce.

Evidentemente il disegno a mò di oggetto contundente deve aver esaltato l’indole alla vittoria senza se e senza ma della Mercedes che dal 2014 è dominatrice incontrastata con 4 vittorie e due doppiette. L’edizione del 2017 ha visto la sorprendente affermazione di Valtteri Bottas, lesto a sfruttare la scia di Vettel allo start e mettersi davanti in curva 2 per poi rimanerci fino alla fine, quando invece il compagno Hamilton incappava in una delle gare più spente dell’anno finendo quarto e mai davvero in gara per il podio.

Mentre nel 2017 si arrivava in Russia con una Mercedes in difficoltà e una Ferrari piuttosto ringalluzzita, quest’anno la situazione pare opposta ma per motivi che poco hanno a che vedere con il potenziale tecnico delle monoposto. In particolare la Ferrari, dopo aver dato l’impressione di essere la macchina migliore del lotto, ha commesso errori strategici in pista e di gestione interna del team che hanno portato a due sonore sconfitte a Monza e Singapore, come a voler riproporre un remake dell’harakiri del 2017 proprio sulle stesse piste. Invece Mercedes, parsa in difficoltà dopo la pausa estiva, ha saputo sfruttare le debolezze del team avversario e grazie alle migliorie portate sul fronte della gestione gomme, in particolare cestelli dei freni concavi e cerchi radianti, ha piazzato  un uno-due di tysoniana memoria tali da mandare in KO tecnico la scuderia di Maranello.

L’appuntamento di Sochi sembra rappresentare quasi l’ultimo appello per la Scuderia Ferrari, chiamata a mostrare in pista il vero potenziale della sua vettura, un rinnovato sangue freddo dei suoi piloti e una compattezza di squadra che sembra persa. L’occasione sembra propizia, dato che già l’anno scorso furono capaci di monopolizzare la prima fila ma dovranno vedersela con una Mercedes che, guidata dal pilota più in palla di tutto il 2018 e più forte degli ultimi 15 anni, vorrà assestare un altro colpo al morale di vettel e della SF. Una battaglia che sembra dover risolversi in un duopolio dato che Red Bull Racing non sembra poter essere in grado di rappresentare un valido contendente e men che meno gli altri team, con quello che potrebbe essere un bel pacchetto di mischia tra Racing Point Force India, Renault e Haas per la zona punti.

La situazione gomme vede una situazione uguale al Gp di Singapore: hypersoft, ultrasoft e soft, con una gestione che potrebbe rivelarsi altrettanto complicata. Sochi è un tracciato che storicamente presenta un degrado gomme molto limitato e quindi è presumibile pensare che vengano privilegiate le mescole più morbide come la scelta dei piloti sembra suggerire con strategie possibili HS +UF oppure HS +S. Non è esclusa una strategia con due soste se le HS dimostreranno di essere poco consistenti sulla durata, cosa già successa quest’anno, oppure una Q2 caratterizzata dall’utilizzo della US in modo da essere più coperti nel primo stint di gara.

 

Vediamo però che tra i piloti ci sono state differenti interpretazioni nella scelta del numero di set da portare, con Vettel che sembra essersi assunto un altro grande rischio come a Singapore, portando un solo treno di soft e ben 9 HS, come i due piloti Red Bull. C’è da sperare in prove libere “pulite” per il tedesco per accumulare più dati possibili e avere le idee più chiare sulla strategia da adottare domenica. I due Mercedes e Kimi Raikkonen hanno optato per una scelta più conservativa e con minor margine di errore mentre tra le scuderie di seconda e terza fascia sorprende la scelta dell’unica US per Hulkemberg e le tre S di Alonso, che probabilmente immagina una partenza molto in fondo alla griglia e un lungo stint su S per recuperare terreno.

Dal lato PU questo GP rappresenta il punto di non ritorno per i piloti in griglia, dato che tutti hanno raggiunto il limite di pezzi per le varie componenti della PU e chi dovesse aver problemi dovrebbe scontare una penalità.

Da questo punto di vista non ci sono belle notizie per la RBR che sembra intenzionata a retrocedere alla Spec-B del motore Renault, ritenuta più affidalle della Spec-C, per Verstappen che sarebbe così costretto a partire dal fondo dello schieramento. Un ulteriore problema in un tracciato dove è essenziale avere velocità sul dritto per effettuare sorpassi. Non è ancora dato sapere se e quando Raikkonen sceglierà di usufruire della versione evoluta del turbo della sua PU, che lo costringerebbe ad una penalità di 10 posizioni.

In conclusione un dato statistico piuttosto significativo. A Vettel, staccato di 40 punti da Hamilton, servono ora 6 vittorie di fila per avere la certezza del titolo, ovvero vincerle tutte da Sochi fino ad Abu Dhabi. Tecnicamente possibile ma la logica e la statistica dicono il contrario.

Sei vittorie di fila per un pilota ferrari e per la Scuderia non si verificano dal 2004, con Schumacher che ne vinse 7 di fila nella parte centrale del campionato e con una monoposto che era assolutamente il “benchmark” della categoria, cosa che non si può dire della SF71H, ottima monoposto ma che si contende il primato tecnico con la W09. Questo dà l’idea dell’impresa a cui è chiamato il tedesco, che pure è capace di ribaltare l’esito di un campionato quasi perso come nel 2012 o di infilare vittorie in serie come le 9 del 2013. Il problema più grande per le sue ambizioni e quelle dei ferraristi sembrano venire proprio dalla fragilità del pilota tedesco, troppo falloso questa stagione e da una squadra che non sembra avere la continuità di gestione necessaria a infilare una serie di vittorie di questa portata. Il tutto complicato da un Hamilton che mai come quest’anno si sta prendendo il diritto di essere paragonato ai grandissimi di sempre di questo sport.

Rocco Alessandro