IL PUNTO DELLA REDAZIONE

Il 2024 verrà ricordato non tanto per l’ennesimo dominio Red Bull (anche se Red Bull stessa e, soprattutto i loro tifosi, non vogliono che questo mondiale sia definito così perché quest’anno è più combattuto… più sofferto sic!) quanto per il putiferio che è successo e che sta succedendo a riguardo del mercato piloti. Il primo pezzo da novanta, che ha creato un vero e proprio tsunami, è stato l’annuncio di Hamilton in Ferrari tant’è vero che questa stagione, complice anche il dominio (eccolo che ritorna!) bibitaro, viene considerato come un anno di passaggio, perché tutti (me compreso naturalmente) aspettano solo l’anno che verrà per vedere Lewis di rosso vestito prima e, soprattutto, in pista dopo con una Rossa, assieme ad un compagno tosto (di certo non è Bottas e in quanto a talento ne ha molto più da vendere rispetto a Rosberg) come LeClerc. Con l’accasamento di Hamilton, tutta l’attenzione si concentrata naturalmente su Sainz in primis e Verstappen in secundis. Per quanto riguarda lo spagnolo, le speculazioni si sono sprecate e tutt’ora si sprecano, visto che sino ad ora non c’è nulla di concreto all’orizzonte se non solo illazioni, salvo per quanto riguarda il termine dell’annuncio di qualcosa di ufficiale e cioè tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate. Non è un segreto che Audi voglia, per non dire brami, firmare Sainz il quale, appena saputo che era stato fatto fuori, aveva due strade: abbattersi e demoralizzarsi oppure trarre forza da quello che gli è capitato per essere ancora più forte. Che grande lezione che ci ha insegnato Carlito e le sue azioni, il suo modo di agire mi hanno ricordato Jack Nicholson in “The Departed”, quando si riferisce nei riguardi di Leonardo Di Caprio: “Come fai a fidarti di uno che non ha nulla da perdere?”. Uno come Sainz appunto, non ha nulla da perdere quindi, di fatto, è pericolosissimo. Egli sapeva che era spacciato e l’unica cosa che poteva fare era quella di “vendere il prodotto”, di mettere in mostra il più possibile tutta la mercanzia (leggi velocità, consistenza e professionalità) e di fatto così sta facendo. Ovvio che l’approdo in Sauber sarebbe la destinazione naturale, considerando che Verstappen vuole la riconferma di Perez e Toto spinge nel futuro immediato per Kimi Antonelli. Povero Carlos, che destino infame che gli tocca vivere: purtroppo si trova ad avere talento e consistenza da vendere in un momento in cui le Scuderie che possono ambire ad una vittoria o, sono già piene o, comunque hanno altri progetti. La soluzione più logica per lo spagnolo sarebbe quella di firmare per AMG per un solo anno, in questo modo non sarebbe costretto a navigare per una stagione intera nelle retrovie o, se vi piace di più il paragone calcistico in serie C, per poi andare appunto in Sauber con un pluriennale per lasciare libero il sedile ad Antonelli che verrebbe al suo posto. In questo modo sarebbero tutti contenti, e aggiungo che sarebbe un bel confronto quello con Russell, solo che i rumors dicono che lo spagnolo vuole un pluriennale e questo, a mio avviso, cozza anche con l’idea di andare in Sauber perché, caso mai Sainz firmasse almeno due anni con Mercedes, il progetto Audi salterebbe. Indubbiamente è una bella gatta da pelare per l’entourage Sainz. Di sicuro le porte Red Bull sono chiuse, visto che, come ho già anticipato, il campione del mondo ha posto il suo veto sul compagno messicano e, quando il campione olandese parla, di fatto è come una bolla papale quindi possiamo stare sicuri che al 90% Perez rimarrà dov’è anche per il 2025 e, quindi, fino a fine ciclo di questo regolamento e ovviamente di questa Red Bull che vince tutto. Cosa farà Verstappen? Confesso che questa domanda ci ha ossessionato soprattutto in questi ultimi giorni e, soprattutto, è stata un’ottima distrazione da i veri problemi che ci sono in casa Red Bull… mi riferisco alla soap opera che va avanti da mesi tra Horner, il padre del campione del mondo, e la “compagna” di quest’ultimo… sic!!

Come ha già detto Matteo Bobbi, nella trasmissione degli amici di FORMU1A.UNO, e col quale mi trovo d’accordo, è impensabile che allo stato attuale Verstappen vada via dalla sua attuale squadra per regalare, praticamente, un mondiale su un piatto d’argento ad un eventuale suo sostituto, solo perché all’interno del team si stanno scornando. Al di là di quello che si possa pensare di Red Bull, è un dato di fatto che, con questo attuale regolamento, la squadra dei bibitari ha un vantaggio tale che vinceranno tutto (salvo miracoli) fino a fine ciclo e quindi fino all’anno prossimo. Con Mercedes fuori gioco e con una Ferrari che, sebbene sia in ottima forma, è comunque all’inseguimento, nulla lascia presupporre che le cose non andranno come appena affermato. Quindi, per quale motivo Max dovrebbe cedere un potenziale mondiale solo perché all’interno ci sono sì delle lotte di potere e anche (che tristezza!) delle beghe dovute a delle questioni personali, considerando che le continue vittorie non fanno altro che continuare a tenere coeso il gruppo, sebbene questa non sia altro che una pace armata. Certo, il buon Max, volendo, non ha che l’imbarazzo della scelta nel dove andare… o meglio, fino a qualche tempo fa, non aveva questo imbarazzo, visto e considerato che un’altra bomba nel frattempo è scoppiata e, sebbene questa fosse già annunciata, la vera deflagrazione (passatemi il termine pirotecnico) è nella durata di questo rinnovo.

Mi riferisco al rinnovo pluriennale di Alonso con Aston Martin e alla fedeltà incondizionata di quest’ultimo nei confronti della squadra di Stroll sr. Volutamente di Alonso evito di parlare, perché sebbene il mio autocontrollo nell’analizzare ogni circostanza della F1 prevalga sempre, a cominciare proprio dalla mia amata Ferrari, con l’asturiano mi lascio andare all’emotività e quindi all’amore che nutro per lui. Solo che in questo caso sarò costretto a fare un eccezione, visto e considerato che il campione spagnolo, all’alba dei suoi quarantatré anni, sia ancora oggetto di contesa tra le diverse squadre, a cominciare proprio da quella che gli ha donato una seconda giovinezza che è proprio la Aston Martin, la quale addirittura lo vorrebbe in sella anche quando dovrà appendere il casco al chiodo e lui già si vede nel ricoprire un ruolo alla Niki Lauda. Nel frattempo Fernando si gode l’attimo e, con un semplice “Sono qui per restare”, perculo che solo il campione del mondo spagnolo può permettersi, ha freddato tutti i detrattori, annunciando così al mondo il suo rinnovo in attesa della venuta del nuovo regolamento nell’anno di nostro Signore 2026 e, soprattutto, con il ritorno di Honda a spingere il suo sedere. Ciò che fa capire la forza dello spagnolo e della considerazione che l’ambiente della F1 ha nei suoi riguardi, nonostante la sua età, è proprio la “reunion” Alonso Honda: tutti ricordiamo lo sputtanamento in mondo visione di Fernando nei riguardi del motorista giapponese con quel “GP2 engine” ripetuto per due volte, eppure, nonostante ciò, Honda ha detto e fatto capire che non solo non è un problema, addirittura che non vedono l’ora di collaborare con lui e naturalmente lo stesso campione spagnolo non ha fatto altro che tessere le loro lodi, adducendo al dominio che stanno perpetrando grazie a Red Bull. Aggiungo che la stessa Honda sembra che sia a buon punto con le nuove motorizzazioni che vedremo nel 2026 (siamo già a due squadre, assieme a Mercedes, che si rumoreggia che siano in vantaggio sulla concorrenza!), quindi non resta che aspettare per capire se Alo si è avventurato nell’ennesima cattiva scelta della sua carriera oppure questa volta l’ha “sfangata”, soffiando a Verstappen l’opportunità di continuare il suo dominio. Pensiamo prima al GP cinese, comunque, che è ormai prossimo, altrimenti la (mia) mente inizia a volare e mi illudo solamente.

Buon GP della Cina a tutti.

Vito Quaranta

 

VINALES NELLA STORIA – AMERICAS GP

Parto così, perché io e qualcun’altro quassù ci abbiamo sempre creduto. Grazie TopGun!

Maverick Vinales vince il GP di Austin in sella alla Aprilia RS-GP e diventa il primo Pilota nell’era MotoGP a vincere con tre marchi differenti (Suzuki, Yamaha ed Aprilia). Un splendido Pedro Acosta si piazza 2° davanti ad un grande Enea Bastianini. Cade Marquez quando era in testa alla gara, solo 5° Bagnaia.

È il terzo appuntamento del Mondiale MotoGP, non essendoci l’Argentina sarà anche l’ultimo prima del “ritorno” in Europa come si suol dire, nonostante abbiano corso a Portimao. Si può dire tranquillamente che finisce la pre-season ed inizieranno a fare sul serio, non che abbiano giocato finora… È stato un inizio di GP davvero incandescente, con l’attesa tutta rivolta al Pilota da corsa col numero 93. Marc Marquez è il Pilota che ha dominato su questo circuito, quasi quanto al Sachsenring. È un po’ come Imatra per Agostini, il Mugello per Valentino o Phillip Island per Stoner… Vincere già al terzo GP è letteralmente impossibile vista la concorrenza, ma parliamo pur sempre di uno talmente fenomenale che si è adattato dopo poche gare ad una MotoGP diversa. Potremmo dire che “è lo stesso per Pedro Acosta” (incredibile il fenomeno della Gas Gas) ma lui non ha un background di “un’altra moto della categoria” quindi non ha meccanismi da adattare alla sua guida. Per lui paradossalmente è più facile adesso, rispetto ad un Marquez o un Morbidelli ad esempio. Nelle prove libere sono sempre i soliti a dettar legge con Vinales e Martin in gran spolvero. Il Pilota Aprilia si prende una fantastica pole position davanti ad Acosta e Marc Marquez. Seconda fila tutta Ducati con Bagnaia, Bastianini e Martin.

GARA SPRINT

Partenza bruttissima di Bagnaia che perde tantissime posizioni mentre Marquez tira subito la staccata a Pedro Acosta portandosi alla caccia di Vinales. Al secondo giro il motore della GP23 di Diggia esplode in pieno rettilineo per fortuna alla fine della staccata, senza conseguenze. Acosta in staccata è letteralmente indemoniato, vuole vincerla e non gli interessa rischiare. Sembra una scena già vista, proprio con il Pilota col numero 93 nell’anno 2013.

Tratto del “serpentone di Austin”. Partenza perfetta di Vinales, seguito da Marquez e Pedro Acosta. Fonte MotoGP.com

Ritmo indemoniato di Vinales sin dalla partenza, le uniche emozioni le regalano Marquez, Acosta e Martin che in un giro si danno battaglia per il 2° posto. Marc sembra in difficoltà ma in realtà ne ha più di Martin e gli guadagna subito un secondo non appena sente il suo “odore” alle spalle. Posizioni invariate fino alla fine. Resta da capire cosa sia successo a Pecco Bagnaia, autore di una gara davvero opaca nella Sprint. Dalle prime indicazioni poco grip durante la gara, lui stesso ha dichiarato che “la gomma posteriore non funzionasse” e che in gara domenica sarebbe stata un altra storia. Intanto Luca Marini è la prima delle Honda…

GARA

Una partenza al cardiopalma con Bastianini che tocca Marquez e rischia di stenderlo, Martin prende subito il comando della gara ma brucia troppo presto la posteriore. Marquez ed Acosta danno vita ad un’altra battaglia epica. Dopo aver superato Pedro ed essersi messo in testa, Marquez probabilmente prende una buca sul rettilineo principale (Vinales post gara lo ha ribadito) e perde via capra e cavoli. Bruttissimo errore ma Marc c’è.

Vinales in gara con la RS-GP. Fonte MotoGP.com

Vinales è partito male a causa di uno spunto non eccezionale e si ritrova 11° a causa del contatto tra Martin e Bagnaia alla prima curva. Risale e costruisce una rimonta furiosa andandosi a prendere una grandissima vittoria. Delude oggi Jorge Martin, partito in maniera Garibaldina e con la gomma praticamente finita dopo metà gara. Delude Ancora Pecco Bagnaia, che dopo la drammatica Sprint non riesce a trasformare le parole del post gara ai fatti. Soltanto 5° dietro Martin e soprattutto un grande Enea Bastianini che manda un segnale importantissimo sia a Ducati che ad Aprilia.

Su Pedro Acosta non altro da aggiungere. Puó vincere il Mondiale, la vittoria è molto vicina. In KTM due domande dovrebbero farsele, anche se lascio uno spiraglio per i GP prossimi. Le Giapponesi non sono pervenute, inutile girare il coltello nella piaga. Luca Marini comunque la porta sempre al traguardo, anche oggi ultimo e migliore Honda.

È tutto, la pre-season è finita. Adesso si torna ai Europa e comincerà il Mondiale vero, anche se già abbiamo degli ottimi spunti.

Francky

 

P.S. Il dato interessante è che nelle Sprint Race il pilota più in forma della Ducati è Marc Marquez. 31 anni, tanta fame.

LE NON PAGELLE DI SUZUKA 2024

Diciamoci la verità: tutti speravamo in un GP del Giappone ben più combattuto dopo quanto visto in Australia, vero? Lo speravamo, per l’appunto.

Ma tutti sapevamo che sarebbe stato assai improbabile.

E puntualmente Verstappen, Perez e la loro RB20 arrivano a deludere qualsiasi speranza altrui dominando ogni sessione del week end con grande facilità.

Tuttavia, la gara è stata assai diversa da quelle viste sinora in stagione. Il che ci mette nella condizione di ragionare… per bicchieri!

No, non mi sto (solo) riferendo al prosecco che ha innaffiato il podio di Suzuka ma alla classica metafora del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto che in questo GP credo abbia girato per la testa di tutti i TP del paddock.

La gara è stata assai diversa dalle prime tre soprattutto perché si sono viste per la prima volta in stagione le gomme subire un notevole degrado che ha costretto tutte le scuderie a valutare attentamente le strategie da adottare. Forse ricorderete che nelle mie precedenti non-pagelle notavo che le strategie erano tutte uguali e tutte obbligate proprio perché non c’era alcun degrado significativo delle gomme di cui tener conto. Ciò aveva portato tutte le scuderie a performare allo stesso modo in relazione reciproca. In Giappone invece si sono tornati a vedere i grandi rebus che hanno attanagliato i tecnici di tutte le scuderie (che non fossero RBR) nelle ultime due stagioni.

Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Difficile da dire. Da un lato lo sparigliare delle strategie in campo conferisce una tensione di ampio respiro all’intera gara: bicchiere mezzo pieno. Dall’altro nega ai piloti la possibilità di girare alla massima performance ad ogni giro: bicchiere mezzo vuoto. Personalmente sono per il bicchiere mezzo pieno: tolte le RBR la gara è stata decisamente molto più appassionante di quanto visto sinora.

Nonostante il dominio RBR mi sentirei di vedere un bicchiere mezzo pieno un po’ per tutti: i distacchi da RBR, nei sei mesi (l’anno scorso Suzuka si è corsa a fine settembre) trascorsi dalla precedente edizione si sono praticamente dimezzati. Fa eccezione Alpine che non solo perde posizioni assolute e relative ma dà la netta impressione di essere completamente allo sbando.

E come sono andati i piloti? Quanto prosecco contiene il loro bicchiere giapponese?

VERSTAPPEN – PEREZ

Il bicchiere di Max è pienissimo, va da sé. Anzi, direi che traborda e non poco! Accomuno in questa non pagella anche il buon Checo il quale, per una volta, può fare “cin-cin” con il suo compagno di squadra in un quadro prestazionale di sostanziale parità. L’aspettativa per capire come si sarebbe comportata RBR in questa gara, dopo la debacle sia tecnica che prestazionale dell’Australia, era altissima e la risposta è stata eccezionale. Duole ammetterlo per via dello spettacolo di incertezza che normalmente ci si auspica in questo tipo di competizione ma non si può fare a meno di riconoscere l’eccezionalità del lavoro di questa squadra che porta già in Giappone un “major upgrade” capace di ristabilire le distanze con gli altri, che in Australia non solo parevano colmate ma addirittura cambiate di segno. Che dire? Applausi a piene mani. E questa volta, il dominio mostrato in Giappone non è dovuto solo alla straordinaria qualità di guida di Verstappen. Il vedere Perez girare costantemente a pochi millesimi dal suo caposqudra in tutte le sessioni, compresa la gara, è un buonissimo segnale per RBR e, per converso, pessimo per tutti gli altri. L’1-2 in qualifica ha consentito a Max di andare ancora più sul velluto in gara non dovendo impegnarsi più di tanto nel primo stint. Nella ripartenza dopo bandiera rossa si è visto Checo scattare meglio di Max e non ho potuto fare a meno di notare, in quei pochi secondi che hanno portato le vetture dallo start alla prima curva, quel microscopico accenno di barlume di pensiero di parvenza di dubbio di abbozzo di idea di tentativo di provare a immaginare anche solo lontanamente di… insomma: “ci provo o non ci provo?” è sembrato chiedersi Checo in quei pochi decimi di secondo. Tutta la gara tra i due si è consumata nella risposta a quella domanda che si è manifestata all’interno del casco di Checo: un inequivocabile NO. Tolto quel momento i due RBR hanno corso con una linearità invidiabile per tutta la gara. Come detto in precedenza questa volta le strategie hanno subito un bel scombussolamento rispetto alle prime tre gare sicché i due alfieri RBR hanno anche dovuto barcamenarsi con cautela nel confuso bailamme dei pit stop degli altri. Un compito che si è dimostrato affatto difficile con Max e Checo che hanno ben sfruttato il poco DRS che Suzuka ha consentito per sfilare, di volta in volta, l’ostacolo che gli si poneva davanti. Che dire di più? Con tutti questi bicchieri pieni in RBR hanno da bere fino al prossimo GP!

SAINZ – LECLERC

Se gli RBR sono andati a braccetto per tutta la gara la stessa cosa non si può dire per gli alfieri di Maranello. Se a Melbourne i due avevano “splittato” gli assetti, con Sainz più conservativo e Leclerc più sperimentale, qui a Suzuka, invece, hanno “splittato” le strategie dando a Carlos un percorso più o meno standard con due soste proporzionalmente distribuite e a Charles un “Plan B” (o C: nei team radio non si è ben capito) del tutto impensabile la stagione scorsa e cioè una sola sosta. Vero che non hanno vinto ma non c’è in realtà molto di cui lamentarsi dalle parti di Maranello perché comunque Ferrari si è dimostrata molto competitiva anche in una situazione di gara completamente diversa da quella, vittoriosa, di Melbourne. Sainz è stato autore di una gara lineare, senza complicazioni e senza troppi patemi che l’ha visto concludere a podio con buon agio e impreziosita dai bei sorpassi a Russell in uscita dal tornantino a metà gara e a Norris intorno al 44° giro. Charles invece ha sperimentato una inedita, per Ferrari, strategia ad una sosta che ha fatto tremare non poco i polsi degli appassionati: sarà una scelta azzardata? Colpo di genio? Oppure stupidaggine colossale per cui CLC farà persino fatica ad entrare nei punti? Ebbene, il risultato è stato eccellente: CLC ha dimostrato che questa Ferrari può anche permettersi di sparigliare le carte potendo gestire le gomme gialle sino a metà gara senza crolli subitanei e, anzi, con un degrado lineare e compatibile con la strategia. CLC, infatti, dopo l’eccellente partenza in cui guadagna la posizione su Hamilton, ha tenuto un ritmo “costantemente dinamico”, se mi passate la locuzione, nel senso che pur con degrado ha abbassato i propri tempi giro dopo giro sino a metà gara esatta, 26° giro. Come detto, non c’è stato crollo di prestazioni né altra problematica connessa alle gomme e vien pure da pensare che CLC abbia corso con il bilancino. L’esperimento è andato a buon fine: alla fine della gara il distacco tra i due ferraristi era più o meno lo stesso che c’era quando è iniziata la giostra dei pit stop il che significa che né l’uno né l’altro hanno mostrato segni di cedimento tali da far preferire l’una strategia all’altra. Ciò si tramuta in flessibilità strategica nelle prossime gare (ovviamente mutatis mutandis) che è vantaggio non da poco. Come già notato in occasione del GP di Australia trovo positivo, per Ferrari, questo atteggiamento “sperimentale”. La sicurezza di poter comunque ottenere un buono, se non ottimo, risultato dà la tranquillità di sperimentare assetti e strategie per misurarne gli effetti e capire la vettura senza per questo dover temere debacle che creerebbero difficoltà di relazione nell’ambiente interno e quello esterno. In una stagione così lunga è una modalità di lavoro che apprezzo e condivido. La sensazione che questa stagione 2024 sia nata bene per Ferrari, dunque, persiste anche se va posta un po’ di attenzione alle sinora non ottimali performance in qualifica di CLC. Noto, infine, che ancora una volta CLC ha fatto il suo fastest lap all’ultimo giro e che McLaren, molto più insicura, ha preferito anticipare il secondo pit di Norris subito dietro a CLC piuttosto che tentare l’azzardo dell’ignoto il che è segno inequivocabile del fatto che in McLaren fossero perfettamente consapevoli della superiorità di Ferrari. Dunque, come sono i bicchieri dei due Carli? Mezzo pieno per entrambi con qualche goccia in più, ovviamente, in quello di Carlos.

NORRIS

Finalmente rivisto in qualifica ai livelli che gli conoscevamo il buon Lando è stato poi costretto dal suo team a correre col bilancino per tutta la gara. La partenza ottima l’aveva ben collocato in una posizione, la terza, che forse, con un po’ più di coraggio, avrebbe potuto rimanere tale sino alla fine. Invece, sorprendentemente, sia lui che Piastri, vengono fatti pittare quasi subito. Lando al 12° giro (cioè il decimo effettivo di gara considerando la ripartenza) e Oscar al 13°. Credo che tale strategia (due soste con la prima anticipatissima) fosse pensata in vista dell’ampiamente previsto miglior ritmo delle Ferrari e cioè tentando una sorta di doppio undercut per poi provare a rendere difficile il sorpasso dei rossi grazie ad una buona velocità di punta e ad un solo tratto DRS peraltro relativamente corto. Il primo passo della strategia aveva anche funzionato: Norris si è trovato a due secondi da Max quando quest’ultimo è rientrato al 18° giro. Certo, nulla ha potuto sul ritorno di Perez ma la sensazione che potesse giocarsela c’era. Sono però capitate due cose. La prima è che le gomme hanno degradato più che proporzionalmente su McLaren rispetto a Ferrari (e RBR) e la seconda è che, almeno con Lando, non hanno avuto il coraggio di lottare con Sainz. Infatti, dopo un primo momento in cui Norris sembrava addirittura tenere il ritmo di Max, si è visto nettamente un calo di prestazione dovuto al degrado gomme. In più, la sorpresa di vedere CLC fare una strategia con un solo cambio gomme, li ha mandati nel panico. Il risultato è stato che invece che giocarsela con Sainz hanno deciso di “marcare a uomo” CLC pittando Lando già al 26° giro insieme allo stesso CLC. Giusto? Sbagliato? Ovviamente manca la controprova ma non ho potuto fare a meno di notare che mentre Ferrari ha, per così dire, governato gli eventi in totale sicurezza e controllo, McLaren ci si è trovata in balia. Quel che prima ho notato circa l’approccio Ferrari qui si è visto in segno opposto. Evidentemente c’è ancora molto da lavorare dalle parti di Woking. E il bicchiere? Ebbene sì: mezzo vuoto!

ALONSO

Fernando ha portato a casa il (solito) eccellente week end. Straordinario in qualifica, considerando il mezzo e considerando quanto lontano è finito il suo confuso compagno di box, Fernando ha sfoderato anche un’inedita strategia aggressiva. Infatti, pur noto per la sua capacità di gestione gomme e per strategie spesso con un cambio gomme in meno rispetto alla concorrenza, stavolta ha deciso di sparigliare il tavolo e giocarsela con più aggressività sapendo che cercare di mantenere la posizione in griglia, avendo dietro di sé Piastri, CLC e le due Mercedes, non sarebbe stato facile. La cosa riesce benissimo perché il solo, tra costoro, ad arrivargli davanti è stato CLC. L’aver tenuto, persino con un certo agio, la posizione nei confronti degli altri è stato un bel vedere. Anche qui, per capire la portata della sua prestazione, giova notare che Stroll ha navigato confusamente nelle retrovie senza mai riuscire ad avvicinarsi ai punti (persino con un disperato tentativo su gomme rosse nell’ultima parte di gara). Bicchiere ben più che mezzo pieno!

RUSSELL

Per come si erano messe le cose tutto sommato buon risultato per Giorgino. Infatti, il nostro conquista la Q3 per un nonnulla rischiando contro l’inedito quartetto di velocisti rappresentato da Tsunoda, Ricciardo, Hulkenberg e Bottas. Scampato il pericolo si ritrova comunque a ben tre decimi di prestazione dall’eptacampeao, primo smacco interno della stagione. Non è nemmeno un fulmine in partenza (la seconda) in cui un bloccaggio alla fine di curva 2 consente a Tsunoda (che pure era partito maluccio) di superarlo e a rischiare persino contro Bottas. Dopo tutto ciò, favorito anche dall’anticipatissimo pit di Yuki, il buon Giorgino si riprende e sfodera un ritmo notevole, condito anche da un inedito “swap” con Hamilton, che gli consente di girare ai piani alti della classifica. Allunga il secondo stint quel che tanto che basta per presentarsi più agguerrito negli ultimi 15 giri e recuperare bene le posizioni che aveva ceduto. Compito portato bene a termine con anche un eccellente sorpasso su Piastri, fino a trovarsi, proprio nell’ultimo giro, negli scarichi di Fernando quasi a ripetere la situazione di Melbourne. Fortunatamente per entrambi c’è troppo poco tempo per riproporre un duello pepato e la corsa si chiude con soddisfazione. E il bicchiere? Mezzo pieno, suvvia!

PIASTRI

Ancora una volta, come già in Australia, Oscar porta a casa un risultato tutto sommato accettabile, per non dire buono, ma senza brillare. Non c’è molto da dire. Già in qualifica cede ben tre decimi al suo compagno di squadra. In gara fa una partenza senza infamia e senza lode e deve cedere, come un po’ tutti quelli intorno, all’overcut strategico di CLC. Se, come Norris, aveva anticipato il primo pit altrettanto non fa per il secondo che avviene al 32° giro. Non è tanto la strategia quanto il ritmo che, in generale, è sensibilmente più alto rispetto a quello di Norris (gli arriva a quasi 20 secondi di distanza) pur col beneficio di una distribuzione di pit più uniforme. Il bicchiere? Decisamente mezzo vuoto!

HAMILTON

Non c’è molto da dire sul suo week end. La qualifica è buona, considerando che ha “finalmente” sopravanzato Russell (e non di poco). Ma la sua gara è, pare, gravemente inficiata da problemi di guidabilità (sottosterzo anomalo) dovuti ad un contatto in partenza con Leclerc. Io, onestamente, non ho visto il contatto ma se lo dice lui ci sarà da credergli. Il bicchiere è mezzo vuoto, anzi, diciamo che è vuoto per tre quarti.

TSUNODA

Pur senza conseguire lo stesso risultato dell’Australia, ancora una volta Tsunoda è primo degli “altri”. Va detto che stavolta non ci sono state defezioni, là davanti, da sfruttare ma il nostro piccolo eroe è riuscito comunque a fare una gara eccellente. Gara che è andata bene soprattutto per l’ottima qualifica che è riuscito a fare, con un decimo posto in griglia conquistato con le unghie e con i denti anche davanti ad un Ricciardo stavolta non così remissivo come nelle prime tre uscite della stagione. La gara stava per mettersi male perché in entrambe le partenze ho notato che ha avuto un pessimo scatto allo spegnimento dei semafori. Nella prima partenza ha avuto anche un ruolo nell’incidente Ricciardo-Albon facendo una mossa assai azzardata nel riprendersi la posizione in curva 1 proprio contro Daniel e costringendolo al fatale allargamento prima di curva 3 (ma va detto che la colpa, a mio avviso, rimane tutta di Albon che ha sperato di infilarsi dove non poteva). Nella seconda parte altrettanto male ma stavolta non solo non perde posizioni ma la guadagna su Russell, impreciso in curva 2. Viene richiamato però subito ai box già al 6° giro il che lo costringe a correre con un po’ di affanno e a entrare di nuovo al 22° giro per fare il secondo pit. Nulla può contro il rientro dei vari Piastri Russell e Alonso ma tiene comunque più che bene per agguantare l’agognato posto nei punti. Il bicchiere è pienissimo!

NOTE DI MERITO

Bottas tutto sommato fa una buona gara: con strategia analoga a quella di Tsunoda e simile ritmo, per due terzi di gara scorta il giapponese sperando di giocarsi il punto negli ultimi giri. Però, purtroppo per lui, il suo degrado gomme è maggiore di quello del giapponese e negli ultimi 15 giri deve cedere altre posizioni. Diciamo che almeno non è stato anonimo come al solito.

NOTE DI DEMERITO

Stroll, dopo il sorprendente risultato australiano, ritorna nei ranghi. Fa disastri in qualifica e corre in modo molto confuso una gara in cui, evidentemente, non ha capito nulla finendo a distanze astronomiche da Alonso.

Le gomme: dopo le prime tre gare in cui praticamente nessuna scuderia ha sofferta problemi di degrado, Suzuka le mette in crisi. Gli unici team a non soffrire troppo sono RBR e Ferrari ma tutti gli altri hanno avuto problemi che, evidentemente, non avevano previsto. Indicative anche le interviste post-gara di Max e Sainz che davano quel momento in cui un po’ di nuvole si sono messe a far ombra alla pista come quello in cui le gomme, anche per loro, hanno sofferto di meno. Non so, in tutta onestà, se ciò sia dovuto alla pista in quanto tale oppure ad una scelta di Pirelli che ha deciso di portare in Giappone gomme più morbide di quanto avrebbero dovuto essere oppure, infine, ad assetti più “coraggiosi” da parte di tutti che hanno avuto avuto come contropartita negativa il maggior degrado visto in pista. Staremo a vedere se si tratta di un passaggio a vuoto o no. La curiosità è tanta.

NOTE DI GRANDE DEMERITO

Albon, cui di solito non lesino complimenti, mi delude parecchio in occasione dell’incidente dopo due curve che ha costretto alla bandiera rossa. Non è tanto la dinamica o l’esito (“normale” incidente di gara che in sé non è niente né di speciale né di clamoroso) quanto la poca intelligenza di un comportamento così aggressivo in partenza sapendo dei problemi della squadra e delle lievi polemiche legate all’utilizzo degli unici due telai disponibili. Insomma, poco racing-IQ da un pilota che, pur noto per la sua aggressività, ha 28 anni e ormai corre nel circus da cinque anni. Se vuoi avere speranze di tornare sul sedile RBR o comunque su un sedile importante certe cose non dovresti nemmeno avvicinarle.

Sargeant poteva ben risparmiarsi quella gita in spiaggia al 42° giro con annesso viaggio in retro in mezzo alla pista.

Alla prossima!

 

 

 

 

BASTIAN CONTRARIO: PIOGGIA SPORCA

Così veniva chiamata la pioggia impura, radioattiva, immediatamente dopo il bombardamento nucleare su Hiroshima ad opera dell’esercito americano, che veniva raccontata nel bellissimo film del fù Tony Scott (fratello di Ridley… quello di Alien e del Gladiatore) e cioè “Black Rain”, la stessa pioggia che ha macchiato, sporcato a sua volta, il GP nipponico, conclusosi domenica scorsa, e che solo una giornata assolata di gara ha fatto dimenticare… a chi ha voluto dimenticare. La sveglia è alle quattro del mattino, per le prime prove libere del GP del sol levante e questo, lo è per me, come per milioni di abitanti del vecchio continente (ora più, ora meno) e, sebbene la levataccia sia stata amareggiata dalla solita bandiera rossa, ciò è niente rispetto a quello che abbiamo dovuto subire nelle seconde prove libere. Una leggera pioggia, roba davvero risibile, è stata sufficiente per tenere fermi per almeno quaranta minuti tutti i piloti nei loro caldi box, mentre milioni di telespettatori erano ormai svegli da ore davanti le tv, per non parlare degli eroici tifosi nipponici che assiepavano spalti e prati pagati profumatamente. Ad essere sinceri non sono solo gli appassionati giapponesi ad essere eroici, perché ormai questa è prassi comune trasformare un qualunque fan in valoroso, ogni qual volta sul circuito viene a piovere. Non posso e non voglio dimenticare lo spettacolo indecoroso che abbiamo dovuto assistere venerdì mattina, che poi è stato il non spettacolo di non avere nessuno in pista, per non rischiare di uscire fuori pista e quindi rompere la vettura. Perché è questo il vero problema dell’attuale “economica” ed “ecologica” F1 e cioè cercare di risparmiare più parti possibili di una monoposto, in maniera tale da evitare di sfondare il tetto massimo delle spese e, soprattutto, di evitare di incorrere in magre figure, come quelle di venire a sapere che Williams non ha scocche (o telai o chassis… ce n’è per tutti i gusti!) di riserva, come del resto Alpine (notizia avuta proprio durante il weekend nipponico). Nella opulenta F1, dove i piloti viaggiano in jet privati e sfoggiano a mezzo social, il conto salatissimo delle loro cene luculliane, la normalità è anche presentarsi ad un weekend di gara con due telai (uno per pilota) e se vai a sbattere pazienza, se ne parla al prossimo GP.

Le conseguenze sono inevitabili oltre che spiacevoli, visto e considerato che, come ho già detto, abbiamo le piste vuote se scende la pioggia e, soprattutto, abbiamo i piloti (beniamini delle folle) che si disabituano sempre di più a guidare sul bagnato, che poi è la prova del nove per ogni sportivo che si vuole appunto far chiamare pilota in generale e soprattutto farsi definire tale nella massima serie del motor sport, che è appunto la F1. Già in passato mi sono espresso su questo argomento, ricordando che lo stesso calendario della F1 era concepito in modo da presentarsi in quel determinato circuito proprio quando la probabilità di pioggia era più bassa. Solo che all’organizzatore “gli ha detto male” come si suol dire, questa volta, dato che ha dovuto incastrare la bellezza di ventiquattro GP, presentandosi in Giappone proprio quando inizia la primavera  e, gioco forza, la probabilità di pioggia è maggiore. A questo punto mi chiedo veramente a cosa servano le prove libere, visto che queste sono state già castrate dall’inutilità di uno spettacolo ampiamente bocciato, chiamato “Sprint Race” (che purtroppo inizieremo a vedere proprio nel prossimo GP che è quello cinese) e che vengono ulteriormente mortificate dall’assenza dell’azione in pista (quando piove appunto) se non concentrate negli ultimi venti minuti, con alcuni big che nemmeno si sono presi il disturbo di calarsi nella proprio monoposto. Mi viene da pensare che l’attuale F1 sia concepita in modo tale che tutto sia già pronto e standardizzato e che quindi, girare o meno, sia la stessa cosa. Intanto nelle FP3 tutti si sono affannati nel cercare di ricavare più dati possibili e gli è andata bene, perché poi pioggia sporca che inquinava l’asfalto non ce n’è stata più, solo mi chiedo cosa sarebbe successo se il manto stradale fosse stato funestato dal leggero scroscio che abbiamo visto venerdì scorso durante le seconde prove libere? Di sicuro avremmo assistito ad un valzer di monoposto e quindi di piloti che avrebbero avuto non poca difficoltà nel tenere la loro vettura in pista, soprattutto in una pista come quella di Suzuka, la quale,  in quanto tracciato vero e probante, non perdona nulla.

Paradossalmente (come al solito al destino non manca mai il senso dello humor) avere il GP giapponese in questo periodo dell’anno, considerando il momento storico del mondiale che stiamo vivendo, è stato un bene perché in quanto pista “meno equivoca” a differenza delle precedenti ultime tre, ogni squadra ha potuto saggiare il reale potenziale delle proprie vetture. Ne sa qualcosa la Ferrari di monsieur Vasseur che si è presentata con zero aggiornamenti (arriveranno solo ad Imola), salvo gli adattamenti del caso, avendo ragione della stessa pista e dei diretti avversari i quali di certo non sono stati i bibitari, bensì i rivali storici (i bei vecchi tempi che non ci sono più!) della McLaren. Quelli di Woking sapevano benissimo che Suzuka era tracciato a loro congeniale ed il colpaccio lo avevano fiutato, solo che i piloti papaya non valgono quelli rossi, che come ho affermato quindici giorni fa, sono la migliore coppia del lotto attualmente e la condotta di gara, alla quale abbiamo assistito, ne è la testimonianza diretta. La SF24 è vettura nata bene solo che non è perfetta come la RB20 ed infatti alcuni tracciati li soffre di più rispetto ad altri e quello di Suzuka è uno di questi. Se la Rossa ritorna dal Giappone con il massimo dei punti possibili, è solo merito dei piloti (e della squadra che dal punto di vista strategico sembra che inizi a funzionare), i quali hanno fatto la differenza su Norris e Piastri: ormai Carlos è divenuto pericoloso, perché sapendo che in Rosso non ha futuro, non ha più nulla da perdere e attualmente non ha limiti a quello che può fare, visto che si sta tenendo dietro costantemente Charles. La domanda è: fino a quando ci riuscirà? Già perché attualmente la vera difficoltà di Charles, è quella di “accendere” le gomme in qualifica (la SF24 è capricciosa da questo punto di vista) e, considerando la mostruosità sportivo agonistica che ha mostrato al mondo in gara, unico su una sosta mantenendo un passo che mi ha ricordato alcuni campioni del passato (tra l’altro uno di quei campioni ancora è in pista e se non fosse per lui la squadra per la quale corre sarebbe morta considerando il secondo pilota!), nel momento in cui colmerà questa lacuna non ce ne sarà per nessuno a partire proprio dal suo compagno di squadra e l’unico che lo potrà contenere è proprio l’insaziabile Verstappen, il quale a sua volta può contare su un mezzo irraggiungibile per chiunque al momento. Un vero peccato dover vedere un pilota come Charles, mortificato da anni, lottare per le briciole così come è un dannato delitto dover lasciare andare via questo Sainz! Fra due settimane si ritorna, dopo quattro anni, in Cina altro circuito vero, mastodontico e sicuramente interessante oltre che bello. Avremo la Sprint Race che “macchierà” il weekend di gara, speriamo che ci sia a questo punto anche la pioggia a sporcare la pista nel giorno della gara, perché sarà l’unica vera variabile imprevedibile di un GP già spoilerato al venerdì e scontato sin da ora, dove i piloti possono e devono ancora fare la differenza.

Vito Quaranta

 

LA FESTA E’ FINITA: VERSTAPPEN VINCE IN GIAPPONE

E’ aprile. Quarta gara del mondiale. E, in nome della sostenibilità, la Formula 1 fa tappa in Giappone. A Suzuka i ciliegi sono in fiore e splende il sole. Atmosfera un po’ diversa rispetto a quella autunnale e spesso umida che caratterizza da quasi cinquant’anni il GP del Giappone.

Quello che non cambia è il la musica. O, meglio, ritorna quella solita, con le Red Bull dominanti a monopolizzare la prima fila, e le Ferrari in difficoltà in qualifica ma con un passo gara promettente (?).

Si spengono i semafori e dopo sole due curve la gara viene subito sospesa. Albon decide che anche l’unico telaio buono rimasto alla Williams merita una ripassata, e lo pianta nelle gomme di curva 2 portandosi dietro Ricciardo. 

Si riparte da fermi dopo mezz’ora, e per i primi 10 giri non succede praticamente niente, con la parte alta della classifica che sostanzialmente non cambia.

I primi a fermarsi, sono quelli della Mc Laren, che montano la gomma più dura. A chiudere il giro delle prime soste è Verstappen, ma all’appello manca Leclerc, che resiste fino al giro 28, quando commette un errore nel tentativo di tenere dietro anche Perez.

Ma l’avere allungato così tanto il primo stint consente al monegasco di pareggiare la strategia con Norris, che era terzo al momento della prima sosta, restandogli davanti dopo la sosta che l’inglese effettua contemporaneamente a lui.

Al giro 30, Verstappen ha ben 10 secondi di vantaggio su Perez, che a sua volta ha 5 secondi di vantaggio su Sainz.

Al giro 34 Perez effettua la sua seconda sosta, e perde la posizione su Leclerc e Norris, che non si dovranno più fermare. Al giro successivo, si ferma anche Verstappen.

Perez si riprende subito la posizione su Norris, e si porta alla caccia di Leclerc, che riesce a superare senza tante difficoltà al giro successivo.

L’ultimo a fermarsi, al giro 36, è Sainz, che, da leader provvisorio, sprofonda in settima posizione. Che diventa subito la quinta superando Hamilton in pista e Rrussell che si è fermato ai box. Per prendersi il  podio, lo spagnolo deve ora passare Norris e Leclerc. Impresa che gli riesce senza troppe difficoltà.

Gli ultimi giri  vivono nel duello per la sesta posizione fra Alonso, Piastri e Russell. Ovviamente la spunta il vecchio marpione, al quale basta lasciare battagliare i due giovani dietro di lui.

Finisce così con Verstappen dominante, davanti a Perez, Sainz, Leclerc, Norris, Alonso, Piastri, Russell, Hamilton e Tsunoda.

Fra due settimane si corre in Cina, dove ci sarà anche la prima garetta. Come detto all’inizio, la musica è tornata la solita, ci sarà poco da divertirsi.

P.S. La regia che ci mostra solo i primi due tagliare il traguardo, e poi si sofferma sui folkoristici tifosi giapponesi è a dir poco scandalosa

P.S 2. Pare che in Williams volessero far ripartire Albon con la macchina di Sargeant. Ci fosse ancora il regolamento del 1984, l’avrebbero sicuramente fatto.

P.S. 3 Se Hamilton ha deciso di scappare dalla Mercedes c’è un motivo.

P.S. 4 Se Alonso ha lasciato l’Alpine c’è ugualmente un motivo

P.S. 5 Sistemata la statistica a Melbourne, e risolte le questioni interne, ora Verstappen le vincerà tutte fino alla fine.

P.S. 6 Leclerc deve iniziare a farsi delle domande, perchè il suo compagno licenziato gli sta costantemente davanti, e i suoi proverbiali errorini si stanno facendo sempre più frequenti. Ma, stavolta, non c’è più la scusa del cavare il sangue dalle rape. 

Life is racing, all the rest is waiting